Situazione storica e teologica (Giudici 1:1-2:9)Trasmettere le promesse di DioPrima di considerare il libro dei Giudici, è utile ricordare a cui punto siamo nella storia di Israele. Dopo il tentativo dell'umanità, con la torre di Babele, di giungere al cielo e acquistarsi un nome senza Dio (Gen 11:1-9), Dio scelse e chiamò Abramo per essere l'inizio di una grande nazione, a ricevere un gran nome da Dio, e di essere una benedizione per tutta l'umanità (Gen 12:1-3), e promise di dare alla sua discendenza il paese di Canaan, che adesso si chiama la Palestina (Gen 15:18-21). Dopo 400 anni di schiavitù in Egitto per i discendenti di Abramo, Dio chiamò Mosè per liberare il suo popolo e portarli alla terra promessa, un paese buono per adorare il Signore. Al monte Sinai, Dio spiegò alla nazione di Israele come doveva vivere come suo popolo. Però gli Israeliti si ribellarono a Dio, commettendo idolatria e poi rifiutando di impossessarsi della terra che Dio aveva promesso loro. Quella generazione, quindi, non ereditò la benedizione promessa di vivere con Dio nel suo buon paese, e girovagò nel deserto per 40 anni. Poi Mosè morì, e Giosuè lo sostituì per portare la nuova generazione di Israeliti nella terra promessa. Attraversarono il fiume Giordano, conquistarono Gerico e poi le altre città di Canaan, e poi anche Giosuè morì. Questo punto della storia è descritto in Giudici 2:6-9. Il libro dei Giudici risponde poi alla domanda: Che cosa farà la prossima generazione? E le generazioni successivi? (Il libro racconta circa 300 anni di storia, dal 1350 a.C.) Saranno fedeli, per adempire finalmente le promesse fatta ad Abramo? Vivranno nel buon paese in un buon rapporto con Dio, non più separati e allontanati da lui come è successo dopo il peccato? La risposta è di no, perché Dio aveva in vista qualcosa di meglio per arrivare alla perfezione (Ebr 11:40). Il piano divino è sempre stato di adempire ogni promessa in Cristo Gesù (2Cor 1:20). Gli adempimenti parziali che vedremo in Giudici danno un assaggio della bontà che riceviamo in Gesù; i fallimenti che troveremo ci insegnano che non c'è nessun modo, né umano né istituito da Dio stesso, in cui possiamo restaurare il nostro rapporto con Dio se non tramite il Dio incarnato come l'uomo perfetto. Se ritorniamo all'inizio del libro, vediamo che cominciarono bene. In Giosuè 1:1 consultarono il Signore per capire come dovevano combattere contro i Cananei rimasti: c'era il desiderio di compiere la volontà di Dio nel modo che Dio stabiliva. La risposta era che la tribù di Giuda doveva iniziare. (Questa tribù, delle 12 tribù di Israele, era sempre quella che seguiva Dio maggiormente. Era la tribù di Davide, la tribù della maggior parte del regno meridionale dopo la divisione di Israele, e la tribù di Gesù.) Con l'aiuto della tribù di Simeone, ma soprattutto perché il Signore combatté per loro, quelli della tribù di Giuda vinsero tante battaglie (Giudici 1:2-11). L'impresa e la famiglia di Otniel sono menzionate a questo punto, perché importanti per comprendere Giudici 3:7-11. Dall'altra parte, da Giudici 1:21 fino alla fine del capitolo c'è un triste elenco di insuccessi da parte delle altre tribù (con uno solo successo della tribù di Giuseppe Giudici 1:22-26):
Dal punto di vista storico, abbiamo una conquista parziale e un possesso parziale della terra promessa. Dal punto di vista teologico, abbiamo un fallimento di ubbidire a Dio e di fidarsi di lui per prendere possesso di quello che Dio aveva promesso di dare. La conseguenza fu il castigo di Dio. Dio diede a Israele ciò che avevano voluto: una vita insieme con i Cananei (Giudici 2:1-5). Non era proprio una punizione, ma una prova. Gli altri abitanti del paese sarebbero stati un'insidia, una tentazione di adorare altri dèi. Ma allo stesso tempo sarebbero stati un'opportunità per mostrare fedeltà a Dio, di rimanere fermi e non cadere nella tentazione. Questa prova sarà approfondita in Giudici 3:1-6.
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