Marco 15
CAPITOLO 15 - ANALISI
1. Gesù dato dai Giudei nelle mani di Pilato. Conducendo Gesù dal Governatore romano, i membri del Sinedrio altro non fecero se non compiere le predizioni del Signore intorno alla parte ch'essi doveano avere nell'uccisione del Messia Matteo 20:18-19; Marco 10:33; e siccome con ciò tacitamente confessavano che la potestà di vita e di morte (simbolo del governo indipendente) era stata rapita a loro dal conquistatore romano, noi abbiamo in questo loro atto una nuova prova che Gesù era veramente il "Silo" predetto da Giacobbe; essendoché lo scettro non dovea esser rimosso da Giuda, né il legislatore d'infra i piedi di esso, finché non fosse venuto colui al quale quello apparteneva. I rettori non posarono un momento, finché non ebbero ottenuta la conferma civile della loro sentenza ecclesiastica, giacché era ancora di buon'ora, nella stessa mattina in cui era stata pronunziata quella sentenza, quando si affrettarono a trarre il loro prigioniero davanti a Pilato, tosto che questi si fu seduto in sul tribunale. Nel modo che tennero con Gesù si è costretti a ricordare le procedure della così detta Santa Inquisizione, in un'epoca posteriore, quando dopo aver torturate invano le loro vittime per costringerle a ritrattarsi, pronunziavano affine sopra di esse sentenza di morte, e poi le consegnavano al braccio secolare per l'esecuzione della sentenza Marco 15:1.
2. Gesù dinanzi a Pilato. Dagli altri Evangelisti appare che Pilato non pronunziò la sentenza capitale, come se fosse stata una mera forma, a richiesta del Sinedrio, ma li costituì accusatori di Cristo, con la domanda: "Quale accusa portate voi contro a quest'uomo?" Giovanni 18:7. Allora, nascondendo da prima il motivo per cui lo condannavano, astutamente lo accusarono di pretendere d'esser lui il Re dei Giudei; la qual cosa, com'essi immaginavansi, avrebbe tosto sollevata la indignazione e il timore del Governatore romano. Quando fu interrogato da Pilato se fosse vera tale accusa, Gesù riconobbe tostamente la propria dignità reale, ma non diede alcuna risposta alle altre accuse dei rettori giudei. Sappiamo da Giovanni, che Pilato, dopo avere ulteriormente interrogato Gesù nella sala del giudizio, rimase perfettamente convinto che l'accusa, per quanto poteva concernere l'impero romano, era del tutto insussistente, e per conseguenza cercò di proscioglierlo dall'arresto, valendosi a tal uopo di un'usanza prevalente da lungo tempo, secondo la quale, a richiesta del popolo, un prigioniero era, tutti gli anni, liberato di prigione alla festa di Pasqua. Ma il popolo, istigato dai rettori, si fece subito a domandare, con alte grida, che fosse rilasciato Barabba, famigerato malfattore, e che Gesù venisse crocifisso. Temendo di eccitare contro di sé un tumulto, essendo egli impopolarissimo, pur nello stesso tempo facendo violenza al proprio convincimento, Pilato pronunziò la sentenza di morte contro il Figliuol di Dio, e Gesù fu menato via dai soldati e condotto nel pretorio per ivi essere deriso, insultato e flagellato dai gentili, come lo era stato già dai propri concittadini Marco 15:2-20.
3. Gesù crocifisso sul Golgota. Marco descrive brevemente, ma con la massima precisione, la processione dal pretorio al Golgota, l'angariar che fecero Simone Cireneo, incontrandolo per via, a portare la croce, la crocifissione dei due ladroni, il trattamento che Gesù ricevette sulla croce l'iscrizione posta sopra di essa, le varie coincidenze tendenti a identificarlo pel Messia delle profezie, le tenebre sovrannaturali da mezzogiorno alle 3 p.m. (ora del sacrifizio della sera), il grido del morente che provocò nuovi scherni dai suoi tormentatori, lo squarciarsi del velo del tempio quando il Salvatore "gittato un gran grido, rendè lo spirito", la presenza delle donne galilee presso la croce, e la confessione che il centurione romano fu costretto a fare, qual risultato di tutte le sue osservazioni, che quel crocifisso era il Figliuol di Dio Marco 15:21-41.
4. Sepoltura di Gesù. Giuseppe d'Arimatea, membro del Sinedrio, essendosi accertato che Gesù era morto, andò da Pilato, e chiese che gli fosse consegnato il corpo per la sepoltura. Il Governatore, dubitando che la morte avesse realmente potuto seguire, in così breve tempo (la morte per la crocifissione essendo in generale penosissimamente lenta e protratta) mandò a chiamare l'uffiziale romano che era stato di servizio al Golgota, ed essendosi accertato da lui che Gesù era veramente morto, diede a Giuseppe il chiesto permesso, e il corpo, avvolto in un pannolino comprato appositamente, fu deposto in una sua tomba nuova, presso il luogo della crocifissione, mentre alcune delle donne di Galilea, fatto proposito d'imbalsamarlo, passato che fosse il Sabato, notarono premurosamente il luogo della sepoltura Marco 15:42-47.

Marco 15:1-20. GESÙ CONDOTTO DA PILATO. COSTUI, DOPO VARI SFORZI PER LIBERARLO, LO CONDANNA AD ESSER CROCIFISSO Matteo 27:12,11-31; Luca 23:1-6,13-25; Giovanni 18:28-40; 19:1-16

Per l'esposizione vedi Giovanni 18:28; Giovanni 19:16.

21 Marco 15:21-41. CROCIFISSIONE E MORTE DEL SIGNORE GESÙ E VARIE CIRCOSTANZE AD ESSE RELATIVE Matteo 27:32-56; Luca 33:26-49; Giovanni 19:17-38

Per l'esposizione vedi Giovanni 19:17-38.

42 Marco 15:42-47. GIUSEPPE DI ARIMATEA DEPONE IL CORPO DEL SIGNORE NEL SUO PROPRIO SEPOLCRETO NUOVO. LE DONNE DI GALILEA NOTANO DILIGENTEMENTE IL SEPOLCRO Matteo 27:62-66; Luca 23:50-56; Giovanni 19:38-42

Per l'esposizione vedi Giovanni 19:38-42.