Apocalisse 3
Sezione Settima. Apocalisse 3:1-6. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA DI SARDI

E all'angelo della chiesa di Sardi, scrivi:

Sardi era costruita sopra una collina dominante la valle del Pactolo dalle sabbie aurifere, ad oriente d'Efeso e al sud di Tiatiri. Era stata città prospera ai tempi di Creso e capitale del regno di Lidia. Presa da Ciro nel 549 a. C. fu fatta sede di un governatore; più tardi la espugnò Antioco il grande. Rovinata da un terremoto nell'anno 17 fu riedificata da Tiberio. Nel 13o secolo fu distrutta da Tamerlano e oggi è ridotta, alle poche capanne del villaggio di Sart. Sardi era devota a Cibele e a Giove Lidio, nota per il suo lusso e la sua lussuria. Non sappiamo nè quando nè da chi vi fu introdotto il cristianesimo, ma risulta da Apocalisse 3:3 che la parola del vangelo vi era stata ricevuta con gioia almeno una ventina d'anni prima del messaggio dell'Apocalisse rivolto a una chiesa tanto decaduta ch'essa è caratterizzata come morta.

Queste cose dice colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle:

Per il senso di questa duplice designazione, vedi Apocalisse 1:4,16-20. Cristo si presenta come il Capo supremo della Chiesa e la fonte da cui procede, mediante lo Spirito, ogni vita spirituale ed ogni energia negli individui o nelle comunità. C'è in queste parole, fin dal principio del messaggio, come un invito a cercare in lui la guarigione del male di cui soffre la chiesa.

Io conosco le tue opere: tu hai nome di vivere e sei morto.

C'è una speciale solennità in questo conosco le tue opere quando si tratta, come qui, di una chiesa che ha un'apparenza e una riputazione di vita non rispondenti alla realtà. Questa realtà Cristo la discerne attraverso le apparenze. La chiesa ha nome di vivere, cioè gode presso alle sue sorelle la riputazione d'essere una chiesa prospera, perchè non ha abbandonato la sana dottrina, pratica il culto, ha una qualche attività; ma in realtà è morta spiritualmente perchè è venuta meno in lei la vita di fede, di speranza e di amore ch'essa possedeva al principio. Ha le forme della pietà ma ne ha rinnegata la potenza 2Timoteo 3:5. Ha il corpo, ma l'anima non c'è più. La morte non è ancora completa in tutti nè in tutto; ci sono alcuni pochi membri viventi e fedeli; ce ne sono altri in cui la vita sta per spegnersi, ma può esser rianimata; ci sono istituzioni ed attività languenti ma suscettibili di nuovo vigore. Lo stato della chiesa è descritto come un torpore spirituale che se non è rotto bruscamente, diventa vera morte. Torna in mente la parabola delle dieci vergini che si addormentano, o l'esortazione di Paolo: «Risvegliati tu che dormi e risorgi dai morti e Cristo t'inonderà di luce» Efesini 5:14. Come fosse la chiesa caduta in un tale stato, non ci è detto. L'atmosfera moralmente viziata che i credenti respiravano in Sardi, il benessere materiale, l'assenza di persecuzioni, la negligenza nel valersi dei mezzi di grazia, e nel praticare i doveri cristiani, hanno dovuto contribuire a produrre il triste risultato. Il messaggio di Cristo mira a svegliar la chiesa dal sonno fatale che l'invade.

Fatti vigilante

lett. diventa vigilante (γινου),

e rafferma il resto che sta per morire;

lett. che stava per...

poichè non ho trovato le opere tue compiute nel cospetto del mio Dio.

C'è stata noncuranza, rilassatezza, sonnolenza; da ciò il brusco: 'Svègliati e vigila' - rivolto ai conduttori ed alla parte che ha conservato qualche vitalità. Il resto che sta per morire s'intende di quel po' di vita che rimane ancora in una parte dei membri e che può esser accresciuta e rafforzata con opportuno trattamento corroborante. La chiesa è anemica e le sue opere, se anche son soddisfacenti agli occhi degli uomini, non sono giudicate compiute da Dio che le trova mancanti per numero, per qualità, per lo spirito in cui sono fatte. La chiesa tralascia certi suoi doveri manifesti e altri ne compie ma di malavoglia, senza slancio d'amore, per mera abitudine. Gesù chiama il Padre 'suo Dio', anche in Giovanni 20:17: '... salgo... all'Iddio mio e all'Iddio vostro'.

Ricordati dunque del come tu hai ricevuto e ascoltato [la parola], serbala e ravvediti.

Come ad Efeso il Signore dice: 'Ricordati donde sei caduto e ravvediti'; come ai Giudeo-cristiani l'autore dell'Epistola agli Ebrei dice: 'Ricordatevi dei giorni di prima quando, dopo essere stati illuminati, voi sosteneste una così gran lotta di patimenti' Ebrei 10:32; così ai cristiani di Sardi Cristo ingiunge di ricordarsi del modo in cui avevano ricevuto ed ascoltato, s'intende: l'evangelo, allorchè era stato loro annunziato per la prima volta. Da questo si arguisce che lo avevano ricevuto con gioia, con entusiasmo e ascoltato come un messaggio divino. Così i Galati avevano accolto Paolo 'come un angelo di Dio, come Cristo Gesù stesso' Galati 4:14; così i Bereesi 'ricevettero la Parola con ogni premura' e le folle in Samaria 'prestavano attenzione alla cose dette da Filippo' Atti 17:11; 8:6. Diodati o la Riveduta portano: 'Ricordati... di quanto hai ricevuto...' il che può essere implicato, ma non è il pensiero principale contenuto nel 'come (πως) hai ricevuto...' Il ricordo dell'ardore col quale avevano accolto ed ascoltato il vangelo nei primi tempi, era la condanna della loro noncuranza posteriore e della loro attuale indifferenza. Quel che aveva fatto un tempo la loro felicità essi lo devono serbare con maggior zelo, perchè si tratta della verità relativa alla loro salvezza, e in pari tempo devon pentirsi d'aver lasciato spegnere quasi interamente in loro medesimi la sacra fiamma della vita spirituale.

Che se tu non vegli,

lett. se dunque tu non...

io verrò come un ladro e tu non saprai a quale ora verrò su di te.

Se Sardi seguita a dormire e non si scuote dal sonno fatale, il Signore la visiterà con qualche severo ed inaspettato giudizio. Le parole ricordano quelle di Cristo Luca 12:35-40; Matteo 24:42-44. Cfr. anche Apocalisse 16:15; 1Tessalonicesi 5:2. La chiesa di Sardi pare aver preso a cuore l'avvertimento, poichè la ritroviamo verso la metà del secondo secolo con alla testa il vescovo Melitone che fu uno dei primi commentatori dell'Apocalisse, secondo Eusebio.

Ma tu hai alcune poche persone (lett. nomi) in Sardi che non hanno contaminato le loro vesti.

Il giusto giudizio del Signore distingue tra le colpe della collettività e quelle dei singoli membri. Ci sono nella chiesa i morti spiritualmente e i moribondi, ma ci sono pure i membri viventi; soltanto, questi ultimi sono un'infima minoranza: alcune poche persone. Questi, dopo aver ricevuto per la fede in Cristo il perdono ed esser stati rinnovati, moralmente dallo Spirito, hanno perseverato nella buona via ch'è quella della santificazione e non sono tornati a contaminarsi col ricader nelle sozzure di una vita paganeggiante. La loro fedeltà cristiana è descritta con un'immagine: non hanno contaminato le loro mesti.

essi cammineranno meco in vesti bianche perchè ne son degni.

I loro sforzi per mantener la loro vita monda - sia pure in senso relativo - di peccato, saranno ricompensati dal giusto giudice il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere. Cammineranno col Cristo, che hanno onorato e servito Giovanni 17:24 in vesti bianche che sono l'emblema della purezza e della vittoria sul male. Ne son degni perchè un tale onore risponde degnamente alla loro costante aspirazione verso la santità. Ciò non vuol dire che abbiano meritato la salvezza; essi sono stati, al par degli altri redenti, 'lavati dai loro peccati col sangue di Cristo' e a lui solo ne danno la gloria Apocalisse 1:5-6; 5:9,13; 7:9-10,14.

Chi vince sarà così vestito di vesti bianche ed io non cancellerò il suo nome dal libro della vita,

Alcuni critici preferiscono seguire i codd. B2 P. e minn. leggendo invece di 'sarà così vestito': 'quegli sarà vestito' (ὁυτος). È questione di un o breve invece di un o lungo; i codd. più autorevoli (A alef C colle verss.) portano così, che torna a dire: Chiunque vince il male sarà così vestito di vesti bianche, come or ora ho dichiarato, parlando dei pochi mantenutisi fedeli a Sardi. Senza immagine: chi vince giungerà alla perfezione dell'esser suo; godrà della vittoria riportata e sarà glorificato. Il veder nelle bianche vesti unicamente i corpi celesti di cui saranno rivestiti i redenti (Charles), è un restringere senza ragione il senso della promessa. La similitudine del libro della vita è tolta dall'uso di tener un registro della popolazione dal quale sono cancellati i nomi dei morti. L'immagine s'incontra fin dall'Esodo 32:32-33: 'Se no, dice Mosè a Dio, cancellami dal tuo libro che hai scritto'. Fra le esecrazioni del Salmi 69 si legge a Salmi 69:28: 'Sian cancellati dal libro della vita e non siano iscritti coi giusti'. Cfr. Daniele 12:1; Malachia 3:16. Ai discepoli Gesù dice '...rallegratevi perchè i vostri nomi sono scritti nei cieli' Luca 10:20. Paolo parlando dei suoi zelanti collaboratori scrive: 'i cui nomi sono nel libro della vita' Filippesi 4:3. Nell'Apocalisse poi l'espressione torna spesso: Apocalisse 13:8: 'il libro della vita dell'Agnello ch'è stato immolato'; Apocalisse 17:8; 20:12,15; 21:27. 'L'uomo è iscritto nel libro della vita quando è fatto partecipe della vita nuova spirituale, quando riceve la verità che vivifica e diventa per fede in Cristo un figliuolo ed un erede di Dio'. (Dusterdieck). Chi persevera nella fede e sviluppa questa vita, non sarà cancellato dal libro: chi invece lascia spegnersi gradatamente la vita ricevuta, ha il suo nome cancellato perchè, se anche ha nome di vivere presso gli uomini, dinanzi a Dio è morto alla vera vita. L'immagine era particolarmente adatta alla chiesa di Sardi. Una terza promessa è fatta al vincitore:

e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre mio e nel cospetto dei suoi angeli.

Essa riproduce quasi testualmente le parole di Cristo che si leggono in Matteo 10:32; Luca 12:8 e lascia supporre che la maggioranza dei cristiani di Sardi si vergognasse di confessare il nome di Cristo davanti ai pagani. A chi era risoluto a vincere cotesta colpevole mancanza di coraggio, spetterebbe l'onore di essere riconosciuto da Cristo come a lui appartenente, davanti a Dio ed ai suoi angeli, nel gran giorno delle retribuzioni.

Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

AMMAESTRAMENTI

1. Le chiese cristiane dell'oggi hanno ogni ragione d'ascoltar ciò che lo Spirito dice alla chiesa di Sardi, perchè lo stato generale della cristianità somiglia fin troppo a quello di Sardi. C'è il nome di vivere, implicato nel titolo stesso di 'cristiano' reclamato da più di 600 milioni di esseri umani che si danno nelle statistiche come discepoli del Cristo. C'è il nome di vivere che, il più delle volte, poggia sulla storia delle varie chiese in un passato più o meno lontano. C'è stato un tempo in cui una data comunità ha ricevuto con fervore l'evangelo e l'ha professato altamente non indietreggiando dinanzi al martirio; e questa riputazione onorevole dovuta alla fedeltà dei padri è passata come eredità preziosa ai figli, anche quando non somigliano ai loro antenati. C'è il nome di vivere perchè la verità è professata più o meno fedelmente nelle confessioni di fede scritte secoli fa; perchè si conservano le forme della pietà e un minimum di attività cristiana.
Ma qual'è la realtà che, agli occhi di Dio, risponda a questo nome? Ov'è la vita religiosa tra i nove decimi dei cattolici romani o degli ortodossi greco-russi? E là dove è sopravissuta una qualche religiosità, in quanti casi si tratta egli di vera vita spirituale cristiana? E tra le comunità formate dal grande risveglio della Riforma, in quante s'è mantenuta la vita dei tempi eroici? Quanti sono coloro che Dio ha iscritto nel libro della vita perchè si sono realmente pentiti dei lor peccati, hanno accettato con fede del cuore Cristo come loro Salvatore, sono nati ad una vita nuova per opera dello Spirito? Quanti, dopo aver principiato bene, son perseverati nella via stretta lottando contro il male?
Dio solo conosce quei che son suoi; ma non possiamo non riconoscere che vi dev'essere uno spaventevole divario tra le statistiche ecclesiastiche e il libro della vita in cui non figurano che i cristiani viventi.

2. Che cosa fa Cristo per produrre un risveglio nella chiesa di Sardi?
Egli riconosce e incoraggia la fedeltà dei pochi i quali, senza lasciar la chiesa rimasta cristiana di professione, si sono mantenuti viventi in mezzo al generale decadimento della vita spirituale e morale.
Cerca di rianimar la vita là dove esiste ancora come lucignolo fumante vicino a spegnersi.
Squarcia i veli delle illusioni facendo conoscer alla chiesa il suo stato reale: 'Hai nome di vivere, e sei morto'; le sue opere non son quello che dovrebbero, la noncuranza, la falsa sicurezza, il torpore si sono impadroniti di lei.
La richiama energicamente alle sue origini, alla Parola del Vangelo ch'essa aveva accolto con gioia e ch'essa deve serbare con amore, praticare e non più trascurare.
Le ingiunge il ravvedimento e la vigilanza e, se anche questi mezzi non bastano a scuoterla, la minaccia di usare mezzi disciplinari per lei più dolorosi. Soltanto quando risultino inefficaci questi mezzi, la chiesa sarà reietta.
Non diversi sono i mezzi adoperati dal Signore nel corso dei secoli per risvegliare sia le anime dei cristiani dormienti, sia le chiese morte o moribonde. La Parola di Dio resa efficace dallo Spirito di vita è la luce che rivela alle anime il loro stato reale e addita il rimedio nel pentimento e nel ritorno fidente al Cristo via, verità e vita.

3. 'Tu hai alcune poche persone...' La fede è cosa personale e la vita d'una comunità cristiana non è che la somma delle vite individuali. Se nei membri d'una chiesa manca la vita personale di fede, di amore e di santa attività, qualunque sia la riputazione di cui gode, la chiesa è morta.
Il fatto che, tra la folla dei professanti, Cristo conosce coloro che vivono in comunione con lui e si ritraggono dall'iniquità, contiene un prezioso incoraggiamento alla fedeltà individuale anche là dove l'ambiente è deprimente e soporifico.
Le minoranze fedeli son quelle che mantengono accesa la fiamma della vita nelle chiese malate; sono il cuore che batte ancora, il ceppo che conserva la vitalità dell'albero anche se molti rami sono secchi. Nei tempi più tenebrosi del popolo d'Israele, i settemila che non piegarono il ginocchio davanti a Baal costituirono il residuo eletto del popolo di Dio, il sale che impedì la corruzione completa della massa. E nei giorni più tristi della cristianità, i pochi fedeli al Vangelo hanno formato la chiesa invisibile che il nemico non potè mai estinguere; sono stati i testimoni che han tenuta alta la face della verità.
Far come fanno i più è regola mondana, far quel che Cristo prescrive ai suoi - anche se si è in pochi o soli - è la via sola buona che mena alla vittoria, ed alla gloria celeste.

Sezione Ottava. Apocalisse 3:7-13. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA DI FILADELFIA

E all'angelo della chiesa di Filadelfia, scrivi:

Filadelfia era, come Sardi, città della Lidia, data al commercio. Il nome ricordava quello del suo fondatore Attalo Filadelfo re di Pergamo (159-138 A.C.). Situata sulle rive del Cogamo appiè dello Tmolo e fortificata, occupava una posizione importante. Fu sconquassata dal terremoto del 17 (D.C.) ma riavutasi, si mantenne fino alla fine del 14mo secolo allorchè venne distrutta da Tamerlano; sulle sue rovine esiste oggi Alasheher, stazione della ferrovia Smirne-Karahissar. Non sappiamo chi vi abbia recato il vangelo, ma dalla Lettera stessa risulta che la chiesa, prima della data dell'Apocalisse, aveva dovuto digià sostenere serie prove ed era avversata dai Giudei della città.

Queste cose dice il santo, il verace.

In Apocalisse 6:10 Dio è chiamato il santo, il verace. Nell'Antico Testamento 'il Santo', 'il Santo d'Israele' è designazione frequente di Dio. Nei Vangeli Cristo è chiamato il Santo di Dio Marco 1:24; Giovanni 6:69 e nell'Apocalisse 'il fedele e il verace', 'il testimone fedele e verace' Apocalisse 19:11; 3:14. In opposizione alle calunnie giudaiche che lo dipingono come un impostore, Gesù si chiama il santo, puro d'ogni male morale, il verace la cui parola è verità assoluta, che è quel che disse di essere; e a conforto dei fedeli, ricorda con questi titoli ch'egli adempirà fedelmente tutto quel che promette.

colui che ha la chiave di Davide, che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre:

In Isaia 22:22 Dio dice di Eliakim chiamato a succedere a Scebna qual prefetto del palazzo reale: «Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide; egli aprirà e niuno chiuderà; egli chiuderà e niuno aprirà». La chiave è qui il simbolo dell'autorità del prefetto del palazzo Isaia 22:21. Cristo ha più che questo; egli ha la chiave di Davide, cioè la piena autorità sulla casa di Dio Ebrei 3:6, ch'è quanto dire sul regno di Dio Matteo 28:18. Come erede di Davide, come il vero re teocratico promesso, il vero principe del popolo di Dio, il Davide ideale Geremia 30:9; Ezechiele 34:23; 37:24; Luca 1:32, egli ha l'autorità di aprire l'entrata nel regno e quella di chiuderla, giacchè Egli, e nessun altro, stabilisce le condizioni dell'entrata nel suo regno e giudica in modo infallibile del loro adempimento o inadempimento per parte degli individui. Agli apostoli fu data l'autorità di dichiarare colla predicazione del Vangelo le condizioni dell'entrata nel regno e quella di ammettere nella chiesa visibile, mediante il battesimo, i credenti in Cristo, Giudei o pagani Matteo 16:19; Giovanni 20:23; ma Egli solo conosce quei che son suoi 2Timoteo 2:19. Nell'estendere il suo regno nel mondo, Cristo apre all'attività missionaria dei suoi seguaci or questa or quella regione e ne affida la conquista a una data porzione della sua Chiesa, nè v'è chi possa impedire l'esecuzione dei suoi disegni. Cfr. Apocalisse 3:8.

Io conosco le tue opere.

Sebbene la dichiarazione di onniscienza, non sia qui, come in altri messaggi, seguita immediatamente da lodi e da biasimi, il Signore mostra di conoscer lo stato esterno della chiesa, la sua fedeltà alla parola di Cristo, la sua costanza nelle avversità incontrate, la sua ubbidienza nel compier la missione affidatale e gli avversari coi quali deve lottare. Non le rivolge alcun rimprovero, ma, l'invita soltanto a perseverare.

Ecco, io ti ho posta dinanzi una porta aperta, che nessuno può chiudere,

Abbiamo l'immagine stessa adoperata da Paolo quando scrive ad es. ai Corinzi: 'Mi fermerò in Efeso... perchè una larga porta mi è qui aperta ad un lavoro efficace e vi son molti avversari' 1Corinzi 16:9; 2Corinzi 2:12; o quando, prigioniero, domanda le preghiere dei Colossesi 'affinchè Dio gli apra una porta per la Parola onde possa annunziare il misterio di Cristo' Colossesi 4:3. Alla chiesa di Filadelfia il Signore ha dato l'opportunità di compiere presso pagani e presso Giudei della città o della regione, un'opera missionaria efficace che gli avversari non potranno impedire,

perchè, pur avendo poca forza, hai serbata la mia parola e non hai rinnegato il mio nome.

La ragione per cui, nell'esercizio della sua autorità regale, Cristo ha aperto una porta all'attività missionaria della chiesa, sta non nella sua forza numerica, o sociale o intellettuale o finanziaria - la chiesa è poco numerosa, e probabilmente povera; ma sta nella fedeltà sua all'evangelo, ch'essa ha serbato nella sua purezza e non ha rinnegato in mezzo alle persecuzioni. Dice letteralmente: 'perchè hai poca forza e hai serbata...', che torna a dire: e ciò nonostante, hai serbata... Alla piccola chiesa fedele il Signore concede non solo l'onore di lavorare all'estensione del regno di Dio, ma garantisce vittorie segnalate sui suoi più accaniti avversari.

Ecco io ti do di quelli della sinagoga di Satana i quali dicono d'essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco io farò che verranno e si prostreranno dinanzi ai tuoi piedi e conosceranno ch'io t'ho amato.

A Filadelfia come a Smirne i nemici più tenaci del cristianesimo sono i Giudei - Giudei per discendenza carnale, ma non per lo spirito che li anima e ch'è quello di Satana, il gran nemico del regno di Dio. Vedi Nota Apocalisse 2:9. Se fossero come Natanaele 'Israeliti senza frode', imitatori d'Abramo che salutò da lungi il giorno di Cristo, essi crederebbero nel Messia e si unirebbero al popolo cristiano che costituisce l'Israele di Dio sotto il nuovo Patto. Cristo annunzia che una parte dei Giudei di Filadelfia si convertirà e chiederà umilmente e con verace pentimento di far parte della chiesa da loro prima calunniata e avversata. Tale il senso del loro venire e prostrarsi dinanzi alla chiesa riconoscendo ch'essa è amata dal Signore, mentr'essa la maledicevano. Le parole son tolte dalle promesse fatte alla Sion futura in Isaia 60:14; 49:23; 2:3; cfr. Zaccaria 8:20-23. L'atteggiamento umile di Saulo convertito che cerca di unirsi ai discepoli di Cristo e si chiama il primo dei peccatori perchè ha perseguitata la chiesa di Dio, rappresenta bene quello dei Giudei divenuti cristiani a Filadelfia. Cfr. Atti 9:26; 1Timoteo 1:12-17. Caratteristica è l'opinione di certi interpreti cattolici che vedono qui la riverenza e la sottomissione dovute alla Chiesa ed ai suoi prelati per la loro eccellenza sovrumana.

10 Giacchè tu hai serbata la parola della mia pazienza, anch'io ti guarderò dall'ora della tentazione

o del cimento

che ha da venire su tutto il mondo per mettere alla prova quelli che abitano sulla terra.

Il senso più semplice dell'espressione: La parola della mia pazienza è questo: la parola del Vangelo che narra la paziente costanza di Cristo nelle sofferenze da lui accettate per salvare i peccatori; parola che presenta pure Cristo come esempio di pazienza ai suoi seguaci. Questa parola i cristiani di Filadelfia l'avevano serbata fedelmente quand'erano stati perseguitati. Cfr. Apocalisse 3:8. In premio della loro costanza il Signore promette che li 'serberà' (la stessa parola di prima: τηρησω) che li guarderà dall'ora della tentazione universale e più pericolosa che deve venir sul mondo, e nella quale gli uni vedono accennata una persecuzione generale sotto Domiziano, o sotto Traiano ecc., altri le persecuzioni scatenate dall'anticristo, e altri le tribolazioni in genere che devono precedere la Venuta di Cristo. La locuzione: ti guarderò da... può significare: ti esenterò da quel gran cimento o più probabilmente: ti guarderò quando dovrai passare attraverso quella prova e te ne trarrò fuori vittoriosa. In Apocalisse 7:14 si dice dei redenti vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano, che «vengono dalla gran tribolazione». Gesù chiede per i suoi, non che siano tolti dal mondo ma che siano guardati o 'preservati dal maligno' (τηρησης α. εκ του π.). Per i cristiani fedeli l'ora della prova suprema sarà l'ora della suprema vittoria mercè l'intercessione ed il potente aiuto di Cristo; ma per gl'ipocriti, i cristiani di nome, e tutti gl'increduli sarà l'ora della disfatta e dell'induramento nel male.

11 Io vengo tosto; tieni fermamente quello che hai, affinchè nessuno ti tolga la tua corona.

La promessa del Ritorno di Cristo echeggia dalla prima all'ultima pagina dell'Apocalisse, minaccia di ruina ai nemici, certezza di liberazione ai fedeli. Il tosto ha da intendersi secondo la misura divina del tempo 2Pietro 3:8. Quel che la chiesa deve ritener fermamente è la sua fede, la sua fedeltà costante alla parola di Cristo, la sua attività missionaria. Se persevera fino alla fine nella nobile lotta, nessun nemico la potrà privar della corona che è assicurata ai vincitori. Solo la sua rilassatezza potrebbe fargliela perdere.

12 Chi vince io lo farò una colonna nel tempio dell'Iddio mio ed egli non ne uscirà mai più;

In Apocalisse 21:22 Giovanni dice della Gerusalemme celeste: 'Non vidi in essa alcun tempio', perchè la città intera è piena della gloriosa presenza di Dio, è tutta quanta un tempio. Altrove si legge che la Chiesa è la casa, il tempio spirituale di Dio 1Corinzi 3:16-17; 1Timoteo 3:15; 1Pietro 2:5 e si parla di servitori privilegiati del Vangelo come di 'colonne' Galati 2:9. Tenendo conto di ciò la promessa qui fatta a chi vince viene a significare gli darò un posto sicuro ed importante nella Chiesa gloriosa dell'avvenire. Nella parabola delle mine, ai servitori che hanno fatto valere fedelmente i valori a loro affidati, il Signore assegna il dominio su dieci, su cinque città. A chi è fedele nelle piccole cose di quaggiù, ne sono affidate delle grandi lassù. Inoltre lo stato di perfezione celeste raggiunto è uno stato permanente, non più soggetto a pericoli, a insidie od assalti nemici: dalla presenza e dalla comunione del suo Dio il vincitore non uscirà mai più. 'Chi non brama la città dalla quale chi è amico non esce e nella quale chi è nemico non entra'? (Agostino).

e scriverò su lui il nome del mio Dio.

In Apocalisse 22:4 si legge dei servitori di Dio ch'essi 'vedranno la sua faccia e avranno in fronte il suo nome' e in Apocalisse 14:1 i redenti sul monte Sion hanno il nome dell'Agnello o il nome di suo Padre scritto sulle loro fronti. E, questo il segno visibile ch'essi appartengono a Dio per sempre.

e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo d'appresso all'Iddio mio,

segno anche questo che chi porta iscritto in fronte il nome della città celeste è legittimo cittadino di essa. La santa città, la nuova Gerusalemme è chiamata in Apocalisse 21:3 il tabernacolo di Dio cogli uomini. 'Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio'. Cfr. Apocalisse 21-22. Essa è l'emblema del popolo di Dio pervenuto allo stato perfetto e glorioso. Ad essa appartengono i credenti non solo dell'antico Israele ma d'ogni popolo e tribù come già era predetto nei profeti. Cfr. Isaia 56:60; Galati 4:26; Ebrei 12:22 e segg.

ed il mio nuovo nome.

Del Cristo che viene a giudicar le genti si dice, Apocalisse 19:12, che «portava scritto un nome che nessuno conosce fuorchè lui». Questo nome quindi non è nè «il Fedele e il Verace», né 'la Parola di Dio' nè 'il Re dei Re' che son mentovati in Apocalisse 19:11,13,16, nè alcuno degli altri nomi ricordati nel Nuovo Testamento. È un nome che si addice al Salvatore dopo ch'egli è giunto a distruggere fin l'ultimo nemico suo e di Dio 1Corinzi 15:24-28; Apocalisse 20:10,14. Questo nome del Re vittorioso sarà scritto in fronte a coloro ch'egli ha riscattati e condotti al cielo. Essi sono i trofei della sua vittoria; 'appartengono a lui nel suo nuovo stato glorioso di riposo eterno e di trionfo' (Alford).

13 Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

AMMAESTRAMENTI

1. La Chiesa, nella persona dei suoi rappresentanti, oltre il potere ministeriale di aprir le porte del regno di Dio predicando il Vangelo e chiamando le anime al Salvatore, ha un potere disciplinare sui suoi propri membri Matteo 18:17-18; 1Corinzi 5:12 onde ricondurli sulla retta via quando se ne allontanino; ma ringraziato sia Iddio che il potere supremo delle chiavi sta nelle mani del Santo e del Verace. Egli apre la porta (anzi Egli stesso è la Porta) della salvezza a chiunque viene a lui con animo pentito e non v'è odio di nemici, nè ignoranza o scomunica di setta che la possano chiudere. Ai prelati di Costanza che, nel 1415, sentenziavano alle fiamme il corpo di Giovanni Huss e all'inferno l'anima sua, il riformatore poteva rispondere con calma: 'Ed io rimetto lo spirito mio nelle mani del mio Salvatore'. La sorte eterna delle anime non è, no, nelle mani di una gerarchia troppo spesso incredula, sempre peccatrice.

2. Nel corso dei secoli Cristo spiega la sua potestà regale governando gli eventi della storia in modo che, una dopo l'altra, le contrade tutte del mondo abitato siano aperte ai banditori del Vangelo. Là dove l'occhio del mondano non vede che il caso o la fatalità o il gioco delle passioni umane, il cristiano scorge la mano di Colui che vuol salvati tutti gli uomini mediante la conoscenza della verità. Ad ogni chiesa locale fedele alla sua parola, anche se umanamente molto debole come quella di Filadelfia o dei Fratelli Moravi, o dei Valdesi, Cristo affida una missione da compiere per estendere i confini del suo regno. Ad ogni cristiano vivente egli apre una porta per lavorar nella sua vigna, secondo le sue capacità. Tocca ad ogni anima, ad ogni chiesa il discernere la volontà del Signore e l'entrar con fede e coraggio per la porta che le sta aperta dinanzi, guardandosi dall'invadere il campo assegnato ad altri. Cfr. Romani 15:17-21; 2Corinzi 10:13-18.
Ai nostri giorni, mercè le scoperte geografiche che hanno resa nota l'esistenza di contrade e di popolazioni finora ignote, mercè la cresciuta facilità delle comunicazioni per mare, per terra e per aria, mercè la più larga diffusione delle idee di libertà religiosa, quasi tutte le porte sono aperte alle chiese cristiane per annunziare dovunque l'evangelo della salvezza, e la loro responsabilità è immensa.
Da noi, in Italia, dal 1848 in poi, il Signore ha aperto una regione dopo l'altra alla libera predicazione del Vangelo e molti che prima, pur professandosi. cristiani, erano nemici, si sono aggiunti alla chiesa evangelica riconoscendo la sua fedeltà alla verità di fronte alle gravi deviazioni del papismo. La nostra preghiera dev'essere: Signore da' maggior zelo, maggiore saviezza, maggior potenza spirituale; da' in abbondanza quel che Filadelfia rappresenta col significato del suo nome: l'amor fraterno! Suscita operai, soffia sulle ossa secche onde riprendano vita!

3. In Apocalisse 21:5 si legge: 'E Colui che siede sul trono disse: Ecco, io fo ogni cosa nuova'. E infatti il Veggente contempla un nuovo cielo e una nuova terra Apocalisse 21:1, vede scender dal cielo una nuova Gerusalemme, una città santa; i suoi abitatori cantano un cantico nuovo Apocalisse 14:3; 5:9, portano in fronte il nuovo nome del Re Vittorioso che li ha redenti e a loro stessi è dato un nome nuovo che nessuno conosce se non colui che lo riceve Apocalisse 2:17. 'Lo stato dei redenti sarà nuovo, i cittadini della nuova Gerusalemme godrannno di nuove gioie, di nuove speranze, di nuovi diletti, e avranno compiti nuovi' (Tait). Ma la condizione assoluta per goder delle delizie della Nuova Gerusalemme è l'aver un cuore nuovo: «Se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio» Giovanni 3:3; 2Corinzi 5:17; è lo spogliarsi con successive vittorie morali del vecchio uomo: «A chi vince io darò...».

14 Sezione Nona. Apocalisse 3:14. IL MESSAGGIO DI CRISTO ALLA CHIESA DI LAODICEA

E all'angelo della chiesa di Laodicea scrivi:

Non meno di sei città portavano anticamente il nome di Laodicea; quella di cui si tratta nell'Apocalisse si chiamava perciò Laodicea sul Lico, perchè situata sulle rive di quell'affluente del Meandro, ad oriente di Efeso, non lungi di Colosso e di Jerapoli. Il nome le era stato dato da Antioco II re di Siria (261-246 A. C.), che l'aveva riedificata e aveva voluto che ricordasse sua moglie Laodice. Era città opulenta, centro di commerci e di banche, celebre per i suoi tessuti di lana e per la sua scuola di medicina. Da quel che Paolo dice di Epafra in Colossesi 4:12-13, risulta se non la certezza, la probabilità che quell'evangelista fosse il fondatore della chiesa nella sua città natale. Paolo che non vi era mai stato Colossesi 2:2, si preoccupa della prosperità di quella comunità e prescrive ai Colossesi di far leggere ai cristiani di Laodicea quel, ch'egli scrive a Colosse e di leggere essi stessi la lettera che verrebbe lor mandata da Laodicea e che si suppone esser l'Epistola circolare detta agli Efesini Colossesi 4:16. Laodicea fu sede nel 364 del Concilio che fissò il canone biblico quale l'abbiamo. Fu distrutta nel 1402 dai Turchi e il villaggio esistente presso alle sue rovine porta oggi il nome Eski-hissar.

Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio:

L'aggettivo ebraico amen, vale 'fermo', saldo, quindi in senso morale 'fedele'. Usato come avverbio significa: 'in verità,' e sotto la forma 'amen, amen' lo si incontra 25 volte nel Vangelo di Giovanni. Qui l'Amen esprime in forma ebraica la stessa idea del 'testimone fedele e verace'; Cristo è la verità, incrollabile, la fedeltà assoluta, personificata. Già in Apocalisse 1:5 è chiamato 'il fedel testimone'. La testimonianza che sta per dare riguardo allo stato della chiesa di Laodicea non sarà piacevole, ma sarà conforme a verità. L'espressione il principio della creazione di Dio (ἡ αρχη της κτισεως τ. θ.) è stata intesa dagli ariani e dai razionalisti nel senso di 'prima creatura' di Dio o 'capolavoro' della creazione; ma questo senso non risponde al concetto che ci è dato di Cristo nel messaggio a Laodicea e, in genere, nell'Apocalisse e negli altri scritti del Nuovo Testamento. Se Cristo fosse una semplice creatura, come mai sarebbe l'Amen, come possederebbe l'onniscenza presupposta nel 'conosco le tue opere', come sarebbe la fonte d'ogni bene spirituale Apocalisse 3:18, come sarebbe presente quale educatore e gioia di ogni fedele Apocalisse 3:20, come loro giudice Apocalisse 3:16, come partecipe della potenza divina del Padre? Se fosse una semplice creatura come sarebbe Egli l'alfa e l'omega, il principio e la fine, il primo e l'ultimo, e come sarebbe Egli adorato da tutte le creature? (Cfr. Apocalisse 1:5-7; 5:11-14; 22:1-21). Se invece intendiamo la parola principio in senso attivo, viene a significare che Cristo è anteriore alla creazione e n'è l'originatore, la causa efficiente o, per dirla con Giovanni, è Colui ch'era nel principio con Dio e per mezzo del quale è stata fatta ogni cosa (Giovanni 1:1-3; Cfr. Colossesi 1:15-17; 2:9; Ebrei 1). Come tale egli ha il potere di adempiere ogni promessa ed anche ogni minaccia contenuta nel suo messaggio.

15 Io conosco le tue opere; tu non sei nè freddo nè fervente.

'Esser freddo è lo stato dell'uomo naturale, inconvertito, estraneo alla vita dello Spirito di Dio; essere fervente è l'essere penetrato interamente dal fuoco dello Spirito che santifica per Dio gli affetti più ardenti Romani 12:11. Il tiepido è colui che conosce il Vangelo, ma che i mezzi di grazia, l'amore infinito del Salvatore non son riusciti a strappare al mondo e a se stesso'. (Bonnet). Non v'è nè zelo nè entusiasmo nel suo cristianesimo. Non è contrario alla religione, ma non è neppure acceso di ardore per la verità, di amore per Dio e per i suoi simili: si adagia nella mediocrità di un cuore diviso.

Oh fossi tu pur freddo o fervente!

S'intende il vivo desiderio del Signore che la chiesa diventi fervente; il voto ch'essa sia piuttosto fredda che tiepida si spiega col fatto d'esperienza che v'è maggior speranza di chi ignora il Vangelo, o vi è contrario perchè lo conosce male, che non di chi, dopo averlo conosciuto, sia rimasto tiepido. Un Saulo può esser nella sua ignoranza, un persecutore, ma quando Cristo si rivela all'anima sua sincera, si arrende, e diventa un ardente apostolo.

16 Così, perché sei tiepido e non sei nè freddo nè fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca.

Come l'acqua tiepida provoca il vomito, così la tiepidezza spirituale e morale di fronte all'amore infinito di Colui che diede la propria vita per gli uomini, provoca nel cuor di lui ripugnanza e disgusto. Il giudizio minacciato alla chiesa tiepida, se non si pente, comprende la reiezione di essa, in epoca più o meno lontana, e la condanna dei singoli suoi membri restati indifferenti e soddisfatti di se stessi. Cfr. Matteo 6:24; 12:30: 'Chi non è con me è contro di me'; Giacomo 4:4: 'Chi vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio'.

17 Poichè tu dici: Io son ricco, e mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla e non sai che tu sei infelice fra tutti (lett. l'infelice...) e miserabile e povero e cieco e nudo.

Il poichè si considera da molti interpreti come la premessa alla quale risponderebbe la conclusione: io ti consiglio... Apocalisse 3:18. Altri invece lo connettono con quel che precede e vedono nel v. 17 la spiegazione dello stato di tiepidezza che ispira nausea al Salvatore. 'Sei tiepido e ispiri nausea perché tu dici: Io son ricco'. Ci par preferibile quest'ultima connessione del 'poiché'. La ragione profonda della tiepidezza sta nel fatto che i cristiani di Laodicea non hanno coscienza della loro miseria e sono soddisfatti di sè. Sono come il debitore della parabola che ama poco perchè non ha coscienza della grandezza del debito condonatogli Luca 7:41-50. Laodicea non ha conosciuto il suo peccato, non ha provato le angoscie del pentimento nè le gioie del perdono. Non ha se non una nozione vaga ed imperfetta dell'altezza dell'ideale cristiano; quindi è contenta del suo semi-cristianesimo, della sua mediocrità spirituale. Io son ricco, dice, e s'intende di beni spirituali, e non ho bisogno di nulla. Probabilmente l'abbondanza di beni materiali aveva contribuito ad affievolire il senso morale; perciò non sente quanto sia lontana dall'essere quel che dovrebbe. Son le chiese più progredite spiritualmente che sentono più vivamente le loro lacune e deficienze. Laodicea s'illude grossolanamente. Così Corinto che tollerava un incestuoso e criticava l'apostolo, è flagellata per il suo orgoglio: «Già siete saziati, già siete arricchiti, senza di noi siete giunti a regnare... Noi siamo pazzi a cagione di Cristo, ma voi siete savi, noi siamo deboli, ma voi siete forti, voi siete gloriosi e noi sprezzati...» 1Corinzi 4:8; 13:1. Il Signore flagella l'orgoglio di Laodicea rappresentata dal suo conduttore: Non sai che tu sei l'infelice per eccellenza, il miserabile che fa compassione perchè povero di veri beni, cieco riguardo al tuo proprio stato e nudo spiritualmente agli occhi di Dio.

18 Io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco affinché tu arricchisca;

C'è dell'ironia in questo consiglio. Solo Cristo può dare a Laodicea i veri beni di cui ha necessità. Cristo l'esorta a comprare da lui questi beni, non perchè l'uomo ch'è bisognoso abbia di che pagare dei beni spirituali di valore infinito, ma perchè l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate. Prima fra queste condizioni è quella di sentir la propria povertà: «Beati i poveri in ispirito...». Chi sente la sua miseria è disposto a ricevere con fede e riconoscenza quel che può soddisfare pienamente i suoi bisogni ed è qui rappresentato dall'oro affinato. Si è veduto nell'oro l'immagine or dell'uno or dell'altro dei doni divini: la fede, o la carità, o la giustizia, "o un cuor nuovo condizione di carattere nuovo; ma è meglio attenersi all'idea generale delle ricchezze della grazia divina assicurate al cuor pentito e credente. Contraria del tutto alla dottrina evangelica è l'idea romana che i beni della grazia si comprano a prezzo di buone opere.

e delle vesti bianche affinchè tu ti vesta e non apparisca la vergogna della tua nudità;

Sotto una diversa immagine, Cristo offre qui gli stessi beni rappresentati dall'oro. A chi è spiritualmente povero, Cristo offre dell'oro puro; a chi è spiritualmente nudo Cristo offre delle mesti bianche per coprir la sua nudità. In Apocalisse 3:4-5 le vesti bianche rappresentano la gloria della perfezione di cui saranno coperti coloro che avranno vinto con Cristo. Così in Apocalisse 7:9,14. In Apocalisse 19:8 il lino fino di cui è vestita la sposa di Cristo 'sono le opere giuste dei santi'. Qui, se si vuol specificare, rappresenterebbero piuttosto le vesti del perdono divino che coprono le vergogne del peccato, o le virtù cristiane procedenti da un cuor rinnovato e che tolgono l'onta di una vita inutile, egoista., spoglia di ogni bene morale. Anche questo procede da Cristo che comunica all'anima una vita nuova.

e del collirio per ungertene gli occhi, affinchè tu vegga.

Laodicea era conosciuta per un unguento speciale da applicar sugli occhi deboli. Il collirio rappresenta qui lo spirito di verità che fa l'uomo capace di conoscere il suo vero stato innanzi a Dio, e gli rivela Cristo qual perfetto Salvatore. Cfr. Giovanni 14:26; 16:8-15;1Giovanni 2:20-27.

19 Tutti quelli che amo, io li riprendo e li castigo; abbi dunque zelo e ravvediti:

La severità della rampogna rivolta a Laodicea non procede da risentimento o da odio, come a taluno potrebbe sembrare; ma procede dall'amore di Cristo che adopera ogni mezzo, anche i più severi, per salvare le anime. 'L'amore non è mai crudele, ma può esser severo' (Charles). Cristo agisce come un padre che vuole il bene dei suoi figli. Cfr. Proverbi 3:11-12; Ebrei 12:5-16. Il riprendere (ελεγχειν) è il rappresentare ad uno il suo torto in modo da convincerlo; castigare (παιδευω) vale propriamente 'educare dei fanciulli' sottoponendoli alla necessaria disciplina che comprenda la riprensione, ma si estende anche ai castighi. All'amorevole per quanto severa disciplina del Signore, i Laodicesi devono rispondere col loro zelo e col ravvedimento. Si potrebbe tradurre: 'spiega fervore e ravvediti', perchè il verbo ha la stessa radice dell'aggettivo tradotto 'fervente' a Apocalisse 3:15. L'interno ardore di amore che si traduce in zelo nelle opere è appunto quel che fa difetto a Laodicea. Il ravvivar lo zelo sarà di necessità accompagnato dal ravvedimento rispetto alla triste tiepidezza mostrata fin qui.

20 Ecco, io sto alla porta e picchio; se uno ode la mia voce ed apre la porta io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli meco.

'Non v'è nelle sette lettere, osserva Allo, alcuna immagine che abbia più di queste carattere intimo, individuale e commovente'. Il Signore non esorta soltanto a pentimento; fa di più, si accosta ad ogni individuo e cerca di entrar nel suo cuore; si presenta perciò umilmente alla porta del cuore e picchia: picchia cogli inviti della sua Parola e del suo Spirito, picchia anche colle sue riprensioni facendo appello alla libertà, alla responsabilità, alla sete di pace e di felicità di ogni persona. Se uno presta ascolto alla voce di Cristo e lo accoglie con fede come Salvatore ed amico, egli gusta le gioie della comunione personale col Signore. Queste gioie sono rappresentate qui dal cenare insieme, il che, specialmente, in Oriente, è segno d'amicizia. Cfr. Giovanni 14:23, e le parabole che rappresentano le gioie celesti sotto l'immagine d'un convito.

21 A chi vince, io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono.

L'ultima delle promesse fatte a chi vince nei messaggi di Cristo alle chiese è una delle più gloriose contenute nell'Apocalisse, poichè assicura a chi riporta la vittoria lottando contro al peccato, al mondo e a Satana, la partecipazione alla potestà regale ed alla gloria celeste del Figliuol di Dio. Che cosa ciò implichi esattamente, la mente nostra non può per ora comprenderlo. Certo si è che, sotto diverse forme, una tal promessa s'incontra spesso nelle Scritture. Cfr. Luca 22:29-30; 2Timoteo 2:12: 'Se siam costanti, con lui altresì regneremo'; Marco 10:40; Apocalisse 20:6; 2:27. D'altronde il trono di Cristo non è diverso dal trono del Padre suo.

22 Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

'Le chiese d'Asia del primo secolo sono un tipo compiuto della Chiesa universale in tutti i tempi e in tutti i luoghi. La voce di Gesù domina tutti i secoli della storia e la storia spirituale dei primi tempi si ripete in tutti i tempi. Ecco dunque, nei messaggi alle sette chiese, un quadro del passato che serve di ammonimento per l'avvenire. Ecco uno specchio nel quale ogni chiesa ed ogni anima può rimirarsi'. (De Perrot).

AMMAESTRAMENTI

1. Quelli che nelle sette chiese d'Asia vedono caratterizzate profeticamente le varie epoche successive della Chiesa, trovano una singolare rispondenza tra lo stato della chiesa di Laodicea e quello della chiesa cristiana dei nostri tempi. Non c'è nella maggioranza di coloro che si professano cristiani nè ignoranza completa del vangelo, nè opposizione ad esso: non sono freddi. Ma non c'è neppure una fede personale vivente, una fiamma d'amore che arda nel cuore per Cristo e per gli uomini, una energia decisa ed attiva nel testimoniar della verità, nello spargerla, nel crescer in conoscenza e in pietà, nel combattere il male in sè e negli altri, nel procurare il bene dei fratelli e di tutti: non sono ferventi. C'è invece un mezzo cristianesimo e una vita anemica: sono tiepidi. Non c'è stata nè una profonda coscienza di peccato, nè un radicale pentimento; c'è stata, una mezza conversione seguita da una mezza consacrazione che non ha toccato gl'interdetti del cuore nè determinato veri rinunziamenti; c'è stata quindi una debole esperienza della grazia e un amore senza calore, una vita senza ideale alto, paga della sua mediocrità, incosciente delle proprie lacune, senza entusiasmi e senza ardore di zelo.
Una siffatta tiepidezza da al mondo un'idea falsa del cristianesimo, non rende felice chi vi si adagia, e ispira a Colui che ha dato se stesso per noi con abnegazione intera, un senso di nausea e di disgusto. Essa trae sui tiepidi un giudizio di reiezione.

2. Per quanto ripugni all'anima di Cristo la tiepidezza orgogliosa di Laodicea, pure egli non l'abbandona a se stessa, ma nel suo amore infinito la riprende severamente per trarla a salvezza, squarciando le illusioni in cui trascina la vita: Ti credi buon cristiano e non vedi che ti manca tutto per esserlo. Ti manca la conoscenza di te stesso, la sete di giustizia, la fede, il cuor nuovo, l'amore, lo zelo. Tutto questo lo potrai aver gratuitamente da me e da me soltanto, se scuoti 1a tua pigrizia, se riconosci la tua miseria, e ti penti sul serio. D'altronde ogni credente sincero è pronto a riconoscere quanto in lui sia debole ancora la fiamma dell'amore per Dio e dello zelo per l'opera sua, ed a far sua la preghiera d'un pio dottore: «Preservami, o Dio, dalla tiepidezza. Può darsi ch'io non sia freddo, ma certo non son fervente Mia unica consolazione è ch'io non dico nè sento d'esser ricco e di non aver bisogno di nulla. Io grido a Gesù. Possano i castighi ai quali sono sottoposto, portar un frutto di zelo e di accresciuto fervore!»

3. Cristo che si è abbassato fino alla croce per salvarci, si abbassa pure fino a picchiare alla porta del cuore degli inconvertiti e dei tiepidi, chiedendo d'entrarvi. Si noti che egli picchia alla porta e aspetta la risposta; non, la sfonda a forza, perchè non salva nessuno contro al suo volere. Egli rispetta la libertà umana. Tocca all'uomo - anzi ad ogni individuo, giacchè la salvezza è cosa individuale - il dare ascolto alla voce che lo chiama, tocca all'uomo aprire la porta del cuore al Salvatore. Solo allora godrà della comunione personale e beata col Dator di ogni bene, sarà da lui reso vittorioso e fatto partecipe della di lui celeste gloria.