Commentario abbreviato:

1Giovanni 2

1 Capitolo 2

L'apostolo si rivolge all'espiazione di Cristo per ottenere un aiuto contro le infermità del peccato 1G 2:1-2

Gli effetti della conoscenza salvifica nel produrre obbedienza e amore verso i fratelli 1G 2:3-11

Ai cristiani come figlioli, ragazzi e padri 1G 2:12-14

Tutti sono messi in guardia dall'amore per questo mondo e dagli errori 1G 2:15-23

Sono incoraggiati a rimanere saldi nella fede e nella santità 1G 2:24-29

Versetti 1-2

Abbiamo un Avvocato presso il Padre; uno che si è impegnato, ed è pienamente in grado, di supplicare in favore di tutti coloro che chiedono perdono e salvezza nel suo nome, dipendendo dalla sua supplica per loro. Egli è "Gesù", il Salvatore, e "Cristo", il Messia, l'Unto. Solo lui è "il Giusto", che ha ricevuto la sua natura pura dal peccato e, come nostro garante, ha obbedito perfettamente alla legge di Dio, adempiendo così a tutta la giustizia. Tutti gli uomini, in ogni terra e attraverso le generazioni successive, sono invitati a venire a Dio grazie a questa espiazione del tutto sufficiente e a questa via nuova e vivente. Il Vangelo, quando viene giustamente compreso e accolto, mette il cuore contro ogni peccato e ne blocca la pratica consentita; allo stesso tempo dà un benedetto sollievo alle coscienze ferite di coloro che hanno peccato.

3 Versetti 3-11

Quale conoscenza di Cristo può essere quella che non vede che Egli è il più degno della nostra completa obbedienza? Una vita disobbediente dimostra che non c'è né religione né onestà nel professore. L'amore di Dio si perfeziona in chi osserva i suoi comandamenti. La grazia di Dio in lui raggiunge il suo vero segno e produce il suo effetto sovrano, per quanto possibile in questo mondo, e questa è la rigenerazione dell'uomo, anche se qui non è mai assolutamente perfetta. Tuttavia, questa osservanza dei comandi di Cristo ha una santità e un'eccellenza che, se fosse universale, renderebbe la terra simile al cielo stesso. Il comando di amarsi l'un l'altro era in vigore fin dall'inizio del mondo, ma potrebbe essere definito un comando nuovo dato ai cristiani. Era nuovo in loro, come nuova era la loro situazione per quanto riguarda i motivi, le regole e gli obblighi. E coloro che camminano nell'odio e nell'inimicizia verso i credenti, rimangono in uno stato oscuro. L'amore cristiano ci insegna ad apprezzare l'anima del nostro fratello e a temere ogni cosa che possa nuocere alla sua purezza e alla sua pace. Dove risiedono le tenebre spirituali, la mente, il giudizio e la coscienza saranno oscurati, e si confonderà la via della vita celeste. Queste cose richiedono un serio esame di coscienza e una preghiera accorata affinché Dio ci mostri ciò che siamo e dove stiamo andando.

12 Versetti 12-14

Come i cristiani hanno i loro stati particolari, così hanno doveri particolari; ma ci sono precetti e obbedienze comuni a tutti, in particolare l'amore reciproco e il disprezzo del mondo. Il più giovane discepolo sincero è perdonato: la comunione dei santi è accompagnata dal perdono dei peccati. I più longevi alla scuola di Cristo hanno bisogno di ulteriori consigli e istruzioni. Anche ai padri bisogna scrivere e predicare; nessuno è troppo vecchio per imparare. Ma soprattutto i giovani in Cristo Gesù, anche se hanno raggiunto la forza d'animo e il buon senso, e hanno resistito con successo alle prime prove e tentazioni, interrompendo le cattive abitudini e i legami, e sono entrati dalla porta stretta della vera conversione. Vengono di nuovo affrontate le diverse descrizioni dei cristiani. I bambini in Cristo sanno che Dio è il loro Padre; è saggezza. I credenti avanzati, che conoscono Colui che era fin dal principio, prima che il mondo fosse fatto, possono essere indotti a rinunciare a questo mondo. Sarà la gloria dei giovani essere forti in Cristo e nella sua grazia. Con la parola di Dio vincono il maligno.

15 Versetti 15-17

Le cose del mondo possono essere desiderate e possedute per gli usi e gli scopi voluti da Dio, e devono essere usate con la sua grazia e per la sua gloria; ma i credenti non devono cercarle o apprezzarle per gli scopi di cui il peccato abusa. Il mondo allontana il cuore da Dio e più l'amore del mondo prevale, più l'amore di Dio decade. Le cose del mondo sono classificate secondo le tre inclinazioni dominanti della natura depravata. 1. La concupiscenza della carne, del corpo: i desideri sbagliati del cuore, l'appetito di assecondare tutte le cose che eccitano e infiammano i piaceri sensuali. 2. La concupiscenza degli occhi: gli occhi si compiacciono delle ricchezze e dei ricchi possedimenti; questa è la concupiscenza della cupidigia. 3. L'orgoglio della vita: l'uomo vanitoso desidera la grandezza e lo sfarzo di una vita vana e gloriosa; questo include la sete di onori e applausi. Le cose del mondo svaniscono e si estinguono rapidamente; il desiderio stesso presto verrà meno e cesserà, ma l'affetto santo non è come la lussuria che passa. L'amore di Dio non verrà mai meno. Molti sforzi vani sono stati fatti per eludere la forza di questo passo con limitazioni, distinzioni o eccezioni. Molti hanno cercato di dimostrare fino a che punto possiamo essere carnali e amare il mondo; ma il significato chiaro di questi versetti non può essere facilmente confuso. Se non si inizia a vincere il mondo nel cuore, l'uomo non ha radici in se stesso, ma si allontana, o al massimo rimane un professore infruttuoso. Eppure queste vanità sono così allettanti per la corruzione dei nostri cuori che, senza una costante vigilanza e preghiera, non possiamo sfuggire al mondo, né ottenere la vittoria sul dio e sul principe di esso.

18 Versetti 18-23

Ogni uomo è un anticristo, che nega la Persona o uno qualsiasi degli uffici di Cristo; e negando il Figlio, nega anche il Padre, e non ha parte nel suo favore se rifiuta la sua grande salvezza. Questa profezia, secondo cui i seduttori sarebbero sorti nel mondo cristiano, ci impedisce di essere sedotti. La Chiesa non sa bene chi sono i suoi veri membri e chi no, ma così i veri cristiani sono stati messi alla prova e resi più vigili e umili. I veri cristiani sono unti; il loro nome lo esprime: sono unti di grazia, di doni e di privilegi spirituali, dallo Spirito Santo della grazia. Le grandi e più dannose menzogne che il padre della menzogna diffonde nel mondo, di solito sono falsità ed errori relativi alla persona di Cristo. Solo l'unzione del Santo può preservarci dalle illusioni. Mentre giudichiamo positivamente tutti coloro che confidano in Cristo come salvatore divino e obbediscono alla sua parola, e cerchiamo di vivere in unione con loro, compatiamo e preghiamo per coloro che negano la divinità di Cristo, o la sua espiazione, e l'opera di nuova creazione dello Spirito Santo. Protestiamo contro queste dottrine anticristiane e teniamole lontane il più possibile.

24 Versetti 24-29

La verità di Cristo, rimanendo in noi, è un mezzo per separarci dal peccato, e ci unisce al Figlio di Dio, Gv 15:3-4. Che valore dobbiamo dare alla verità del Vangelo! In questo modo la promessa della vita eterna è resa sicura. La promessa che Dio fa è adeguata alla sua grandezza, potenza e bontà: è la vita eterna. Lo Spirito di verità non mente; e insegna tutte le cose nella presente dispensazione, tutte le cose necessarie alla nostra conoscenza di Dio in Cristo e alla loro gloria nel Vangelo. L'apostolo ripete le parole gentili "figlioli", che denotano il suo affetto. Vuole persuadere con l'amore. I privilegi del Vangelo obbligano ai doveri del Vangelo; e coloro che sono stati unti dal Signore Gesù rimangono con lui. La nuova natura spirituale viene dal Signore Cristo. Chi è costante nella pratica della religione in tempi difficili, dimostra di essere nato dall'alto, dal Signore Cristo. Guardiamoci allora dal sostenere la verità nell'iniquità, ricordando che sono nati da Dio solo coloro che portano la sua immagine santa e camminano nelle sue vie più giuste.

Commentario del Nuovo Testamento:

1Giovanni 2

1 Sezione Seconda. 1Giovanni 2:1-6. CRISTO È L'AVVOCATO DI CHI SI CONFESSA PECCATORE. EGLI È IL GIUSTO CHE HA VERSATO IL SUO SANGUE QUAL PROPIZIAZIONE PER I PECCATI DEL MONDO; MA NON ABBIAM COMUNIONE VERA CON LUI SE NON OSSERVANDO I SUOI COMANDAMENTI E IMITANDO IL SUO ESEMPIO

In 1Giovanni 1:5-10 l'autore ha esposte le condizioni della comunione con Dio ch'è luce; in 1Giovanni 2 egli parla piuttosto delle condizioni della comunione con Gesù, il Figliuol di Dio. Cfr. 1Giovanni 1:3. I versi 1Giovanni 2:1-2 sono connessi strettamente con quanto l'apostolo ha detto prima circa la remissione dei peccati assicurata a coloro che umilmente li confessano. Quasi temesse un possibile abuso delle sue parole, egli sembra dire: Vi spingo a riconoscere e a confessare i vostri peccati, ma non perchè vi avvezziate a tollerarli, anzi,

vi scrivo queste cose affinchè non pecchiate;

affinchè camminiate sempre nella luce. E si rivolge ai lettori col dolce nome di figliuoletti miei, pieno di paterna tenerezza. Li chiama così non solo perch'egli è molto innanzi nell'età, ma perchè, se anche non li ha tutti generati a vita nuova, mediante l'evangelo, li ha nutriti di cibo spirituale e allevati con amore di padre.

e se alcuno ha peccato,

come può accadere anche a chi non vive più nel peccato; ma è esposto a cadervi ancora per debolezza, per le seduzioni del mondo e del maligno,

noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo il giusto.

Il noi s'intende dei cristiani. Il termine paracleto qui applicato a Gesù è lo stesso che, nel Vangelo di Giovanni, è applicato allo Spirito santo. In Giovanni 14:16 si legge: "Io pregherò il Padre ed Egli vi darà, un altro Paracleto"; il che implica che Gesù è il paracleto dei suoi, e che, per una parte almeno di questa funzione lo Spirito lo sostituisce. Il termine vale letteralmente, come il latino advocatus: uno che è chiamato presso ad un altro per assisterlo. Di solito si applica all'amico che assiste un accusato per difenderlo, per confortarlo, per fare atto di solidarietà con lui, per intercedere in favor suo; ma può significare anche uno che, in qualsiasi circostanza, consiglia, guida, insegna, conforta. È quindi, a seconda del contesto, tradotto consolatore o assistente, come nei passi del Vangelo, o avvocato come qui ove si tratta dell'opera di Gesù presso al Padre, opera di intercessione in cui Gesù fa valere a pro dei suoi la virtù del suo sacrifizio espiatorio. L'Epistola agli Ebrei, esponendo l'opera di Cristo qual sommo Sacerdote del suo popolo, dice ch'egli «non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio, per noi...», «ond'è che può salvare appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro» Ebrei 9:24; 7:25. E Paolo esclama trionfante: «Chi sarà quel che li condanni? Cristo Gesù è quel ch'è morto; e, più che questo, è risuscitato; ed è alla destra di Dio; ed anche intercede per noi» Romani 8:34. Gesù è chiamato giusto, perchè, se fosse stato peccatore non avrebbe potuto, quale agnello immacolato, toglier d'addosso a noi prendendola su di sè la pena dovuta al nostro peccato e non potrebbe quindi essere alla destra del Padre. «A noi conveniva un sacerdote come quello, santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli» Ebrei 7:26.

2 Ed egli è la propiziazione per i nostri peccati.

L'esser stato Cristo la vittima propiziatoria che ha offerto se stesso per soddisfare la giustizia offesa di Dio, e render possibile l'effusione della grazia sua sui peccatori pentiti, è la base su cui poggia l'intercessione di Cristo nei cieli. Egli è l'avvocato efficace dei credenti perchè egli stesso ha versato il sangue per loro. La parola ilasmos (propiziazione) non s'incontra che in (1Giovanni 4:10); ma abbiamo nel N.T. altre parole della stessa famiglia: "propiziatorio", "propiziare ed esser propiziato o placato", «sii placato inverso me peccatore», implora il pubblicano. (Luca 18:13; cfr. Ebrei 2:17; Romani 3:25).

e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

Letteralmente: ma anche per il mondo intero. Ad incoraggiar la fede dei credenti nella intercessione dell'unico mediatore e nella virtù del suo sacrifizio, Giovanni ne proclama il valore universale. Colla sua morte Cristo ha espiato i peccati del mondo intero e non soltanto quelli di una parte ristretta dell'umanità. Gli uomini possono per incredulità o per durezza di cuore rifiutare, per conto loro, il benefizio della morte di Cristo; ma ciò non toglie che Dio, abbia amato il mondo e abbia dato il suo Figliuolo «affinchè chiunque crede in lui non perisca ma abbia vita eterna» Giovanni 3:16.

3 Cristo è l'avvocato dei suoi presso il Padre e fa valere a loro pro l'efficacia del suo sacrifizio propiziatorio offerto una volta per sempre. Ma chi sono veramente i suoi "Chi sono coloro che a lui sono uniti e che posson dire: noi abbiamo un avvocato...?" L'apostolo risponde a questa domanda esponendo le condizioni della comunione vitale col Figliuol di Dio, in una forma analoga a quella di 1Giovanni 1, cioè in forma positiva e negativa.

E da questo sappiamo (letteralmente conosciamo) che l'abbiam conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.

Di chi intende parlare Giovanni? Gli uni rispondono: di Dio, del conoscer Dio, dei comandamenti di Dio, della parola di Dio, dell'essere in Dio 1Giovanni 2:5, del dimorare in Dio 1Giovanni 2:6; e connettono il v. 3, non con quelli che precedono immediatamente, ma col capitolo 1Giovanni 1. Per la sostanza, questa interpretazione non differisce da quella che preferiamo; perchè l'essere in Cristo, l'osservare i comandamenti di Cristo equivale all'essere o dimorare in Dio, all'osservare i comandamenti di Dio; ma ci par forzato il riferire il lui ( αυτον - αυτου) del v. 3 a Dio, passando sopra 1Giovanni 2:1-2 ove si parla di Cristo e si dice: ed egli è la nostra propiziazione ( και αυτος...). Inoltre, si riconosce da tutti che in 1Giovanni 2:6 si parla dell'imitazione di Cristo. L'apostolo dunque ammonisce i cristiani che l'osservare i comandamenti di Cristo è l'unica prova certa ch'essi l'hanno conosciuto. È chiaro che non si tratta qui di una mera conoscenza storica, ed intellettuale, ma di una conoscenza in cui hanno parte, insiem colla mente, il cuore, la coscienza, la volontà, tutto l'essere morale e spirituale dell'uomo; una conoscenza che implica relazione personale, intima, di fiducia, di amore, di appartenenza, che implica in altre parole una comunione vivente, un essere in lui, un "dimorare in lui" 1Giovanni 2:5-6. Una siffatta conoscenza sperimentale di Cristo, noi sappiamo in modo sicuro di possederla quando osserviamo i suoi comandamenti. "Se voi mi amate, avea detto Gesù, osserverete i miei comandamenti". Se osservate i miei comandamenti dimorerete nel mio amore Giovanni 14:15; 15:10. Conoscenza e ubbidienza sono due elementi inseparabili di una, medesima esperienza religiosa.

4 Chi dice: Io l'ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;

Questo versetto è parallelo a 1Giovanni 1:6: il conoscer Cristo risponde all'aver comunione con Dio; il non osservare i comandamenti di Cristo nella propria condotta risponde al camminar nelle tenebre; l'esser bugiardo, privo di sincerità, risponde al "mentire". Invece del "non mettiamo in pratica la verità", Giovanni dice qui la verità non è in lui e s'intende la verità del Vangelo non è stata accolta nel cuore di quel tale, non vi è penetrata in guisa da crearvi una vita nuova, e non vi abita. La sua professione di cristianesimo è quindi una mera apparenza.

5 ma chi osserva la sua parola

cioè la parola di Cristo, termine comprensivo che abbraccia tutti i comandamenti di Cristo che sono una stessa cosa coi comandamenti di Dio Giovanni 14:24.

l'amor di Dio è in lui veramente compiuto.

Gl'interpreti sono divisi sul senso dà dare all'espressione l'amor di Dio. Si tratta egli dell'amor di Dio per noi, ovvero dell'amor nostro per Dio? Chi adotta il primo senso lo spiega così: in chi mette in pratica la parola di Cristo (o di Dio), l'amor che Dio ha per lui raggiunge appieno il suo fine pratico ch'è di render perfetta la sua creatura. Chi adotta il secondo senso lo espone così: in chi osserva la parola di Cristo, l'amore per Dio ch'è il gran comandamento, l'ideale della vita cristiana, non è soltanto una vana parola, nè una mera aspirazione, nè un semplice inizio di vita, ma è cosa reale, e che raggiunge la sua perfezione. Infatti dove la parola di Cristo è perfettamente osservata, ivi è compiuto l'amore per Dio giacchè l'amore perfetto si manifesta colla perfetta obbedienza. Con ciò Giovanni non afferma che, praticamente, il cristiano giunga all'amore perfetto per Dio, in questa vita, poichè, come afferma in 1Giovanni 1, l'ubbidienza ai comandamenti ch'è la prova dell'amore, resta sempre imperfetta; ma afferma che amore ed ubbidienza vanno di conserva.

Da questo,

cioè dell'ubbidienza ai comandamenti di Cristo,

conosciamo che siamo in lui.

Essere in Cristo descrive sotto l'aspetto suo più intimo e più profondo la vita cristiana ch'è vita di comunione vitale con Cristo. Paragonando se stesso alla vite e i discepoli ai tralci, Gesù avea detto: "Dimorate in me e io dimorerò in voi. Io son la vite voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro porta molto frutto... Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete... Dimorate nel mio amore" Giovanni 15:4-10.

6 Chi dice di dimorare in lui, deve, nel modo ch'egli camminò, camminare anch'esso.

C'è una progressione dal "conoscere Cristo" allo "essere in lui", al "dimorare in lui", la quale ultima espressione contiene, oltre all'idea della intima comunione con Cristo, quella della costanza in questa comunione presentata così come lo stato abituale del cristiano. Chi fa professione di vita cristiana, ha l'obbligo imprescindibile, se vuol essere coerente e non ingannar se stesso e gli altri, di seguire nella sua condotta d'ogni giorno l'esempio perfetto dato da Cristo nella sua vita terrena. Similmente Paolo: "Siate dunque imitatori di Dio, come figliuoli suoi diletto, e camminate nell'amore come anche Cristo vi ha amati" (Efesini 1:2. Cfr. 1Pietro 2:24).

AMMAESTRAMENTI

1. L'evangelo che parla di grazia e di perdono dei peccati a conforto di coloro che anelano alla pace con Dio e all'affrancamento dal male, è sempre stato esposto all'accusa di favorire il peccato. In (Romani 6) all'obiezione: "Rimarremo noi nel peccato affinchè la grazia abbondi?" Paolo risponde: "Così non sia. Noi che siam morti al peccato come vivremmo ancora in esso?" Ammonisce i Galati a non fare della loro libertà cristiana "un'occasione alla carne", e Pietro esorta i cristiani a non usare della libertà "qual manto che copra la malizia". S. Giuda parla di "empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio". Non è quindi inutile il ripetere l'avvertimento di Giovanni: "Vi scrivo queste cose acciocchè non pecchiate"; ma ciò non deve distogliere i banditori del Vangelo dall'additare sempre, alle anime travagliate, Cristo quale unica propiziazione per i nostri peccati e quale unico avvocato presso il Padre.

2. Tre grandi affermazioni troviamo qui circa il Cristo. Egli è il giusto in senso perfetto, il solo dei figli d'Adamo che sia tale, il solo che risponda all'ideale di Dio riguardo all'uomo, il solo che sia esempio perfetto di vita umana 1Giovanni 2:6. Come tale egli ha potuto essere nella sua persona divina-umana la propiziazione per i nostri peccati e per i peccati del mondo intero, per tutti i peccati e per i peccati di tutti. Col suo sacrifizio espiatorio, egli giusto portando i peccati degli ingiusti, ha potuto "placare" la giusta ira del Dio di santità, soddisfare alla legge e assicurare il favore divino ai peccatori pentiti. Giovanni che proclama l'amor di Dio, non dimentica la giustizia sua. "Dio ha amato noi e ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati" 1Giovanni 4:10. Come la vita quaggiù e la morte di Gesù avevano per fine la salvazione dell'umanità, così la sua vita celeste è consacrata a condurre a compimento la salvezza dei credenti e a trarre il mondo alla fede. Egli è l'Avvocato dei suoi presso il Padre, per loro egli intercede del continuo facendo valere a loro pro il sacrifizio compiuto, una volta per sempre, sul Golgata. Possono i peccatori perdonati, ma sempre ancora bisognosi di perdono e di guarigione spirituale, intercedere per i loro fratelli; ma Uno solo è il Mediatore tra Dio e gli uomini. Uno solo è l'Avvocato dei credenti presso il Padre, perchè Egli solo è il Giusto, Egli solo è la propiziazione per i peccati. Nota S. Agostino «Giovanni non disse: Avete un avvocato, nè disse: Avete me; ma mise loro innanzi Cristo, non se stesso, e disse: Abbiamo, non avete. Preferì mettersi nel numero dei peccatori onde avesse Cristo per avvocato, anzichè mettersi al posto di Cristo come avvocato ed esser trovato tra i superbi meritevoli di dannazione». Questa parola è la condanna della dottrina e della pratica di tutti coloro che, lasciando Cristo nell'ombra, mettono al suo posto la Vergine ed i Santi quali avvocati degli uomini presso a Dio. Per i credenti consci delle loro colpe e della loro debolezza l'aver Cristo per avvocato, per amico, per aiuto pronto nelle distratte, è sommo conforto.

3. Chi è che ha la certezza (non la probabilità o la speranza vaga) di aver "conosciuto" veramente Cristo? di averlo conosciuto non di mera conoscenza storica od intellettuale, ma col cuore e colla coscienza, per esser entrato con lui in relazione personale intima di fede e di amore? Giovanni risponde: Coloro che osservano i suoi comandamenti che imitano il di lui esempio. Essi non sono solamente dei cristiani di nome che "dicono e non fanno", la cui vita smentisce la professione delle labbra, il cui cuore non è rinnovato; ma si sforzano di camminar nella luce sulle traccie del loro Signore. L'albero si riconosce dai frutti. "Non chiunque mi dice: Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". Un tale ha edificato la sua casa sulla roccia; egli è in Cristo e dimora in lui, egli onora l'evangelo davanti agli uomini, ama e glorifica il suo Dio e quando Cristo apparirà non avrà da ritrarsi da lui coperto di vergogna 1Giovanni 2:28.

7 Sezione terza. 1Giovanni 2:7-17. I COMANDAMENTI DI CRISTO SI RIASSUMONO NELLA GRAN LEGGE DEL REGNO DI DIO CHE PROCEDE VERSO IL SUO COMPIMENTO: LA LEGGE DELL'AMORE. CHI AMA IL FRATELLO CAMMINA NELLA LUCE. MA L'AMAR SECONDO DIO ESCLUDE L'AMOR DEL MONDO CH'È IN OPPOSIZIONE CON DIO.

A viemeglio inculcare nei suoi diletti lettori il dovere di imitar l'esempio di Gesù, di osservare i suoi comandamenti, se voglion dimorar in lui, Giovanni fa notare che questo dovere non è cosa nuova, che si tratta semplicemente del contenuto morale dell'evangelo ch'essi avevano udito e accettato quando erano divenuti cristiani. Per Giovanni, come per Paolo, i doveri cristiani si riassumono nell'amore che tutti li comprende e li adempie. Cfr. 1Giovanni 4:23; 5:3; Galati 5:14; Romani 13:8-10: "Chi ama il prossimo ha adempiuto la legge". Perciò egli parla qui non più di "comandamenti" ma di un unico comandamento:

Diletti, non è un nuovo comandamento ch'io vi scrivo, ma un comandamento vecchio, che aveste dal principio:

cioè dal principio della vostra vita cristiana. Il comandamento vecchio ch'io non faccio che ricordarvi

è la Parola

evangelica

che avete udita.

In 1Giovanni 2:24 dirà: "Quant'è a voi, dimori in voi quel che avete udito dal principio" e in 1Giovanni 3:11: "Questo è il messaggio che avete udito dal principio". 2Giovanni 5-6 espone lo stesso pensiero più ampiamente: "Ed ora ti prego, signora, non come se ti scrivessi un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto dal principio: Amiamoci gli uni gli altri. E questo è l'amore: che camminiamo secondo i suoi comandamenti. Questo è il comandamento che avete udito fin dal principio onde camminiate in esso.

8 Riprendendo però il pensiero e, in certo modo, correggendo quello che avea di troppo ristretto ed assoluto, l'apostolo osserva che il comandamento dell'amore dato da Gesù, può, sotto un altro aspetto più generale, considerarsi come nuovo.

E però è un comandamento nuovo ch'io vi scrivo; il che è vero in lui ed in voi; perchè le tenebre stanno passando, e la vera luce già risplende.

Sarebbe troppo lungo enumerare e discutere le varie interpretazioni che sono state date di questo passo difficile. Notiamo anzitutto che Gesù stesso ha chiamato nuovo il comandamento dell'amor fraterno: «Io vi dò un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Com'io v'ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri» Giovanni 13:34. L'A.T. diceva in Levitico 19:18: «Non ti vendicherai, e non serberai rancore contro i figliuoli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso». Ma l'amore fraterno di cui parla Gesù non si applica solo ai membri della nazione israelita; abbraccia tutti quelli che sono uniti dalla fede in Gesù e dall'amore per lui. È dunque un nuovo comandamento perchè si riferisce ad una cerchia nuova di fratelli; ed è tale anche, come notò il Godet, perchè si tratta di un amore nuovo per sua natura, simile all'amore di Gesù per i suoi. «Gesù ha recato nel mondo e dimostrato ai suoi, un amore specificamente diverso da ogni amore apparso fino allora: l'amore che ha per oggetto la persona umana e mira a salvarla. Da quel focolare nuovo si sprigiona la fiamma d'un affetto essenzialmente diverso da tutto quel che il mondo avea conosciuto prima sotto il nome d'amore». Queste considerazioni spiegano perchè Giovanni dica: il che è vero in lui, cioè in Cristo. Il comandamento relativo all'amor fraterno è nuovo di fronte alle rivelazioni anteriori, e l'esempio che Cristo ne ha dato col suo sacrifizio costituisce un fatto nuovo nella storia dell'umanità. «Noi abbiam conosciuto l'amore da questo: che egli ha data là sua vita per noi; noi pure dobbiam dare la nostra vita per i fratelli» 1Giovanni 3:16. L'apostolo aggiunge che il comandamento, vecchio per un verso, è nuovo anche per i cristiani ai quali scrive. Come mai? È un fatto che il tempo e l'esperienza mutano l'aspetto delle cose; e Giovanni sembra voler dire che la gran legge dell'amore, a misura che la storia dell'umanità si svolge, a misura che il lievito del Vangelo compenetra la pasta, assume un aspetto sempre più nuovo. Se ne scorge viemeglio la grandezza, la superiorità, la profondità, la bellezza, la potenza, la vastità e varietà delle applicazioni, la eterna e fresca giovinezza; si comprende sempre meglio l'ispirato poemetto che S. Paolo le consacra in 1Corinzi 13. A misura che il cristiano intravede colla propria, e coll'altrui esperienza che cosa sia per essere il mondo rinnovato dall'amore, egli, in presenza del mondo attuale che giace sotto la potenza del maligno nell'odio, nell'empietà, nella violenza, nell'egoismo, non può che sentir sempre più vivamente quanto sia "nuovo" il comandamento ch'è la legge del regno dei cieli. Una siffatta esperienza i lettori dell'epistola, la stanno facendo: perchè, dice, le tenebre dell'ignoranza, dell'errore, del male, col progredir del regno di Dio, stanno passando, e la vera luce della verità, della santità, della pietà, della giustizia, della fraternità, in una parola del bene, già risplende. Giovanni ne crede non lontano il trionfo sulle tenebre e perciò scrive più oltre: "Figliuoletti, è l'ultima ora"; "figliuoletti, dimorate in lui, affinchè quand'egli apparirà, abbiam confidanza"; "quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perchè lo vedremo com'egli è" 1Giovanni 2:18,28; 3:2. Similmente Paolo scriveva ai Romani: "E questo (di amarvi gli uni gli altri) tanto più dovete fare, conoscendo il tempo nel quale siamo... la salvezza ci è adesso più vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino..." Romani 13:11-12.

9 Chi dice d'esser nella luce. e odia il suo fratello, è tuttora nelle tenebre.

Professare di esser nella luce equivale al professare di aver conosciuto Cristo, di esser passato dalle tenebre dell'ignoranza, dell'errore e del peccato nella luce della verità, conosciuta e praticata, nella luce della, comunione con Dio e col suo Figliuolo. Una tal professione è incompatibile coll'odio verso il fratello, cioè anzitutto verso il fratello in fede, generato dal Padre a vita nuova, membro del corpo di Cristo, poi anche verso il fratello in senso più largo, verso l'uomo ch'è figlio di Dio per creazione. L'apostolo accenna per tal modo a quello che costituisce l'essenza della morale cristiana, il contenuto del comandamento nuovo, l'anima della vita del Cristo, cioè l'amore. Ove non regna l'amore, regna l'odio. Nota Düsterdieck: "Tutta la verità, la profondità, la forza dell'etica cristiana poggia sull'aut... aut posto così esplicitamente da Giovanni. Da un lato C'è Dio, dall'altro il mondo; qui c'è la vita, là c'è la morte; qui l'amore, là l'odio micidiale; non c'è mezzo termine, tra i due non c'è nulla. La vita può essere tuttora allo stato elementare e frammentario. L'amore può esser ancora debole e misero; tuttavia la vita in Dio e l'amore che n'è la dimostrazione necessaria c'è realmente e veramente e si avvera la parola del Signore: "Chi non è contro noi è per noi" Marco 9:40. Dall'altro lato la vita secondo la carne, l'attaccamento al mondo e la manifestazione di cotesto egoismo per mezzo dell'odio possono essere molto nascosti, coperti abilmente di splendide apparenze; ma nell'occulta profondità del cuore onde scaturiscono le fonti della vita morale, non c'è Dio, c'è il mondo; l'uomo è tuttora nella morte e non può per conseguenza amare che sè stesso e odiare il fratello. Si avvera allora quell'altra parola del Signore: "Chi non è con me è contro di me" Luca 11:23. Uno non può essere che per o contro Cristo e non può quindi nutrire che amore od odio verso il fratello. «Ubi non est amor, odium est: cor enim non est vacuum» (Bengel).

10 Chi ama il suo fratello dimora nella luce e non v'è in lui nulla che lo faccia inciampare.

Letteralmente: non v'è in lui scandalo. In chi ama non c'è alcuna di quelle disposizioni che fanno cadere gli uomini in azioni malvagie invidia, sospetti, mancanza di simpatia, severità nel giudicare, orgoglio. "La carità non invidia... non si vanta... non s'inasprisce, non sospetta il male... crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa" 1Corinzi 13. Non si tratta qui di dare scandalo ad altri. L'amore è tal luce che rischiara ed appiana la via e fa camminar spediti per essa.

11 Ma chi odia il suo fratello è nelle tenebre e cammina nelle tenebre:

il suo stato è stato di tenebre e la sua vita pratica si svolge nelle tenebre dell'errore e del male, lungi da Dio ch'è luce e vita.

e non sa ov'egli vada perchè le tenebre gli hanno accecato gli occhi.

È accecato moralmente e spiritualmente dal peccato e non si rende conto della via per la quale va brancolando, nè del termine ove mena, cioè la morte eterna.

12 Dopo aver insegnato il modo di mantenere la comunione col Padre e col Figliuolo, camminando nella luce e osservando i comandamenti di Cristo che si riassumono nell'amore, Giovanni mette i cristiani in guardia contro due pericoli che minacciano la loro vita spirituale: l'amor del mondo e le seduzioni degli anticristi. Prima però di rivolger loro le sue esortazioni in proposito, egli ricorda ai lettori tutti della sua lettera i privilegi di cui godono in virtù della loro fede in Cristo.

Figliuoletti, io vi scrivo perchè i vostri peccati vi sono rimessi per il suo nome.

Tre volte il vecchio apostolo ripete: vi scrivo, rivolgendosi ai figliuoletti, ai padri, ai giovani; e tre volte riprende: vi ho scritto, rivolgendosi nuovamente ai figliuoletti (questa volta παιδια invece di τεκνια), ai padri e ai giovani. Dobbiamo vedere in quei tre appellativi tre diverse categorie di cristiani a seconda della loro età o del loro grado di sviluppo spirituale? Molti ne dubitano facendo valere le tre seguenti ragioni:

1° L'appellativo figliuoletti (sotto due forme) è nell'epistola applicato varie volte a tutti i cristiani cui Giovanni si rivolge. Così 1Giovanni 2:1,18,28; 3:7,18; 4:4; 5:21. Appare in tutti quei passi come l'equivalente del fratelli 1Giovanni 3:13 del diletti 1Giovanni 4:1,7,11 coi quali si alterna. Sarebbe quindi strano che qui soltanto designasse la categoria dei fanciulli.

2° Se designasse i fanciulli, l'ordine naturale nell'enumerazione delle tre categorie di lettori non sarebbe osservato: dopo i fanciulli dovrebbero venire i giovani poi i padri.

3° Non si vede perchè dei fanciulli specialmente si direbbe: "vi scrivo perchè i vostri peccati vi sono stati rimessi...".

La maggior parte degli interpreti sono perciò d'avviso che l'appellativo figliuoletti si abbia da applicare anche qui a tutti i lettori i quali poi sarebbero distinti, a seconda della loro età, in due categorie: i padri e i giovani. Gli uni e gli altri sono egualmente 'figliuoletti' di fronte al vecchio apostolo che li ha nutriti del cibo della Parola di Dio e li ama come suoi figli spirituali. Quanto al mutamento del presente: "vi scrivo" nell'aoristo: "vi ho scritto", è da scartare l'idea che il passato alluda ad uno scritto anteriore all'epistola e che dovrebbe essere il Vangelo. È più semplice il vedere designata, così dal passato come dal presente, l'epistola che Giovanni sta scrivendo: usa il presente dal punto di vista dell'atto che sta compiendo, usa il passato trasportandosi in ispirito, come avviene nello stile epistolare 1Giovanni 2:21,26; 5:13; Galati 6:11; Filemone 19:21, al momento in cui la lettera sarà giunta nelle mani dei destinatari. Scrive gli avvertimenti che precedono e quelli che seguono perchè i suoi lettori sono cristiani che hanno conosciuto l'amor del Padre, la grazia del Figlio, la forza vittoriosa dello Spirito in loro. Le grazie ricevute li devono stimolare a vigilanza onde non decadano dai loro alti privilegi. Ai suoi figliuoletti tutti scrive perchè hanno ricevuto la remissione dei loro peccati (il perfetto vale: vi sono stati e vi sono rimessi) per cagion del suo nome ossia a motivo, in virtù di quel che Cristo ha fatto e continua a fare per loro. Egli è la propiziazione dei loro peccati e il loro avvocato presso il Padre.

13 Distinguendo poi tra i suoi figliuoletti, i cristiani più provetti, di maggiore età ed esperienza, dai cristiani più giovani di età e di minor esperienza, egli soggiunge:

Padri, vi scrivo perchè avete conosciuto colui che è dal principio,

cioè avete conosciuto di quella vera profonda conoscenza di cui in 1Giovanni 2:4, il Salvatore che, essendo il Figliuol di Dio, era presso al Padre ab eterno, prima che il mondo fosse. Cfr. 1Giovanni 1:1; Giovanni 1:1-3. L'aver così conosciuto in fede ed amore il Cristo è ad un tempo caratteristica, sicura e privilegio del credente.

Giovani, vi scrivo perchè avete vinto il maligno.

Il maligno è il diavolo considerato come la più alta personificazione del male, nel cui potere tutto il mondo giace 1Giovanni 5:19. Caratteristica della gioventù è l'azione, l'azione battagliera derivante dal bisogno di adoperare le forze di una vita esuberante. I giovani credenti, nella comunione col Padre e col Figlio venuto a distruggere le opere del diavolo, a spodestar l'uomo forte dalla casa usurpata, hanno vinto il maligno in battaglia campale quando. hanno scelto Cristo e rinunziato al male. Si tratta per loro di mantenersi sempre vittoriosi e di non lasciarsi sedurre nè sorprendere dalle arti del nemico.

14 Figliuoletti miei tutti, vi ho scritto perchè avete conosciuto il Padre,

l'avete conosciuto come l'Iddio misericordioso, il Dio d'amore che "ha riconciliato il mondo a sè, in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli" 2Corinzi 5:19 e siete così tornati al seno del Padre vostro. «Uno dei primi albori dell'intelligenza del bambino appare in questo: ch'egli riconosce il proprio padre». Cfr. Matteo 11:27.

Padri, v'ho scritto perchè avete conosciuto colui che è dal principio.

Cfr. 1Giovanni 2:13.

Giovani, v'ho scritto perchè siete forti, e la parola di Dio dimora in voi, e avete vinto il maligno.

Sono forti i giovani di forza fisica ed intellettuale, ma non così moralmente; se son detti qui forti nella lotta, non è già che lo siano per forza propria, ma, come lo indica il seguito, perchè in loro ha trovato accesso e dimora la parola del Vangelo che ha creato nei loro cuori, per virtù dello Spirito, la forza necessaria a riportar la vittoria sul maligno.

15 L'apostolo ha così ricordato ai cristiani tutti, vecchi e giovani, i privilegi ch'essi posseggono come credenti: han ricevuto il perdono dei peccati, han conosciuto l'amor del Padre, hanno conosciuto il Figlio ch'era dal principio, hanno vinto il maligno. È questo il loro stato cristiano descritto in modo ideale; ma questo ideale si tratta di tradurlo in realtà pratica nella vita quotidiana; questi benefizi si tratta di non perderli. Hanno tutti (non i giovani soltanto) vinto il maligno ch'è il principe di questo mondo, ma intanto devono vivere in questo mondo e guardarsi dal male; hanno conosciuto il Padre ed il Figliuolo venuto in carne per salvarli, ma non devono lasciarsi sedurre dagli anticristi che negano il Padre ed il Figlio. Da ciò le esortazioni che seguono.

Non amate il mondo nè le cose che sono nel mondo.

Il mondo significa talvolta l'universo, i cieli e la terra, come quando si dice che "Dio ha fatto il mondo e tutte le cose che vi sono" Atti 17:24. Qui indica la creazione terrestre coll'uomo che n'è il re, ma nello stato di ribellione a Dio in cui attualmente si trova. Amare il mondo implica quindi un amare le cose create invece del Creatore, un amarle egoisticamente per soddisfare le proprie cupidigie, la propria vanità. Più che questo, implica simpatia per le idee stravolte, per i sentimenti di inimicizia verso Dio, per i principii corrotti e l'andazzo peccaminoso dell'umanità aliena dal suo Creatore. Nel suo stato attuale il mondo "giace nel maligno" 1Giovanni 5:19 e perciò l'amicizia del mondo è inimicizia contro Dio. 'Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio' Giacomo 4:4.

Se uno ama il mondo, l'amor del Padre non è in lui.

Amor del mondo e amore per il Padre si escludono a vicenda, poichè non è possibile amar Dio e amar quello ch'è inimicizia contro Dio. Vero è che Dio ha amato il mondo peccatore Giovanni 3:16; Romani 5:8; ma il suo è amore non di simpatia e di consenso col peccato del mondo, ma di compassione per l'umanità perduta, amor che nulla risparmi per trarre l'uomo dal mondo del peccato e della morte.

16 Il v. 16 è inteso a dimostrare come siano incompatibili l'amor del mondo e l'amor del Padre.

Poichè tutto quello che è nel mondo:

cioè, non gli oggetti materiali che si trovano nel mondo, ma quel che costituisce l'essenza morale della vita mondana, quel che la caratterizza e ne delinea i tratti principali:

la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non è dal Padre, ma è dal mondo.

Per concupiscenza della carne s'intendono i desideri disordinati che procedono dalla natura corrotta dell'uomo il quale, fatto dal peccato estraneo alla vita superiore dello spirito, concentra le sue brame nel soddisfacimento delle sue passioni carnali, sensuali, nell'appagamento degli appetiti del corpo. Si parla nella Scrittura di "concupiscenze carnali che guerreggiano contro all'anima" 1Pietro 2:11. Paolo dice: "la carne ha desideri contrari allo Spirito" Galati 5:17 e dopo aver mentovate "gozzoviglie ed ebbrezze, lussuria e lascivie", esorta i cristiani a non "aver cura della carne per soddisfarne le concupiscenze" Romani 13:14. La concupiscenza degli occhi non va confusa col sano e pio desiderio di contemplar le opere di Dio per ammirare in esse le perfezioni del Creatore Salmi 19:1; Salmi 8; il mondo alieno da Dio non ha di tali desideri; ma si tratta di una forma di concupiscenza peccaminosa che ha per strumenti gli occhi. Gesù dice: "Chi guarda una donna per appetirla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore". La sete di spettacoli che svegliano e nutrono male passioni, le curiosità malsane, e perfino la insaziabile brama di veder sempre cose nuove ed anche belle, unicamente per il proprio egoistico godimento, il considerar la bellezza esterna delle creature umane come il loro supremo ornamento senza tener conto della vita morale, tutto questo è compreso nella "concupiscenza degli occhi"; anzi c'è chi l'estende al vedere i beni materiali col desiderio di possederli. La superbia della vita è la superbia vanagloriosa che nasce dal possesso di abbondanti mezzi di vita e trova sfogo nello sfarzoso tenor di vita, nella sontuosa tavola, nel lusso del vestire, nella magnificenza delle case e del loro arredamento, nell'ecclissare gli altri, negli equipaggi, negli onori mondani, nella posizione sociale elevata e cose simili. Tutto questo insieme di vanità e di concupiscenze costituisce la vita del mondo e non procede dal Padre, non è ordinato da lui, non è conforme alla sua volontà e non è ispirato da lui che all'uomo ha tracciato un ideale ben diverso e più elevato.

17 A distogliere i lettori dall'amore del mondo, Giovanni aggiunge un'ultima considerazione tratta dal carattere passeggero del mondo.

E il mondo passa via con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio dimora in eterno.

Quel ch'è oggetto di concupiscenza nel mondo e quel ch'è strumento e sede di concupiscenza, tutto è ugualmente di sua natura. passeggero; la carne decade, gli occhi si offuscano, i beni esterni periscono, la terra stessa con tutto quel ch'è in essa sarà arsa. Il mondo contaminato dal peccato è destinato a sparire per far posto a nuovi cieli e a nuova terra, ove la giustizia abiterà; gli uomini che avranno scientemente perseverato nel male saranno inabissati nella morte seconda; ma chi fa la volontà di Dio appartiene ad un ordine di cose ch'è destinato a sussistere in eterno. Chi è unito al Dio ch'è eterno, possiede vita e felicità eterna. (Cfr. Giovanni 8:35).

AMMAESTRAMENTI

1. I grandi fatti su cui poggia il cristianesimo, le sue dottrine fondamentali, i suoi principii morali, hanno ad essere sempre rammentati ed inculcati ai cristiani anche provetti. La "parola udita dal principio" non invecchia col passar dei secoli.

Il comandamento ch'è l'anima di tutta, la morale cristiana, emana dal Dio ch'è amore ed è stato dato ab antico; ma Cristo lo ha proclamato in tutta, la sua ampiezza e profondità chiamandolo perciò "nuovo" e lo ha illustrato col suo esempio in un modo davvero nuovo. Esso non può invecchiare nè esser sorpassato, perchè è legge di perfezione; ha solo bisogno d'esser compreso in tutta la sua estensione e praticato dai cristiani. A misura ch'esso compenetra la vita individuale e sociale, se ne scopre meglio la bellezza e l'eterna freschezza. È difficile perfino immaginare quel che sarebbe il mondo se retto dalla gran legge dell'amore. L'arido deserto devastato dai venti dell'egoismo, dell'odio, della violenza, fiorirebbe come giardino innaffiato, sotto i raggi del sole. Salutiamo con gioia e con fede ogni progresso verso la vittoria finale dell'amore cristiano; son segni che le tenebre passano e che la vera luce cresce finchè raggiunga il pien meriggio. Felici noi se colle nostre preghiere, colle nostre parole, colla nostra vita penetrata dall'amore celeste, avremo fatto brillare in mezzo alle tenebre del mondo qualche raggio della vera luce! Lo fecero quei cristiani primitivi di cui dicevano i pagani: «Vedete questi cristiani come si amano e son pronti a morire l'uno per l'altro!» «Si amano, anche prima di conoscersi».

2. Giovanni scrive le sue esortazioni a dei cristiani, perchè sono cristiani, e le scrive a tutti i cristiani delle chiese cui è rivolta la sua lettera, qualunque sia la loro età o il grado della loro esperienza. Quando Gesù riconfermò Pietro nell'apostolato gli diede l'ordine di pascere gli agnelli, le pecorelle e le pecore; così deve fare ogni fedele pastore. Rivolgere esortazioni alla santificazione a persone che non sono ancora cristiane, che non si sono pentite e non hanno creduto nel Cristo Salvatore, è fare opera vana, è un voler edificare quando manca il fondamento, un pretender frutti buoni da un albero salvatico, un esortare a crescere chi non è ancora nato, uno spingere all'attività chi è tuttora morto spiritualmente. Le esortazioni cristiane vanno rivolte ai cristiani, ma a tutti i cristiani perchè tutti ne hanno bisogno, anche i più provetti.

Sono tre le esperienze fondamentali mentovate qui dall'apostolo come fatte dai cristiani. La prima è quella del perdono dei peccati cercato attraverso le angoscie della coscienza risvegliata e trovato soltanto allorchè l'anima ha contemplato Cristo qual vittima espiatoria e si è abbandonata a Lui con fede. Allora la pace ha inondato l'anima. La seconda è l'esperienza di una forza nuova sopranaturale, comunicata all'anima credente e che l'ha fatta capace di rompere decisamente col peccato, di spezzar le catene del vizio, di abbandonare le cattive compagnie, di sprezzare il vituperio che il mondo getta su chi segue Cristo, in una parola di vincere la prima grande battaglia col Maligno: quella, che va connessa, colla, conversione. La terza esperienza è una conoscenza nuova, intima, profonda, progressiva, che il mondo non può dare ma che viene dallo Spirito: conoscenza del Padre, del suo amore infinito, della sua misericordia, della sua paziente tenerezza: conoscenza di Cristo qual Figliuol di Dio che era dal principio ed è venuto nel mondo a salvare col suo sacrificio quelli ch'eran perduti. Chi ha fatto quelle tre fondamentali esperienze può dirsi veramente cristiano.

3. Pregando per i suoi, Gesù disse: «Io non ti prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali mediante la verità». Il mondo materiale creato da Dio, il cristiano può servirsene per provvedere ai bisogni della sua vita terrena purchè "con rendimento di grazie"; può giovarsene per accrescere la propria conoscenza delle perfezioni di Dio. Il mondo umano lo può e lo deve amare come Dio lo ama, cioè per salvarlo, per affrancarlo dal peccato che lo perde. Ma "il mondo" in quanto serve a caratterizzare i principii, le tendenze, le brame, le abitudini, il genere di vita materialista, sensuale, egoistica, vanitosa degli uomini quali il peccato li ha fatti, quel mondo il cristiano non lo può e non lo deve amare. Egli appartiene a una sfera superiore ch'è quella del regno di Dio ove la norma della vita è la volontà del Padre. Ma quanto ha bisogno che gli venga ripetuto l'avvertimento di guardarsi dalla mondanità! Se ne avevano bisogno i cristiani cui scrive Giovanni, quanto più quelli dell'oggi che si studiano di unire due cose incompatibili ed opposte: la professione cristiana e la mondanità. Tutta quella vita di concupiscenze e di vanità, di piaceri, d'intemperanze, di lusso, di fasto, di avidità di guadagno per superare gli altri, di brama di brillar nel mondo, è vita senza Dio, nonostante la vuota professione cristiana; è vita lungi da Dio, è vita opposta all'ideale voluto da Dio. Ove penetra l'amor del mondo, muore l'amor di Dio; ove il cuore, la mente, l'attività, si muovono nell'atmosfera della mondanità, la fiamma della vita religiosa si affievolisce e finisce collo, spegnersi. Essa ha bisogno di ossigeno celeste per prosperare.

Come tutte le cose contrarie al voler di Dio, la mondanità, porta in sè il suo verme roditore e la sua condanna. «Il mondo passa colla sua concupiscenza». Passano i piaceri, passano le ricchezze, passano le cose che dilettaron gli occhi, passa la gloria del mondo, passa tutto quel che fece palpitare i cuori, che fu oggetto di tanto desiderio e di cotanti sforzi; passa la gioventù, e la forza e la salute e la vita terrena. Ultimo avanzo, restano i monumenti nel campo della morte e anche quelli son dimenticati e cadono! Quali delusioni cocenti, qual vuoto delle anime! Quale vanità! L'anima ch'è fatta per le cose alte, pure, sante, durature non può trovar requie nè felicità che in Dio. Chi fa la sua volontà dimora in eterno; non perde la sua vita terrena ed assicura il suo avvenire nel mondo delle realtà superiori ed eterne.

18 Sezione Quarta. 1Giovanni 2:18-28. LA COMUNIONE COL PADRE E COL FIGLIO, OLTRECHÈ DALLA MANCANZA DI SINCERITÀ NEI CREDENTI E DAGLI ALLETTAMENTI DEL MONDO, PUÒ ESSER MESSA IN PERICOLO DALLE SEDUZIONI DEI CRISTIANI APOSTATI, VERI PRECURSORI DELL'ANTICRISTO. LI GUARDERÀ DA TALE SEDUZIONE LO SPIRITO DI VERITÀ CHE FARÀ LORO DISCERNERE GLI ERRORI ANTICRISTIANI, ONDE STIANO SALDI NEL VANGELO UDITO DA PRINCIPIO E NON SIANO COPERTI DI VERGOGNA ALLA VENUTA DI CRISTO.

Non dal mondo soltanto ch'è estraneo alla chiesa, alla sua vita ed alle sue dottrine, ma dall'interno della chiesa stessa possono sorgere pericoli minaccianti la vita spirituale dei credenti; e contro a questi, l'apostolo mette in guardia i lettori nella sezione 1Giovanni 2:18-28.

Figlioletti,

l'appellativo affettuoso si applica a tutti, come quando Gesù chiama così ( παιδια) i suoi apostoli in Giovanni 21:5; e corrisponde a quello che ricorre in 1Giovanni 2:1,12,28; 3:7; 5:21; al "fratelli" di 1Giovanni 3:13; e al "diletti" di 1Giovanni 3:2; 4:1,7.

è l'ultima ora.

Può darsi che il pensiero dell'approssimarsi della fine si connetta nella mente di Giovanni colle parole di 1Giovanni 2:17: "il mondo passa", che si possono anche rendere: "il mondo sta passando". Ad ogni modo, nell'apparizione degli anticristi, egli scorge un segno che gli fa presumere non lontana la fine dell'economia presente. Nella visione dell'avvenire concessa ai profeti antichi, gli "ultimi giorni" o "la fine dei giorni" abbracciavano il periodo messianico nella sua totalità, dalla venuta del Messia al giudizio ed al trionfo finale del regno di Dio Isaia 2:2; Michea 4:1. La visione profetica del N.T. distingue il tempo della fondazione del regno di Dio colla venuta del Messia nella sua umiliazione, il periodo del lento sviluppo del Regno, e gli "ultimi giorni" dell'economia messianica che precederanno la seconda venuta del Cristo cogli eventi che l'accompagneranno. Così Paolo scrive a Timoteo, 2Timoteo 3:1: "Sappi questo, che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili". Cfr. 1Pietro 1:5; 2Pietro 3:3. I tempi che precedono la venuta gloriosa di Cristo mentovata esplicitamente in 1Giovanni 2:28, sono quelli che Giovanni chiama qui "l'ultima ora". Come gli altri apostoli, come Gesù stesso, Giovanni ignora «i tempi e i momenti che il Padre ha riserbato alla sua propria autorità» Atti 1:7; è ridotto quindi a congetturare, dai segni annunziati, l'approssimarsi più o meno vicino del "ritorno di Cristo" e vediamo com'egli, al pari dei suoi contemporanei, abbia creduto più breve assai che non fosse per essere, il periodo necessario allo estendersi del regno di Dio sulla terra.

e come avete udito che l'anticristo deve venire, fin da ora sono sorti molti anticristi; onde conosciamo che è l'ultima ora.

Dalla predicazione apostolica, e specialmente da quella di Paolo, i cristiani d'Asia aveano potuto apprendere che, prima della fine, l'empietà, l'odio satanico contro al Cristo sarebbe concentrato in una persona che Paolo chiama "l'uomo del peccato", "l'avversario", "l'empio", vera, incarnazione del male e del potere di Satana 2Tessalonicesi 2:1-12. Ma questa apparizione stessa doveva esser preceduta da una generale "apostasia", dall'operare lento in seno alla cristianità del mistero d'iniquità. Quegli che Paolo chiama "l'uomo del peccato". Giovanni lo nomina l'anticristo, parola che potrebbe significare "il falso Cristo" che cerca di usurpare il posto del vero, ma che dal contesto risulta avere il senso di "avversario" di Cristo. Dell'opera già avviata del "mistero d'iniquità", Giovanni vede una prova nel sorgere di "molti anticristi" che sono come i precursori del vero e maggiore nemico di Cristo. Da ciò arguisce che la fine non dev'essere lontana. Cotesti anticristi che sono "mendaci" e negano che Gesù è il Cristo, sono chiamati in 1Giovanni 4:1-3 dei "falsi profeti" e in 2Giovanni 7 dei "seduttori i quali non confessano Gesù Cristo esser venuto in carne". Ogni spirito che non confessa Gesù, non è da Dio; e quello è lo spirito dell'anticristo del quale avete udito che deve venire; ed ora è già nel mondo nella persona dei molti anticristi che sono dei cristiani apostati.

19 Sono usciti di fra noi,

cioè dalle file dei membri della chiesa alla quale appartenevano almeno esternamente;

ma non eran dei nostri

in realtà, non erano cristiani sinceri e genuini;

perchè se fossero stati dei nostri sarebbero rimasti con noi,

avrebbero perseverato nella fede e nella vita, cristiana;

ma sono usciti affinchè fossero manifestati

nel loro vero essere

e si vedesse che non tutti sono dei nostri.

Secondo l'insegnamento di Gesù, la chiesa è, nell'economia attuale, una società mista di veri e di falsi cristiani che non è sempre possibile discernere gli uni dagli altri, almeno all'occhio umano. Ma la provvidenza di Dio dispone le cose in modo che gli ipocriti appaiano, a lungo andare, quali sono in realtà, siano "manifestati". Così il mondo impara a non considerar come cristiani genuini tutti quelli che ne portano il nome, e a loro volta i fedeli imparano a non essere scandalizzati allorchè si verificano delle apostasie in seno alle chiese.

20 Quanto a voi, avete l'unzione dal Santo e conoscete ogni cosa.

Il padre spirituale è pieno di fiducia riguardo ai suoi "figliuoletti". Esiste il pericolo, ma essi sono armati contro di esso e non hanno che da servirsi dei mezzi che posseggono per scorgerlo e non riceverne danno. Essi posseggono, perchè l'hanno ricevuta dal Santo 1Giovanni 2:27, l'unzione, o il crisma ricevuto dall'Unto di Dio, cioè dal Cristo. Nell'A.T. il crisma ( χρισμα) designa l'olio profumato con cui si ungevano gli oggetti e le persone ch'erano appartati dall'uso comune e consacrati a Dio. Così venne unto il Tabernacolo e così si ungevano d'olio i sacerdoti, i re ed i profeti. L'olio era il simbolo dello Spirito che solo li potea rendere atti ad esercitare le loro sacre funzioni. Gesù è chiamato il Messia, o il Cristo, cioè l'Unto per eccellenza, perchè fu consacrato, non mediante l'unzione dell'olio, ma coll'effusione dello Spirito che scese su lui e gli fu largito "senza misura" onde fosse ad un tempo il Sacerdote, il Profeta e il Re perfetto ed eterno del suo popolo. Egli, prima di salire al cielo promise di mandare lo Spirito Santo sui suoi apostoli e discepoli tutti, poichè, ei disse, «il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano» Luca 11:13. Alla Pentecoste furono unti di Spirito Santo tutti i discepoli presenti in Gerusalemme e dipoi, nei primi tempi della chiesa, lo Spirito manifestava la sua presenza in tutti i credenti con doni straordinari. Tutti i membri del corpo di Cristo ricevono l'unzione dal Santo, cioè da Cristo ch'è chiamato in Giovanni 6:69 "il Santo di Dio", com'è chiamato "il Santo e il Giusto" in Atti 3:14, e "il Giusto" nella nostra Epistola 1Giovanni 2:2,29; il "puro" 1Giovanni 3:3. Lo Spirito è, in loro, spirito di verità e perciò, illuminati da lui, essi conoscono ogni cosa: il che non vuol dire qui che siano onniscienti, come Dio, ma che conoscono "la verità" 1Giovanni 2:21 in tutto quello ch'è essenziale per la loro salvezza e sono fatti capaci di distinguerla dagli errori che la negano o l'alterano.

21 Io vi ho scritto

quello che precede,

non perchè non conoscete la verità, ma perchè la conoscete,

"avete conosciuto il Padre", "avete conosciuto colui ch'è dal principio", l'Evangelo vi è stato annunziato da molto tempo, lo Spirito vi, ha aperto l'intelligenza per conoscerlo e il cuore per riceverlo, quindi non vi scrivo come a gente che ignori la verità e non sappia nulla delle manifestazioni estreme del male, annunziate dal Signore o dai suoi apostoli. Vi scrivo perchè conoscete queste cose

e perchè tutto quel ch'è menzogna non ha che fare colla verità:

letteralmente non è della verità: non ha nulla di comune colla verità, e quindi non può non essere riconosciuto e respinto come errore pernicioso, come menzogna.

22 Passando, con la vivacità di chi sente fortemente, dal concetto astratto di menzogna, al concreto, cioè alle persone che la mettevano innanzi, Giovanni esclama:

Chi è il mendace se non colui che nega che Gesù è il Cristo?

Lo negavano i Giudei i quali trattavano Gesù da impostore; lo negavano gli eretici gnostici secondo i quali Gesù era un uomo a cui si era unito per un tempo uno degli esseri creati dalla loro immaginazione: un Eone. Lo negano quanti considerano Gesù come un semplice uomo, sia pure grande e pio. Gesù è l'Unto, il Cristo promesso in quanto Egli è il Figliuol di Dio unigenito, il Verbo fatto carne per la salvazione del mondo. Chi, dopo aver conosciuto e professato la verità, rinnega questa dottrina fondamentale del cristianesimo, sovverte la verità ed è mendace per eccellenza,

Esso è l'anticristo che nega il Padre e il Figliuolo.

L'anticristo personale, quando apparirà, concentrerà in sè l'apostasia dalla verità cristiana e l'odio contro il Cristo; ma, fin d'ora chi è avverso al Cristo quale ce lo fanno conoscere i Vangeli partecipa alla natura ed all'opera dell'anticristo, è uno dei suoi precursori. Giovanni non conosce mezzi termini: chi non è con Cristo è coll'anticristo, chi non è per la verità è mendace, chi non cammina nella luce cammina nelle tenebre, chi non ama il fratello, l'odia. Chi non riconosce Gesù per il Cristo nega il Figliuolo, perchè Gesù è il Figliuolo di Dio manifestato in carne - e negando il Figliuolo, nega anche il Padre perchè il concetto che si fa di Dio non è più quello che Gesù ci ha rivelato, è quello di un Dio astratto, lontano dal mondo, ma non è più il Padre misericordioso che ha tanto amato il mondo ch'egli ha dato il suo Unigenito Figliuolo per la salvezza dei credenti.

23 Chiunque nega il Figliuolo non ha neppure il Padre; chi confessa il Figliuolo ha anche il Padre.

"Avere il Padre" è possederlo come oggetto della, nostra fede e del nostro amore, qual Padre che ci ha perdonati e adottati, per figli suoi, in Cristo. "Confessare" il Figliuolo è credere in lui e manifestare colle parole e colla vita la nostra fede. Chi crede nel Figlio conosce il Padre poichè «niuno conosce appieno il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figliuolo avrà voluto rivelarlo» Matteo 11:27. Più che questo, ha il Padre, entra e vive nella comunione con lui. «Niuno viene al Padre se non per mezzo di me» Giovanni 14:6.

24 Quant'è a voi, dimori in voi quello che avete udito dal principio.

Dopo aver caratterizzato gli errori anticristiani, Giovanni esorta i suoi lettori ad attenersi fedelmente all'Evangelo ch'essi hanno ricevuto dagli apostoli o dai loro collaboratori quando sono stati evangelizzati. Deve dimorar nel loro cuore e nella loro mente come seme di vita la dottrina ch'è stata loro comunicata circa il Figlio ed il Padre. Quello è l'evangelo autentico che procede dal Signore stesso.

Se quel che avete udito dal principio dimora in voi, anche voi dimorerete nel Figliuolo e nel Padre

e nella comunione col Padre per mezzo del Figlio avrete la vita in abbondanza. L'espressione dimorare in s'incontra spesso negli scritti di Giovanni. Confronta oltre alle Epistole, il Vangelo di Giovanni Giovanni 14:23; 15:1-10: "dimorate in me e io dimorerò in voi".

25 E questa è la promessa ch'egli ci ha fatta cioè la vita eterna.

A chi dimora per fede in comunione col Figlio e col Padre, Cristo ha, con ripetute dichiarazioni, promesso la vita eterna: vita nuova di pace, di speranza, di amore fin da ora e vita perfetta e gloriosa, trionfante della morte, eterna. Basta ricordare passi come Giovanni 3:14 «bisogna che il Figliuol dell'uomo sia innalzato affinchè chiunque crede in lui abbia vita eterna» e Giovanni 4:14; 6:40: «Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui abbia vita eterna; ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno». Giovanni 6:47; 11:25-26; 17:2-3.

26 Vi ho scritto queste cose,

le cose che precedono, da 1Giovanni 2:18 in poi,

intorno a quelli che cercano di sedurvi.

Letteralmente che vi seducono, cioè intorno ai falsi dottori che rinnegando il Cristo sono i precursori dell'anticristo.

27 Ma quant'è a voi l'unzione che avete ricevuta da lui

vale a dire il dono dello Spirito santo mandato da Cristo,

dimora in voi;

lo Spirito, nel Nuovo Patto, non è dato, come nell'antico patto, soltanto ad alcune persone e soltanto in certe occasioni in vista di un'opera speciale; ma è dato a tutti i credenti e in modo permanente, a meno che essi lo attristino e lo costringano colle loro disposizioni perverse a ritrarsi da loro.

e non avete bisogno che alcuno v'insegni;

Se coltivano la presenza e l'opera dello Spirito in loro, non hanno bisogno che alcuno insegni loro la verità evangelica; essi la conoscono, l'hanno accolta, non resta loro che appropriarsela sempre meglio sotto la guida dello Spirito di verità che li condurrà alla piena conoscenza della verità Giovanni 16:13, e li preserverà dalle seduzioni dell'errore. Ma in questo stato ideale sembra che stentino a mantenersi e col riporlo dinanzi agli occhi loro, l'apostolo delicatamente li spinge a ricordarsi e a valersi appieno dei privilegi ad essi assicurati. Ciò non vuol dire che la Chiesa debba e possa fare a meno del ministerio della Parola ch'è il cibo necessario, allo sviluppo della vita cristiana. Giovanni stesso l'adempie colla sua lettera e Paolo lo presenta come un gran dono del Cristo glorificato alla sua Chiesa, per l'edificazione. Ma il cristiano colla luce interna dello Spirito di verità diventa capace di "giudicare ogni cosa", anche l'insegnamento dei ministri, mediante la pietra di paragone del vangelo proclamato e scritto dagli apostoli del Signore.

ma siccome l'unzione sua v'insegna ogni cosa

essenziale alla salvezza

ed è verace, e non è menzogna,

perchè lo Spirito è spirito di verità,

dimorate in lui

cioè in Cristo come in 1Giovanni 2:28,

com'essa vi ha insegnato.

Concludendo l'avvertimento relativo ai seduttori anticristiani, Giovanni ripete affettuosamente l'esortazione di 1Giovanni 2:27 aggiungendovi un motivo tratto dalla possibile prossima apparizione di Cristo.

28 Ed ora figlioletti, dimorate in lui,

saldi nella fede in lui e nella comunione con lui,

affinchè qualora egli apparisca

(così il testo emendato: εαν invece di ὁταν della Recepta) nel caso ch'egli apparisca fra breve, mentre saremo ancora in vita. Dice letteralmente qualora sia manifestato e s'intende nella sua gloria, com'egli ha promesso:

abbiam confidanza e, alla sua venuta, non abbiam da ritrarci da lui coperti di vergogna.

Giovanni, come Paolo, mette se stesso nel numero di quelli che possono essere in vita alla venuta di Cristo, perchè ignora il giorno e l'ora di quel glorioso evento. La seconda venuta di Cristo ( παρουσια) chiuderà il periodo che l'apostolo ha chiamato "l'ultima ora". La parola non si trova altrove in S. Giovanni, ma l'abbiamo in Matteo 24:3; Matteo 27:37,39; 1Corinzi 15:23; 1Tessalonicesi 2:19 ecc. Coloro che avranno perseverato nella fede in Cristo non avranno nulla da temere dall'apparizione del loro Salvatore che li, riconoscerà per suoi, li libererà dai loro avversari e darà loro completa redenzione. Perciò essi pregano: "Vieni, Signor Gesù!" e l'aspettano con piena e giuliva confidanza. Al contrario, chi l'ha rinnegato, chi gli è stato avversario sarà coperto di vergogna per la sua ingratitudine, la sua follia, la sua malvagità e, spaventato dalla presenza del Giudice, chiederà che i monti gli cadano addosso e che i colli lo nascondano dal cospetto di Colui che sederà sul trono e dall'ira dell'Agnello Apocalisse 6:16. L'espressione concisa del testo: svergognati lungi da lui, trova riscontro nella descrizione che Gesù dà del giudizio finale in Matteo 25:31-46, in ispecie in Matteo 25:41: 'Andate via da me maledetti...'.

AMMAESTRAMENTI

1. Nel quadro dell'avvenire quale fu dato a Giovanni di contemplarlo, si trovano, come nella visione profetica di Paolo, di Pietro e del Signor Gesù stesso, luci ed ombre; ed a misura che si svolge la scena, le ombre come la luce crescono d'intensità: all'estendersi e radicarsi del regno di Dio, corrisponde lo sforzo crescente delle potenze delle tenebre per abbatterlo. Il male finirà col concentrare i suoi supremi conati di menzogna, d'empietà, di odio e di violenza contro Cristo e contro ai suoi in una persona, che Giovanni chiama "l'anticristo" e Paolo "l'uomo del peccato", "l'avversario", "l'empio". Cotesta apparizione finale ha da esser preceduta da una lenta opera di perversione della verità per opera dei molti anticristi. Dio permette le manifestazioni anche estreme del male perchè rispetta la libertà umana; ma ne avverte i fedeli onde non siano sorpresi nè scandalizzati. Ogni età ha le sue manifestazioni dello spirito anticristiano ed i credenti devono tenere gli occhi aperti per non lasciarsi sedurre. "Vegliate e pregate". Più si estende, e si intensifica l'opposizione a Cristo, e più la Chiesa deve considerar vicina la fine. Le tenebre che precedon l'alba sono più fitte. Ma «dopo le tenebre risplende il dì».

2. L'opposizione più pericolosa alla verità evangelica ed a chi la professa, non viene dal mondo, ma dalla chiesa stessa ch'è società mista di credenti sinceri e d'ipocriti che non le appartengono in realtà. Le eresie più funeste, gli errori più micidiali hanno avuto per autori degli uomini aventi ufficio di dottori in seno alla chiesa. L'esser membro di una chiesa visibile non è garanzia sufficiente contro le seduzioni anticristiane. I più dotti e pii in apparenza possono apostatare dalla verità. Conviene tenersi strettamente uniti a Cristo, fonte di verità e di vita; a Cristo vero Dio e vero uomo, nostro Sommo Sacerdote, propiziazione unica per i nostri peccati; a Cristo nostro unico Maestro infallibile, e nostro unico Signore.

3. "I tempi ed i momenti" Giovanni non li conosce e quindi ignora quando precisamente dovrà apparire l'anticristo e quando avrà luogo la venuta gloriosa del Signore. Perciò scruta i segni dei tempi come gli antichi profeti 1Pietro 1:11-12; e, come Paolo, si tien preparato alla manifestazione del Cristo come potendo avvenire anche durante la sua vita. Presso il Signore, però, un giorno è come mille anni e mille anni sono come un giorno. Nel fatto, l'azione del lievito cristiano nella pasta dell'umanità doveva svolgersi assai più lenta di quello che gli apostoli ed i primi cristiani abbiano creduto. Tutti quelli che hanno tentato di fissar delle date agli eventi futuri non hanno fatto altro che ribadire l'avvertimento di Cristo: «Non sta a voi di sapere i tempi o i momenti».

4. Dio, ha dato al cristiano, ad ogni cristiano, una duplice salvaguardia contro le seduzioni dell'errore. La sua ragione è troppo debole per servirgli di sicura guida; l'insegnamento dei ministri può essere gravemente inquinato da errori; quanti dottori, vescovi e papi hanno dato alla chiesa, non il pane della verità, ma il cibo guasto e avvelenato di dottrine meramente umane! La verità insegnata da Cristo e dai suoi apostoli è consegnata negli scritti del N.T., ecco la prima salda salvaguardia del cristiano: «Dimori in voi quello che avete udito dal principio» cioè l'Evangelo apostolico ch'è l'Evangelo divino. Esso è la pietra di paragone colla quale tutte le dottrine devono esser saggiate. «Quand'anche noi, dice S. Paolo, quand'anche un angelo del cielo vi annunziasse un Vangelo diverso da quello che v'abbiamo annunziato, sia egli anatema» Galati 1:18. La seconda salvaguardia che deve andar sempre unita alla prima, è l'unzione dello Spirito che purifica il cuore, e illumina la mente facendola capace di comprendere la verità e di discernere quello che le è contrario. Colla bussola del suo N.T. e la luce interna dello Spirito il credente non farà naufragio quanto alla fede. Legga solo assiduamente il documento apostolico ispirato e implori del continuo l'assistenza dello Spirito promesso.

29 

PARTE SECONDA

PRIVILEGI E DOVERI DEI FIGLI DI DIO

1Giovanni 2:29-4:21

Il v. 29 segna la transizione alla seconda, parte dell'Epistola ove il pensiero dominante è che i cristiani sono figli di Dio. Questo costituisce per loro un altissimo privilegio nel presente e nell'avvenire 1Giovanni 2:29-3:2; ma, in pari tempo, implica dei doveri che l'apostolo viene ricordando ai lettori. Implica, anzitutto, la separazione dal male; chi fa il male è figlio del diavolo, mentre chi è nato da Dio pratica la giustizia 1Giovanni 3:3-10. In ispecie chi è nato da Dio ama i suoi fratelli di un amore che non consiste in parole soltanto, ma ch'è un dar la vita per i fratelli. Così si ha la dolce confidanza dei figli di Dio dinanzi al loro Padre 1Giovanni 3:11-24. Come figli ai quali Dio ha dato il suo Spirito, i credenti devono provare gli spiriti, poichè non mancano nel mondo i falsi profeti che non confessano Gesù Cristo venuto in carne. Essi non son da Dio, ma dal mondo che li ascolta 1Giovanni 4:1-6. Chi ama è da Dio, poichè Dio è carità. Egli ci ha amati fino a darci il suo Figliuolo; ancora noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. La perfetta carità caccia dal cuore ogni paura del giudicio di Dio. Se amiamo Dio, dobbiamo amare anche i credenti nel suo Figliuolo 1Giovanni 4:7-21. Il pensiero si svolge così, senza transizioni molto marcate, come usa fare Giovanni, in cinque brevi sezioni.

Sezione prima. 1Giovanni 2:29-3:2. LA CARITÀ DEL PADRE CI HA FATTI FIGLIUOLI DI DIO CON TUTTO QUEL CHE CIÒ IMPLICA NEL PRESENTE E NELL'AVVENIRE

Il v. 29 si considera da alcuni come la chiusa dell'esortazione precedente; ma in realtà introduce concetti nuovi che non hanno relazione diretta col brano relativo agli anticristi: il concetto della giustizia di Dio e quello dell'esser nati da lui che poi viene svolto nei versi seguenti.

Se sapete ch'Egli è giusto.

Di chi intende parlare l'autore? Gli uni rispondono: Di Cristo, perchè 1Giovanni 2:28 è questione della venuta di lui. L'obiezione principale a questa interpretazione sta nelle parole che seguono:

sappiate che anche tutti quelli che praticano la giustizia son nati da lui.

Esser nati da Cristo è espressione del tutto estranea al N.T., mentre l'esser nati da Dio, l'esser fatti "figli di Dio" ed altre simili, si trovano di frequente, specialmente in S. Giovanni. Così, subito dopo, si parla "dell'esser chiamati figli di Dio" e "dell'esser figli di Dio" Giovanni 3:1-2, "dell'esser nati da Dio" 1Giovanni 3:9; 4:7; 5:1,4,18. È quindi da preferire l'interpretazione che riferisce l'Egli a Dio Padre e vede qui il principio di un nuovo svolgimento del pensiero dell'apostolo. I cristiani sanno che Dio è giusto. «La giustizia di Dio è un attributo attivo in virtù del quale Dio vuole e fa tutto quel ch'è conforme all'eterna sua legge; prescrive leggi convenienti alle sue creature; adempie le promesse fatte agli uomini, rimunera i buoni e punisce gli empi» (Hollaz). Se sanno, come devono saperlo, che Dio è giusto, devono rendersi conto sempre meglio (l'imperativo: γινωσκετε = "fate di conoscere" è da preferire all'indicativo) che chi pratica la giustizia è nato da lui. Colui ch'è giusto per sua natura genera dei figli simili a lui; li genera colla virtù rigeneratrice del suo Spirito che comunica agli uomini morti nei loro falli una vita nuova, unendoli a Cristo ch'è via, verità e vita. La prova tangibile e sicura che uno è nato da Dio sta unicamente nella pratica della giustizia, ossia del bene voluto da Dio. Il concetto viene svolto nelle sezioni seguenti ed offre una stretta analogia con quello che domina nella Ia Parte: Dio è luce, coloro che vogliono avere comunione con lui, devono camminar nella luce.

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