Genesi 47

1 Capitolo 47

Giuseppe presenta i suoi fratelli a Faraone Gen 47:1-6

Giacobbe benedice Faraone Gen 47:7-12

I rapporti di Giuseppe con gli egiziani durante la carestia Gen 47:13-26

L'età di Giacobbe. Il suo desiderio di essere sepolto a Canaan Gen 47:27-31

Versetti 1-6

Sebbene Giuseppe fosse un uomo di rispetto, grande e potente in Egitto, tuttavia egli non rinnegò il suo sangue. Che i ricchi e i grandi del mondo non trascurino mai o disdegnino di avere rapporti con i poveri, poiché nostro Signore Gesù non si vergognò di chiamarci fratelli. Rispondendo alla domanda di Faraone: "Qual è il vostro lavoro?". Essi gli dissero che erano pastori, aggiungendo che scesero in Egitto per soggiornarvi per un certo periodo, in quanto la carestia regnava in Canaan. Faraone gli offrì un lavoro di pastori a patto che fossero persone attive. Qualunque sia il nostro lavoro o la nostra occupazione dovremmo cercare di eccellere in essi e provare a noi stessi di essere intelligenti e attivi.

7 Versetti 7-12

Con l'austerità degli anni, con la pietà da vero credente e l'autorità di patriarca e di profeta, Giacobbe supplicò il Signore di benedire Faraone. Egli agì come chi non si vergogna della sua fede e come chi non esprimerebbe gratitudine al proprio benefattore e alla propria famiglia. Troviamo qui una risposta molto insolita data a una domanda alquanto comune. Giacobbe chiama la sua vita un pellegrinaggio, il soggiornare di uno straniero in un paese straniero o un viaggio verso casa sua e il suo paese. Non aveva dimora sulla terra: la sua abitazione, la sua eredità, i suoi tesori erano in cielo. Egli considerò i suoi giorni di vita, come passano presto e come noi non siamo sicuri di vivere un altro giorno. Consideriamo la nostra vita. I suoi giorni stavano giungendo al termine. Sebbene egli aveva vissuto fino ad ora cento trenta anni, essi gli parvero soltanto pochi giorni in confronto all'eternità. Ed essi gli apparirono malvagi e questo è vero se consideriamo sinceramente l'uomo. L'uomo vive pochi giorni ed essi sono pieni di difficoltà e poiché i suoi giorni sono perversi, è bene che essi siano pochi. La vita di Giacobbe era stata piena di malvagità. Anche la vecchiaia lo raggiunse come fece con alcuni dei suoi padri. Così come l'uomo giovane non dovrebbe essere orgoglioso della sua forza o della sua bellezza, così il vecchio non dovrebbe essere orgoglioso della sua età e dei suoi capelli canuti, sebbene gli altri lo riveriscano; sebbene molti si considerano molto vecchi, tuttavia non raggiungeranno mai gli anni dei patriarchi. La testa canuta è solo una corona di vanto solo quando ci si trova nella rettitudine. Una tale risposta non poté che impressionare il cuore di Faraone, per ricordargli che la prosperità e le felicità terrene non sarebbero durate a lungo e non avrebbero soddisfatto. Dopo una vita di vanità e di oppressione, l'uomo scende nella tomba, così come dalle stelle alle stalle. Niente può renderci felici se non la prospettiva di una casa eterna in cielo dopo il nostro pellegrinaggio breve e pesante sulla terra.

13 Versetti 13-26

Il prendersi cura di Giacobbe e della sua famiglia, come la benedizione progettata dalla Provvidenza nell'avanzamento di Giuseppe, ha risparmiato il regno d'Egitto dalla rovina. Non c'era più pane e la gente era pronta a morire. Vedete come dipendiamo dalla provvidenza di Dio. Tutta la nostra ricchezza non ci preserverà dal morire di fame se la pioggia non cadesse per due o tre anni. Vedete quanto dipendiamo dalla clemenza di Dio e aggrappiamoci sempre nel suo amore. Vedete pure come i nostri possedimenti esigono attenzione. Poiché tutti gli egiziani consumarono tutto il grano nei sette anni di abbondanza, si trovarono nei guai ignorando l'avvertimento. L'argento e l'oro non li potevano alimentare: essi avevano bisogno di grano. Tutto quello un uomo possiede lo darà in cambio della sua vita. Noi non possiamo giudicare questo argomento secondo la mentalità attuale. È chiaro che gli egiziani considerarono Giuseppe come un benefattore pubblico. Il tutto è coerente con il carattere di Giuseppe, che agisce tra Faraone e i suoi assoggettati, nel timor di Dio. Gli egiziani confessarono di avere sperato in Giuseppe: "Tu hai salvato le nostre vite!". Così diranno con riconoscenza le folle a Gesù nel giorno del giudizio: "Tu hai salvato le nostre anime dalla distruzione più tremenda e dal tempo dell'ira! Gli egiziani rinunciarono a tutta la loro proprietà e anche alla loro libertà per aver salve le loro vite: può essere perciò troppo contare tutto una perdita e affidarsi al suo comando e ai suoi fini, in Colui che salverà le nostre anime, che ci darà il centuplo, anche qui, in questo mondo? Sicuramente se salvati da Cristo, saremo desiderosi di diventate suoi servi.

27 Versetti 27-31

Alla fine anche Israele deve morire e quel giorno si stava avvicinando. Israele, principe con Dio, ebbe potenza sull'angelo e prevalse ma tuttavia doveva morire. Giuseppe lo rifornì di pane, affinché non morisse di fame, ma non poté proteggerlo dalla morte per vecchiaia o per malattia. Egli morì gradatamente, la sua candela bruciò gradualmente fino al moccolo, in modo che egli vedesse come si realizzarono i piani del Signore. È un vantaggio vedere l'avvicinamento della morte, prima di andarsene, in modo da potere portare a compimento tutto ciò che ci rimane da fare. Tuttavia, la morte non è lontana da nessuno di noi. L'attenzione di Giacobbe, vedendo l'avvicinamento di quel giorno, fu sulla sua sepoltura: non un funerale con onori e fasti, ma una sepoltura in Canaan, la terra promessa. Era una specie di paradiso, quel paese migliore che egli veramente attendeva, Eb 11:14. La sua consolazione sul letto di morte fu la prospettiva certa di giacere nella Canaan celeste dopo la morte. Quando ciò fu certo, Israele si curvò verso la testa del letto e adorò Dio, vedete Eb 11:21, ringraziando Dio per tutti le sue benedizioni, sostenendosi così debolmente ed esprimendo la sua volontà di lasciare questo mondo. Anche quelli che vissero della provvidenza di Giuseppe e pure Giacobbe, così caro a lui, dovevano morire. Ma Cristo Gesù ci dà il pane vero, quello che possiamo mangiare e con cui vivere per sempre. A Lui veniamo e stiamo attaccati e quando ci apprestiamo alla morte, Egli, che ci ha sostenuto nella vita, ci incontrerà e ci darà la salvezza eterna.

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