Commentario abbreviato:

1Corinzi 1

1 La chiesa di Corinto conteneva alcuni Giudei, ma più Gentili, e l'apostolo dovette lottare con la superstizione degli uni e la condotta peccaminosa degli altri. La pace di questa chiesa fu disturbata da falsi insegnanti, che minarono l'influenza dell'apostolo. Ne nacquero due partiti: uno che si batteva strenuamente per le cerimonie giudaiche, l'altro che si abbandonava a eccessi contrari al Vangelo, a cui erano portati soprattutto dal lusso e dai peccati che regnavano intorno a loro. Questa epistola fu scritta per rimproverare alcuni comportamenti disordinati, di cui l'apostolo era stato informato, e per dare consigli su alcuni punti in cui il suo giudizio era richiesto dai Corinzi. Lo scopo era quindi duplice. 1. Applicare rimedi adeguati ai disordini e agli abusi che prevalevano tra loro. 2. Dare risposte soddisfacenti su tutti i punti sui quali era stato richiesto il suo parere. L'indirizzo e la mitezza cristiana, ma allo stesso tempo la fermezza, con cui l'apostolo scrive e parte da verità generali per opporsi direttamente agli errori e alla cattiva condotta dei Corinzi, è molto notevole. Egli afferma la verità e la volontà di Dio, riguardo a varie questioni, con grande forza di argomentazione e animazione di stile.

Capitolo 1

Saluto e ringraziamento 1Cor 1:1-9

Esortazione all'amore fraterno e rimprovero per le divisioni 1Cor 1:10-16

La dottrina di un Salvatore crocifisso, per la gloria di Dio 1Cor 1:17-25

e umiliando la creatura davanti a lui 1Cor 1:26-31

Versetti 1-9

Tutti i cristiani, con il battesimo, sono dedicati e devoti a Cristo e hanno l'obbligo di essere santi. Ma nella vera Chiesa di Dio ci sono tutti coloro che sono santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi, e che lo invocano come Dio manifestato nella carne, per tutte le benedizioni della salvezza; che lo riconoscono e gli obbediscono come loro Signore, e come Signore di tutti; non comprende altre persone. I cristiani si distinguono dai profani e dagli atei perché non osano vivere senza pregare; e si distinguono dai giudei e dai pagani perché invocano il nome di Cristo. Osservate quante volte in questi versetti l'apostolo ripete le parole: Nostro Signore Gesù Cristo. Non temeva di fare una menzione troppo frequente o troppo onorevole di lui. A tutti coloro che invocavano Cristo, l'apostolo rivolgeva il consueto saluto, auspicando, in loro favore, la misericordia perdonante, la grazia santificante e la pace confortante di Dio, per mezzo di Gesù Cristo. I peccatori non possono avere pace con Dio, né da lui, se non attraverso Cristo. Rende grazie per la loro conversione alla fede di Cristo; questa grazia è stata data loro da Gesù Cristo. Sono stati arricchiti da lui di tutti i doni spirituali. Parla dell'eloquio e della conoscenza. E dove Dio ha dato questi due doni, ha dato un grande potere di utilità. Erano doni dello Spirito Santo, con i quali Dio rendeva testimonianza agli apostoli. Coloro che attendono la venuta di nostro Signore Gesù Cristo saranno da Lui custoditi fino alla fine; e coloro che lo sono, saranno irreprensibili nel giorno di Cristo, resi tali da una grazia ricca e gratuita. Quanto sono gloriose le speranze di un tale privilegio: essere preservati dalla potenza di Cristo, dal potere della nostra corruzione e dalle tentazioni di Satana!

10 Versetti 10-16

Nelle grandi cose della religione siate tutti d'accordo; e se non c'è unità di sentimenti, ci sia comunque un'unione di affetti. L'accordo nelle cose più importanti dovrebbe estinguere le divisioni sulle cose meno importanti. In cielo ci sarà un'unione perfetta, e più ci avviciniamo ad essa sulla terra, più ci avviciniamo alla perfezione. Paolo e Apollo erano entrambi fedeli ministri di Gesù Cristo e aiutanti della loro fede e della loro gioia; ma quelli che erano disposti a essere litigiosi si dividevano in partiti. Così le cose migliori possono essere corrotte e il Vangelo e le sue istituzioni diventare motori di discordia e contesa. Satana ha sempre cercato di fomentare le lotte tra i cristiani, come uno dei suoi principali espedienti contro il Vangelo. L'apostolo lasciava ad altri ministri il compito di battezzare, mentre lui predicava il Vangelo, come opera più utile.

17 Versetti 17-25

Paolo era stato allevato nella cultura ebraica; ma la semplice predicazione di un Gesù crocifisso era più potente di tutta l'oratoria e la filosofia del mondo pagano. Questa è la somma e la sostanza del Vangelo. Cristo crocifisso è il fondamento di tutte le nostre speranze, la fonte di tutte le nostre gioie. E per la sua morte noi viviamo. La predicazione della salvezza dei peccatori perduti attraverso le sofferenze e la morte del Figlio di Dio, se spiegata e applicata fedelmente, appare una follia a chi è sulla via della distruzione. I sensuali, i bramosi, gli orgogliosi e gli ambiziosi vedono che il Vangelo si oppone alle loro attività preferite. Ma coloro che ricevono il Vangelo e sono illuminati dallo Spirito di Dio, vedono la saggezza e la potenza di Dio nella dottrina di Cristo crocifisso più che in tutte le altre sue opere. Dio ha lasciato che gran parte del mondo seguisse i dettami della vantata ragione dell'uomo, e l'evento ha dimostrato che la saggezza umana è follia, e non è in grado di trovare o mantenere la conoscenza di Dio come Creatore. Gli è piaciuto, per la stoltezza della predicazione, salvare coloro che credono. Per mezzo della stoltezza della predicazione; non per mezzo di quella che potrebbe essere giustamente definita una predicazione stolta. Ma la cosa predicata era una stoltezza per gli uomini di parola. Il Vangelo è sempre stato e sarà sempre una stoltezza per tutti coloro che sono sulla via della distruzione. Il messaggio di Cristo, pronunciato chiaramente, è sempre stato una pietra di paragone sicura con cui gli uomini possono capire quale strada stanno percorrendo. Ma la disprezzata dottrina della salvezza per fede in un Salvatore crocifisso, Dio in natura umana, che acquista la Chiesa con il proprio sangue, per salvare moltitudini, persino tutti coloro che credono, dall'ignoranza, dall'illusione e dal vizio, è stata benedetta in ogni epoca. E gli strumenti più deboli di cui Dio si serve sono più forti, nei loro effetti, di quelli che gli uomini più forti possono usare. Non che in Dio ci sia stoltezza o debolezza, ma ciò che gli uomini considerano tale supera tutta la loro ammirata saggezza e forza.

26 Versetti 26-31

Dio non ha scelto filosofi, né oratori, né statisti, né uomini di ricchezza, di potere e di interesse nel mondo per pubblicare il vangelo della grazia e della pace. Egli giudica meglio quali uomini e quali misure servono ai fini della sua gloria. Anche se di solito non ci sono molti nobili chiamati dalla grazia divina, ce ne sono stati alcuni in ogni epoca, che non si sono vergognati del vangelo di Cristo; e persone di ogni rango hanno bisogno della grazia perdonante. Spesso un umile cristiano, anche se povero rispetto a questo mondo, ha una conoscenza del Vangelo più vera di coloro che hanno fatto della lettera della Scrittura lo studio della loro vita, ma che l'hanno studiata piuttosto come testimonianza degli uomini che come parola di Dio. E persino i bambini piccoli hanno acquisito una conoscenza della verità divina tale da mettere a tacere gli infedeli. Il motivo è che sono istruiti da Dio; il disegno è che nessuna carne si glori della sua presenza. Questa distinzione, in cui solo loro potevano gloriarsi, non veniva da loro stessi. È per scelta sovrana e per la grazia rigenerante di Dio che essi erano in Gesù Cristo per fede. Egli è fatto da Dio per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; tutto ciò di cui abbiamo bisogno o che possiamo desiderare. E ci è stato reso sapiente, affinché con la sua parola e il suo Spirito, e dalla sua pienezza e dai suoi tesori di sapienza e di conoscenza, possiamo ricevere tutto ciò che ci renderà saggi per la salvezza e adatti a ogni servizio a cui siamo chiamati. Siamo colpevoli, passibili di una giusta punizione; ed egli si è fatto giustizia, nostra grande espiazione e sacrificio. Siamo depravati e corrotti, e lui si fa santificazione, affinché alla fine sia una redenzione completa; possa liberare l'anima dall'essere del peccato e sciogliere il corpo dai vincoli della tomba. E questo affinché tutta la carne, secondo la profezia di Geremia, Ger 9:23-24, possa gloriarsi del favore speciale, della grazia onnipotente e della preziosa salvezza di Geova.

Commentario del Nuovo Testamento:

1Corinzi 1

1 

L'INTRODUZIONE EPISTOLARE

1Corinzi 1:1-9

L'introduzione comprende IL SALUTO che Paolo manda alla Chiesa di Corinto 1Corinzi 1:1-3 e l'ESPRESSIONE della propria RICONOSCENZA per i doni diversi di cui Dio l'aveva arricchita 1Corinzi 1:4-9.

1Corinzi 1:1-3 Il saluto

Uniformandosi alle regole dello stile epistolare dei loro tempi Atti 23:26; 15:23, gli scrittori del Nuovo Test. cominciano le loro lettere col mandare un saluto ai destinatari di esse; ma questo saluto viene elevato all'altezza dello spirito cristiano. Al suo nome, Paolo aggiunge la sua qualità di Apostolo di Cristo, affinchè i Corinzi ricevano colla dovuta ubbidienza le sue istruzioni e correzioni. «Chi ascolta voi ascolta me».

Paolo chiamato [ad essere] Apostolo,

ossia inviato,

di Cristo Gesù, per la volontà di Dio,

non degli uomini, nè sua, come ben lo prova il modo in cui Cristo lo ha chiamato alla sua conoscenza ed al suo servizio Atti 9; 22:14-16; 26:16-18; Galati 1. L'Apostolo associa umilmente al suo, il nome del

fratello Sostene,

che ha dovuto godere di una certa notorietà ed autorità morale presso i cristiani di Corinto 2Corinzi 1:1. Si tratta probabilmente dell'ex capo della sinagoga mentovato negli Atti 18:17, o di poi convertito e divenuto collaboratore dell'Apostolo. Per la considerazione in cui era tenuto, egli poteva utilmente appoggiare presso ai Corinzi quanto Paolo stava per scrivere, e togliere alle concessioni ogni colore personale Galati 1:2.

2 I destinatari della lettera sono designati in tre modi: sono

la Chiesa di Dio ch'è in Corinto,

vale a dire la raunanza o società di coloro che, mediante l'Evangelo, Dio ha chiamato dal mondo per formare il popolo che gli appartiene Atti 18:10; 1Pietro 2:9. Il verbo da cui è derivata la parola εκκλησια significa infatti, chiamare d'infra... Il popolo d'Israele è chiamato nell'A. T. la «raunanza di Geova». Nel N. T. è chiamata chiesa di Dio tanto l'assemblea dei credenti di un dato luogo, come la totalità dei cristiani che formano il mistico corpo di Cristo Matteo 16:18; 1Corinzi 12:28; Galati 1:13; Efesini 1:22; Ebrei 12:23. I componenti la chiesa sono

santificati in Cristo Gesù.

L'essere per la fede, entrati in comunione con Cristo ha segnato per loro la rottura col male che regna nel mondo e la consecrazione a Dio (Cfr. 1Corinzi 6:11; Romani 6). Uniti a Cristo, essi sono «la generazione eletta, il regal sacerdozio, la gente santa, il popolo d'acquisto» 1Pietro 2:9-10. Non già che sieno d'un tratto giunti alla perfezione Filippesi 3:12; ma sono messi sulla via che vi conduce e posti in grado di giungere all'alta meta cui Dio li chiama, poichè sono

per vocazione (divina) santi, insieme con tutti coloro, che, in ogni luogo, invocano il nome del Signor nostro Gesù Cristo, loro e nostro [Signore]

Tale la costruzione che dà alla frase il senso migliore. Il considerare la lettera ai Corinti come rivolta da Paolo anche a coloro che in ogni luogo invocano il Signor Gesù (vedi traduz. Diodati e Revel), non è conforme all'uso di Paolo, nè trova il minimo appoggio nel contenuto della lettera. L'indirizzo della 2Corinzi, sebbene più comprensivo, è però limitato ai credenti dell'Acaia. Dopo aver posto in rilievo il carattere di santità della Chiesa di Dio, l'Apostolo ricorda quello della sua universalità ed unità. I Corinti non sono soli ad aver ricevuto la vocazione che li chiama a santità perfetta; essi l'hanno in comune con i credenti del mondo intiero che riconoscono in Gesù il Cristo, il Figliuol di Dio venuto a salvare ciò ch'era perduto, e come tale lo invocano. La preghiera fidente rivolta a Cristo è l'atto supremo della fede Gioele 20:23; Romani 10:12; Luca 23:42; Atti 7:59. Cinque volte, nei primi nove versetti, Paolo chiama Cristo Signore, ed ha cura di notare qui ch'egli è il Signore unico di tutti i cristiani Efesini 4:5. A lui, e non agli uomini, essi appartengono. «Tutta l'Epistola è come riassunta anticipatamente nelle due idee rilevate con forza nell'indirizzo: santità delle membra, unità del corpo» (Godet).

3 Grazia a voi e pace.

I greci auguravano allegrezza; i latini, salute; gli orientali, pace. Gli Apostoli, in quasi tutte le loro lettere, non solo uniscono il saluto orientale all'occidentale, ma soprattutto li nobilitano, augurando beni più preziosi della materiale prosperità e più confacenti alla natura superiore dell'uomo. Grazia è «la benevolenza divina che s'inchina pietosa verso il peccatore per perdonarlo, verso il figlio riconciliato per benedirlo» (Godet). Pace è la calma soave e profonda che riempie il cuore di chi si sa e si sente riconciliato con Dio ed oggetto dell'amor suo in Cristo.

AMMAESTRAMENTI

1. La vocazione di Paolo presenta caratteri speciali che non si possono riscontrare nei casi ordinari, in cui la volontà di Dio va ricercata tenendo conto delle attitudini particolari date ad ognuno, come pure delle indicazioni provvidenziali che ci possono aiutare nel discernerla. Ma, si tratti di ministerio della Parola o di qualsiasi altra vocazione terrena, il possedere la certezza che noi occupiamo la posizione assegnataci dalla volontà di Dio è una forza ed un conforto prezioso. «Che cosa dava all'Apostolo la forza d'animo di sopportare ignominia e calunnia [o di accingersi ad un compito sgradevole?] Questo: Io ho una missione. Io sono chiamato ad, essere Apostolo per la volontà di Dio. Questa dovrebbe esser la nostra forza. V'è egli irriverenza nel credersi chiamato ad essere un falegname, un uomo politico, un negoziante, un medico? Dio mi ha mandato a tagliar legna, a governare rettamente, a fare scarpe, ad insegnar bambini: perchè non dovrebbe ognuno aver quel sentimento? È questa una delle più grandi realtà su cui possiam poggiare la nostra vita e con cui possiam dar vigore alla nostra attività» (Fed. Robertson).

2. Il modo in cui Paolo designa la comunità cristiana di Corinto ci fornisce alcuni caratteri distintivi della Chiesa di Cristo.

a) Essa è composta non di persone che ammirano in Cristo un modello di virtù o un dottore sublime, ma di peccatori ravveduti che lo invocano qual Salvatore e Signore.

b) Essa è santa, inquanto i suoi membri si sono separati dal male, consecrati a Dio e camminano verso l'ideale della perfetta santità. Il negare ad una chiesa la qualità di cristiana perchè in essa riscontransi ancora dei difetti molteplici, è contrario all'insegnamento di Paolo il quale chiama «chiesa di Dio» la comunità di Corinto di cui sta per correggere le gravi imperfezioni. Si può essere un uomo, anche se giovane d'età o malato.

c) La Chiesa è universale poichè ne fanno parte tutti quelli che, in qualsiasi luogo, invocano il Signor Gesù.

d) La Chiesa è una perchè i credenti tutti formano un unico corpo di cui è capo e salvatore il Signore Gesù Efesini 4:5.

4 1Corinzi 1:4-9 Il rendimento di grazie

Il ringraziamento va, di solito, unito alla preghiera nel cuor di Paolo. Pensando alle chiese od agli amici, egli non dimentica di render grazie a Dio per i favori già da lui largiti 1Tessalonicesi 1:2; 2Tessalonicesi 1:3; Romani 1:8; Filemone 4; 2Timoteo 1:3.

Io rendo sempre grazie all'Addio mio,

al Dio che ha avuto pietà di me e col quale vivo in personale ed intima comunione,

a vostro riguardo, per la grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù,

cioè per i favori che sono stati largiti a voi come chiesa cristiana facente parte del corpo di Cristo. I numerosi difetti esistenti nella chiesa, non nascondono all'occhio dell'Apostolo quello che pur vi è di rallegrante in essa.

5 Egli non può render grazie per il loro amor fraterno 1Tessalonicesi 4:9, nè per molti altri frutti dello Spirito che fanno lor difetto; ma è riconoscente per la ricchezza dei doni di natura più intellettuale, ch'essi posseggono.

perchè siete stati in lui arricchiti in ogni cosa:

il seguito mostra ch'egli allude all'abbondanza dei doni o carismi concessi alla chiesa:

in ogni [dono di] parola ed in ogni conoscenza.

«Ogni parola accenna ai doni molteplici che servivano ad esprimere e comunicare la verità: così la «parola di sapienza», la «parola di conoscenza», il profetizzare, il parlare in lingue, l'interpretar le lingue 1Corinzi 12:8-10. Ogni conoscenza si riferisce alla intelligenza della verità. Per questo verso, i Corinzi erano ricchi. Se altrove (es. Gerusalemme e Tessalonica), la predicazione dell'Evangelo era stata accompagnata da frutti esternamente meno belli, ma più succosi, in Corinto invece, lo Spirito di Dio si era impadronito della lucida intelligenza e della facilità di parola naturali ai Greci, per sublimare e santificare quelle brillanti facoltà, ponendole al servizio della verità.

6 In questa guisa, era stata

confermata

da Dio stesso, in

mezzo

a loro,

la testimonianza di Cristo,

ossia la testimonianza resa intorno a Cristo dai banditori del Vangelo, i quali sono infatti chiamati ad essere i «testimoni» del Signor Gesù Atti 1:8; 26:16; 1Corinzi 15:15; 2Tessalonicesi 1:10. Anche altrove i segni, i miracoli, le potenti operazioni e distribuzioni dello Spirito Santo sono citate come una divina conferma della verità del Vangelo Ebrei 2:3-4; Marco 16:20.

7 Talchè non vi manca alcun dono,

lett. alcun carisma o dono di grazia (Cfr. 1Corinzi 12:31) che possa contribuire alla vostra edificazione,

mentre state aspettando la rivelazione del Signor nostro Gesù Cristo

Il quale è stato accolto in cielo, ma deve apparire una seconda volta in tutto il fulgore della sua gloria. «Ogni occhio lo vedrà» Apocalisse 1:7; 1Giovanni 3:2. La Chiesa primitiva sperava molto prossimo l'avvenimento del Signore 1Corinzi 7:29; 15:51; Ebrei 9:28;

8 il quale ancora vi confermerà fino alla fine,

vi renderà saldi nella fede, nell'amore, e nella santità, fino alla fine del secolo presente, fino all'apparizione sua che segnerà l'inaugurazione del secolo avvenire. L'amore spiegato dal Cristo a vostro riguardo nel passato è degno ch'egli proseguirà l'opera sua,

[così da rendervi] irreprensibili nel giorno del Signor N. G. C.

Sono ben lungi ancora dall'esser tali; ma quando Cristo avrà compiuta in loro l'opera della sua grazia, essi compariranno innanzi a lui come sposa «senza difetto nè macchia» Efesini 5:27.

9 Fedele è Iddio mercè il quale siete stati chiamati alla comunione del Suo Figliuolo G. C. nostro Signore.

La fedeltà di Dio al suo piano prestabilito di misericordia, è quella su cui Paolo poggia le sue speranze riguardo alla chiesa di Corinto (Cfr. Romani 8:29-30; 1Tessalonicesi 5:24; Filippesi 1:6 «Colui che ha cominciato in voi un'opera buona la compirà fino al giorno di G. Cristo»). E l'opera non sarà compiuta se non quando essi parteciperanno alla perfetta santità ed alla gloria del Figliuol di Dio, coll'essergli resi simili Romani 8:17-29; 1Giovanni 3:2; Giovanni 14:3. Mercè la grazia di Dio, essi sono, infatti, stati chiamati alla «comunione del suo Figlio», ch'è quanto dire alla partecipazione della eredità e della gloria a Lui riservata.

AMMAESTRAMENTI

1. Si tratti di una chiesa o dei suoi singoli membri, di una società qualsiasi o dei suoi componenti, sarà bene ricordarci l'esempio di Paolo, che, pur non nascondendo a sè stesso il male esistente in Corinto, sa discernere altresì il bene che vi è, ed in questo trova motivo di riconoscenza, di conforto nell'opera sua, di speranza per l'avvenire. «Il chiuder gli occhi al bene ci rende impotenti a rimuovere il male».

La riconoscenza di Paolo è:

a) rettamente rivolta a Dio da cui procede «ogni buona donazione ed ogni dono perfetto» Giacomo 1:17;

b) ha un soave profumo di amor figliale: egli ringrazia il «suo» Dio;

c) è costante: rende grazie «sempre»;

d) non ha nulla di egoistico, poichè rende grazie non solo per sè, ma per i suoi fratelli;

e) è illuminata poichè rende grazie per i beni spirituali che sono la vera ricchezza della chiesa;

f) è sincera come ne fa fede il silenzio conservato sulle lacune esistenti.

2. Lo Spirito di Dio nel prender possesso dell'uomo non si sostituisce alle facoltà naturali, ma le santifica, le innalza, volge al bene quelle ch'erano volte al male, mette in attività quelle ch'erano inerti; ma non crea nuove facoltà. Un profeta od un Apostolo ispirato conserva la propria individualità. Per tal modo ogni persona, ogni chiesa, ogni razza avrà dei doni speciali da porre al servizio di Cristo. Il greco si distinguerà per la sua intelligenza e facondia, il romano per il suo talento di organizzazione, il tedesco dell'oggi per la sua scienza, il francese per la sua chiarezza, l'inglese per la sua pratica attività e via dicendo.

3. Nessun dono è da disprezzare. Quando, alla facoltà di comunicare i pensieri va congiuta seria e profonda conoscenza, la Chiesa ne riceve giovamento. La conoscenza che rimane velata da un parlare inintelligibile è un sole che non illumina e non riscalda; ma, d'altra parte, il dono della parola disgiunto dalla conoscenza è vana verbosità. «Ricerchiamo e coltiviamo la facoltà di bene esprimerci, ma cerchiamo, in pari tempo, di aver qualcosa che meriti di venir espresso» (F. Robertson).

4. I frutti della grazia nella vita dei cristiani sono la miglior prova, per i credenti e per gl'increduli, della verità del Vangelo. Anche senza doni straordinari, una vita consecrata a Dio è una «lettera vivente» in cui tutti possono veder confermata l'efficacia dell'Evangelo.

5. La fedeltà di Dio, verso noi o, meglio, verso sè stesso, più ancora del la nostra fedeltà verso Dio, ci è pegno del compimento della nostra individuale salvazione e dei destini finali del regno di Dio.

10 

PARTE PRIMA

La questione dei partiti che minacciano l'unità della Chiesa

1Corinzi 1:10 - 4:21

L'argomento dei Partiti è trattato in primo luogo, non solo per la sua importanza, ma perchè fornisce a Paolo l'occasione di difendere, contro agli avversari, la sua autorità apostolica ed il modo in cui aveva adempiuta la sua missione a Corinto. In cinque sezioni l'Apostolo viene svolgendo i pensieri seguenti:

SEZIONE A 1Corinzi 1:10-16 I partiti che minacciano l'unione ed anche un pò l'unità della chiesa di Corinto, oscurano la gloria dell'unico Salvatore e Signore della Chiesa: Gesù Cristo.

SEZIONE B 1Corinzi 1:17-2:5 Coloro che, a Corinto, vantano il parlar sapiente di questo o di quel predicatore, dimenticano che, nell'opera della salvazione, Dio confonde ed annulla la sedicente sapienza umana, mentre si compiace di salvare gli uomini mediante la predicazione del Cristo crocifisso, li chiama alla fede d'infra le classi più spregiate, com'era succeduto a Corinto, e rende efficace il messaggio evangelico esposto con semplicità, da uomini per sè stessi deboli, com'era stato Paolo quando avea recato il Vangelo sull'istmo.

SEZIONE C 1Corinzi 2:6-3:4 Coloro che, a Corinto, considerano come troppo elementare l'insegnamento di Paolo, dimenticano ch'egli è in grado, mercè la rivelazione fattagliene dallo Spirito di Cristo, di esporre le sapienti profondità del piano di Dio per la salvazione; ma non lo può fare utilmente se non davanti a cristiani giunti ad una certa maturità spirituale. Ora, questo non era, da principio, e neppure è ancora al presente, il caso dei Corinzi.

SEZIONE D 1Corinzi 3:5-4:5 Coloro che, a Corinto, si gloriano in questo o in quel predicatore, mostrano d'ignorare che i banditori del Vangelo non sono dei capi-scuola, ma dei semplici servitori adoperati da Dio per l'opera sua ed a lui personalmente responsabili del modo in cui fanno il lavoro ad essi affidato. In conseguenza, la chiesa non deve, nè gloriarsi degli operai che il Signore le dà, nè anticipare su di essi il giudicio che appartiene a Dio solo.

SEZIONE E 1Corinzi 4:6-21 I Corinzi che nei loro partiti, esaltan l'uno ed abbassan l'altro dei servitori di Cristo, hanno bisogno d'imparare l'umiltà. A vedere l'alta opinione che hanno di sè, si direbbe ch'essi già toccano la vetta della perfezione e della gloria, mentre i loro primi conduttori stanno ancora giù, nella valle, in mezzo ai travagli ed ai disonori. Se Paolo è costretto a flagellare il loro orgoglio, lo fa con amor di padre e per condurli sulla buona via. A tale scopo ha lor mandato Timoteo e verrà egli stesso, fra breve, a visitarli.

Sezione A 1Corinzi 1:10-16 CRISTO UNICO SALVATORE E SIGNORE

I partiti che minacciano l'unione della Chiesa di Corinto, oscurano la gloria dell'unico Salvatore e Signore della Chiesa, Gesù Cristo.

Paolo ha reso grazie per quanto i Corinti avevano di buono ed ha espresso la speranza fondata che il Signore li renderebbe irreprensibili; ma intanto, poichè non dobbiamo esser passivi in quanto concerne la nostra santificazione, egli mette mano subito alle esortazioni.

Ma io vi esorto, fratelli,

giacchè vi considero e vi amo come miei fratelli,

per il nome dei Signor nostro Gesù Cristo,

facendo appello «a quell'unico gran nome che risveglia, in tutti i cristiani, i più profondi sensi di amore e di gratitudine, che tutti i cristiani professano e cercano di esaltare fra gli uomini e che deve essere il legame dell'unione per la chiesa universale» (Beet).

Vi esorto ad essere tutti concordi nel vostro parlare e a non avere fra voi delle divisioni.

Paolo vorrebbe veder sparire quelle varie e discordi formule che si sentono così spesso fra loro, mentre l'uno si professa di Paolo, l'altro di Apollo, ecc. Un parlare così disforme, è indizio di una divisione più profonda esistente negli animi ed a cui conviene por rimedio. La parola greca σχισματα (scismi, ved. Diodati) non ha nel N. T. il senso ch'ebbe di poi, di una separazione esterna dalla chiesa. Vale dissensi, scissure, divisioni, strappi fatti all'unità di mente e di spirito (Cfr. Matteo 9:16, senso materiale; Giovanni 7:43; 9:16; 1Corinzi 11:18; 12:25).

ad essere, anzi, perfettamente uniti in uno stesso modo di pensare e di giudicare.

Lett. «nella stessa mente e nello stesso parere». La mente è la facoltà pensante in noi: il risultato del pensare è il parere, l'avviso, l'opinione espressa, su questa o quella cosa. Cfr. 1Corinzi 7:25,40. Nel pensare e nel giudicare Paolo li desidera uniti come le parti di un tutto quando sono bene aggiustate insieme. Non già ch'egli stimi possibile o necessaria una completa uniformità di pensiero sopra tutti i punti della dottrina o del culto o della morale 1Corinzi 8-10; Romani 14-15; Filippesi 3:15-16; ma senza l'armonia delle convinzioni sulle cose essenziali, non esiste l'unione nella chiesa, ed anche riguardo alle secondarie, è necessario che tutti consentano nell'usare gli uni verso gli altri di mutua tolleranza e carità.

11 Mi è stato, infatti, palesato intorno a voi, fratelli, da quel di casa Cloe,

cioè dai figli o dai servi di una signora, altrimenti ignota, chiamata Cloe. È probabile che Cloe non fosse di Corinto e non facesse quindi parte di quella chiesa. Forse era di Efeso ed aveva frequenti relazioni di affari con Corinto.

che vi sono fra voi delle contese:

12 voglio dire che ciascuno di voi,

tanto è generale nella chiesa lo spirito di parte,

dice: Io son di Paolo, ed io d'Apollo, - ed io di Cefa, - ed io di Cristo.

Molto si è scritto sul numero e sulle caratteristiche dei partiti esistenti in Corinto. Osserveremo solo che non si tratta di sette che rompessero l'unità esterna, poichè la chiesa continuava ad avere le sue comuni assemblee di culto in uno stesso luogo. Cfr. 1Corinzi 11:17-20; 14:23. Si tratta di partiti, di fazioni interne che dividevano le menti ed i cuori. Stando al senso più ovvio delle parole, Questi partiti non erano in numero nè di due, nè di tre soltanto, ma di quattro; poichè l'Apostolo conta manifestamente come partito distinto e riprovevole al par degli altri quello che monopolizzava per sè il nome di Cristo.

Per quanto riguarda i tre primi partiti, non risulta che gli uomini, i cui nomi erano fatti «segnacolo in vessillo», avessero dato il minimo appiglio alla formazione di partiti intitolati da loro. La buona testimonianza resa da Luca ad Apollo in Atti 18:27, il modo con cui Paolo stesso parla di lui 1Corinzi 3:5-7 dicendo: «io ho piantato, Apollo ha adacquato» (Cfr. 1Corinzi 4:1-6; 16:12) mostrano che fra loro non vi era stata, nè vi era, divergenza dottrinale. Solo Apollo aveva esposto il Vangelo con maggior facondia ed arte oratoria. Tra Cefa (ossia Pietro) e Paolo, non esisteva divario di sostanza nella predicazione del Vangelo della grazia. Bastano a provarlo i discorsi di Pietro negli Atti e le sue Epistole, come pure la narrazione fatta da Paolo ai Galati Galati 2 del suo incontro in Gerusalemme con Giacomo, Cefa e Giovanni. Occupato però nella evangelizzazione dei Giudei, Pietro avea continuato nella osservanza di talune pratiche giudaiche senza farne una condizione di salvezza Atti 15; Galati 2. Se dunque in Corinto esisteva un partito di Paolo, un partito d'Apollo ed uno di Cefa, è segno che i partigiani di quei servitori di Cristo non solo ne esageravano le qualità particolari, ma prestavano a quelli le loro proprie tendenze esclusive. Forse, nota il Ramsay, la qualità più comune nella razza greca è la disposizione a criticare e a discutere. È chiaro che i Corinzi si erano dati a criticare i loro maestri, a paragonarli fra loro, a discutere le loro qualità speciali, esagerandole a seconda delle individuali loro preferenze. Di Paolo dovevano chiamarsi coloro ch'erano stati condotti al Vangelo da lui, che abbracciavano i principii della libertà cristiana da lui proclamati, ma forse senza quei riguardi di carità e quella santità che non mancavano a Paolo. Di Apollo dovevano dirsi quelli che ammiravano la sua bella presenza, la sua eloquenza, la sua scienza; ma cadevano nel difetto di considerare il Vangelo più come un sistema fìlosofìco, oggetto di speculazioni intellettuali, che come un annunzio della grazia che ci viene dalla croce di Cristo. Di Cefa dovevano chiamarsi quei cristiani di origine giudaica, che pur fidando in Cristo solo per la salvezza, erano teneri dell'osservanza di certe cerimonie legali e giudicavano severamente coloro che se ne stimavano emancipati.

E quanto al partito che s'intitolava di Cristo, probabilmente perchè pretendeva essere il solo fedele interprete del pensiero di Cristo e sconosceva del pari l'autorità apostolica di Paolo, di Pietro e di tutti i loro colleghi, gl'indizi che ci sono forniti dalle due lettere ai Corinzi conducono a ritenerlo di carattere giudaizzante estremo. Sappiamo infatti dagli Atti e dall'Epistola ai Galati che, in Gerusalemme, si era formato un partito giudeo-cristiano fanatico, capitanato da Farisei, i quali esigevano l'osservanza della legge di Mosè come necessaria a salvezza, sovvertendo l'Evangelo della grazia. Vinti nel Sinodo di Gerusalemme Atti 15, essi mandarono emissari nelle Chiese, turbando quella di Antiochia, sovvertendo quelle di Galazia (Cfr. Galati 1:2) screditando l'Apostolo Paolo, dovunque e con ogni mezzo, ed alleandosi con uomini di tendenze ascetiche pur di giungere al loro scopo. Ora se, nella prima Epistola troviamo soltanto delle allusioni velate a gente che giudicava l'Apostolo, che, lo accusava di pusillanimità, che metteva in dubbio il suo apostolato (Cfr. 1Corinzi 4:3-5,18; 9:1-3; 14:37), nella 2a Epistola, si parla più esplicitamente di persone arrivate a Corinto con lettere di raccomandazione, che si vantano Ebrei, progenie d'Abramo, si gloriano in modo speciale d'esser di Cristo, che riguardano come privilegio sommo l'aver «conosciuto Cristo secondo la carne», che si gloriano di lavorar gratis, si fanno credere «apostoli per eccellenza», sono prepotenti ed arroganti, si beffano di Paolo come spregevole nella persona e nel parlare, attaccando la sua autorità apostolica, persone che predicano un altro Gesù ed un altro Evangelo, ma sono da Paolo denunziati come falsi apostoli ed operai seduttori (Cfr. 2Corinzi 1:17; 5:12-16 e 1Corinzi 10-12. Ved. Galati e Romani 16:17-20). Tutto induce a ritenere che Paolo intenda, con questa descrizione, smascherare i rappresentanti del partito che, pur iscrivendo sulla sua bandiera il nome di Cristo, si era rivelato come il più pericoloso avversario dell'Evangelo della grazia predicato dall'Apostolo e dai suoi collaboratori.

13 Questi partiti di Corinto, hanno per primo effetto di oscurare la gloria del nome di Cristo, unico Salvatore e Signore della Chiesa.

Cristo è egli diviso in parti?

cosicchè una parte della Chiesa ne possa rivendicare per sè una porzione maggiore di quella di un'altra? Non appartiene egli a tutti i credenti ugualmente nella pienezza indivisibile della sua grazia? (Cfr. per il senso del verbo μεριζειν Luca 12:13; Marco 6:41; Ebrei 7:2). E cos'è questo dichiarare che si appartiene a Paolo, quasichè fosse Paolo od un altro uomo peccatore che avesse fatta l'espiazione dei vostri peccati procurandovi salvezza?

Forse che Paolo è stato crocifisso per voi?

Io ho potuto fondar la chiesa annunziandovi l'Evangelo, Apollo ha continuato l'opera, Cefa ha predicato altrove, potremo esser chiamati a versare il nostro sangue per la testimonianza della verità, ma la nostra morte non può avere alcun valore espiatorio, nè per noi nè per altri. Solo il Giusto che ha patito per gli ingiusti la morte della croce, è il Salvatore del mondo ed avendoci egli riscattati a sì gran prezzo, non possiamo esser che suoi. E questo avete tutti professato di voler essere quando siete stati battezzati

o siete voi forse stati battezzati nel nome di Paolo?

Lett. per il nome, che viene a dire: per appartenere a lui. I cristiani di Corinto ben sapevano d'essere stati tutti battezzati nel nome di Cristo, e con questo rito erano stati consacrati al Salvatore, essi l'avevano riconosciuto per il loro unico Signore. Non era mai passato per la mente degli evangelizzatori di Corinto di accaparrare discepoli per sè. Il dirsi adunque di Paolo o di qualche altro, non si poteva fare senza recar offesa al nome del Signor Gesù. Paolo ha cura di condannare esplicitamente coloro che si intitolavano del nome suo affine di mostrare che aborre lo spirito di parte sotto qualsiasi forma.

14 Io rendo grazie [a Dio]

il quale ha diretto le cose in modo

che io non ho battezzato alcuno di voi se non Crispo,

Il capo della sinagoga mentovato in Atti 18:8

e Gaio

mentovato in Romani 16:23 come ospite di Paolo e della chiesa.

15 Affinchè niuno dica che voi siete stati battezzati (testo emendato) nel mio nome.

Non c'è neppure questo pretesto per accusarlo di aver voluto trarre a sè anzichè al solo Cristo i convertiti.

16 Scrivendo questo, gli viene in mente un'altra famiglia che ha battezzata, quella di Stefana chiamata 1Corinzi 16:15 «le primizie» dell'Acaia.

Ho battezzato ancora la famiglia di Stefana. Del resto non so se ho battezzato alcun altro.

Non ricorda altre persone che siano in quel caso. Considerando la proclamazione dell'Evangelo come l'uffìcio essenziale dell'Apostolo, egli lasciava l'amministrazione del battesimo ai suoi collaboratori, che in Corinto erano stati Sila e Timoteo.

AMMAESTRAMENTI

1. L'unità della Chiesa è spirituale. Una unità esterna che non abbia alla base l'unità delle menti è una mera parvenza, senza realtà. Ma quando le menti ed i cuori sono uniti da una stessa fede nel solo Salvatore e Signor della Chiesa, è volontà di Dio che questa unità reale e sostanziale si manifesti visibilmente, onde si avveri la preghiera del Cristo: «Che essi siano una stessa cosa in noi, affinchè il mondo creda che tu mi hai mandato» Giovanni 17:21. «Tutto quanto divide i cristiani, diminuisce l'influenza di Cristo sul mondo, col presentar agli uomini un Salvatore praticamente mutilato» (Beet).

2. Le tendenze varie che si manifestarono nella chiesa cosmopolita di Corinto, si ritrovano nella Cristianità. Vi sono i cristiani che hanno ricevuto l'Evangelo come l'annunzio di una salvazione divina e gratuita che appaga i bisogni della loro coscienza. Larghi di mente e di cuore, hanno da guardarsi dall'abusare della grazia ricevuta. Vi sono i cristiani a tendenza intellettualistica, filosofica, che afferrano l'Evangelo troppo colla mente, non abbastanza colla coscienza, e possono naufragare contro allo scoglio del razionalismo. Vi sono i cristiani che non possono affrancarsi da un esagerato tradizionalismo, che rispettano tutto quel ch'è antico solo perchè antico, che non arrivano a chiara intelligenza della libertà recata da Cristo e sono intralciati spesso da scrupoli di coscienza infondati, relativi a cose secondarie. Nè manca purtroppo la tendenza fanatica ed arrogante che pretende monopolizzar per sè il cristianesimo, mentre, ne scalza il fondamento sostituendo cerimonie meritorie alla grazia salutare; che sprezza la rivelazione apostolica ispirata, per sostituirvi tradizioni umane. Chi non la riconosce nel cattolicesimo romano e greco?

3. Lo scoglio contro al quale si è infranta finora l'unità esterna delle chiese evangeliche, è la troppa importanza data alle cose non essenziali, quasi, ad esempio, la forma del regime ecclesiastico, la definizione di misteri troppo alti per la mente umana (la predestinazione), il modo d'intendere e di amministrare i sacramenti. Il rimedio ad un male che invano si cerca di attenuare o di giustificare, sta nell'insistere sopra le cose essenziali che uniscono, nel dirigere gli sguardi sul Cristo il cui Nome è al disopra di ogni nome, che appartiene ugualmente a tutti i credenti, che solo è fonte di salvezza per tutti, al quale solo sono stati nel battesimo e devono esser nella loro vita, consacrati i credenti. «Vi è, scrive Paolo agli Efesi, un sol corpo ed un spirito: come anche siete stati chiamati ad una sola speranza ch'è quella della vostra vocazione. Vi è un solo Signore, una sola fede, un sol battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, chè sopra tutti, fra mezzo a tutti e in tutti» Efesini 4:4-6. Nel nome del solo Pastore potrà la greggia diventare più visibilmente una. A raggiungere lo scopo, leviamo lo sguardo ed i cuori a Cristo, e nel nome di Lui, coltiviamo la unità dello spirito mediante relazioni fraterne e pacifiche con quanti «invocano di cuor puro il Signor nostro Gesù Cristo».

4. Le divisioni di cui è ricca la storia della cristianità, provano che l'orgoglio e la depravazione dell'umana natura è tale da corrompere le cose migliori; ma non provano nulla contro la verità del cristianesimo in sè. Cristo non varia colle variazioni umane e non è diviso dalle divisioni dei suoi seguaci. Per quanto si sia cercato di opporre Cristo ai suoi apostoli e di opporre gli apostoli gli uni agli altri, essi restano uniti fra loro e tutti insieme al loro comune Signore e maestro. Non è Paolo, non è Apollo, non è Pietro che spinge od autorizza altri a far del suo nome una bandiera; essi sanno che non sono nulla e che Cristo è ogni cosa nella salvazione: Così non sono stati e non sono mai i grandi servitori di Cristo che cercano al esaltare un nome di uomo; bensì i loro seguaci poco spirituali od anche gli avversari con intento di scherno. Dio ha dato agli uomini «un solo nome per il quale abbiamo ad essere salvati», il nome di Colui che fu crocifìsso per noi e ch'è seduto alla destra del Padre come Capo supremo, e Signore della sua Chiesa.

5. Paolo è ispirato dallo Spirito di Dio (Cfr. 1Corinzi 2:12-16), ma con tutto ciò, non è sicuro di ricordare esattamente quelli che ha battezzati in Corinto. La ispirazione non comunica l'onniscienza agli scrittori sacri, nè li rende strumenti passivi dello Spirito. Per l'insegnamento che Paolo voleva dare, importava poco che la sua memoria fosse perfetta in una questione secondaria di fatto.

17 Sezione B 1Corinzi 1:17-2:5 LA CROCE DI CRISTO E LA SAPIENZA UMANA

Coloro che a Corinto vantano il parlar sapiente di questo o quel predicatore, dimenticano che, nell'opera della Salvazione, Dio confonde ed annienta la sedicente sapienza umana, mentre si compiace di salvare gli uomini mediante la predicazione del Cristo crocifisso 1Corinzi 1:17-25; li chiama alla fede d'infra le classi più spregiate com'era accaduto a Corinto 1Corinzi 1:26-31; e rende efficace il messaggio evangelico esposto con semplicità da uomini per sè stessi deboli, com'era stato Paolo quando era giunto sull'istmo 1Corinzi 2:1-5.

1Corinzi 1:17-25 La parola della croce

Paolo ha accennato, con riconoscenza, al fatto provvidenziale ch'egli in Corinto avea battezzato pochissime persone.

Infatti,

soggiunge egli,

Cristo non mi ha mandato a battezzare,

per quanto il battesimo cristiano sia stato da lui istituito,

ma ad evangelizzare,

cioè ad annunziare la buona novella della salvazione. (Cfr. Matteo 28:19; Marco 16:15). Il predicar l'Evangelo è, la funzione essenziale dell'Apostolo e dell'evangelista. Senza quella, non può nascere la fede nei cuori Romani 10:17. Nata che sia questa, l'amministrare il rito esterno ch'è il suggello della fede negli adulti, è cosa meno importante, che un Apostolo potea lasciare ai suoi collaboratori.

Ma c'è modo e modo d'evangelizzare. A quanto pare, c'erano in Corinto delle persone, appartenenti per lo più al partito d'Apollo, che abituate alla facondia ragionatrice dei loro rètori» prendevano diletto in chi spiegava nella predicazione una maggiore eloquenza e forza di raziocinio, ricorrendo alle «parole persuasive dell'umana sapienza» 1Corinzi 2:4. Costoro facevano meno caso delle verità annunziate che non della forma dotta e filosofìca in cui venivano presentate. Portavano Apollo alle stelle e sprezzavano Paolo, il quale, sapendo che questa era una delle cause dei dissidi esistenti, si sforza di ricondurre le menti a nozioni più conformi alla verità. Egli è stato mandato ad evangelizzare, ma

non con sapienza di parola

(Cfr. 1Corinzi 2:1), ossia con parola ricercata nella forma e filosofica nella sostanza. Chi è incaricato di annunziare una buona novella non la deve affogare nelle proprie speculazioni:

acciocchè non fosse resa vana la croce di Cristo;

lett. vuotata, ossia priva del suo contenuto, della sua essenza ed efficacia. La croce di Cristo, ch'è quanto dire il suo sacrificio espiatorio per i peccati, quando sia coperta dalle frasche della rettorica o diluita nelle speculazioni filosofiche, perde il suo carattere. Invece di agire sulla coscienza e sul cuore come un fatto, sfuma in una idea, in una teoria filosofìca. Paolo non ha voluto fare un miscuglio di sapienza umana e di salvazione divina, perchè si escludono a vicenda. Per la sapienza umana, è follia la croce di Cristo; mentre l'Iddio Salvatore pronunzia pazza la sapienza del mondo e non ne tiene alcun conto.

18 Perciocchè la parola della croce,

ossia l'annunzio della salvezza mediante la fede nel crocifìsso,

è ben pazzia a coloro che periscono,

è reputata, da coloro che sono in via di perire, come cosa assurda e di nessun conto;

ma a noi che siamo in via di salvazione è potenza di Dio,

è il mezzo efficace di cui Dio si serve per trarci, come fa, dalla perdizione (Cfr. Romani 1:16).

19 Nè questo è l'unico caso in cui Dio disperde la saviezza umana; anzi, è questa una regola costante del suo governo. Ai tempi d'Isaia, quando la sapienza politica dei capi di Giuda considerava l'alleanza coll'Egitto come il mezzo di difendersi dall'invasione degli Assiri, Dio fa dichiarare a Gerusalemme per mezzo del, suo profeta che «la sapienza dei suoi savi perirà e l'intelligenza degl'intendenti svanirà» Isaia 29:14. Il castigo venne e se Dio liberò di poi Gerusalemme lo fece con un mezzo che non era venuto in mente ai suoi savi. Così ha fatto e fa Iddio quando si tratta della salvazione degli uomini. Onde Paolo può applicare qui la parola d'Isaia, resa liberamente secondo i LXX.

Sta infatti scritto: io farò perire la sapienza dei savi ed annullerò l'intendimento degli intendenti.

20 Più che mai è il caso di esclamare:

Dov'è il savio?

Che parte ha il filosofo greco nell'opera della salvazione?

Dov'è lo scriba?

Qual'è la parte del dotto giudeo?

Dov'è il disputatore di questo secolo?

Tanto i filosofi greci come i rabbini avevano la passione delle discussioni ove facevano bella mostra del loro acume dialettico. Tutta questa scienza ed abilità scolastica mondana di cui andavano fieri i sofisti ed i dottori della legge, Dio la lascia in disparte.

Non ha Iddio renduta stolta la sapienza del mondo

(testo emend.), col farne vedere la follia, l'impotenza, i miseri risultati? Dio le ha concesso dei secoli per far le sue prove; ma invece di condur l'uomo alla conoscenza di sè stesso e del suo Dio, essa lo ha condotto alla più abbietta idolatria ed alla più profonda degradazione morale.

21 Infatti, poichè nella sapienza di Dio, il mondo, per mezzo della sapienza, non ha conosciuto Iddio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti mediante la pazzia della predicazione.

Le opere del creato sono altrettante manifestazioni delle invisibili perfezioni di Dio. L'uomo avrebbe potuto in questo vasto campo ove tutto parla della sapienza di Dio, imparare a conoscerlo. Invece, «son divenuti vani nei lor ragionamenti, ed il loro stupido cuore è stato ottenebrato. Vantandosi savi, son divenuti pazzi ed han mutata la gloria dell'incorruttibile Iddio nella somiglianza dell'immagine dell'uomo corruttibile, degli uccelli, dei quadrupedi e dei rettili» Romani 1:18-32; Atti 14:17; 17:27. A questo risultato è arrivato l'uomo abbandonato alla propria sapienza. È egli adunque strano che Iddio, lasciando questa da parte, sia ricorso ad un altro mezzo per salvare l'uomo? Per quanto al mondo la cosa sembri follia, pure Dio ha trovato buono di salvare mediante la predicazione della croce di Cristo; - e salva infatti, coloro che sentono la loro miseria e ricevono con fiducia del cuore la Buona Novella. La fede infatti è la mano della impotenza umana che si apre e si stende per ricevere il dono gratuito della vita eterna in Cristo. Certo, un tale mezzo di salvazione urta le aspirazioni carnali favorite così dei Giudei come dei Greci, ed essi, nel loro orgoglio, lo respingono e disprezzano; ma nei credenti, il mezzo scelto da Dio si rivela in tutta la sua divina efficacia.

22 Poichè, da una parte i Giudei chiedono dei segni

(testo emendato), vogliono veder miracoli:

i Greci, dall'altra, cercano sapienza,

sono amanti di filosofia;

23 ma noi,

ambasciatori di Cristo,

predichiamo Cristo crocifisso che ai Giudei è scandalo ed ai Greci è pazzia.

Un Salvatore che pende dal legno maledetto e vi spira reietto, urta nel modo più assoluto il sogno di un Messia circondato di potenza e di gloria divine poste al servizio delle rivendicazioni nazionali dei Giudei. E per i Greci, cercatori di sapienza, quale pazzia il credere in un giudeo, crocifìsso come malfattore!

24 ma a coloro [d'infra essi] che sono chiamati

di vocazione efficace che li trae alla fede,

così Giudei come Greci, [noi predichiamo] Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.

Tale infatti essi lo sperimentano quando sono a lui uniti per fede. In lui, il Giudeo e il Greco trovano la piena soddisfazione di quanto vi ha di legittimo nelle loro aspirazioni. Cristo reca loro da parte di Dio «una salvezza ch'è ad un tempo il più potente miracolo sotto la forma della debolezza e la più alta sapienza sotto la forma della follia» (Edwards). Egli affranca l'anima dalla condannazione e dall'impero del peccato; egli la inonda di luce divina.

25 perciocchè la pazzia di Dio è più savia degli uomini.

Lett. «quel ch'è pazzo» in Dio, che agli uomini par tale nelle vie di Dio, è più savio di quanto possono produr gli uomini, di più sapiente.

e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

Anche quando Dio par debole perchè adopera dei mezzi deboli, egli ottiene dei risultati che confondono la forza dell'uomo. Il Cristo crocifisso ch'è il centro della predicazione evangelica pare debolezza e pazzia, eppure è «potenza di Dio a salvezza».

26 1Corinzi 1:26-31 Quelli che Dio ha scelto

Se i Corinzi si fanno a considerare le persone a cui è rivolta la chiamata efficace di Dio, vedranno come, anche qui, Dio si compiace di scegliere appunto quello di cui il mondo non fa stima alcuna.

Considerate infatti, la vostra vocazione, fratelli.

Quando si è trattato di fondare in Corinto la sua Chiesa, ch'è il suo tempio e la casa sua, a chi Dio s'è egli rivolto? Forse ai savi, ai potenti, ai ricchi, ai nobili? No.

Voi non siete molti savi secondo la carne,

savi della sapienza mondana, come la può produrre l'intelligenza umana senza lo Spirito di Dio 1Corinzi 1:20; 2:6,

non molti potenti

per censo, o per posizione influente,

non molti nobili

per nascita da famiglie illustri. Alcuni fra i Corinzi non appartenevano alla plebe: es. Crispo il capo della sinagoga, Gaio, Erasto il tesoriere municipale Romani 16:23; ma erano i pochi.

27 Anzi, Dio ha scelte le cose pazze del mondo,

cioè quelle che il mondo reputa tali, le persone senza coltura intellettuale,

per isvergognare i savi

(testo emend.). «Dio ha pescato degli oratori per mezzo di pescatori, non dei pescatori per mezzo di oratori» (Agostino). I savi, finchè non riconoscano la follia della loro pretesa sapienza, sono lasciati da parte.

e le cose deboli del mondo ha Iddio scelte, affin di svergognare le forti;

28 e le cose ignobili del mondo,

non nobili, plebee,

le cose spregiate ha Iddio scelte, le cose che non sono,

che nel mondo contano per nulla, come sarebbero i poveri e gli schiavi,

affin di ridurre al niente quelle che sono,

cioè che contano nella società umana. Disdegnando coloro di cui il mondo fa gran caso per eleggere coloro ch'esso disprezza, Dio prostra nella polvere l'orgoglio umano.

29 Acciocchè niuna carne,

nessun uomo debole e mortale,

si glorii nel cospetto di Dio.

Però, se Dio agisce in modo da togliere ogni argomento di vanto all'uomo, egli dà motivo ai miseri che son fatti partecipi della ricchezza dei suoi doni di gloriarsi in lui.

30 Mercè sua, però, voi,

che non eravate nulla,

siete in Cristo Gesù,

dovete alla grazia di Dio d'essere stati condotti alla comunione di Cristo e resi, per tal modo, partecipi di tutti i beni che sono in lui.

il quale ci è stato fatto, da parte di Dio, sapienza e giustizia e santificazione e redenzione.

Talchè in lui siamo stati arricchiti di ogni dono più eccellente. Cristo è la nostra sapienza perchè ci fa conoscere la verità. Egli ci rivela il Padre nei suoi insegnamenti e nella sua vita. «io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati...» «Chi mi ha veduto ha veduto il Padre» Giovanni 17:6; 14:9; 1:18; Colossesi 2:3; Ebrei 1:1-3. Cristo è nostra giustizia in quanto egli, colla sua morte espiatoria, ha soddisfatto ai requisiti della legge, talchè Dio può, senza ingiustizia, dichiarar giusto il peccatore che crede in Cristo Romani 3:21-26; 2Corinzi 5:21. Cristo è nostra santificazione in quanto egli comunica a quelli che sono uniti a lui per fede una potenza di vita nuova che li affranca dalla servitù del peccato Romani 6-8. Cristo è la nostra redenzione perchè nell'unione con lui abbiamo la garanzia della nostra piena e finale liberazione da tutte le funeste conseguenze del peccato. Non solo l'anima sarà affrancata dal male, ma anche il corpo sarà sciolto dai legami della morte e della corruzione, ed i redenti trasformati all'immagine del loro fratello primogenito, avranno parte alla sua gloria eterna Romani 8:11,29,17-24.

31 Ogni grazia ci viene da Dio in Cristo,

affinchè, siccome è scritto,

Geremia 9:23-24 qui abbreviato,

chi si gloria, si glorii nel Signore.

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