2 Timoteo 3
Sezione B. 2Timoteo 3. LA CONDOTTA DI TIMOTEO DI FRONTE AI PRIMI SINTOMI DELLA CORRUZIONE DEGLI ULTIMI TEMPI.

Quel che caratterizza lo stato presente della Chiesa in fatto di deviazione dalla verità e dalla vita cristiana, sono le ciancie profane di certi dottori, il malsano amore delle dispute con tendenza a trascurare sempre più la verità ch'è secondo pietà. Però, se Timoteo deve astenersi dal favorire futili discussioni ed applicarsi ad insegnare e a praticare la verità, egli può ancora con speranza di successo cercare di ricondurre sulla retta via coloro che sono stati sedotti 2Timoteo 2:24-26. Ma, come già lasciava presagire nel 2Timoteo 2:16-17, l'avvenire sarà peggiore ancora del presente. Verranno infatti, prima della venuta di Cristo, dei tempi difficili di generale e pratica apostasia della cristianità 2Timoteo 3:1-5 e già fin d'ora si scorgono individui che sono come dei saggi di quel che sia per essere la ipocrita perversità degli ultimi tempi. Da costoro Timoteo deve tenersi lontano 2Timoteo 3:6-9. Egli che ha seguito davvicino la dottrina e la vita del suo maestro così atta a servirgli d'esempio e d'incoraggiamento 2Timoteo 3:10-13, deve perseverare nella verità cristiana appresa, nonostante le sofferenze alle quali può esporlo la sua fedeltà 2Timoteo 3:14-17.

2Timoteo 3:1-5. I tempi difficili avvenire.

Or sappi questo, che negli ultimi giorni verranno dei tempi difficili.
È necessario che Timoteo sappia questo onde non abbia a scandalizzarsi del crescer del male e regoli in conseguenza la propria condotta nella chiesa. Gesù, con identico fine Giovanni 16:1-4, aveva ripetutamente avvertiti i suoi discepoli che sarebbero perseguitati. Fin dalle prime sue Epistole Paolo aveva predetta la apostasia capitanata dall'uomo di peccato 2Tessalonicesi 2:5-7 e più tardi non aveva nascosto ciò che lo Spirito gli facea conoscere Atti 20:29-30; 1Timoteo 4:1. Lo stesso fanno 2Pietro 2:1-2; 1Giovanni 2:18; 4:3; e l'Apocalisse non nasconde alla Chiesa i rinascenti e sempre più gagliardi sforzi del nemico contro di essa affinchè ella perseveri e sostenga la lotta guardando alla vittoria finale assicuratale dal Signore.
Gli ultimi giorni per gli uomini dell'A.T. erano i tempi messianici Ebrei 1:1; per chi vive nella nuova economia, gli ultimi giorni sono l'epoca che precede l'avvento di Cristo 1Pietro 1:5; 2Pietro 3:3; Giuda 18; 1Giovanni 2:18. Ignazio scrive agli Efesini: "Questi sono gli ultimi tempi" ed esorta a temer l'ira avvenire e ad amar la grazia presente. I tempi saranno difficili sotto l'aspetto religioso perchè la cresciuta corruzione renderà più malagevole il conservare intatte la fede, la speranza e la fedeltà cristiane. Quei tempi Timoteo li potrà forse vedere, Dio lo sa. Ad ogni modo dev'esser prevenuto lui, e per mezzo suo anche i suoi compagni, del crescere delle difficoltà.

Perchè gli uomini saranno egoisti.
Il perciocchè, seguito dalle diciannove parole o locuzioni in cui è descritta la corruzione degli ultimi giorni, mostra che in questa sta la ragione della difficoltà dei tempi. La Chiesa sarà ridiventata praticamente pagana pur conservando le forme della pietà cristiana. L'espressione stessa gli uomini serve a indicare come la corruzione sarà generale; i cristiani sinceri saranno l'eccezione. L'influenza dell'Evangelo sul cuore e sulla famiglia sarà tanto affievolita che la fisonomia morale di quegli ultimi tempi offre non poche rassomiglianze col quadro del paganesimo tracciato in Romani 1:18-32. Gli uomini saranno egoisti, lett. "amatori di sè stessi", poichè faranno dell'io il centro dei loro pensieri, dei loro affetti e della loro attività. L'egoismo che sta alla base della vita aliena da Dio, caratterizzerà l'orientazione della loro vita.
avari
o "amatori del denaro" ch'è oggetto di brama perchè è mezzo per soddisfar le concupiscenze dell'io.
vanitosi, superbi,
Il vanitoso o millantatore è colui che esagera nel vantarsi di ciò che egli ha, fino a millantare quel ch'egli non ha e quel ch'egli non è. Il superbo è tutto compreso della sua superiorità in fatto d'intelligenza, o di ricchezza, o di posizione sociale e guarda con disprezzo quelli che gli sono inferiori.
bestemmiatori,
La parola è diversamente tradotta secondo che la si applica agli uomini, ovvero a Dio. Nel primo caso verrebbe a significare maldicenti, calunniatori; nel secondo caso caratterizza chi usa parole irriverenti, superbe, oltraggiose rispetto a Dio ed al suo modo d'agire. Siccome la calunnia è mentovata più oltre e segue qui immediatamente la disubbidienza verso i genitori che sono i primi rappresentanti dell'autorità di Dio sulla terra, ci atteniamo al secondo senso.
Disubbidienti ai genitori.
Avendo rinnegata l'autorità di Dio, arrivano a ribellarsi ad ogni autorità legittima. L'anarchia si estende a tutto ciò che oppone un freno alla lor volontà, al loro orgoglio ed alle loro passioni. Cfr. Giuda 8; 2Pietro 2:10; Romani 1:30.
ingrati
non solo verso Dio ed i genitori, ma verso ogni loro benefattore.
irreligiosi,
per cui niente è sacro, nè persone, nè principii, nè sentimenti. Altri traduce: profani.

Senza affezion naturale, implacabili,
lett. senza patti, cioè che ricusano di venire mai a patti di pace. Questo senso si appoggia a molteplici esempi ove si parla di guerra, di maledizione implacabile. Altri però traduce: "senza fede nei patti" o col Diodati: "mancatori di fede".
calunniatori
greco: diavoli. Satana è infatti il calunniatore per eccellenza
incontinenti,
incapaci di dominare e contenere i loro istinti.
inumani,
senza tenerezza nè compassione.
senza amore per i buoni
o "per il bene". La condotta dei buoni è condanna del loro egoismo e della loro durezza, perciò li odiano.

traditori
degli amici, dei parenti, dei correligionali, ogni qualvolta ciò torni loro di vantaggio; l'opposto del carattere leale e fedele del giusto Salmi 15.
temerarii
lett. "che cadono innanzi", che si gettano avanti colla inconsideratezza di chi agisce senza riflettere Atti 19:36, e non ascolta consigli.
gonfi d'orgoglio,
tronfi di loro sapienza carnale.
Amanti del piacere più che di Dio.
Questa caratteristica si riconnette colla prima: l'egoismo che tutto riconduce a sè. Estranei alle gioie della vita superiore, non conoscono che il diletto del piacere ed i loro piaceri li preferiscono a Dio, al suo culto, alla pratica della sua santa volontà. Ciò non ostante conservano una apparenza di pietà.

aventi una apparenza di pietà, ma avendo rinnegata la forza d'essa.
Hanno la forma esterna (μορφωσις) della pietà; ma la forma vuota della realtà, della sostanza. Sono formalisti, conservano riti e nomi e parvenze. Ma quanto alla vivente comunione con Dio ch'è potenza rinnovatrice e santificatrice, della vita intera, interna ed esterna, essi non ne vogliono sapere, l'hanno praticamente ripudiata come si vede dall'orientazione della loro vita. Mentre l'essenza della pietà consiste nell'amar Dio con tutto il cuore, nel servirlo subordinando alla sua la nostra volontà, essi sono amanti di sè ma non di Dio.
Anche costoro schiva.
L'originale accenna ad un rivolgersi lungi da persona o cosa che ci ispiri ripugnanza. Come Timoteo deve schivare dopo averli avvertiti 1Timoteo 1:3 i profani cianciatori, così dovrà fare rispetto ai cristiani ipocriti degli ultimi giorni qualora gli tocchi di vivere in quell'epoca, e così fin d'ora deve fare verso coloro che già nel presente rispondono al carattere tracciatone dell'apostolo. Essi sono i precursori della cristianità. degenere dell'avvenire.

2Timoteo 3:6-9. I precursori attuali della corruzione avvenire.

Infatti, del numero di costoro sono quelli che s'introducono nelle case e cattivano donnicciuole cariche di peccati, agitate da svariate cupidigie.
L'infatti giustifica l'ordine di starsene lontano dai formalisti descritti, coll'affermare che gl'ipocriti i quali formeranno la maggioranza negli ultimi tempi hanno di già i loro precursori nel presente. Appartengono alla loro categoria quei propagandisti che Timoteo ben conosce i quali con arti subdole, con raggiri gesuitici, s'introducono nelle case e, colle belle apparenze che assumono, coll'insegnamento loro pretensioso, e misterioso, fatto più per alimentare la curiosità che per pascer e santificare le anime, atto ad addormentare i bisogni religiosi più che a soddisfarli, riescono a captivare delle donnicciuole. Il termine greco vale propriamente: "far prigioni di guerra" "ridurre in captività" ed esprime con figura energica l'influenza che costoro giungono ad esercitare sulla mente, sul cuore e sulla volontà di queste donne che sono come ipnotizzate da loro e li seguono docilmente. Sono donne per lo più e le chiama anzi, con forma spregiativa, donnicciuoIe perchè di mente debole, facilmente accessibili alle seduzioni dell'errore, di carattere avariato, ripugnante da un insegnamento che conservi il sapore acre del sale, che insista sulla necessità del pentimento, della conversione, della santificazione costante e completa. Sono cariche di peccati cioè hanno sulla coscienza il peso ed il rimorso di una vita di peccato, ma non hanno rinunziato recisamente alle loro cupidigie anzi sono tuttora agitate da svariate concupiscenze, caratteri instabili, bisbetici, senza un fondo serio su cui fare assegnamento, tratte or da una passione or da un'altra forse anche opposta, dibattentisi tra concupiscenze carnali e nobili entusiasmi, ma non mai calme, sempre agitate, mutevoli, sempre in cerca di novità perchè mal sopportano la sana dottrina di cui han fatto professione 2Timoteo 4:3-4. Nota il Reuss: "Le dottrine misteriose, che fanno appello alla superstizione e accarezzano i sensi, trovano accesso piuttosto presso alle danne. Ora è un risveglio della coscienza, ora il dispetto d'essere abbandonate dal mondo, ora una sciocca curiosità ed ora la sete d'intrighi che le getta in braccio a qualche ciarlatano le cui belle parole esercitano un fascino sulla loro immaginazione e servono a sfruttare la loro credulità".

le quali sempre imparano
sempre sono occupate intorno a questa o quella questione come fossero bramose di verità
e non possono mai giungere alla piena conoscenza della verità
perchè manca loro la disposizione morale necessaria: la sincerità che ubbidisce alla verità conosciuta anche quando si tratta di cavar l'occhio o di mozzar la mano che vi fa cadere. La profonda serietà morale della verità ripugna a queste anime leggere e sono perciò terreno adatto per la propaganda degli astuti descritti da Paolo.

Ed a quel modo che Janne e Jambre resistettero a Mosè così anche costoro resistono alla verità, uomini dalla mente corrotta, riprovati inquanto alla fede.
A meglio caratterizzare i precursori della cristianità degenere l'apostolo li paragona ai magi di Egitto i quali, per mostrare a Faraone che la missione di Mosè e d'Aronne non era divina come asserivano e confermavano coi miracoli, fecero in modo da imitare coi loro incantesimi i tre primi segni dati da Mosè Esodo 7. Essi non erano in buona fede nel resistere all'evidenza; e così costoro resistono scientemente alla verità cui sostituiscono le loro elucubrazioni. Il testo sacro dell'Esodo non dice il numero nè il nome dei magi che resistettero a Mosè. Ma la tradizione orale seguita da Paolo e ben nota a Timoteo faceva il nome di due di loro ch'essa diceva figli di Balaam e antichi maestri di Mosè ecc. Quei nomi si trovano in iscritti del 1° secolo e paiono ebraici. Potrebbero significare il bugiardo ed il ribelle e in tal caso sarebbero nomi descrittivi del carattere. I loro imitatori sono uomini di mente corrotta divenuti incapaci di discernere la verità, perchè l'organo della conoscenza è stato guasto, oscurato per via dell'uso non retto ch'essi ne hanno fatto. Come la coscienza ch'è l'occhio morale, così anche la mente ch'è l'occhio intellettuale è organo delicato che una volta guasto dal malo uso, funziona a rovescio. Li dice riprovati in quanto alla fede perchè non hanno la vera fede, la fede che ha per oggetto la verità, la fede ch'è operante per mezzo della carità e che santifica la vita. La loro è fede che poggia sull'errore, ed è fede morta. La resistenza volontaria ch'essi fanno alla verità giustifica l'ordine di ritrarsi da loro poichè la causa del Vangelo non va confusa con la loro causa.

Ma non procederanno più oltre, perchè la loro stoltezza sarà manifesta a tutti come ancora lo fu quella di coloro.
Possono essi ingolfarsi sempre più nell'errore e nel male; ma non potranno a lungo ingannare i fedeli. Ai magi d'Egitto venne fatto d'ingannar Faraone imitando fino a tre volte i segni di Mosè, ma più oltre non poterono andare; al quarto la loro impotenza fu manifesta. Così costoro possono per breve tempo goder di qualche credito in seno alla Chiesa; ma presto la loro ipocrisia, sarà manifesta e cesserà ogni loro influenza. Il tempo è galantuomo e rivelerà col loro vero essere, le perniciose conseguenze dei loro errori e dei loro metodi poco onesti. "Le eresie si spargono rapidamente, ma hanno vita breve" (Schaff). "Il regno dell'errore e della malizia degli uomini ha i suoi limiti; quello della verità e della carità non ha che quelli dell'eternità".

AMMAESTRAMENTI
1. Tempi difficili sono annunziati per la fine dell'epoca cristiana in cui viviamo.
a) È utile ai cristiani l'essere prevenuti di questo dallo spirito di profezia: "Sappi questo". Così non saranno scandalezzati quando vedranno l'apostasia divenire generale. Gesù volle annunziare ai suoi discepoli le difficoltà ed i pericoli che li attendevano ed il N.T. si chiude con un libro profetico ove sono descritte a grandi quadri simbolici le vicende del regno di Dio fino al suo trionfo. L'Evangelo non vuol ingannar nessuno; e nell'avverarsi delle sue predizioni nel corso della storia abbiamo un argomento della sua divina origine e della sua verità.
b) I tempi saranno difficili per i credenti sinceri non tanto perchè saranno esposti a persecuzioni dal di fuori anche queste Gesù aveva annunziate ma piuttosto perchè il sale avrà perduto il suo sapore, perchè la pietà sarà ridotta nei più ad una vana forma senza efficacia rinnovatrice della vita. "Due traditori dentro la guarnigione, possono farle più male che non duemila assedianti dal di fuori". Quando vien meno la conoscenza della verità, l'attaccamento ad essa, la fede del cuore nel Cristo, anche la vita morale decade. Non si possono aspettar frutti da un albero cui si sono tagliate le radici. Questo corrompersi della Chiesa cristiana per quanto concerne la fede e la vita morale è una fra le tante prove di fatto della potenza della innata inclinazione al male nell'uomo. Corruptio optimi pessima.
c) Non poche fra le caratteristiche dei cristiani di nome degli ultimi tempi sembrano la fedele descrizione della fisonomia morale dell'epoca in cui viviamo: l'egoismo, l'avidità del denaro, la superbia che esalta sè stessa e sprezza gli altri, la disubbidienza ai genitori e ad ogni autorità, l'amor del piacere ed in ispecie la sensualità, e come maschera per coprir la corruzione morale, le forme religiose esterne o la professione di cristianesimo. Una siffatta atmosfera è un pericolo per la pietà genuina ed un esame di coscienza di fronte al quadro profetico non, sarà cosa superflua per nessuno, poichè ci farà probabilmente scoprire più d'un lato debole della nostra pietà.
2. Paolo descrive il procedere dei seduttori religiosi del suo tempo e la sua descrizione mutatis mutandis si applica ai loro consimili di tutti i tempi. Essi procedono con mezzi subdoli, non apertamente e lealmente come si conviene alla verità che non teme la luce. Operano preferibilmente sopra soggetti di mente debole, di carattere instabile e di dubbia moralità come le donnicciuole mutevoli e cariche di peccati di cui discorre l'apostolo. Nonostante le apparenze e le protestazioni essi in realtà resistono alla verità evangelica e intralciano l'opera di Dio per quanto è in loro potere. Sono destinati ad essere coll'andar del tempo smascherati coi loro folli errori. Il tempo è galantuomo perchè Dio è colui che governa il mondo. Col tempo l'errore produce i suoi frutti perniciosi e rivela il suo vero essere; la sua fallacia diventa evidente a tutti e la verità trionfa. È questo l'insegnamento che la storia ci da circa una moltitudine di errori dei tempi passati. Non diversa sarà la sorte degli errori e dei seduttori del tempo presente. "L'errore è un palazzo di ghiaccio che cade in isfacelo quando è sottoposto per un certo tempo ai raggi del sole della verità divina".

10 2Timoteo 3:10-17. Timoteo esortato a perseverare nella verità appesa.

Di fronte ai rappresentanti attuali di una futura e più generale apostasia pratica dalla verità, Timoteo ch'è stato fin dall'infanzia ammaestrato nelle Sacre Scritture, ch'è cresciuto sotto l'influenza di pie donne quali Loide ed Eunice, che ha avuto fin dall'adolescenza e per lunga serie d'anni a maestro e guida l'apostolo stesso che ora gli scrive, Timoteo deve sentire più che mai imperioso il dovere di perseverare nella verità dell'Evangelo.
Ma tu hai tenuto dietro al mio insegnamento.
Il verbo composto qui usato (παρακολουθειν) vale lett. seguire uno standogli dappresso, quindi tener dietro, seguire da vicino e costantemente accompagnare (Cf. Marco 16:17; Luca 1:3; 1Timoteo 4:6). Non è tanto una lode che Paolo vuol tributare a Timoteo per la sua passata condotta, quanto un appello ch'egli a lui rivolge, rievocando i varii mezzi di cui Dio si è servito per fargli conoscere la verità è per confermarlo in essa. Fin dall'entrata di Paolo in Asia Minore egli aveva avuta come sotto agli occhi la vita esterna ed interna dell'ambasciatore di Cristo, avea potuto scrutarne i moventi più intimi, la fede sincera fino ai patimenti. Non c'era stata nella carriera dell'apostolo, egli ne ha piena coscienza, nè ipocrisia, nè uso di mezzi subdoli ed astuti come nei soggetti descritti in 2Timoteo 3:6,9. ma trasparente sincerità e probità, condotta santa, costanza nelle prove incontrate. Un tale, esempio unito a quello della madre e dell'avola, e soprattutto all'autorità delle Scritture ispirate da Dio, doveva aver creato in Timoteo una convinzione così salda da renderlo tetragono agli assalti dell'errore e da indurlo a perseverare nella verità così intimamente fusa colle sue più profonde esperienze. Per l'insegnamento suo Paolo intende non tanto il modo suo d'insegnare quanto la sostanza della dottrina insegnata (cfr. 2Timoteo 1:13) e che Timoteo aveva udita esporre in cento modi e difendere di fronte ad avversarii molto diversi fra loro.
alla mia condotta
pratica tutta quanta,
ai miei propositi
cioè ai moventi più reconditi dell'attività esterna. Vivendo nella intimità dell'apostolo, Timoteo ha potuto leggergli in fondo all'anima e persuadersi che non era mosso nè dall'interesse, nè dalla vanità, nè da alcun motivo men che puro. Il suo proposito costante (il greco ha il singolare) era stato quello di servir Dio compiendo il ministerio di riconciliazione affidatogli 2Corinzi 5:20; Atti 20:24.
alla mia fede
nella verità che predico, nel Signor Gesù che servo, nel Dio delle promesse ch'è il Padre di Gesù Cristo.
alla mia longanimità
coi colleghi, coi fratelli specie se deboli, cogli avversarii che ho cercato di convincere e che ho avvertito.
alla mia carità
verso tutti gli uomini per i quali Cristo è morto e per i quali "mi son fatto tutto a tutti per veder di guadagnarne alcuni".
alla mia costanza
nelle difficoltà, di fronte alle opposizioni da vincere, alle fatiche, ai travagli da sopportare.

11 alle mie persecuzioni
per parte dei Giudei sempre accaniti, dei pagani aizzati contro di me ed anche dei falsi fratelli.
ai miei patimenti
derivanti sia dalle persecuzioni, sia dalle fatiche e privazioni connesse coll'apostolato, sia dalle delusioni patite.
quelli ad esempio che mi sono avvenuti in Antiochia, in Iconio, in Lastra.
La enumerazione dei patimenti incontrati dall'Apostolo sarebbe stata lunga, come lo prova il passo 2Corinzi 11:16 e segg., e Timoteo li aveva in parte divisi, ma sono ricordati qui i primi di cui Timoteo avesse avuto conoscenza sia per le notizie immediate che ne giunsero a Listra, sia per averli egli stesso veduti nella sua città (Cfr. Atti 13:50-52; 14:5-6,19-20). In Antiochia s'intende Antiochia di Pisidia; in Iconio Paolo si fermò molto tempo e se Timoteo non c'era quando gli evangelisti furono in pericolo d'esser lapidati, egli ne potè aver subito conoscenza sicura poichè, fuggito d'Iconio, l'apostolo con Barnaba venne in Listra ove Timoteo udì l'Evangelo dal suo labbro e fu testimone del sollevamento popolare che per poco non costò la vita a Paolo.
[Hai veduto] quali persecuzioni ho sopportate e da tutte il Signore mi ha liberato.
Non in Pisidia e Licaonia solamente Paolo avea sofferto persecuzioni, ma in Macedonia, in Acaia, in Asia, in Palestina, ecc. L'aver sopportato tanto odio per parte del mondo era argomento della sua sincerità. Un tale esempio di costanza e di abnegazione per parte del suo maestro, unito alla manifesta protezione concessa dal Signore a Paolo col liberarlo in modo talvolta miracoloso da tanti pericoli, era fatto per infonder coraggio nel discepolo chiamato a continuare l'opera missionaria Gesù avea detto: "Un capello del vostro capo non cadrà in terra senza la volontà del Padre vostro" ed è stato detto con verità che l'uomo è immortale finchè egli abbia compiuta l'opera sua.

12 E d'altronde tutti quelli che vogliono viver piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati.
Il soffrir persecuzioni, per quanto gravi e numerose siano state quelle di Paolo, non è un'esperienza speciale di lui, nè degli apostoli, ma è sorte comune riserbata a tutti i cristiani pii in un mondo che "giace nel maligno". "Se mi hanno perseguitato perseguiteranno ancora voi", avea detto Gesù Giovanni 15:20; Matteo 10:22; 1Tessalonicesi 3:3; Atti 14:22. Donde l'esortazione di Pietro: "Non siate sorpresi dell'incendio che divampa tra voi per mettervi alla prova, quasichè vi avvenisse qualcosa di strano" 1Pietro 4:12. La vita cristiana è descritta come un viver piamente temendo ed amando Iddio, ubbidendo alla sua volontà, in Cristo Gesù, cioè nella comunione con lui per fede, poichè l'unione vitale col Cristo è condizione e fondamento della vera pietà. "Fuor di Cristo Gesù non c'è pietà" (Bengel).

13 Ma gli uomini malvagi ed impostori procederanno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti.
I pii sono chiamati a soffrir persecuzioni, ma Dio li protegge e le prove loro servono a purificare e a render salda la lor fede 1Pietro 1:6-7; Ebrei 12:4-11 mentre servono d'altra parte al bene spirituale dei loro fratelli e, in genere, degli uomini. Ad ogni modo in fondo alla via dolorosa li attende la corona della giustizia 2Timoteo 4:8. Per gli uomini del carattere di quelli descritti 2Timoteo 3:6-9 od a loro simili, c'è pure un progresso, ma in senso opposto alla pietà, un progresso verso il peggio (επι το χειρον). Seducono gli altri coi loro errori, colle loro imposture, colla loro ipocrita opposizione alla verità; ma mentre fanno del male agli altri ne fanno a loro stessi perchè diventano vie più incapaci di discernere e di amar la verità, sempre più esposti alle peggiori seduzioni. Li chiama malvagi perchè fanno del male e impostori perchè non sono sinceri e usano mezzi astuti, sleali, da ciurmadori. Infatti la parola greca (γοης) deriva dall'ululare che facevano i magi in certi loro incantesimi. È venuta poi a designare gli stregoni in genere, gl'impostori con o senza arti magiche.

14 Ma tu persevera nelle cose che tu hai imparate e di cui sei stato fatto certo.
Lungi dall'imitare coloro che seduttori e sedotti procedono di male in peggio allontanandosi sempre più dalla verità e dalla pietà, Timoteo deve dimorare costante; perseverare nella verità appresa e divenuta coll'esperienza cosa assolutamente certa per lui; se ne deve compenetrare sempre meglio così da avvicinarsi vie più all'ideale dell'uomo di Dio: la perfezione. Il verbo che rendiamo: esser fatto certo appartiene alla famiglia che esprime il credere, la fede. All'attivo, vale: rendere una cosa degna di fede, certa. Al passivo essere accertato, fatto certo, pienamente persuaso. La Vulgata "quae tibi eredita sunt" che ti sono state affidate, non è esatta. Senza una convinzione ferma, resa tale dall'esperienza personale della verità, è impossibile star saldi di fronte ai venti contrarii.
Vengono quindi indicate le considerazioni che devono concorrere a rendere Timoteo costante nella verità. La prima si fonda sul carattere di coloro che gli sono stati maestri:
sapendo da quali persone tu le hai imparate.
La fez. Tischendorf, Nestle ecc. παρα τινων invece del singolare del testo ordinario poggia sui codici più antichi (alef A C F G). Il singolare alluderebbe a Paolo, il padre spirituale di Timoteo, che per tanti anni gli era stato maestro e guida 2Timoteo 3:10-11; 2:1. Il plurale non esclude di certo l'apostolo, ma include quelle persone che, prima di lui, avevano lavorato all'educazione religiosa di Timoteo, cioè Loide ed Eunice mentovate al principio dell'epistola. E siccome nei versetti seguenti ricorda l'istruzione religiosa ricevuta fin dall'infanzia è naturale che il pensiero suo sia corso alle due pie donne di cui Timoteo dovea con pietà filiale ricordare il carattere, la fede e l'amore.

15 e che fin dall'infanzia tu hai conoscenza delle sacre lettere le quali ti possono render savio a salute mediante la fede ch'è in Cristo Gesù.
È questa una seconda considerazione atta a rinsaldare in Timoteo il proposito di perseverare. Chi ha conosciuta la verità tardi nella vita può essere più facilmente ripreso dalle vecchie abitudini, distolto da essa dai vecchi modi di pensare e di agire, specialmente quando la verità non ha messo radici profonde nel cuore. Timoteo invece è cresciuto fin dall'infanzia (βρεφος=tenera infanzia) nell'atmosfera della verità rivelata e sotto l'influenza di persone pie. Un tale privilegio gli dev'essere d'incitamento e d'aiuto a perseverare. La legge prescriveva ai genitori ebrei d'inculcare la legge ai loro figliuoli Deuteronomio 6:7,20. Le sacre lettere sono le sacre Scritture dell'Antico Testamento. Il termine lettere (γραμματα) significa in greco come in italiano, talvolta le singole lettere di cui si compone una parola Luca 23:38; Galati 6:11. tal'altra una comunicazione epistolare Atti 28:21 e in altri casi gli scritti in genere e le conoscenze che ne ricavano gli studiosi Atti 26:24; Giovanni 7:15. Qui si tratta degli scritti che Timoteo aveva imparato a leggere e a conoscere fin dall'infanzia e che sono chiamati sacri per via del loro contenuto religioso e per la loro ispirazione. Codesti scritti dell'A.T. che sono stati una lampana rilucente nelle tenebre prima che sorgesse per Timoteo il sole della rivelazione cristiana, studiati ora alla luce di Cristo, possono condurlo sempre più addentro nella vera sapienza, in quella cioè che mena a salvezza. Una tal sapienza è inseparabile dalla fede in Cristo ch'è per tutti via, verità e vita; anzi consiste nell'affidarsi a lui che ci è "stato fatto da Dio sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" 1Corinzi 1:30. Or le Sacre Scritture che testimoniano di Cristo, che parlan di lui in tante guise diverse, servono a coltivar la sapienza salutare raffermando la fede nel Cristo di Dio, così come ne hanno svegliato i germi nel bambino. Più la mente del credente è "aperta per intender le Scritture" e meglio ne scorge ed apprezza i tesori di sapienza.

16 Ogni [parte della] Scrittura [è] divinamente ispirata ed utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, ad educare nella giustizia.
Le due prime parole (πασα γραφη ogni scrittura) sono state intese in tre modi. Gli uni (Diodati, Martini ecc.) traducono: "Tutta la Scrittura...". Si adducono in appoggio esempi come Efesini 2:21; Matteo 2:3 "tutta Gerusalemme" e Atti 2:36. Ma ogni qual volta il N.T. parla della Scrittura come raccolta di scritti usa l'articolo: la Scrittura, le Scritture, le Sante Scritture. Difficilmente si può ammettere che Paolo l'avrebbe tralasciato qui se avesse voluto accentuare l'idea di totalità. Altri hanno dato alla parola scrittura il senso ristretto di "passo della Scrittura" traducendo "Ogni passo della SS..." Un tal senso è legittimo e s'incontra ad es. Giovanni 19:24,37: "e un'altra scrittura dice...", Atti 1:16; 8:35. La maggior parte dei moderni, allargando alquanto il concetto ora accennato, in modo da farlo collimare collo scopo del contesto, spiega così: "Ogni porzione della Scrittura...", ogni libro della sacra raccolta. Per la sostanza dell'idea le tre spiegazioni non offrono gran diversità.
Una seconda difficoltà sta nel sapere dove si ha da collocare il verbo sottinteso [è]. Origene seguito dalla Vulgata e da non pochi moderni costruiva così: "Ogni Scrittura ispirata da Dio, [è] anche utile ad insegnare..." e parafrasava: Ogni Scrittura essendo ispirata... è utile... L'affermazione principale dell'apostolo si riferiva per tal modo all'utilità pratica della Scrittura; e di passata, coll'aggettivo ieopneusto si accennava al fatto dell'ispirazione divina come alla ragione di quella utilità. La parafrasi origeniana che sottintende due volte il verbo non è accettabile e l'obiezione principale contro una tale costruzione sta in questo che il termine Scrittura nel Nuovo Testamento è sempre applicato alle Sacre Scritture dell'Antico Testamento; quindi il dire: "Ogni scrittura divinamente ispirata" è una tautologia perchè quel ch'è Scrittura è divinamente ispirato e non esiste Scrittura che non sia ispirata, altrimenti non sarebbe più Scrittura. Il greco poi, in questa ipotesi collocherebbe più volentieri l'aggettivo prima del nome: "Ogni ispirata Scrittura è anche..." Ci par quindi preferibile tradurre: "Ogni porzione della Scrittura è divinamente ispirata ed utile..." Teopneusto vale ispirata, da Dio, cioè originata e scritta sotto l'influenza, l'impulso, l'afflato potente dello Spirito di Dio che animava e guidava gli scrittori sacri. Cfr. 2Pietro 1:21. "È perchè erano sospinti dallo Spirito Santo che degli uomini hanno parlato da parte di Dio". Cicerone lasciò scritto che "non c'è stato mai un uomo grande senza un qualche soffio divino". L'affermazione dell'ispirazione di ogni porzione della SS., certo non nuova per Timoteo, è qui ripetuta solennemente per meglio porne in rilievo l'autorità e per giustificarne la multiforme utilità. È utile ad insegnare lett. "per insegnamento", non perchè serve ad insegnare gli altri ma perchè serve ad insegnare chi la legge. "Difatti, nota Teodoreto, da essa impariamo quel che non sappiamo". Non la verità scientifica ma la verità religiosa, dottrinale e morale, i disegni di Dio e la sua volontà rispetto all'uomo. Serve a riprendere o a redarguire tutto quel ch'è male nella nostra vita interna od esterna ponendoci dinanzi allo specchio della legge e della santità di Dio - a correggere o a raddrizzare ciò ch'è storto, idee, principii o atti. Il far vedere ed il riprendere il male mira a correggere, a ricondurre sul retto sentiero chi se n'è allontanato. a educare nella giustizia lett. alla disciplina ch'è in giustizia. L'uomo nuovo è bambino spiritualmente ed ha bisogno d'essere educato progressivamente; quindi è che Pietro assomiglia la parola di Dio al latte puro che fa crescere. Qui essa è l'educatore che forma alla giustizia ossia al bene, che educa a rendere a Dio ed al prossimo quel ch'è dovuto. Così "La Scrittura insegna l'ignorante, riprende chi è cattivo e pieno di pregiudizii, corregge chi è caduto ed erra, ed educa tutti gli uomini, specialmente coloro che han bisogno d'esser portati a più alta misura di perfezione". (Ellicott). Con quest'ultima osservazione Ellicott mostra di dare un significato ristretto alla locuzione l'uomo di Dio del vers. seguente (cfr. 1Timoteo 6:11) applicandola ai ministri.

17 affinchè l'uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni buona opera.
Tuttavia le espressioni che servono a descrivere l'utilità della Scrittura sono tutte generali, applicabili tutte a qualunque cristiano. Crediamo quindi si debba dare anche il senso più largo a quella di "uomo di Dio." Ogni cristiano è uomo di Dio perchè, riscattato da Cristo, egli appartiene a Dio. Ciò non toglie che il ministro lo sia in un senso speciale per via della vocazione che lo chiama a consacrare tutta la sua attività al servizio del Vangelo. Compiuto vale completo in tutte le sue parti e quindi atto al servizio cui è destinato. Cotesto servizio è precisato colle parole: ogni buona opera, tale essendo la vocazione pratica di ogni redento di Cristo.

AMMAESTRAMENTI
1. Quale contrasto tra la vita egoistica, sensuale ed ipocrita degli uomini descritti nei primi versetti del capitolo e quella di Paolo! Pura, sincera, elevata nei suoi intimi moventi di fede e di amore, conforme alla verità divina nell'insegnamento, retta e santa negli atti, paziente e costante nelle difficoltà e nelle persecuzioni, elevantesi verso la piena luce e verso la vita perfetta, mentre quella dei seduttori scende verso le tenebre e verso il peggioramento morale! Vite come quella di Paolo dimostrano qual potenza morale rinnovatrice sia la fede viva nel Cristo, sono un ornamento della verità evangelica, un esempio ai ministri e fedeli tutti di ogni età, un incoraggiamento a perseverare anche se perseguitati, poichè il Signore a suo tempo libera i suoi dai loro mali e, finito il combattimento, li corona, li gloria. Paolo può aprir davanti a Timoteo il libro della sua vita, certo ch'essa, quanto più intimamente conosciuta, tanto più atta riuscirà a confermar nella fede il suo discepolo. Così potesse la vita di ogni cristiano guadagnare coll'esser conosciuta a fondo!
2. La perseveranza è virtù apprezzata da tutti, celebrata da pagani e da cristiani, perchè è indizio di coerenza, di forza di volontà, di fortezza d'animo non fiaccato dalle difficoltà, è condizione di riuscita nelle imprese umane. Essa è bella nel ministro del Vangelo, nei cristiani tutti Efesini 4:14; Ebrei 13:9 e segnatamente nei giovani più di altri esposti all'incostanza ed alle attrattive della novità. È necessaria in ogni tempo, ma più che mai in tempi di defezioni e di apostasie. Ma in che devesi perseverare in fatto di dottrine religiose? Timoteo deve perseverar nelle cose imparate e di cui è arrivato ad esser certo; e si tratta del Vangelo di Cristo che coronava le rivelazioni dell'A.T. da lui conosciute fin dalla fanciullezza. Per lui la conoscenza della verità era stata un salire da una luce minore ad una luce maggiore. Non è così per tutti. Il pagano ha da disfarsi delle false nozioni succhiate coll'educazione. Paolo stesso avea dovuto rinunziare all'illusione di potersi salvare colle proprie opere credute giuste. Convien perseverare nella verità e nella verità accertata dall'esame e dall'esperienza, ma non nell'errore riconosciuto, quand'anche fosse stato quello dei nostri maggiori o fosse tuttora quello della nostra famiglia e della nostra nazione. Perchè perseverare nelle cose apprese? Perchè il carattere delle persone ch'egli aveva avute per maestri era tale da raccomandare e da render cara al suo cuore la verità insegnatagli. Si trattava di una, madre e di una nonna dalla fede sincera, dalla vita pia; si trattava di un maestro come Paolo. La vita ed il carattere degli educatori, uniti all'affetto, danno autorità all'insegnamento e sono incitamento a perseverare in esso qualora sia trovato conforme alla verità. E tale era il caso di Timoteo poichè così la madre come il maestro l'avevano nudrito della verità divina basata sui documenti della rivelazione dell'Antico Testamento e sulla Rivelazione superiore del Nuovo recata da Cristo il maestro di Paolo. La Bibbia che contiene per noi le rivelazioni dell'antico e del nuovo Patto è la gran sorgente della verità religiosa, la pietra di paragone di ogni dottrina, il gran mezzo di render l'uomo savio a salvezza mediante la fede in quel Gesù ch'ella ci fa conoscere. Chi ha il privilegio di esser stato ammaestrato nelle Sacre Lettere perseveri nella verità divina e chi è stato altrimenti insegnato provi colle Scritture la verità delle cose imparate.
3. Circa le Sacre Scritture dell'A.T. 2Timoteo 3:15-17 contengono una testimonianza ch'è stata notata in tutti i tempi.
a) Paolo proclama divinamente ispirata la Scrittura, anzi ogni parte della collezione sacra. Egli non ci dà nè una teoria nè una dimostrazione dell'ispirazione perchè è cosa che si sente più che non si dimostri. L'ispirazione degli uomini di Dio non esclude, com'è provato dai fatti, "quegli errori verbali o quelle insignificanti inesattezze storiche da cui non va esente lo spirito dell'uomo anche nel suo stato più elevato e che possono esser stati accresciuti dalle trasmissioni e dalle trascrizioni umane" (Ellicott); ma resta nondimeno un fatto sentito ed attestato dalle successive generazioni dei credenti. Paolo la proclama, si può dire, tanto nella sua qualità di rappresentante del giudaismo, come in quella di cristiano anzi di apostolo illuminato dallo Spirito di Cristo e che ha salutato in lui la speranza d'Israele annunziata nelle Scritture, E se è vero che ispirata è la Scrittura perchè ispira chi la legge, gli scritti del N.T. hanno dimostrato a loro volta largamente l'ispirazione dei loro autori.
b) L'utilità pratica della Scrittura è affermata in modo generale quando si dice ch'essa "è capace di render savio a salvezza mediante la fede in Cristo Gesù". Ma questa utilità è poi presentata sotto tre aspetti: essa insegna le verità più sublimi, dottrinali e morali; essa riprende e corregge tutto ciò ch'è male nell'uomo, e infatti nessun libro denunzia il peccato in un modo più profondo e più aperto; essa educa al bene nel senso più alto, e infatti non c'è morale più sublime, più santa, meglio rispondente all'ideale dell'uomo di quella della Bibbia. Essa educa per mezzo di precetti, per mezzo di esempi, per mezzo di esortazioni, dando alla morale una regola infallibile nella volontà di Dio, una forza motrice potente nella redenzione di Cristo, un fine altissimo: la perfezione, la somiglianza col Cristo.
c) Dalla svariata utilità religiosa e morale delle Scritture divinamente ispirate, utilità che nessun altro libro al mondo può vantare, è facile dedurre non solo il diritto ma il dovere per tutti di leggere e meditare assiduamente le Scritture dell'A.T. ed a fortiori quelle del Nuovo che sono il documento della rivelazione più completa recata dal Figliuol di Dio. Non c'è prova maggiore della decadenza di una chiesa che l'ignoranza e la negligenza delle S.S., nè prova più chiara di apostasia dallo spirito di Cristo che la proibizione delle Scritture al popolo. Chi vuol conoscere sè stesso, essere insegnato da Dio, essere corretto dei suoi errori, chi vuol crescere nella vita cristiana dovrà nutrirsi delle Sacre Scritture. Esse devono essere insegnate al bambino fin dall'età più tenera da, genitori e da educatori, in quella forma che comporta l'età, devono essere la guida del giovane, il cibo dell'uomo fatto. Esse rispondono ai varii bisogni dell'anima credente e la spingono innanzi verso la perfezione.
Devono essere sparse nel mondo, tradotte in tutte le lingue umane e messe alla portata anche dei più poveri. Dove la Bibbia sta alla base dell'educazione nella famiglia e nella scuola, il lievito del Vangelo esercita la sua influenza sana sulle masse e si ha una vita morale più elevata ed una civiltà più perfetta. "Un libro che ha un passato come quello della Bibbia, dice Tholuck, avrà per certo ancora un avvenire".