Giobbe 13

1 Capitolo 13

Giobbe rimprovera i suoi amici Giob 13:1-12

Professa la sua fiducia in Dio Giob 13:13-22

Giobbe chiede di conoscere i suoi peccati Giob 13:23-28

Versetti 1-12

Con autocompiacimento, Giobbe dichiara di non aver bisogno di essere istruito da loro. Coloro che litigano sono tentati di magnificare se stessi e di abbassare i loro fratelli più di quanto sia opportuno. Quando siamo afflitti o angosciati dal timore dell'ira, dalla forza della tentazione o dal peso dell'afflizione, dobbiamo rivolgerci al Medico delle nostre anime, che non respinge mai nessuno, non prescrive mai male e non lascia mai nessun caso senza rimedio. A Lui possiamo rivolgerci in ogni momento. Per i cuori spezzati e le coscienze ferite, tutte le creature, senza Cristo, sono medici di nessun valore. Giobbe parla evidentemente con uno spirito molto arrabbiato contro i suoi amici. Essi avevano avanzato alcune verità che riguardavano quasi Giobbe, ma il cuore non ammutolito davanti a Dio non riceve mai docilmente i rimproveri degli uomini.

13 Versetti 13-22

Giobbe decise di attenersi alla testimonianza che la sua coscienza dava della sua rettitudine. Dipendeva da Dio per la giustificazione e la salvezza, le due grandi cose in cui speriamo attraverso Cristo. La salvezza temporale se l'aspettava poco, ma della salvezza eterna era molto fiducioso: Dio non sarebbe stato solo il suo Salvatore per renderlo felice, ma la sua salvezza, nella vista e nel godimento della quale sarebbe stato felice. Sapeva di non essere un ipocrita e concludeva che non sarebbe stato rifiutato. Dovremmo essere ben contenti di Dio come amico, anche quando sembra contro di noi come nemico. Dobbiamo credere che tutto opererà per il nostro bene, anche quando tutto sembrerà andare contro di noi. Dobbiamo aggrapparci a Dio, anche se per il momento non possiamo trovare conforto in Lui. In un'ora di morte, dobbiamo trarre da lui un conforto vivo; e questo significa confidare in lui, anche se ci uccide.

23 Versetti 23-28

Giobbe chiede che gli vengano rivelati i suoi peccati. Un vero penitente è disposto a conoscere il peggio di se stesso; e tutti noi dovremmo desiderare di sapere quali sono le nostre trasgressioni, per poterle confessare e per evitare di commetterle in futuro. Giobbe si lamenta dolorosamente della severità di Dio nei suoi confronti. Il tempo non consuma la colpa del peccato. Quando Dio scrive cose amare contro di noi, il suo scopo è quello di farci ricordare i peccati dimenticati e di portarci a pentircene, in modo da staccarci da essi. I giovani si guardino dall'indulgere nel peccato. Anche in questo mondo possono possedere i peccati della loro giovinezza, tanto da avere mesi di dolore per momenti di piacere. La loro saggezza consiste nel ricordare il loro Creatore nei primi giorni, in modo da avere una speranza sicura e una dolce pace di coscienza come conforto per gli anni che stanno per finire. Giobbe si lamenta anche del fatto che i suoi errori attuali sono tenuti in gran conto. Al contrario, Dio non ci tratta secondo i nostri meriti. Questo era il linguaggio della visione malinconica di Giobbe. Se Dio segna i nostri passi ed esamina attentamente i nostri sentieri, nel giudizio, sia il corpo che l'anima sentono la sua giusta vendetta. Questo sarà il caso terribile degli increduli, ma in Cristo c'è una salvezza pensata, fornita e resa nota.

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