Apocalisse 14
PARTE QUINTA

PRELUDI DI VITTORIA


Apocalisse 14-16

Apocalisse 10-13 contengono i quadri più tetri dell'Apocalisse. La visione dei nemici tremendi congiurati contro il popolo di Dio per la sua rovina incute spavento nell'anima dei credenti. Chi potrà sussistere di fronte a così potenti forze? La Chiesa di Dio non sarà ella sommersa nella gran tempesta? Apocalisse 14-16 rinfrancano il cuore perplesso facendogli udire come i preludi della vittoria di Dio sulle potenze del male. Si potrebbero intitolare: I prodromi del giudizio divino, che sarà poi partitamente descritto in Apocalisse 17-20, ma ciò non muterebbe la sostanza, giacchè l'intervento di Dio qual giudice non può che segnare il trionfo dei giusti e la condanna degli empi. Il primo quadro Apocalisse 14:1-5 ci fa contemplare i redenti raccolti intorno al loro capo sul monte Sion. Le violenze e le seduzioni combinate del potere politico anticristiano e del potere spirituale non sono riuscite a strappare all'Agnello coloro ch'egli ha comperato col suo sangue. In una seconda sezione Apocalisse 14:6-13 tre angeli fanno udire tre solenni avvertimenti agli abitanti tutti della terra in vista dell'approssimarsi del giudizio. Nella terza sezione Apocalisse 14:14-20 vien dato l'ordine di mietere e di vendemmiare la terra, giacchè è matura per il giudizio. La quarta sezione Apocalisse 15-16 ci fa assistere alla visione dei sette angeli che recano le sette coppe dell'ira di Dio e ricevon l'ordine di versarle sulla terra.

Sezione Prima. Apocalisse 14:1-5. I REDENTI RACCOLTI INTORNO A CRISTO SUL MONTE SION

'Spesso, dopo che ha dovuto tracciar dei quadri foschi rappresentanti i giudizi di Dio o la corruzione dell'umanità sedotta dall'errore e dal peccato, e quando è sul punto di descrivere nuove lotte e nuovi pericoli, Giovanni scopre per sua consolazione ed a conforto dei credenti, qualche veduta luminosa delle glorie e delle felicità del cielo (cfr. Apocalisse 7; 21). Così avviene anche qui. Mentre ancora freme d'orrore dinanzi alle persecuzioni, alle seduzioni ed alle bestemmie annunziate in Apocalisse 13, l'anima s'innalza con gioia verso quel monte di Sion ove scorge l'Agnello coi suoi riscattati che celebrano la loro redenzione in un'armonia celeste' (Bonnet).

Poi vidi, ed ecco l'Agnello che stava in piè sul monte Sion, e con lui erano centoquarantaquattromila persone che aveano il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulle loro fronti.

Il monte Sion era quello su cui era costruito il palazzo reale della casa di Davide e il tempio dell'Eterno. Nei Salmi e nei profeti assume spesso un carattere ideale: si eleva al disopra delle sommità terrene, è il luogo ove abita l'Iddio d'Israele in mezzo al suo popolo; da quello emanano i giudizi sui nemici e da quello procedono le grandi liberazioni; è il monte ove trovano protezione e scampo i salvati (cfr. Salmi 50; Isaia 2:1-4; Amos 1:2; Gioele 2:32). Mentre nelle bassure della terra infuriano la bestia e il falso profeta e par che tutto sia finito per il popolo di Dio, ecco ch'esso appare vivo e trionfante sul monte di Dio, con in mezzo il suo celeste Capo, e senza che nulla manchi al numero suo completo. Le porte dell'Hades, anzi le forze tutte del mondo e dell'inferno non sono riuscite a sopprimerlo. Son centoquarantaquattromila, come in Apocalisse 7 cioè il numero simbolico significante la completezza. Le moltitudini che adorano la bestia ne portano sulla mano o sulla fronte il marchio; i redenti che appartengono all'Agnello immolato per loro, e al Padre che li ha adottati per suoi figli, portano scritto in fronte il nome dell'Agnello e il nome del suo Padre (cfr. Apocalisse 3:12; 22:4).

E udii una voce dal cielo come rumore (lett. voce) di molte acque e come rumore di gran tuono;

questo a indicarne la potenza maestosa

e la voce che udii era come il suono prodotto da arpisti che suonano le loro arpe.

Con questo ne descrive la dolcezza e l'armonia. In Apocalisse 5:8-9 i ventiquattro anziani, muniti di cetre, cantano un nuovo cantico in onore dell'Agnello; in Apocalisse 15:2 quelli che hanno vinto la bestia stanno in piè sul mar di vetro, avendo delle arpe di Dio, e cantano il cantico di Mosè e il cantico dell'Agnello. Qui pure si parla di un cantico nuovo.

E cantavano un cantico nuovo davanti al trono e davanti alle quattro creature viventi ed agli anziani; e nessuno poteva imparare il cantico se non quei centoquarantaquattromila, i quali cono stati riscattati dalla terra.

Non è detto esplicitamente chi siano quelli che cantano e c'è chi pensa agli angeli che in Apocalisse 5:11 uniscono i loro inni a quelli dei redenti. Ad ogni modo i centoquarantaquattromila si associano al coro celeste, se pur non sono essi che lo formano. Il cantico è nuovo perchè frutto di esperienze nuove della bontà e della fedeltà di Dio che li ha riscattati dalla terra, li ha liberati dalla condanna, li ha strappati alla potenza del male che regna sulla terra, e li ha fatti capaci di vincere le seduzioni e le violenze dei nemici traendoli in salvo presso di se. Nessuno può imparar quel cantico se non chi ha fatto le esperienze dei riscattati usciti dalla gran tribolazione. Segue una descrizione in brevi tratti del carattere di questi riscattati.

Essi son quelli che non si sono contaminati con donne, perchè son vergini.

Questa frase ha dato luogo ad interpretazioni diverse. Gli uni l'hanno intesa in senso puramente simbolico e spirituale. Siccome nell'Antico Testamento la fornicazione e l'adulterio sono spesso usati dai profeti come immagine dell'infedeltà del popolo al suo Dio allorchè si prostra davanti agli idoli, la verginità starebbe qui a significare che i centoquarantaquattromila sono mondi d'idolatria, e d'infedeltà religiosa; in ispecie non hanno adorato la bestia nè la sua immagine. Non si vede però la ragione per cui sarebbe stata sostituita un'espressione insolita alle immagini dei profeti, i quali, d'altronde, opponevano l'adulterio e la fornicazione, non alla verginità, ma alla fedeltà coniugale della nazione eletta verso il suo Dio. C'è chi allarga oltremisura il senso allegorico e' considera la contaminazione rituale del commercio sessuale (Levitico 15:18; Esodo 19:15 ecc.) come immagine qui della contaminazione morale prodotta dal peccato in genere. L'idea verrebbe in tal caso a confondersi con quella dell''irreprensibili' di Apocalisse 14:5. Altri si sono attenuti al senso letterale considerando i centoquarantaquattromila come una compagnia scelta di riscattati composta tutta di persone vissute nel celibato, consacrate in modo speciale al servizio di Cristo ed eminenti per rettitudine e veracità. La visione starebbe ad insegnare alle chiese che, ad un grado eminente di consacrazione e di santità, corrisponderà un grado eminente di gloria. Se nell'attraversar la gran tribolazione i fedeli saran chiamati a speciali rinunziamenti, nessun sacrificio rimarrà senza adeguata ricompensa. L'idea è conforme all'insegnamento generale della Scrittura: e riguardo al celibato, Gesù afferma Matteo 19:12 che uno può rinunziare volontariamente alle gioie della famiglia 'a cagion del regno dei cieli', cioè per esser più libero di darsi interamente all'opera di Dio, specie quando si tratti di missioni pericolose, o quando i tempi siano calamitosi. Esso può dunque essere indizio, in certi casi, di eroismo cristiano. Vedi le note e gli ammaestramenti relativi a 1Corinzi 7. L'interpretazione letterale non è però scevra di serie difficoltà. E dubbio che i centoquarantaquattromila rappresentino una élite fra i salvati degli ultimi tempi anzichè la generalità di essi; sono chiamati 'riscattati dalla terra', 'riscattati di fra gli uomini'; ma questo è vero di tutti i redenti; son detti 'primizie a Dio' ma questo è detto da San Giacomo di tutti i rigenerati Giacomo 1:18; il loro cantico è quello di tutti i vincitori della bestia Apocalisse 15:2; il loro numero indica una totalità completa analoga a quella di Apocalisse 7. Sopratutto poi, il dare senso puramente letterale alla frase viene ad essere in contraddizione coll'insegnamento della Scrittura circa il matrimonio istituito da Dio nell'Eden, santificato da Gesù con la sua presenza alle nozze di Cana; esaltato da Paolo e da Giovanni stesso quale tipo dell'unione di Cristo con la sua Chiesa Efesini 5; Apocalisse 19:9; 21:2,9; proclamato onorevole in tutti dall'esempio degli apostoli, della madre e dei fratelli del Signor Gesù, dei conduttori delle chiese primitive 1Corinzi 9:5; Matteo 13:55; 1Timoteo 3:2. Come ammettere che Giovanni abbia potuto chiamare la vita nel matrimonio cristiano un 'contaminarsi con donne', quando non può trattarsi che di contaminazione morale?
Lasciando da parte la soluzione arbitraria che consiste nel ritenere la frase come interpolazione posteriore di qualche asceta, dobbiamo ricordare che i centoquarantaquattromila sono riscattati 'dalla terra', 'd'infra gli uomini', come 'primizie' offerte a Dio; e che la terra e gli uomini che l'abitano, Giovanni li vede in balia di una corruzione più empia e più sfrenata ancora di quella del paganesimo in mezzo al quale ei vive e che s'infiltra anche nelle chiese d'Asia (Cfr. Apocalisse 3:14,20: Pergamo e Tiatiri). Questi riscattati, uomini e donne, che sono stati liberati o preservati dalla corruzione dominante, dalla fornicazione, dagli adulteri, dalla sensualità, dalla impurità degli atti, delle parole e dei pensieri, fatti e conservati, nella vita celibe o coniugale, casti e puri in mezzo a una generazione impura, appaiono come monumenti insigni della grazia di Dio, oggetto del loro cantico. (Cfr. 1Corinzi 6:9-11). Accanto alla purezza verginale di cui sono stati fatti capaci 2Corinzi 11:2 emerge nel carattere dei riscattati un altro tratto:

Essi son quelli che seguono l'Agnello dovunque vada.

Si è veduto qui, a motivo del tempo presente del verbo, un accenno all'onore speciale fatto ai centoquarantaquattromila che sarebbero come la guardia del corpo ch'è sempre vicina al suo Duce. Il fatto però che gli altri due tratti della descrizione si riferiscono al carattere morale dei riscattati, induce a credere che si tratti anche qui di una caratteristica dello stesso genere. Il presente mostra che l'ubbidienza assoluta a Colui che li ha comprati a prezzo di sangue è divenuta la disposizione permanente dell'animo loro. Han seguito sulla terra l'Agnello quando li ha condotti a rinunce dolorosi, alle fatiche, alle sofferenze e financo al martirio; più che mai, son disposti a seguirlo in quel compito qualsiasi ch'egli voglia assegnar loro nella vita superiore.

Essi sono stati riscattati (lett. comprati) di fra gli uomini per esser primizie a Dio ed all'Agnello.

La parola primizie (απαρχη) è usata nella versione dell'Antico Testamento nel senso ristretto di 'primi frutti' degli alberi o prime spighe della messe ecc., i quali primi prodotti dovevano essere offerti a Dio; ma è usato spesso nel senso più generale di 'offerta', offerta consacrata. Stando al senso ristretto ch'è il solo che occorra nel Nuovo Testamento Romani 11:16; 8:23; 16:5; 1Corinzi 16:15; 15:20,23; Giacomo 1:18 il popolo dei riscattati nel corso dei secoli in cui Satana è lasciato libero d'agire, è considerato come la primizia consacrata di quella messe immensa di salvati che sarà raccolta, durante il millennio e di poi, nei granai celesti.

e nella loro bocca non è stata trovata menzogna: sono irreprensibili.

Il senso comprensivo della parola irreprensibili, o senza 'difetto' (Cfr. 1Pietro 1:19; Ebrei 9:14) mostra che il termine menzogna va preso nel suo significato più largo. Si accenna quindi alla veracità Efesini 4:25; Giacomo 5:12, alla fedeltà agli impegni assunti, alla sincerità che bandisce dal cuore e dalla vita ogni ipocrisia, ogni frode Salmi 32:2; 1Giovanni 1:6,8; 2:4; 4:20; Efesini 6:14; infine alla fedeltà alla verità religiosa e morale. Mentre il mondo è vittima delle seduzioni del mendace e strumento di menzogna, i redenti hanno amato e conosciuto la verità, perseverano in essa, e la loro vita intera, permeata dalla verità, rifugge da tutto quel ch'è menzogna.

AMMAESTRAMENTI

1. Com'è santa e bella quella coorte celeste! E chi non bramerebbe farne parte? Non ci basti dunque l'essere dei tizzoni strappati al fuoco; sia più elevata la nostra ambizione ed aspiriamo a prender posto fra quei vincitori che cantano il nuovo cantico!» (De Perrot).

2. 'Nell'alternarsi delle visioni tetre e luminose, l'Apocalisse è un fedel riflesso della vita del cristiano. Fin da quaggiù egli fa l'esperienza di questo alternarsi di giorni oscuri e di giorni luminosi; di combattimenti ove gli par che debba perire e di vittorie che lo rialzano; di tentazioni orribili e di liberazioni dopo le quali egli intuona con gioia l'inno di lode al suo Dio. Il contrasto apparirà tanto più sorprendente allorchè tutti gli eletti saranno passati dallo stato della loro umiliazione alla gloria' (Bonnet).

3. L'esperienza, per quanto ancora imperfetta, che i redenti fanno delle perfezioni di Dio nella loro salvezza è fonte perenne della più alta poesia attraverso le successive, generazioni dei fedeli. La nota fondamentale della lode è sempre la stessa, ma la varietà delle esperienze individuali svoltesi in circostanze diverse, da ai cantici un'impronta sempre nuova; e così dal cantico di Mosè sulle rive del Mar Rosso, a quello di Debora, sull'altura di Rama, dai maravigliosi salmi di Davide fino alle elegie sulle rovine di Gerusalemme, dai primi inni cristiani intorno alla culla del Salvatore, fino agli innari moderni che in centinaia di lingue celebrano la Redenzione, la poesia cristiana è venuta erigendo uno splendido monumento alla gloria di Dio e dell'Agnello.
Nei canti che salgon dalla terra al cielo, l'essenziale è che partan dal cuore; ma la potente e soave armonia delle molte voci umane vibranti, unita a quella degli strumenti musicali, rende più completa e più intensa l'espressione della riconoscenza.

4. La sincerità e l'efficacia salutare della fede deve mostrarsi nella santificazione dei credenti: deve purificarli 'da ogni contaminazione di carne e di spirito', siano essi giovani o vecchi, celibi o coniugati; deve portarli a considerarsi come servi di Cristo e a far della sua volontà e del suo esempio la regola della loro attività; deve portarli ad essere irreprensibili, nemici d'ogni forma di menzogna. Così potranno 'esser sempre col Signore' per appartenergli e servirlo nell'eternità.

Sezione Seconda. Apocalisse 14:6-13. GLI AVVERTIMENTI SOLENNI CHE PRECEDONO IL GIUDIZIO

Fra i prodromi o preparativi che dir si vogliano del giudizio che si avvicina, stanno tre solenni avvertimenti dati agli abitanti di tutta la terra i quali sono invitati a temer Dio e a ravvedersi mentre è ancor tempo e sono avvertiti della sorte terribile che attende la Chiesa infedele e tutti coloro che si sottomettono all'anticristo, mentre per contro sono proclamati beati coloro che restano uniti a Cristo nella vita e nella morte.

Poi vidi un altro angelo,

oltre a quelli menzionati nelle visioni precedenti,

che volava in mezzo al cielo,

affinchè il suo messaggio fosse udito successivamente da tutta la terra,

recante l'evangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, e ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo;

La parola evangelo non ha l'articolo nel greco; perciò molti traducono: 'avente un evangelo et.' Ma il qualificativo eterno mostra già, da per sè, che non si tratta di una buona novella speciale riferentesi, ad esempio, alla prossima venuta del Signore, che è compresa nell'evangelo, ma non costituisce che una parte del piano eterno ed immutabile di Dio per la salvezza del mondo. Non è il caso, quando si tratta di un termine così frequente nel Nuovo Testamento, di dare importanza all'assenza dell'art. che si verifica in altri passi come Romani 1:1 senza che a nessuno venga in mente di tradurre: 'Paolo... appartato per un evangelo di Dio...' In Apocalisse 14:7 i sostantivi 'mare' e 'fonti' non hanno art. Così in Apocalisse 14:9 la parola 'marchio', in Apocalisse 14:10 'santi angeli'. La lezione meglio appoggiata dai msc. (alef C P Q) porta: 'quelli che seggono sulla terra' (καθημενους); si tratta di un ebraismo, giacchè l'ebraico iashab significa 'sedere' e 'abitare'. Parliamo anche noi di 'risiedere', d'essere 'stabiliti' in un luogo. A meglio accentuare l'universalità del messaggio, il testo aggiunge che deve arrivare 'ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo'.

e diceva con gran voce: Temete Iddio e dategli gloria poiché l'ora del suo giudizio è venuta;

s'intende sta per suonare. Si tratta quindi di un insistente estremo appello;

e adorate Colui che ha fatto il cielo e la terra e il mare e le fonti delle acque.

La predicazione del vangelo rivolta a coloro che escludono Dio dalla loro vita, sia che adorino gl'idoli, o le creature, o se stessi, comincia con l'invito a pentimento, a riconoscere il solo vero Dio, creatore di tutte le cose, per temerlo, dargli gloria riconoscendo il proprio peccato e umiliandosene. Senza questo è vano annunziar la salvezza ch'è il centro della Buona Novella. Giovanni Battista fu mandato a preparar la via al Salvatore predicando il ravvedimento sincero. Gesù stesso predicava: 'Ravvedetevi e credete all'evangelo' Marco 1:15 e Paolo rivolgendosi ai pagani di Listra esclama: '...Vi predichiamo che da queste cose vane (gl'idoli) vi convertiate all'Iddio vivente che ha fatto il cielo e la terra...' Atti 14:15. Nel suo discorso agli Ateniesi discorre del vero Dio prima di parlare di Gesù. Cfr. 1Tessalonicesi 1:9. La visione insegna ai fedeli che prima del giudizio sui nemici, tutti i popoli hanno da essere evangelizzati, non dagli angeli, ma secondo il comandamento di Cristo, dai messaggeri umani mandati da lui o, come dice Apocalisse 11, dai testimoni ch'egli avrà ripieni del suo Spirito. Gesù stesso Matteo 24:14 disse: «Questo evangelo del regno sarà predicato per tutto il mondo onde ne sia resa testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine». Le missioni cristiane hanno da estendere la loro opera a tutti i popoli, pagani, giudei o maomettani, ed anche la cristianità decaduta ha da essere richiamata all'evangelo eterno predicato da Cristo e dagli apostoli, al timor di Dio, e al pentimento. Qualora non se ne curi, il giudizio principierà da quella 'casa di Dio' divenuta profana.

Poi un altro, un secondo angelo, seguì dicendo: Caduta, caduta è Babilonia la grande, che ha fatto bere a tutte le nazioni del vino dell'ira della sua fornicazione.

Il secondo angelo preannunzia la caduta di Babilonia, dandola come fatto compiuto, perchè contempla come eseguito quel ch'è deciso nel consiglio di Dio. Così fanno spesso i profeti dai quali sono tolte le parole di cui si serve l'angelo. In Isaia 21:9-10 ov'è descritta la caduta di Babilonia per opera dei Medo-Persiani, la sentinella vede giungere la cavalleria, e poco dopo grida: 'Caduta, caduta è Babilonia... O popol mio, che sei trebbiato... ciò che ho udito... dall'Iddio d'Israele, io te l'ho annunziato'. Cfr. Geremia 51:7-8. La ripetizione del 'Caduta' accenna al carattere impreveduto ma confortante del fatto. E implicito nell'annunzio l'avvertimento al popolo di Dio, espresso in Apocalisse 18:4: 'Uscite da essa, o popol mio, affinchè non siate partecipi dei suoi peccati e non abbiate parte alle sue piaghe...'. Il giudizio sopra Babilonia è più ampiamente esposto in Apocalisse 17-18 ov'essa è rappresentata come una meretrice seduta sulla bestia. Si tratta manifestamente d'una collettività vasta, d'una potenza di corruzione religiosa e morale di cui dovremo ragionare esponendo quei capitoli. Qui sono accennate tre cause del giudizio che sta per colpirla. Essa è colpevole di fornicazione, immagine d'infedeltà verso Dio, sotto forma d'idolatria, di mondanità o di dissolutezza; è colpevole d'aver esercitato sulle nazioni una influenza corruttrice rappresentata come. che inebria, che, offusca l'intelligenza ed il senso morale con ciò essa ha tratto sui popoli l'ira di Dio, cioè la giusta punizione del Giudice supremo. Il concetto è accennato molto concisamente nell'espressione: 'vino dell'ira della sua fornicazione' che da alcuni si traduce: 'vino del furore della sua fornicazione'. Ma il contesto porta le tre formule: 'vino della fornicazione' Apocalisse 17:2, 'vino dell'ira di Dio...' Apocalisse 14:10 e la terza che unisce le due prime: 'vino dell'ira della sua fornicazione' (Cfr. Apocalisse 18:3) che par significare: la fornicazione che mentre inebria, trae pure sui colpevoli l'ira divina.

E un altro, un terzo angelo, tenne dietro a quelli, dicendo con gran voce: Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine e ne prende il marchio sulla fronte o sulla mano,

cedendo alle seduzioni ed alle violenze del falso profeta di cui parla Apocalisse 13:11-17,

10 beverà anch'egli,

come la meretrice Babilonia o come le nazioni da lei traviate,

del vino dell'ira di Dio mesciuto puro nel calice della sua ira;

mentre di solito si beveva il vino annacquato, questo avrà tutta la sua forza, cioè la giustizia divina in tutto il suo rigore, senza attenuazione di misericordia, colpirà il colpevole.

e sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi angeli e nel cospetto dell'Agnello.

L'immagine del fuoco e dello zolfo per rappresentare i tormenti inflitti agli sprezzatori di Dio e della sua salvezza, si riannoda alla storia delle città di Sodoma e Gomorra su cui Dio fece piovere zolfo e fuoco distruggendole per sempre. Isaia, volendo descriver la rovina perpetua del territorio di Edom, a sud del Mar Morto, dice: 'I torrenti d'Edom saran mutati in pece e la sua polvere in zolfo, e la sua terra diventerà pece ardente. Non si spengerà nè notte nè giorno; il fumo ne salirà in perpetuo...' (Isaia 34:9-10; Cfr. Isaia 66:24). Nello 'stagno ardente di fuoco e di zolfo' sono gettati vivi 'la bestia e il falso profeta' e con loro il diavolo Apocalisse 19:20; 20:10 e chi avrà perseverato nel male Apocalisse 21:8. Il subir la pena in presenza dei santi angeli e nel cospetto del Salvatore, da loro disprezzato e rinnegato, aggiunge vergogna e amarezza al loro tormento.

11 E il fumo del loro tormento sale nei secoli dei secoli; e non hanno requie ne giorno nè notte quelli che adorano la bestia e la sua immagine e chiunque prende il marchio del suo nome.

La durata e l'intensità delle sofferenze morali di chi avrà scientemente scelto il male e respinto ogni offerta di grazia, saranno tali che chi ne è avvertito dalle rivelazioni divine deve sentirsi spinto ad affrontar piuttosto tribolazioni e morte quaggiù per rimaner fedele al Signore. Perciò il veggente aggiunge:

12 Qui è la costanza dei santi, che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù:

Qui è torna a dire: Nell'evitare ad ogni costo una sorte così spaventevole, i santi che vogliono osservare i comandamenti di Dio e perseverare nella loro fede in Gesù, rifiutando di adorar la bestia, hanno bisogno di straordinaria pazienza e costanza; perchè oltremodo arduo sarà il cimento; ma 'chi avrà sostenuto fino alla fine sarà salvato' Matteo 24:13. La fede di Gesù non è la fede che Gesù aveva, bensì la fede che ha Gesù per oggetto. Così Apocalisse 2:13: 'Non rinnegasti la mia fede neppur nei giorni...'. Così in Marco 11:22: 'Abbiate la fede di Dio' vuol dire: fede in Dio. Cfr. Romani 3:22; Galati 2:16 ecc.

13 La costanza e la pazienza dei santi nella dura prova della loro fede farà capo alla felicità promessa da Dio. Come contrasto con la tremenda sorte predetta dal terzo angelo ai seguaci dell'anticristo Giovanni ode dal cielo una voce soave che pronunzia beati coloro che perseverano fino alla fine e muoiono nel Signore.

E udii una voce dal cielo, che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore.

Di chi è quella voce celeste? Probabilmente d'un angelo come le precedenti. Ad ogni modo essa contiene una dichiarazione che procede dallo Spirito. Cfr. la formula che chiude le lettere alle chiese: 'Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese'. Giovanni deve scrivere quella divina dichiarazione perchè contiene la grande consolazione di cui avranno specialmente bisogno i fedeli chiamati a passare per la tribolazione degli ultimi tempi. Una parte degli interpreti connette il da ora innanzi (απατι) che nel greco chiude la frase, con il Beati del principio, costruzione forzata e non necessaria, giacché il pensiero resta in sostanza lo stesso, sia che si dica: 'Beati da ora innanzi i morti...', sia che, stando alla costruzione naturale, si traduca: 'Beati i morti che da ora, innanzi muoiono...'. Nell'un caso come nell'altro è promessa ai fedeli, la pienezza della beatitudine, se non addirittura immediata, per lo meno molto vicina; e ciò non perchè saranno ad essi risparmiate le pene del purgatorio, ma perchè il giudizio di Dio sui nemici sarà seguito dal regno di Cristo, in cui coloro che più avranno sofferto con lui godranno di una gloria e di una felicità particolari. In Apocalisse 20:4-6 si dice dei martiri e di coloro che non avranno adorato la bestia, ch'essi avranno parte alla prima risurrezione. 'Beato e santo è colui che partecipa alla prima risurrezione'! Morir nel Signore non equivale a morir per la causa del Signore, ma significa morir nella fede in Lui, nella comunione con lui e nell'ubbidienza alla sua volontà. Paolo parla di quelli 'che si sono addormentati in Cristo', dei 'morti in Cristo' 1Corinzi 15:18; 1Tessalonicesi 4:16.

Si, dice lo, Spirito, acciocchè si riposino dalle lor fatiche, poichè le loro opere li seguono.

La beatitudine dei redenti ha un lato negativo che consiste nella cessazione delle fatiche connesse con l'attività cristiana, delle pene, dei dolori, delle sofferenze tutte di cui è stata seminata la vita terrena (Cfr. Apocalisse 7:16-17; 21:4). Ha un lato positivo che consiste nel dolce ricordo di quel che Dio li ha resi capaci di fare per Lui, e nella ricompensa di cui si compiace coronare le opere nelle quali si è manifestata la loro fede. Paolo chiama i credenti condotti a Cristo dalle sue fatiche missionarie, la sua speranza, la sua allegrezza, la sua corona, la sua gloria 1Tessalonicesi 2:19-20; Filippesi 2:16. La particella ἱνα (acciocchè) seguita da un futuro offre una irregolarità: Il senso è: Beati loro, perchè muoiono sì, ma per entrar nel riposo, col loro Signore. La lezione: 'poichè le loro opere...' (γαρ invece di δε) è quella dei codici alef A C P Vulg. ed è generalmente accettata dai critici. Contiene l'idea che il loro riposo includerà la soddisfazione di chi ha finita la sua giornata di lavoro, vinta la guerra e 'compiuto (sia pure imperfettamente) l'opera che gli è stata data a fare'. Cfr. 2Timoteo 4:7-8. Il greco porta lett.: 'le loro opere seguono con loro': cioè, non restano indietro come fossero perdute, ma li accompagnano. Una sentenza rabbinica dice: 'Nell'ora della dipartenza, non accompagnano l'uomo nè l'argento, nè l'oro, nè le pietre preziose, nè le perle, ma la legge e le opere buone', sentenza che sa di legalismo, ma ch'è suscettibile di senso cristiano. Paolo dice 1Corinzi 15:58: 'abbondanti sempre nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore'.

AMMAESTRAMENTI

1. La visione dell'angelo volante in mezzo al cielo con l'Evangelo eterno racchiude una profezia: prima della fine dell'era presente, l'evangelo ha da essere annunziato a tutti i popoli della terra. L'epoca nostra che ha veduto gli esploratori penetrare in ogni parte del globo, le comunicazioni diventare più rapide, la falange dei missionari cristiani crescere di numero ed estendere immensamente il suo campo di lavoro, le versioni delle Sacre Scritture moltiplicarsi in tutti i continenti, è testimone del rapido avverarsi della parola di Cristo: Matteo 24:14. I credenti non possono che rallegrarsi dinanzi ad un sì evidente e consolante segno dei tempi. Ma siccome Cristo ha affidato non agli angeli ma ai suoi discepoli il compito di 'andar per tutto il mondo e predicar l'evangelo ad ogni creatura' Marco 16:15, la visione richiama i cristiani al dovere di intensificare in tutto il mondo l'opera missionaria, evangelizzatrice, risvegliatrice, consacrando ad essa uomini e mezzi e simpatie e zelo e supplicazioni. 'Come crederanno in Colui del quale non hanno udito parlare?' Romani 10:14.

2. Il preannunzio del severo giudizio di Dio sui nemici e corruttori del suo popolo, mentre infonde coraggio e pazienza nei fedeli che soffrono, facendoli sicuri del trionfo finale della giustizia, è inteso pure a servir di. avvertimento misericordioso a coloro che sono tentati, onde non cedano al male; a coloro che si sono lasciati sedurre, affinchè si ritraggano mentre è tempo dalla via della perdizione.
Nè deve alcuno illudersi di poter gettar sopra le spalle della collettività di cui fa parte o dei suoi conduttori spirituali, la propria responsabilità individuale. Dice l'avvertimento: 'Se qualcuno adora...'. Può la responsabilità dei singoli essere attenuata dall'opera di altri, ma non mai soppressa. 'L'anima che avrà peccato, quella morrà'. Gli avvertimenti della coscienza e della rivelazione divina accrescono la responsabilità di chi persevera nel peccato.

3. La voce celeste di del v. 13 è destinata a confortare, a incoraggiare alla costanza specialmente i cristiani che dovranno sostener i tremendi assalti dei nemici negli ultimi tempi. Più è vicina l'ora del giudizio sospirato dalle anime dei martiri Apocalisse 6:10, l'ora dell'avvento del regno di Dio, e più è vicina la completa beatitudine di quelli che muoiono nel Signore. Ma la promessa contiene una verità generale applicabile ai fedeli di tutti i tempi. Anche prima della Venuta del Signore, anche prima d'esser rivestite del corpo celeste, le anime di quelli che muoiono nel Signore (non che muoiono come che sia), sono beate. 'Oggi, disse Gesù al ladrone pentito, sarai meco nel paradiso'. 'Ho il desiderio, dice Paolo, di partire e d'essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore' Filippesi 1:23. Perciò le parole della voce celeste hanno sostenuto milioni di credenti nelle lor fatiche e, nei loro travagli, hanno trasfigurato la loro morte irradiandola della luce di una beata speranza. Perciò hanno lenito il dolore di quelli che piangevano sulla tomba dei loro cari, morti nella fede in Gesù.
Non dimentichiamo però che sono proclamati beati nel loro riposo coloro che hanno faticato, la cui fede si è dimostrata efficace per mezzo delle opere.

14 Sezione Terza. Apocalisse 14:14-20. L'ORDINE DELLA MIETITURA E DELLA VENDEMMIA DELLA TERRA

Quello che è stato preannunziato nelle proclamazioni dei tre angeli Apocalisse 14:6-11, è ora prefigurato in atti simbolici che rappresentano la certezza e la prossimità del giudizio sui nemici di Dio.

E vidi ed ecco una nuvola bianca; e sulla nuvola assiso uno simile a un figliuol d'uomo, che avea sul capo una corona d'oro, e in mano una falce tagliente.

Tutto porta a riconoscere in colui ch'è assiso sulla nuvola il Giudice stabilito da Dio per giudicare il mondo con giustizia Atti 17:31; la nuvola bianca è il suo carro glorioso Luca 21:27, la corona regale, o quella del vincitore, è sul suo capo (Cfr. Apocalisse 19:12,16) ed egli è 'simile a un figliuol d'uomo' il che richiama alla mente la parola identica adoprata in Apocalisse 1:13 per descrivere il Cristo e la visione in cui Daniele vede uno simile a un figliuol d'uomo venir sulle nuvole del cielo, e ricever dall'Eterno potenza, gloria e regno perpetuo. Si tratta quindi del Figliuol dell'uomo che appare come reggitore e giudice delle nazioni. La scena è parallela a quella descritta in Apocalisse 19:11-21. Il fatto che un angelo gli grida: 'Metti mano alla tua falce...' non basta a provare che il primo personaggio sia un semplice angelo, giacché il messaggio recato dall'angelo procede dal Padre.

15 E un altro angelo uscì dal tempio

residenza simbolica di Dio,

gridando con gran voce a colui che sedeva sulla nuvola:

questi non è chiamato un angelo e l'espressione 'un altro angelo' va riferita a quelli menzionati in Apocalisse 14:6,8-9, come quella di Apocalisse 14:6 si riferiva agli angeli di cui si parlava nelle visioni precedenti.

Metti mano alla tua falce (lett. manda la tua falce - ebraismo) e mieti; poichè l'ora di mietere è giunta, perchè la messe della terra è ben matura

lett. è secca il che indica ch'essa è più che matura. Il mietitore tiene la sua falce pronta e non aspetta, per cominciar l'opera, che il segnale da Colui che ha riservato alla sua propria autorità il fissare i tempi ed i momenti Atti 1:7; Marco 13:32. La messe della terra è matura quando l'iniquità ha raggiunto i limiti estremi tollerati dalla pazienza di Dio e quando la costanza dei fedeli ha superato le massime prove. Questo avverrà quando la bestia con l'aiuto del falso profeta si sarà fatta adorare dall'umanità apostata Apocalisse 13:8.

16 E colui che sedeva sulla nuvola lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta.

L'atto simbolico esprime la sovrana autorità e potenza con cui il Cristo Re eseguirà il giudizio, senza che l'arrogante bestemmia dell'anticristo possa opporvi ombra di resistenza.
Gl'interpreti sono divisi sulla questione di sapere a chi si estenda il giudizio simboleggiato dalla messe. Gli uni ci vedono l'immagine della raccolta presso al Signore degli eletti e fedeli raffigurati dal buon grano raccolto nel granaio, quand'è maturo, secondo la parabola Marco 4:26-29 da confr. con Matteo 9:37; Giovanni 4:35... e secondo la parola Marco 13:27 'Egli allora manderà gli angeli e raccoglierà i suoi eletti dai quattro venti...' Si nota che qui il Signore stesso miete mentre chi vendemmia la terra sono gli angeli Apocalisse 14:19; e si aggiunge che messe e vendemmia rappresenterebbero la stessa cosa qualora i due simboli si riferissero entrambi ai nemici. Altri espositori osservano che il testo non contiene alcun accenno speciale agli eletti; che le espressioni: mandare, lanciar la falce tagliente...' o l'altra: 'la messe della terra', parallela al 'vendemmiar la vigna della terra' Apocalisse 14:19, fanno pensare piuttosto all'esecuzione d'un giudizio come quello descritto nei capitoli seguenti. Si nota che nell'Antico Testamento la messe è l'immagine del giudizio di Dio: Geremia 51:33 e specialmente Gioele 3:13 ove messe e vendemmia raffigurano insieme il giudizio delle nazioni nemiche nella valle di Giosafat: 'Mettete la falce nelle biade, perchè la messe è matura; venite, calcate, perchè lo strettoio è pieno, i tini traboccano...'. Tenendo conto, però, del fatto che il testo relativo alla messe della terra non dice nulla che porti ad applicare il simbolo esclusivamente ai fedeli od ai nemici mentre non è così per la vendemmia, che nell'Antico Testamento, e più spesso ancora nel Nuovo Testamento, la messe implica la separazione del loglio dal frumento (vedi parabola delle zizzanie Matteo 13:30) e quella della pula dal buon grano (Matteo 3:12; Cfr. Galati 6:6-8), propendiamo ad ammettere che nella messe sia raffigurata così la raccolta dei fedeli presso al Signore, come la punizione dei malvagi. D'altronde, stando al contesto, non si tratterebbe ancora del giudizio finale descritto in Apocalisse 20:11-15, preceduto dalla risurrezione generale, ma piuttosto del giudizio sui nemici menzionati in Apocalisse 13-18, cioè la bestia, il falso profeta e Babilonia, strumenti del serpente.

17 E un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, avendo anch'egli una falce tagliente.

Trattandosi di vendemmiare, l'arnese chiamato qui drépanon (δρεπανον) come quello della messe, è un semplice falcetto o una ròncola. L'angelo è uno dei più eccelsi esecutori dei giudizi di Dio poichè esce dalla immediata presenza di Dio figurata dal tempio che è nel cielo. Munito anch'egli, come il Figliuol dell'uomo, della falce tagliente, egli aspetta l'ordine di agire. Gli angeli son rappresentati nel Nuovo Testamento come accompagnanti il Giudice ed anche come strumenti del giudizio. 'I mietitori, dice Gesù, sono gli angeli... Il Figliuol dell'uomo manderà i suoi angeli che raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori d'iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco...' Matteo 13:41.

18 E un altro angelo che avea potestà sul fuoco, usci dall'altare, e gridò con gran voce a quello che avea la falce tagliente, dicendo: metti mano alla tua falce tagliente, e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perchè le sue uve sono mature.

Il messaggero incaricato di dare il segnale all'esecutore del giudizio esce dall'altare sotto al quale, in Apocalisse 6:9-10 Giovanni aveva veduto le anime dei martiri imploranti giustizia. La loro preghiera può essere ora accolta, giacchè sta per esser completato il numero dei loro compagni di sofferenza. L'angelo ha podestà sul fuoco, s'intende sul fuoco dell'altare, simboleggiante, quando è gittato sulla terra, i giudizi di Dio Apocalisse 8:5. In Apocalisse 16:7 si legge, dopo la piaga della terza coppa: 'E udii l'altare che diceva: Sì, o Signore Iddio onnipotente, i tuoi giudizi son veraci e giusti'. L'immagine della vigna s'incontra molte volte nelle Scritture. Così Deuteronomio 32:32; Salmi 80; Isaia 5; Matteo 21:33. La vigna in quei passi rappresenta il popolo d'Israele e i frutti rappresentano la condotta del popolo. Qui la figura è diversa: la terra dominata dal male è la vigna e i peccatori ne sono i grappoli avvelenati. Quando il peccato ha raggiunto il suo apice, le uve son mature ed è giunta l'ora della vendemmia ch'è quella del giudizio divino.

19 E l'angelo lanciò la sua falce sulla terra e vendemmiò la vigna della terra e gettò le uve nel gran tino dell'ira di Dio.

Nessun dubbio qui che si tratti del giudizio sui ribelli, poichè sono non soltanto recisi come i grappoli, ma gettati nel tino dell'ira e ivi calcati come si soleva fare dell'uva per estrarne il mosto. In Apocalisse 19:15 il Re dei re vien rappresentato come calcante il 'tino del vino dell'ardente ira dell'Onnipotente Iddio'. I nemici sono non soltanto vinti ma devon subir la pena inflitta loro dalla giustizia di Dio.

20 E il tino fu calcato fuori della città e dal tino usci del sangue che giungeva sino ai freni dei cavalli, per una distesa di milleseicento stadi.

La città fuor della quale è eseguito il giudizio non può essere che la Gerusalemme ideale, la capitale del regno di Dio, l'asilo dei salvati, la città di Dio, chiamata in Apocalisse 20:9 'il campo dei santi, la città diletta'. Si cfr. in Gioele 3 la descrizione del giudizio delle nazioni fuor di Sion, il monte santo dell'Eterno. Come dal tino delle uve esce il mostro, così dal tino dell'ira esce il sangue dei nemici di Dio. Il giudizio su loro è raffigurato in Apocalisse 16:14; 19:18,21 come una battaglia, una strage immane. Isaia 63:1-6 ha una descrizione drammatica dell'azione punitiva dell'Eterno sui popoli nemici. Egli appare in vestimenti splendidi e il profeta: «Perchè questo rosso nel tuo manto...? Io sono stato solo a calcar l'uva nello strettoio... io li ho calcati nella mia ira, e li ho calpestati nel mio furore; il loro sangue è spruzzato sulle mie vesti... ho calpestato dei popoli nella mia ira... e ho fatto scorrere il loro sangue sulla terra». La profondità e l'estensione del mar di sangue servono a rappresentare l'immensa. estensione ed il carattere terribile del giudizio di Dio. Lo stadio equivaleva a 185 metri; 1600 stadi fanno 296 chilometri, cifra che dagli uni si ritiene come accennante alla lunghezza approssimativa della Palestina secondo una indicazione di Gerolamo (che però darebbe soltanto 1280 stadi); dagli altri si considera come il quadrato di 40 che conterrebbe l'idea di completezza.

AMMAESTRAMENTI

La parola di Gesù davanti al sinedrio: '...da ora innanzi vedrete il Figliuol dell'uomo sedere alla destra della Potenza e venir sulle nuvole del cielo', sembra accennare a molteplici interventi punitivi del Re e Giudice stabilito da Dio. La distruzione di Gerusalemme nel 70 non è che il primo anello di una catena che corre attraverso alla storia e di cui l'Apocalisse ci mostra le parti più salienti. Il giudizio sulla bestia, sul falso profeta e sulla meretrice Babilonia, segna il più potente e il più terribile intervento punitivo del Re sedente sulla nuvola, prima dell'epoca del millennio. Esso è ad un tempo l'immagine e la garanzia del giudizio finale ch'esso fa presentire. Chi presiede ad esso è il Figliuol dell'uomo che ha come coadiutori e strumenti gli angeli, giacchè se vi sono angeli mandati a servire a pro di coloro che hanno ad eredar la salvezza, ve ne sono pure che son ministri della giusta ira dell'Onnipotente.
Gli uomini che sono l'oggetto del giudizio sono senza dubbio gli eletti raccolti come buon grano nel granaio, i fedeli salvati nella città di Dio ma questi sono una debole minoranza nel giudizio raffigurato dalla messe e dalla vendemmia della terra, il quale si estende a tutti i popoli che adorano la bestia, senza che nè il numero immenso delle persone, nè l'arroganza delle bestemmie possano impedirne l'esecuzione.
Il tempo è fissato nel consiglio di Dio e non c'è calcolo umano che lo possa scoprire. Quando la malvagità umana è giunta al suo pieno sviluppo, la messe è matura, la vendemmia è pronta. La gran voce angelica grida: 'Manda la falce'.
Le conseguenze del giudizio divino sui peccatori sono dovunque nel Nuovo Testamento, e più che mai nell'Apocalisse, descritte con immagini che incutono terrore. Ove trovar sicurezza e pace all'anima, nell'aspettazione del dies irae, se non rifugiandosi nella città di Dio, anzi nelle braccia della misericordia di Dio il quale non ha risparmiato il suo Figliuolo anzi l'ha dato per noi? 'Essendo ora giustificati per il suo sangue, sarem per mezzo di lui salvati dall'ira' Romani 5:9.
Tengano a mente i predicatori del Vangelo che il giusto giudizio di Dio è parte del piano divino ch'essi sono chiamati a far conoscere ai loro simili.