Apocalisse 4
PARTE SECONDA

IL LIBRO DELL'AVVENIRE E I SUOI SIGILLI


Apocalisse 4-6

I messaggi di Cristo alle chiese d'Asia si riferiscono alle 'cose che sono' al tempo dell'autore, e sono preceduti da una visione simboleggiante la presenza e, l'azione costante di Cristo in seno alla Chiesa; il resto dell'Apocalisse si riferisce alle 'cose che devono avvenire', e questo gran quadro delle cose future è preceduto, a sua volta, da una sublime visione Apocalisse 4-5 simboleggiante due verità che sono come le chiavi della storia dell'umanità: l'Iddio eterno ed onnipotente che ha creato tutte le cose è il sovrano Reggitore del mondo: il Cristo la cui opera di redenzione è il pernio della storia, è il solo che possa spiegare gli enigmi ch'essa offre nel suo svolgimento attraverso i secoli. E Dio che dà alla storia la sua unità superiore ed il suo senso. Sono i suoi disegni che hanno da compiersi attraverso giudizii disciplinari o distruttori, e nonostante tutti gli avversi sforzi di Satana e dei suoi strumenti. La seconda Parte (4-6) si suddivide in tre sezioni:
1o La visione di Dio sul trono Apocalisse 4;
2o L'Agnello proclamato degno d'aprire i sigilli del libro Apocalisse 5;
3o L'apertura dei primi sei sigilli Apocalisse 6.

Sezione Prima. Apocalisse 4. LA VISIONE DI DIO SUL TRONO

Dopo queste cose io vidi, ed ecco una porta aperta nel cielo

Il dopo queste cose segna il principio di una nuova fase nelle rivelazioni apocalittiche; ma non implica necessariamente che tra la prima e la seconda fase vi sia stato un intervallo di tempo in cui sia cessato lo stato di estasi del veggente. L'immagine della porta aperta si riannoda a quelle che raffigurano il cielo come un palazzo immenso, ovvero ancora come un grandioso tempio Isaia 6. Ricorda l'espressione di Ezechiele 1:1: "i cieli furono aperti e io vidi delle visioni di Dio". Cfr. Giovanni 1:51.

e la prima voce che avevo udita parlante meco a guisa di tromba

si tratta della voce di Cristo di Apocalisse 1:10.

mi disse: Sali qua, e io ti mostrerò le cose che debbono avvenire da ora innanzi.

Lett.: dopo queste, cioè dopo quelle che concernono le sette chiese. L'orizzonte delle visioni si allarga, da Apocalisse 4 in poi, e abbraccia le sorti dell'intero regno di Dio fino alla fine dei tempi. Il profeta ne contemplerà lo svolgimento nelle sue grandi fasi, dal cielo ov'è rapito in ispirito, e lo contemplerà attraverso il velo dei simboli che agli spiriti profani o distratti non dicon nulla, ma che agli spiriti bramosi di comprendere le vie di Dio finiscono col dischiudere il loro senso.

E subito fui rapito in ispirito,

lett., come Apocalisse 1:10, fui ivi ispirito; Giovanni era già in stato di estasi, ma, nell'atto in cui una nuova visione sta per aprirglisi dinanzi, lo Spirito di Dio agisce sul suo spirito con particolare intensità.

ed ecco un trono era posto nel cielo e sul trono v'era uno a sedere.

Nel fatto che, al disopra delle agitazioni della terra, Dio regna, sta la garanzia che la sua volontà si compirà. L'immagine del trono di Dio è frequente nella Scrittura. Es. Salmi 2; 11:4; 45:6; Isaia 6:1; 66:1; Ezechiele 1:26 e spesso nell'Apocalisse Colui che siede sul trono è Dio Padre poichè più oltre nella visione figura lo Spirito (i sette Spiriti di Dio Apocalisse 4:5) e di poi, in Apocalisse 5, il Cristo sotto diversi nomi. Giovanni descrive quel che vede e ode, perciò il nome di Dio non è mentovato che in Apocalisse 4:8-11, allorchè son riferiti i canti che echeggiano dinanzi al trono dell'Eterno.

E Colui che sedeva era nell'aspetto simile a una pietra di diaspro e di sardonico.

Il diaspro è per lo più di color verde o rosso e non trasparente, ma siccome in Apocalisse 21:11 si legge che il luminare della Gerusalemme celeste "era simile a una pietra preziosissima a guisa d'una pietra di diaspro cristallino", se né deduce che l'autore alluda a una pietra trasparente e splendente come il diamante. Così Dusterdieck, Lange, ecc. Il sardonico è di color rosso sanguigno e rappresenta probabilmente la giustizia come Il diaspro finissimo rappresentala santità del Re celeste:

e attorno al trono c'era un arcobaleno che, a vederlo, somigliava a uno smeraldo.

Nell'iride che si estendeva a guisa d'arco luminoso sopra il trono, predominava il color verde smeraldo che riposa e diletta l'occhio. L'arcobaleno è il simbolo della bontà di Dio sempre fedele al suo patto di grazia anche in mezzo alle nubi dei suoi giudici Genesi 9:3-17.

E attorno al trono c'erano ventiquattro troni

di minor grandezza;

e sui troni sedevano ventiquattro anziani vestiti di bianche vesti, e avevano sui loro capi delle corone d'oro.

Il nome di anziani ch'essi portano, il numero loro composto di due volte dodici, che ricorda le dodici tribù nate dai dodici patriarchi e i dodici apostoli fondatori della Chiesa del Nuovo Patto (Cfr. Apocalisse 7:4-8; 12:1; 21:12-14), inducono la maggior parte degli espositori a considerare i ventiquattro anziani come i rappresentanti del popolo di Dio dell'antico e del nuovo Patto, uniti nell'adorazione, cittadini della stessa città celeste. Non sono degli angeli giacchè sono da loro distinti in Apocalisse 5; 11 e gli angeli non sono mai rappresentati come dei vegliardi nelle Scritture. Le bianche vesti che indossano simboleggiano la perfezione morale cui sono giunti mercè la grazia divina, oppure la dignità sacerdotale: i troni su cui seggono, le corone che portano, rappresentano la dignità regale loro conferita Apocalisse 1:6; 5:10; 20:6.

E dal trono procedevano lampi e voci e tuoni.

Al Sinai quando Dio diede la legge, egli rivelò la sua presenza con lampi e tuoni e suon di tromba e fuoco e terremoto, onde inculcare nel popolo il timore di offenderlo. Qui i lampi e i tuoni procedenti dal trono proclamano che il supremo Re e Giudice dispone di tutte le forze della natura e può far tremare e ridurre al nulla i suoi nemici.

e davanti al trono c'erano sette lampade ardenti che sono i sette Spiriti di Dio.

Abbiamo detto nella nota di Apocalisse 1:4 che i sette Spiriti di Dio dinotano le varie manifestazioni ed energie dello Spirito Santo. Il simbolo delle sette lampade ardenti è tolto dal candeliere del Luogo santo. Nella fiamma delle lampade molti scorgono l'emblema della potenza dello Spirito che illumina, che investiga i cuori, ed anche consuma il male e chi si identifica con esso.

E davanti al trono c'era come un mare di vetro, simile al cristallo;

Il vetro degli antichi era semi-opaco, perciò a significare la trasparenza e la purezza perfetta di quella distesa che pareva un mare calmo, aggiunge ch'era simile al cristallo. Il mare torbido ed agitato è spesso l'immagine di un'umanità agitata dalle sue passioni violente; là dove Dio regna, cessan le passioni e tutto è purezza eterea e maestosa calma. Cfr. Esodo 24:10.

e in mezzo al trono e attorno al trono quattro creature viventi piene d'occhi davanti e di dietro.

Nella visione di Ezechiele raffigurante 'la gloria dell'Eterno' Ezechiele 1:28, si parla pure di un trono su cui sedeva una sembianza d'uomo; il trono era collocato sopra una distesa di cielo simile a cristallo e sotto a questa distesa apparivano come portatrici del trono quattro creature viventi (Ebraico chaiot: versione dei LXX: ζωα come nell'Apocalisse) chiamate anche cherubini in Ezechiele 10:2,20 ed aventi ciascuna quattro facce e quattro ali. Nella visione di Giovanni i cherubini non appaiono come portanti il trono di Dio, ma come collocati inferiormente nel mezzo di ciascuno dei quattro lati d'esso. Ciascuno di essi ha una sola faccia e tre paia di ali come i serafini della visione d'Isaia 6.

la prima creatura vivente era simile a un leone e la seconda simile a un toro

(o, come altri traduce, il μοσχος a un vitello)

e la terza avea la faccia come d'un uomo e la quarta era simile a un'aquila volante.

Non è il caso di enumerare qui tutto le opinioni più o meno stravaganti emesse dagli interpreti circa la natura ed il significato delle quattro creature viventi. Chi ci ha veduto l'emblema dei quattro Evangelisti, chi dei quattro apostoli principali, chi delle quattro chiese patriarcali «che circondano il trono di Dio, cioè, la cattedra romana ove siede il vicario di Dio» (Cornelio, a-lap.); altri vi hanno scorto il simbolo delle quattro virtù cardinali o ancora dei quattro attributi principali dell'Essere supremo: la sapienza (l'uomo), la forza (il leone), l'onniscienza (l'aquila), la potenza creatrice (il toro). Ma gli attributi di Dio non adorano Iddio. Per il Charles sono «un ordine angelico, probabilmente il più eccelso o uno dei più alti»; ma si osserva che in Apocalisse 5:11; 7:11 le quattro creature viventi sono distinte dagli angeli: «udii una voce di molti angeli attorno al trono e alle creature viventi e agli anziani». Inoltre i cherubini non figurano come 'messaggeri' di Dio quali sono gli angeli. Riteniamo meglio fondata l'opinione secondo la quale le creature viventi non sono esseri reali ma semplicemente simbolici e rappresentano l'insieme delle creature terrestri dotate di vita, dalle forme più infime alle forme più perfette; da ciò il loro nome di zôa, creature viventi (da non confondere con le thería bestie, fiere), da ciò le forme varie che hanno, e che sono, secondo i rabbini, quelle delle quattro creature che occupano il primo posto fra le principali categorie di esseri terrestri; l'uomo ch'è il capolavoro della creazione terrestre, il toro ch'è alla testa degli animali domestici, il leone primo tra le fiere, l'aquila regina degli uccelli.

E le quattro creature viventi avevano ognuna sei ali ed eran piene d'occhi all'intorno e di dentro.

Dei serafini è detto Isaia 6 che con due ali si coprivano la faccia, con due i piedi e con due volavano, a simboleggiare l'umiltà della creatura che tutto deve al suo Creatore e la prontezza con la quale esegue la di lui volontà. Gli occhi di cui son coperte le creature viventi raffigurano l'infinita somma d'intelligenza che abita negli innumerevoli esseri dotati di vita che riempiono la terra: dagli esseri infimi in cui è appena osservabile una traccia d'istinto, fino agli animali superiori ove l'istinto diventa intelligenza e fino all'uomo dotato della capacità di vedere Iddio e di adorarlo. Se si aggiunge che l'intelligenza di cui lo Spirito della vita ha dotato in vario grado le creature terrestri, è in costante attività, quasi non chiudesse mai occhio, e proclama senza posa nel suo linguaggio speciale la gloria di Dio, s'intenderà come i rappresentanti simbolici della creazione vivente siano pieni d'occhi. Cfr. Salmi 8. «O Eterno, Signor nostro, quant'è magnifico il tuo nome in tutta la terra!»

e non restavan mai, giorno e notte di dire: Santo, Santo, Santo è il Signore Iddio, l'Onnipotente, che era, che è, e che viene.

'La rosa esala giorno e notte il suo profumo senza stancarsi' (Dächsel); così le creature che hanno vita sulla terra. Il triplice 'santo'. detto con voce greca il trisaghion, è quello dei serafini di Isaia 6; solo, mentre quelli celebrano l'Eterno come separato dal male, qui i rappresentanti della creazione terrestre lo celebrano piuttosto come 'separato' dalle creature, infinitamente elevato al di sopra di esse come il loro Creatore onnipotente, che non ha mai avuto principio e non avrà mai fine, il Signore di tutto ciò che esiste. Cfr. per il che viene Apocalisse 1:4.

E ogni volta che le creature viventi rendon gloria e onore e grazie a colui che siede sul trono, a colui che vive nei secoli dei secoli,

Il greco porta: E quando le... renderanno gloria..., i ventiquattro anziani si prostreranno... e getteranno... I verbi al futuro indicano il carattere continuativo e simultaneo dell'adorazione per parte dei rappresentanti delle creature terrestri e dell'umanità redenta. Torna quindi a dire: 'Ogni volta che... rendon gloria... ecc.'

10 i ventiquattro anziani si prostrano davanti a colui che siede sul trono e adorano colui che vive nei secoli dei secoli e gettano le loro corone davanti al trono,

I redenti al par delle altre creature terrestri hanno ricevuto dal Dio che solo possiede l'eternità, l'esistenza ed ogni bene; possono quindi unirsi a tutto ciò che vive sulla terra nell'adorare con rendimento di grazie Colui ch'è la fonte della vita. «L'Eterno è il vero Dio, egli è l'Iddio vivente e il Re eterno... Gli dèi che non hanno fatto nè il cielo nè la terra spariranno d'in su la terra e di sotto al cielo» Geremia 10:10-11. L'atto del gettar le corone davanti al trono equivale al riconoscere che non sono e non hanno nulla di cui possano gloriarsi; la dignità reale che posseggono l'hanno ricevuta da Dio a cui ogni gloria appartiene. Era d'altronde questa una forma dell'omaggio che i re inferiori rendevano all'imperatore. Erode getta la sua corona davanti ad Augusto, Tiridate re dei Parti depone la sua davanti al busto di Nerone e così di altri.

11 dicendo: Degno sei, o Signore e Iddio nostro di ricever la gloria e l'onore e la potenza; poichè tu creasti tutte le cose, e per la tua volontà esistettero e furono create.

Ricever la gloria ecc. torna a dire Ricever da parte delle creature l'omaggio che ti è dovuto di ogni gloria, di ogni onore, del riconoscimento della tua potenza infinita quale l'hai mostrata col creare tutte le cose. Il greco dice: 'furono e furon create', che si suole interpretare: 'vennero all'esistenza per via di creazione', «poich'egli comandò, e furon create» Salmi 148:5. «Dio sovranamente libero e beato in se stesso, non ha bisogno d'alcuna delle sue creature. E per amore ch'egli le ha chiamate all'esistenza e le ha volute partecipi della sua felicità» (Bonnet).

AMMAESTRAMENTI

1. E questa la prima visione, nel corso dell'Apocalisse, in cui gli occhi del Veggente scorgano una porta aperta nel cielo. Esso non gli appare vuoto come lo è per quelli che hanno chiuso gli occhi alle realtà spirituali; ma non gli appare neppure popolato di semi-divinità create dall'immaginazione traviata del paganesimo cristianizzato. Non vi si vedono nè San Pietro a far da portinaio, nè i santi mediatori; nè sopratutto la gran dea dei Mariolatri che non figura in nessuna visione dell'Apocalisse, come non figura in alcuna delle tredici Epistole di Paolo. Giovanni vi contempla colui che siede sul trono, lo Spirito nel simbolo delle lampade, l'Agnello che fu immolato, e intorno al trono, gli angeli a miriadi, i redenti d'ogni nazione o i lor rappresentanti i quali, in un con tutte le creature inferiori, si prostrano in adorazione dinanzi al Creatore e al Redentore del mondo.

2. Dio regna su tutta la creazione che esiste per la volontà e mediante la potenza di Lui. Egli regna e giudica gli esseri responsabili; giudica il mondo a lui ribelle nel corso di tutta la sua storia, finchè la terra attuale abbia fatto posto a nuovi cieli e a una nuova terra ove abiti la giustizia. Ei regna e giudica con sovrana potenza, con santità e giustizia, ma senza venir meno al suo patto di grazia in Cristo, in virtù del quale delle creature, già perdute, posson comparir dinanzi alla sua maestà, mondate delle lor colpe e delle loro sozzure ed esser perfino rivestite di dignità regale come si vede nel simbolo dei ventiquattro anziani. Il levar lo sguardo della fede al trono di Dio che vive e regna nei secoli dei secoli è di gran conforto alla Chiesa nelle sue tribolazioni, allorchè le potenze dell'errore e dell'empietà paiono avere il sopravvento. Dal trono di Dio scende la certezza che le tribolazioni avranno fine, che i nemici saranno vinti e la giustizia trionferà. A tutte le anime che attraversano la valle oscura delle prove, il Veggente ripete: Levate in alto gli occhi e riavrete pace e coraggio.

3. 'Quale maestà in questa visione del cielo! Dinanzi a quel trono, uniti alla celeste assemblea dei redenti, canteremo anche noi quei canti di adorazione e di rendimento di grazie. Oh possa il canto degli angeli e della Chiesa trionfante scendere fino in fondo ai nostri cuori. Affrettiamoci a purificarci d'ogni sozzura di corpo e di spirito preparandoci ad adorar fra poco Colui che siede sul trono; l'Onnipotente, il nostro Creatore' (da De Perrot). 'Come gli anziani gettan le lor corone dinanzi a te, o Dio, così possa io non ricercar la mia propria gloria, ma rendere a te ogni onore ed ogni gloria. Fammi sentir che nulla è mio, che tutto è tuo. Perchè mi glorierei di quello che ho ricevuto come se non l'avessi ricevuto? Rivestimi d'umiltà e fammi sentire in ogni tempo che non sono se non una creatura proceduta da te e da te dipendente' (Da Chalmers).