Genesi 461 Capitolo 46 Le promesse di Dio a Giacobbe Gen 46:1-4 Giacobbe e la sua famiglia vanno in Egitto Gen 46:5-27 Giuseppe incontra suo padre e i suoi fratelli Gen 46:28-34 Versetti 1-4 Anche negli eventi e in quelle imprese che sembrano molto positive dovremmo cercare consiglio, assistenza e benedizione dal Signore. Attenendosi ai suoi comandi e accogliendo gli impegni del suo patto d'amore riceveremo la sua presenza e quella pace che Lui concede. In tutto le nostre privazioni dovremmo ricordarci di esse per distaccarci da questo mondo. Nient'altro può incoraggiarci a non temere alcun male quando passiamo nella valle dell'ombra di morte, se non la presenza di Cristo. 5 Versetti 5-27 Abbiamo qui un particolare racconto della famiglia di Giacobbe. Sebbene l'adempimento delle promesse è sempre assicurato, tuttavia questo spesso avviene in modo lento. Passarono 215 anni da quando Dio promise ad Abraamo di fare di lui una grande nazione, vedi. Genesi 12:2, tuttavia quel ramo della sua discendenza, alla quale la promessa fu assicurata, era solo aumentato di settanta persone, di cui questo particolare racconto tratta, per mostrare come la potenza di Dio rese questi settanta un popolo numeroso. 28 Versetti 28-34 Fu fatta giustizia al Faraone nel fargli sapere che una tale famiglia si fosse stabilita nei suoi possedimenti. Se gli altri pongono fiducia in noi, non dobbiamo essere così perfidi da abusare di questo per fare il nostro comodo. Ma Giuseppe come dispose dei suoi fratelli? Ne passò del tempo da quando essi fecero quei piani per sbarazzarsi di lui, ma adesso egli riesce a renderli saldi a loro vantaggio: questo è rendere bene per male. Egli li avrebbe fatti vivere nella terra di Goscen che era più vicina a Canaan. I pastori erano un orrore agli egiziani, tuttavia Giuseppe non si vergognò del loro lavoro davanti a Faraone. Egli avrebbe potuto procurargli posti a corte o nell'esercito. Ma tale promozione li avrebbero esposti all'invidia degli egiziani e li avrebbe potuti indurre a dimenticare che Canaan era la terra promessa fatta ai loro padri. Un umile lavoro non è una disgrazia, né dobbiamo considerarlo tale, piuttosto dobbiamo considerare una vergogna l'essere pigri o non avere nemmeno quel lavoro. Generalmente è meglio che la gente si attenga alla professione per cui sono stati allevati e cresciuti. Qualunque lavoro e condizione Dio ci doni con la sua provvidenza, l'ha fatto per soddisfarci tramite esse e non per aspirare a cose più alte. È meglio essere vantati in un posto umile che essere svergognati in un livello alto. Distruggeremo le nostre anime e quelle dei nostri figli se pretendiamo a tutti i costi per noi stessi e per essi grandi cose materiali. Avendo cibo e di che vestirci possiamo accontentarci. Dimensione testo: Indirizzo di questa pagina: Indirizzo del testo continuo: |