Gedeone [parte 3] (Giudici 8)Dopo che Dio vinse la non battaglia contro Madian, era ancora necessaria qualche operazione militare contro il resto dell'esercito e contro i capi, che cercarono di fuggire e ritornare al loro paese. Gedeone li inseguì e chiamò in aiuto alcuni altri Israeliti. Così vedremo la risposta della tribù di Efraim, delle città di Succot e Penuel, e di suo figlio Ieter, e come Gedeone li trattò. Similmente a quello che abbiamo letto nelle altre due parti su Gedeone, scopriremo sia del bene sia del male in Gedeone, come ci aspetteremmo dal giudice che è a metà strada fra il giudice esemplare Otniel e il pessimo giudice Sansone. Per questo motivo, Gedeone è un esempio per noi sia da seguire sia da evitare, ma in ogni caso ci porta verso Gesù Cristo che perfeziona le caratteristiche positive e corregge le caratteristiche negative. 1. Efraim (7:24-8:3)Dopo la non battaglia, la tribù di Efraim fu convocata per tagliare la strada del ritiro. Riuscirono a catturare e uccidere due principi o capi di Madian, Oreb e Zeeb. Non erano i re di Madian, perché scopriremo il loro destino nella prossima sezione. Come reagirono gli Efraimiti a questa convocazione per partecipare alla liberazione di Israele? Con gratitudine per la salvezza che Dio compì tramite Gedeone? Con riconoscenza che anche loro avevano potuto prendere parte all'opera di Dio? No, con ingratitudine e con rancore e con ira. Per la grande battaglia, Gedeone aveva convocato solo le tribù di Ascer, Zabulon, e Neftali, e la sua famiglia degli Abiezeriti della tribù di Manasse. Gli Efraimiti volevano essere convocati per questa battaglia, non solo per sistemare tutto dopo la parte più importante. Probabilmente si sentivano disonorati, perché non avevano potuto prendere parte alla battaglia che li avrebbe resi famosi e onorati. Sarebbe come organizzare un gran evento in chiesa, in cui molti (altri) predicano e testimoniano e cantano, in cui quelli che assistono all'evento si sentono veramente toccati dalla Parola di Dio... e poi, dopo tutto è finito, ti chiedono di sistemare le sedie e di pulire per terra. Non ti hanno chiesto di compiere un ruolo visibile, non ti hanno chiesto di servire Dio pubblicamente. Un po' di rancore sarebbe possibile. Gedeone risponde agli Efraimiti in modo diplomatico, esaltando il loro successo e abbassando il suo. La loro racimolatura (cioè, la raccolta di quello che è rimasto dopo la vendemmia) non valeva più della vendemmia degli Abiezeriti, cioè di Gedeone e della sua famiglia? Perché Dio aveva dato agli Efraimiti i principi Oreb e Zeeb, e avevano servito Dio bene in quello che era stato loro da fare per lui. Gedeone li rassicurò che valeva più di quello che lui aveva fatto, che forse esagerava per tranquillizzare le anime. Però, il principio che sta dietro l'affermazione è giusto. Non dobbiamo misurarci e valutarci in confronto con gli altri. Non dobbiamo paragone il compito che Dio ci ha dato con il compito che Dio ha dato agli altri. Non dobbiamo avere ingratitudine, rancore, o ira perché a qualcuno è chiesto di fare qualcosa e a noi no, in chiesa o al posto di lavoro o altrove. Dobbiamo essere riconoscenti per quello che Dio ci ha dato da fare, e impegnarci fedelmente in quello. Dall'altro punto di vista, non dobbiamo essere orgogliosi pensando di essere migliori degli altri solo perché facciamo di più. In questo modo dobbiamo essere come Gedeone, che esalta l'opera e il servizio degli altri, perché in realtà spostare le sedie e pulire è onorevole quanto parlare o cantare in pubblico. Dobbiamo non fare nulla per vanagloria, ma con umiltà stimare gli altri superiori (Fili 2:3), come fece Gedeone, perché così abbiamo lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù che, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce (Fili 2:5-8). 2. Succot e Penuel (8:4-17)Gli abitanti di Succot e Penuel hanno paura di mettersi in gioco. Una paura comprensibile, perché qualsiasi decisione che prendono li espone a un grosso rischio. Se aiutano Gedeone e il suo esercito, ma loro vengono sconfitti dai Madianiti, i Madianiti verranno a punire le due città. Ma se non aiutano Gedeone, Gedeone ritornerà per punirle. Non potevano rimanere neutri. Per forza dovevano scegliere da quale parte stare, e sperare che sarebbe risultato la scelta vincente. Però, dovevano sapere quale era la parte vincente. Dovevano decidere se credere che avrebbe vinto il Dio Creatore dell'intero universo, che aveva scelto Israele come suo tesoro particolare, oppure un dio inventato da Madian, costruito di legno, un idolo. Oltre ad una paura di mettersi in gioco, di sbilanciarsi da una parte o l'altra, era un atto in incredulità da Succot e Penuel, che non credevano che Dio avrebbe completato la vittoria e la liberazione che aveva già ottenuto. Un po' come noi a volte. Quando si presentano delle opportunità di testimoniare a qualcuno, abbiamo la scelta di proclamare le virtù di colui che ci ha salvati e rischiare una brutta reazione, il disprezzo, essere presi in giro, o l'allontanamento; oppure possiamo stare zitti e continuare come prima. La seconda scelta è la paura di mettersi in gioco, di far capire da quale parte stiamo. Ma in realtà è di più, è incredulità che Dio è la parte vincente, che Dio completerà la vittoria che ha già ottenuto in Cristo, che seguire Dio è meglio di essere stimati di meno dagli altri. Oppure quando decidiamo come spendere i nostri soldi. Possiamo usarli per la diffusione del Vangelo, sostenendo un missionario o aiutare i bisognosi; oppure per noi stessi. A volte c'è la paura di metterci in gioco - non mettere in gioco la reputazione o la figura, ma il portafoglio. Se diamo il 10% o il 20% o di più di quello che guadagniamo, sono soldi che spariscono dal conto bancario e che non vedremo mai più. Invece Dio promette che il denaro investito nella sua opera è un investimento per l'eternità e creerà un guadagno non per noi stessi, ma per la sua gloria. Similmente per ogni scelta che facciamo nella vita. Non possiamo rimanere neutri. Dobbiamo per forza manifestare da quale parte stiamo, ed è meglio dichiarare di essere dalla parte del Dio sovrano, santo, che ci ama, e va glorificato da ogni decisione che prendiamo. Quando Gedeone ritornò dalla cattura dei due re Zeba e Salmunna, fece quello che aveva promesso e punì le due città. Però, Gedeone non esce bene da questo racconto. Gedeone non agì per compiere l'opera del Signore né per il Signore, ma come vendetta personale. Gli attacchi non facevano parte della liberazione di Israele da parte di Dio, ma di una crociata da parte di Gedeone per soddisfare il proprio onore. Questo è chiaro da Giudici 8:15, in cui Gedeone disse a Succot che "mi insultaste" e non che "non credeste in Dio". Sarà anche più evidente nel prossimo paragrafo del capitolo. Certo, Succot e Penuel non avevano fatto bene rifiutando di aiutare Gedeone per l'incredulità. Ma la punizione che subirono era da Gedeone e non da Dio. Questa è la prima volta che gli Israeliti combattono contro altri Israeliti, anche se c'è stata un'anticipazione nel lamento di Efraim nella sezione precedente. Inoltre, da questo punto la spirale scende sempre più in basso. Nel libro dei Giudici, vedremo sempre più disunità nella nazione, fino ad arrivare alla guerra civile. Oltre ai problemi politici nella nazione, è anche evidenza dei problemi spirituali. Ogni idea di essere il popolo speciale di Dio, per essere una luce per le altre nazioni, sparirà. Le città, le tribù, e addirittura i giudici penseranno sempre di più ai propri interessi e non agli interessi del popolo di cui fanno parte, e soprattutto non del Dio che dovrebbero servire e onorare. Ne approfondiremo mentre scenderemo la spirale nei seguenti capitoli, ma è anche un avvertimento per noi. Quando litighiamo con i nostri fratelli, quando facciamo male a loro, quando diciamo come Gedeone "mi hai insultato" e quindi facciamo vendetta, cosa stiamo facendo veramente? Stiamo dimenticando l'onore che Dio ci ha dato, tutti insieme e non individualmente, di essere il popolo di Dio, e la responsabilità che questo onore ci dà di essere la luce delle nazioni. Fratelli, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione per vivere secondo la carne, ma per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri; poiché tutta la legge è adempiuta in quest'unica parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e divorate gli uni gli altri, guardate di non essere consumati gli uni dagli altri. (Galati 5:13-15) C'è un'altra riflessione sul comportamento di Gedeone, quando pensiamo all'atteggiamento di Dio verso di lui nei capitoli precedenti. Quando Dio lo chiamò, Gedeone aveva paura, esitava, era riluttante, e cercava delle scuse. Eppure, Dio non lo scartò, non si stufò mai di Gedeone, non lo punì per la sua incredulità, non decise che era inutile per cercarne un altro. Piuttosto era paziente e compassionevole, simpatizzava con lui nelle sue debolezze. Anzi, piace a Dio usare le persone proprio quando si sentono deboli e incapaci. Quando Succot e Penuel erano riluttanti ad aiutare Gedeone, quando avevano paura di mettersi in gioco, Gedeone condannò le città senza compassione o pazienza, le scartò. Somiglia alla parabola del servo ingrato in Matteo 18:21-35. Quando Pietro chiese a Gesù quante volte doveva perdonare a suo fratello, Gesù raccontò di un servo che doveva ad un re una somma enorme, milioni di euro. Il servo chiese al re di avere pazienza, e il re, mosso a compassione, gli condonò il debito. Il servo poi trovò un altro servo che gli doveva alcuni euro. L'altro servo gli chiese di avere pazienza, ma il primo servo non volle e lo fece imprigionare. Il re sentì quello che il servo aveva fatto, e lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva. "Così", concluse Gesù, "vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello". Quando noi critichiamo gli altri per le loro mancanze, quando ripaghiamo quelli che ci insultano o ci offendono, siamo come Gedeone e come il servo della parabola. Dove sono la pazienza e la compassione che noi abbiamo ricevuto dal nostro Padre in cielo per le nostre mancanze, incredulità, paura, e offese contro il Dio onnipotente? Abbiamo dimenticato che il Signore Gesù Cristo ha portato tutti questi nostri peccati nel suo corpo per la sua compassione? Abbiamo dimenticato l'esempio del giusto atteggiamento nella sofferenza che Gesù ci ha lasciato? Non di vendetta, ma di mettere tutto nelle mani di Dio? Come scrisse lo stesso Pietro, Se soffrite perché avete agito bene, e lo sopportate pazientemente, questa è una grazia davanti a Dio. Infatti a questo siete stati chiamati, poiché anche Cristo ha sofferto per voi, lasciandovi un esempio perché seguiate le sue orme. 3. Ieter (8:18-21)In questo brano le motivazioni di Gedeone sono più chiare. Sembra che sapesse, o almeno che sospettasse fortemente, che Zeba e Salmunna avevano ucciso i suoi fratelli. Sapeva che i re avevano ucciso degli uomini sul monte Tabor, presumibilmente sapeva anche dove erano morti i suoi fratelli. In quel caso, tutto l'inseguimento dopo la non battaglia era per eseguire una vendetta personale per la morte dei suoi fratelli. Ieter, il figlio di Gedeone, è poi menzionato inaspettatamente. Perché lui è importante? Ieter è un paragone e contrasto con Gedeone. Ieter somiglia a Gedeone all'inizio del racconto, quando aveva paura di eseguire la chiamata del Signore, quando cercava delle scuse o agiva di notte per non essere visto. Quando sapeva di essere debole. Similmente, Ieter sapeva di essere giovane e non forte, non riusciva a ammazzare una persona. Però ora Gedeone è il liberatore del paese, il capo militare, potente; anzi, prepotente. Poteva fare tutto quello che voleva fare per i propri interessi (per una vendetta, per ripagare un insulto) senza che nessuno lo criticasse o punisse. Non dipendeva più da Dio, ma faceva quello che gli pareva meglio per sé stesso. Ironicamente, Gedeone era più bravo moralmente quando era meno bravo come combattente. Però non sorprendentemente, perché Dio usa i deboli per eseguire la sua volontà, affinché la gloria vada a lui. Quelli che sono forti spesso fanno quello che vogliono perché riescono a fare quello che vogliono, piuttosto che fare la volontà del Signore. 4. Gedeone (8:22-32)Re? No (22-23)Israele voleva un re ereditario, cioè non soltanto che Gedeone avrebbe regnato su di loro, ma anche nel futuro il figlio e il nipote di Gedeone. Gedeone giustamente rifiutò quest'offerta. Doveva essere il Signore che regnava su Israele, e quando era necessario avere un capo umano, il Signore nominava come giudice chi voleva. Però, quando qualcuno diventava re solo perché era il figlio del re precedente, non è più Dio che sceglie i suoi servi ma solo la generazione umana. Questo tema è approfondito in 1Samuele 8, quando Israele scelse il suo primo re, Saul. In realtà, un figlio di Gedeone regnò dopo di lui, ossia Abimelec, che andò male, come vedremo nel prossimo capitolo. Però, anche se Gedeone rifiutò di avere il titolo di re, iniziò a agire e vivere come se fosse il re. Governava in modo di aumentare il proprio onore, potere, e prestigio,€ tutto senza Dio. Lo vedremo in tre sfere: le ricchezze, la religione, e la famiglia. a) Re? Sì - ricchezze (24-26)Gedeone non voleva essere chiamato re, ma voleva avere la ricchezza che spetterebbe a un re. Chiese l'oro del bottino. Solo l'oro degli anelli ammontava a 1600 sicli, cioè 26 chilogrammi o circa, €1,5 milione ai prezzi attuali. Ricevette anche "le mezzelune, i pendenti e le vesti di porpora che i re di Madian avevano addosso", cioè anche i simboli di potere che i re indossavano. Non era il re, ma aveva tutti i tratti caratteristici di un re. b) Re? Sì - religione (27)In antichità i re spesso decidevano la religione. I faraoni d'Egitto si consideravano degli dèi. I re dell'Assiria erano anche i sommi sacerdoti. In ogni caso, controllare l'accesso agli dèi del popolo centralizzava il potere e dava al re ulteriore autorità. Quindi Gedeone, con l'oro del bottino, fece fabbricare un efod, che era il vestito rituale di un sacerdote. In realtà, non serviva un altro efod, perché ce n'era già uno che Mosè aveva fabbricato, seguendo le istruzioni dettagliate di Dio. Però, invece di seguire la religione divinamente istituita, Gedeone volle che la gente si avvicinasse a Dio tramite i riti che stabilì nella sua città di Ofra. Come conseguenza, tutto Israele si prostituì all'efod, adorando Dio nel modo sbagliato attraverso l'efod, che diventò un'insidia. Per la prima volta, un capo di Israele portava gli Israeliti all'idolatria. La discesa lungo la spirale prosegue, e ora anche il giudice è coinvolto nella discesa e la promuove. c) Re? Sì - famiglia (28-32)I re dell'antichità spesso avevano anche un harem. Gedeone non voleva essere di meno, e aveva tante mogli e una concubina, da cui ebbe 70 figli. Come re, aveva il potere di prendere in moglie chiunque voleva, e sembra che esercitasse questo potere. Così manifestò il suo potere e la sua importanza a tutti. Però, anche questa grande famiglia fu un'insidia, e creò tanti guai nella famiglia stessa e per tutto Israele, come vedremo nel prossimo capitolo del libro dei Giudici. Vivere contrario ai modi stabiliti da Dio per quanto riguarda la famiglia (un marito e una moglie, da cui provengono i figli) potrebbe sembrare piacevole al momento, ma non è il modo corretto per gestire la famiglia né la vita, e creerà problemi nel futuro. In Giudici 8:28 c'è il solito riassunto della vita del giudice, che è una valutazione positiva della liberazione che Gedeone aveva ottenuto. Ma in realtà Gedeone regnò per 40 anni sull'apostasia nazionale, che venne fuori dopo la sua morte (Giudici 8:33). Non solo Gedeone prese le caratteristiche di un re, ma prese le caratteristiche di un re cananeo, cioè come quelli di Canaan. Come conseguenza, Israele stava diventando sempre meno come popolo di Dio, e sempre di più come Canaan. 5. ConclusioneQuando la Bibbia parla di un giudice o di un re (finto o vero), è anche per insegnarci che i sistemi politici umani e i grandi personaggi della storia non possono risolvere i nostri problemi con Dio. Perché anche loro sono umani, e soggetti allo stesso problema di ribellione contro il Dio sovrano. Così ci spingono a considerare Gesù Cristo, il Re dei re - di tutti i re, veri e finti! - e il Signore dei signori. Infatti, Gesù come il perfetto re aveva tutte le caratteristiche che voleva Gedeone - ricchezza, religione, famiglia. Però mentre Gedeone le voleva per mostrare la sua grandezza e per aumentare il suo potere, Gesù le aveva per fare bene ai suoi sudditi. Perché Voi sapete che quelli che sono reputati prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio... Il Figlio dell'uomo [il Re dei re] non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti. (Marco 10:42,45) a) RicchezzeIl nostro Signore Gesù Cristo, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventare ricchi. (2Corinzi 8:9) b) ReligioneNessuno viene al Padre se non per mezzo di me... Chi ha visto me, ha visto il Padre. (Giovanni 14:6,9) c) FamigliaSia colui che santifica [Gesù Cristo] sia quelli che sono santificati provengono tutti da uno; per questo egli non si vergogna di chiamarli fratelli. (Ebrei 2:11) Gesù spende la sua ricchezza per noi non per sé stesso; rivela il Padre non per ottenere più potere ma per darci un libero accesso a lui; ha una famiglia grande non per manifestare la sua grandezza ma perché ci ama e vuole includerci nella sua famiglia. Possiamo anche raccogliere alcune delle riflessioni su questo capitolo sotto gli stessi titoli, per riflettere su quando somigliamo al nostro Re e Signore. Perché, aggiungendo le parole dietro i puntini di sospensione della citazione precedente, Voi sapete che quelli che sono reputati prìncipi delle nazioni le signoreggiano e che i loro grandi le sottomettono al loro dominio. Ma non è così tra di voi; anzi, chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere il primo sarà servo di tutti. (Marco 10:42-44) a) RicchezzeCi mettiamo in gioco per quanto riguardo il denaro? Crediamo che il migliore investimento che possiamo fare sia per il destino eterno degli altri e per i loro bisogni, o crediamo che sia per i nostri piaceri? b) ReligioneIl nostro interesse è portare le persone al vero Dio in Gesù? Anche se Dio ci chiama a un compito poco riconosciuto? Lo facciamo con tutta la forza che Dio provvede, o siamo limitati dalle nostre capacità? c) FamigliaAmiamo veramente i nostri fratelli? Abbiamo la gioia invece del rancore per quello che fanno o hanno che noi non abbiamo? Quando ci offendono o ci fanno del male, abbiamo la stessa pazienza e compassione che il Signore ha mostrato verso di noi? Se cresciamo in questo, con l'aiuto e la potenza dello Spirito Santo, invece di scendere lungo la spirale in giù come Israele che diventava sempre più come Canaan, saliremo lungo la spirale in su per diventare sempre più come il Re dei re Gesù Cristo.
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