1 CAPO 7 - ANALISI 1. L'avvicinarsi della festa dei tabernacoli, e l'invito ironico rivolto a Gesù dai propri fratelli di recavisi. Cinque mesi eran trascorsi dopo i fatti ricordati nel precedente capitolo. Questo tempo Gesù lo avea passato in Galilea, per esser la vita sua minacciata dall'odio implacabile dei rettori della Giudea. Furon mesi impiegati dal Signore a seminare con diligenza la semenza del Vangelo in Galilea, come sappiamo dai Vangeli sinottici, benché Giovanni non ci dica nulla né dei suoi miracoli, né dei suoi insegnamenti, durante questo lungo periodo. Fra quelli che a quel tempo erano contrari alla sua pretesa di esser riconosciuto qual Messia, trovavansi i suoi propri fratellastri, figli di Maria e di Giuseppe. Siccome egli non voleva fare il viaggio in lor compagnia, essi supposero che volesse essere assente da quella festa, come già lo era stato dalla Pasqua precedente, e lo invitarono ad andarvi, dicendo beffardamente che, se egli fosse stato un vero profeta o il Messia, quello era il suo posto, e che, invece di nascondersi, egli doveva affrontare i suoi nemici, e dare la massima pubblicità alla sua missione. Gesù rispose loro di potere agire solo secondo le direzioni del suo Padre Celeste. Egli giunse in Gerusalemme verso la metà della festa e presentandosi nel Tempio cominciò ad insegnare Giovanni 7:1-10. 2. Opinioni diverse espresse dal popolo riguardo a Gesù, così prima come dopo il suo arrivo. Il non vederlo giungere al principio della festa fu un dispiacere pei suoi amici e pei suoi nemici. Tutti lo cercavano con ansietà: gli uni sostenendo che egli era giusto, gli altri proclamandolo un impostore; gli uni che egli era il Cristo, gli altri che non si sapeva nulla di lui. Ma tutte le loro discussioni, per quanto vivaci, erano tenute privatamente, per timore che, essendo note ai rettori, procurassero loro dei dispiaceri Giovanni 7:10-31. 3. Discorso di Cristo nell'ultimo e gran giorno della festa. In quel giorno i sacerdoti con pompa solenne attingevano acqua dalla piscina di Siloè, e avendola portata nel cortile del Tempio, la versavano dinanzi all'altare. Gesù prese da ciò occasione, per rivolgere l'attenzione degli astanti sull'acqua viva, che egli solo poteva dare, cioè sullo Spirito Santo, il quale scaturirebbe nel cuore come fonte perenne, e li invitò a venire a lui e a dissetarsi. Questo diè luogo fra il popolo ad un conflitto di opinioni più deciso ancora a suo riguardo Giovanni 7:33-43. 4. I rettori cercano di arrestar Gesù, ma non vi riescono. Nicodemo si interpone a favor suo. Le guardie del Sinedrio furon mandate a prenderlo, per tradurlo dinanzi a quell'assemblea, ma ricevettero una tale impressione dalle sue parole, che tornarono senza aver adempiuto alla loro missione e testificarono ai loro superiori: "Niun uomo parlò giammai come costui"; mentre Nicodemo, uno di essi, li accusò di trasgredir la legge col loro modo di procedere riguardo a Gesù Giovanni 7:32,45-53.
Giovanni 7:1-53. GESÙ ALLA FESTA DEI TABERNACOLI
Egli ricusa di seguire il consiglio dei suoi fratelli, riguardo al momento di salire in Gerusalemme, Giovanni 7:1-10
1. Dopo queste cose, Alcuni vorrebbero includere in queste parole il miracolo col quale Gesù nutrì 5000 persone, vicino a Betsaida; altri vorrebbero risalire anche più indietro, e includervi pure il cap. 5 Giovanni 5:1-47 "benché i fatti in questo narrati sieno occorsi in Giudea e non in Galilea"; ma esse non sembrano riferirsi se non ai fatti narrati alla fine del cap. 6. Gesù andava attorno per la Galilea, Se, come crediamo, la festa accennata in Giovanni 5:1 "era una Pasqua" Vedi notaGiovanni 5:1, e se il Signore, poco dopo quella, ritornò in Galilea a motivo della ostilità che si era manifestata contro di lui in Giudea e in Gerusalemme, egli deve aver soggiornato in Galilea, per circa diciotto mesi, senza interruzione, "e questo periodo costituirebbe la parte maggiore del suo ministero in quel paese, predicando ripetutamente nelle città e nei villaggi dei Galilei, ed esercitandovi il suo potere miracoloso di guarire. Siccome i Sinottici si occupano quasi esclusivamente del ministerio di Gesù in Galilea, non ci deve stupire che Giovanni, il quale scrisse per completare le loro narrazioni, abbia creduto inutile di parlarne a lungo, riferendoci solo il discorso che seguì la moltiplicazione dei pani, e che armonizza così mirabilmente collo scopo del suo Vangelo. perciocché non valeva andare attorno per la Giudea; L'identità dei linguaggio di questa clausola e della precedente implica un'opera antecedente in Giudea, corrispondente a quella che ora egli ha compiuta in Galilea. conciossiaché i Giudei cercassero d'ucciderlo. Qui l'Evangelista ci dà la ragione della lunga permanenza di Gesù in Galilea, cioè che la vita sua non era più sicura in Giudea. Dopo la guarigione dell'impotente di Betesda, Giovanni 5:16 i suoi nemici aveano deciso la sua morte, e non si rimovevano dal sanguinario proposito. Questa notizia è molto importante, e ci prova che il nostro Signore non salì in Gerusalemme per la Pasqua mentovata in Giovanni 6:1-4, la terza, secondo il nostro modo di contare, dopo il principio del suo ministerio.
PASSI PARALLELI Giovanni 4:3,54; 10:39-40; 11:54; Luca 13:31-33; Atti 10:38 Giovanni 7:19,25; 5:16-18; Matteo 10:23; 21:38
2 2. or la festa dei Giudei, cioè la solennità dei tabernacoli, era vicina. Questa era l'ultima delle tre grandi feste istituite nei libri di Mosè, le altre essendo la Pasqua, o festa dei pani azzimi, hag amazot e la festa delle settimane, hag shabuot, o Pentecoste. Siccome la festa che si avvicinava era stata istituita per una duplice commemorazione, cioè quella della bontà di Dio inverso Israele nel deserto, e quella della sua misericordia nell'averlo arricchito durante l'anno corrente coi frutti della terra, essa portava due nomi: festa dei tabernacoliLevitico 23:34, e festa della ricoltaEsodo 23:16. La si celebrava il 15 del mese di Tisri "Ethanim", il settimo dell'anno ecclesiastico, ma il primo dell'anno civile. Per sette giorni i Giudei vivevano in capanne fatte con rami di alberi Nehemia 8:16-17, costruite nei cortili o sui tetti delle case, nel recinto del Tempio, e in tutte le strade più larghe di Gerusalemme e, andavano attorno recando in mano frutti scelti. Eran giorni di universale allegrezza, perché il grano, il vino, l'olio erano tutti stati raccolti, i lavori più faticosi dell'anno eran giunti al loro termine, perciò questa festa chiamavasi "la maggiore delle feste". Per la sua istituzione e il suo significato, rimandiamo il lettore a Levitico 23:34; Numeri 29:12; Deuteronomio 16:13; Nehemia 8:14-17.
3 3. Laonde i suoi fratelli gli dissero: Partiti di qui, e vattene nella Giudea, acciocché i tuoi discepoli ancora veggano le opere che tu fai. 4. Perché niuno che cerca d'esser riconosciuto in pubblico fa cosa alcuna in occulto; se tu fai tali cose, palesati al mondo. 5. Perciocché non pure i suoi fratelli credevano in lui. Per i fratelli di Gesù, Vedi Nota Matteo 13:56. Le parole di Giovanni 7:5 danno la chiave del senso dei due precedenti. Molti vani tentativi sono stati fatti per dipingere i fratelli di Cristo come aventi a cuore i suoi interessi quale Messia, nel consiglio che ora gli danno; quasiché giudicassero perduto il tempo da lui, speso nella oscura Galilea, e più vantaggioso per la riuscita della sua missione il predicar la sua dottrina nella capitale! Ma la testimonianza dell'Evangelista riduce al nulla tutte quelle teorie: "non pure i suoi fratelli credevano in lui". Eran trascorsi due anni almeno del suo, ministerio, eppure quelli che per tutta la vita erano stati più intimi con lui ricusavano di riconoscerlo come Messia. Anzi, credendolo fuor di senno, cercavano con Maria loro madre di rinchiuderlo Marco 3:21,31, e solo dopo la sua risurrezione li troviamo nel numero dei suoi discepoli. Più tardi troviamo "Giacomo, fratello del Signore" mentovato come presidente o sorvegliante della Chiesa in Gerusalemme Atti 12:17; 15:13; 21:18; Galati 1:19; 2:9,12. Il sesto versetto insieme al "tuoi discepoli", del terzo, ci fanno assolutamente certi che niuno di essi apparteneva alla compagnia degli Apostoli, perché è impossibile torcere il senso di "non credevano", al punto di permettere di supporre, come vogliono alcuni, che appartenessero ai dodici, senza esser credenti nel senso più alto della parola. Di più l'idea che l'Evangelista voglia solamente dire che i suoi fratelli non credevano pienamente ed interamente in lui è affatto inconciliabile colla risposta di Gesù: "il mondo non vi può odiare", la quale è sufficiente indizio che nessuno di essi aveva parte o simpatia con lui. Il loro parere è dato in uno spirito ironico e beffardo, ed accompagnato con una insinuazione di codardia, perché egli era rimasto nascosto per tanto tempo in Galilea, facendovi un'opera di nessuna importanza agli occhi loro. Essi non si danno pensiero del rischio cui lo espongono spingendolo in Giudea. Vogliono che salga subito in Gerusalemme, a farvi i suoi miracoli, dinanzi ai discepoli che avea in quella città, i quali erano in posizione migliore per far progredir la sua causa che non alcuni Galilei illetterati "e gli fanno osservare che chi vuol divenir celebre nel mondo non deve nasconder la sua persona e le sue opere in qualche angolo remoto. "Se tu fai tali cose", e questo suona come un dubbio sulla realtà dei suoi miracoli, "agisci in conformità col carattere di profeta o di Messia, che esse hanno per scopo di legittimare; falle pubblicamente, nel luogo più importante".
PASSI PARALLELI Giovanni 7:5; Matteo 12:46-47; Marco 3:31; Luca 8:19; Atti 2:14 Genesi 37:5-11,20; 1Samuele 17:28; Geremia 12:6; Matteo 22:16-17
6 6. Laonde Gesù disse loro: il mio tempo non è ancora venuto; ma il vostro tempo sempre è presto. Queste parole rassomigliano alla risposta di Gesù a sua madre alle nozze di Cana Giovanni 2:4, e benché le disposizioni di Maria fossero ben diverse da quelle dei figli, così essa come i figli credevano evidentemente che i piani di Gesù potessero venir cambiati sotto qualche pressione esterna. In ambo i casi, Gesù sente la necessità di frenare un simile tentativo. In questo caso come in quello, l'ora, che egli avea fissata per manifestarsi al mondo, benché vicina, ancora non era, giunta, e fino a quell'ora designata dal Padre, colui la cui volontà era una con quella del Padre, non poteva far nulla. I suoi fratelli, al contrario, erano liberi di andar quando volessero; la loro sollecita partenza o il loro indugio non potevano produrre risultati di qualsiasi importanza.
7 7. Il mondo non vi può odiare, Si confrontino con queste parole di Gesù ai suoi fratelli quelle ch'ei rivolse più tardi ai suoi Apostoli: "Se il mondo vi odia, sappiate che egli mi ha odiato prima di voi. Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che sarebbe suo; ma, perciocché voi non siete del mondo, anzi io vi ho eletti dal mondo, perciò vi odia il mondo" Giovanni 15:18-19, e si giudichi se non sia assurdo il dire che alcuni di quei fratelli che il mondo tuttora l'amava", perché vivevano in conformità con esso, fossero al tempo stesso nel numero degli Apostoli! Il mondo non aveva nessuna ragione di odiarli, perché essi non rendevano testimonianza alcuna contro le sue vie malvagie. Ben altro invero era il caso di Cristo. ma egli mi odia, perciocché io rendo testimonianza d'esso, che le sue opere son malvagie. Quest'odio, predetto nella prima promessa Genesi 3:15, si manifestò più apertamente ogni giorno, dopo che Cristo ebbe cominciato il suo ministero terreno, e in quel momento avea raggiunto il suo culmine, nella sete del suo sangue che divorava i Giudei. In questo versetto Gesù ce ne svela la vera ragione. Non era solamente la sua pretesa di venir riconosciuto come Messia, né l'alto e spirituale suo insegnamento, ma più ancora la sua costante testimonianza contro la vita peccaminosa e l'empie abitudini di quella generazione, le sue denunzie dell'adulterio, della cupidigia, della ipocrisia così comuni fra i principali Farisei, che irritavano profondamente i suoi nemici contro di lui. Ma nella mente di Gesù "il mondo" si estende al di là della frontiera d'Israele; esso abbraccia l'intera razza umana nella sua decadenza; è una potenza ostile che egli è venuto a debellare, ed alla quale egli non si mostrerà che nell'ora fissata da Dio Le relazioni di Gesù col mondo eran l'opposto di quelle dei suoi fratelli col mondo medesimo; essi van d'accordo col mondo; egli è il censore delle sue opere malvagie; come dunque avrebbero potuto camminar d'accordo?
8 8. Salite voi a questa festa: io non salgo ancora a questa festa, perciocché il mio tempo non è ancora compiuto. 9. E dette loro tali cose, rimase in Galilea. Dalla dichiarazione del Signore che egli non salirebbe ancora alla festa, e dal fatto che vi salì pochi giorni dopo, Porfirio, l'accanito avversario del Cristianesimo al terzo secolo, trae un'accusa di versatilità contro a Cristo. Godet ed altri, seguendo il codice Vaticano, e quello di Beza, leggono "non" invece di "non ancora", e danno due sensi diversi alla parola "festa" nelle due volte in cui occorre in questo versetto: la prima la riferiscono alla festa dei tabernacoli, la seconda alla Pasqua seguente, nella quale sarebbe appieno giunto per lui il tempo di rivelarsi al mondo come gli consigliavano i fratelli. Par loro impossibile elle Gesù avesse parlato come parlò, se dovean correre solo due o tre giorni fra la partenza dei suoi fratelli e la propria. Ma se tale fosse stato il pensiero di Gesù, egli avrebbe impiegato il futuro non il presente che significa: "per il momento non salgo"; e non avrebbe per due volte chiamata la festa: "questa festa", se intendeva parlare di due feste diverse, cioè la 1. volta dei Tabernacoli, la 2. della Pasqua. Il senso naturale di questo versetto è: "ancora non salgo, e ad ogni modo non intendo salir con voi, in mezzo alla pubblica carovana". Egli non dice: "Non andrò punto". I due versetti che seguono fan conoscere il senso della sua negativa. Era di somma importanza che egli comparisse ed insegnasse a quella festa; ma ancora non era appieno giunta l'ora fissata dal Padre. Un passo falso per parte sua poteva precipitar prima del tempo l'ira dei suoi nemici sopra il suo capo. Egli rimase adunque in Galilea finché il Padre non gli diede il segnale della partenza, e allora l'ubbidienza sua fu istantanea e completa.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:6,30; 8:20,30; 11:6-7; 1Corinzi 2:15-16 Giovanni 7:9
10 10. Ora, dopo che i suoi fratelli furon saliti alla festa, allora egli ancora vi salì, non palesemente, ma come di nascosto. Ordinariamente tutti gli abitanti di un medesimo distretto combinavano il giorno della partenza per la festa, in modo da formare una grossa carovana o compagnia, per viaggiare più piacevolmente e con maggior sicurezza Luca 2:44. Le parole: "non palesemente, ma come di nascosto", alla fine di questo versetto, indicano che Gesù, invece di aggiungersi ad una di quelle compagnie, insegnando e facendo miracoli per via, "come quando più tardi attraversò la Perea andando in Gerusalemme per esservi crocifisso" Luca 14:25; 19:3, quando fu giunta l'ora sua, salì privatamente, accompagnato solamente da alcuni dei suoi discepoli, e senza attrarre l'attenzione del pubblico. Ecco tutto quello che indicano le parole: "come di nascosto". Egli poté far ciò tanto più facilmente, che la maggior parte della popolazione già lo aveva preceduto a quella, ch'era la più attraente delle feste giudaiche. PASSI PARALLELI Salmi 26:8; 40:8; Matteo 3:15; Galati 4:4 Giovanni 11:54; Isaia 42:2-3; Amos 5:13; Matteo 10:16
11 Mentre le turbe contendono a suo riguardo, Gesù comparisce nel mezzo della festa, ed insegna apertamente nel tempio, Giovanni 7:11-31 11. I Giudei adunque lo cercavano nella festa, e dicevano: Ov'è colui? "Giudei", secondo l'uso di Giovanni, sono i sacerdoti, i rettori e i loro aderenti, tutti nemici dichiarati di Cristo. Certi di vederlo giungere colla carovana di Nazaret, non appena questa giunge in Gerusalemme, essi fanno ricerco, di lui con intenzioni ostili. Giovanni 7:1,13 non lasciano dubbio alcuno sui loro propositi.
PASSI PARALLELI Giovanni 11:56
12 12. E v'era gran mormorio di lui fra le turbe; gli uni dicevano: Egli è da bene; altri dicevano: No; anzi egli seduce la moltitudine. La parola è tradotta in Giovanni 7:32 per bisbiglio, cioè un mormorar sotto voce, un parlar confuso, e questa traduzione sarebbe più appropriata qui, per descrivere quello che accadeva nella folla, e più in armonia col versetto seguente. Il plurale; "le turbe", dà l'idea di gruppi di stranieri provenienti da parti diverse del paese, che ora si univano gli uni cogli altri e cogli abitanti di Gerusalemme, ora si separavano nuovamente. Dopo aver descritto in Giovanni 7:11 il contegno dei rettori, l'Evangelista descrive qui i sentimenti della moltitudine. Vi era molta curiosità, molta discussione, e non poca diversità di opinione fra tutta quella gente, riguardo a Gesù e alle sue pretese di essere il Messia. Gli uni lo stimavano onesto e da bene, gli altri lo ritenevano per un impostore.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:32; 9:16; Filippesi 2:14 Giovanni 7:25-27,40-43; 6:14; 9:16; 10:19-21; Matteo 10:25; 16:13-16; 21:46; Luca 7:16 Luca 6:45; 18:19; 23:47,50; Atti 11:24; Romani 5:7 Giovanni 7:47,52; Matteo 27:63
13 13. Ha par niuno parlava di lui apertamente, per tema dei Giudei. Queste parole gettano molta luce sulla tirannia dei rettori di Gerusalemme: perfino i loro fautori dovevano parlar con prudenza dei soggetti che non avevano ricevuto l'approvazione degli Scribi e del Sinedrio, tanto più quelli che la pensavano diversamente da loro. Benché non fosse ancora stato pubblicato il decreto che scacciava dalla sinagoga, scomunicavaGiovanni 9:22; 12:42 chiunque confessava Cristo, tutto il popolo sapeva che i rettori odiavano Gesù, e che era pericoloso parlar favorevolmente di lui, o manifestare qualsiasi interesse a suo riguardo. Per prudenza adunque, quelle discussioni riguardo a Gesù facevansi in segreto, per tema che non giungessero alle orecchie delle autorità, e non valessero a chi vi prendeva parte qualche dispiacere. Da Giovanni 7:32 appare che, ad onta di tutti quelli sforzi, esse non isfuggirono alla vigilanza e allo spionaggio dei Farisei.
14 14. Ora, essendo già passata mezza la festa, Gesù salì nel tempio, ed insegnava. Siccome la festa, compresa la solenne convocazione, durava otto giorni, fu probabilmente al quarto o al quinto che Cristo, avendo lasciato che si calmasse alquanto l'agitazione intorno alla sua persona, inaspettatamente comparve nel cortile interno del tempio, e, colpì di stupore col suo insegnamento la moltitudine ivi raccolta, prima che i rettori lo potessero impedire. Questa sembra essere stata la prima volta che Gesù pronunziò un discorso continuato, come lo indica l'imperfetto nel tempio; quello del cap. 5. fu bensì detto in Gerusalemme, ma in altra parte della città; e quando egli scacciò i mercatanti e i cambiamonete dal tempio Giovanni 2:13-21, le sue parole, benché gravissime, furono poche.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:2,37; Numeri 29:12-13,17,20,23-40 Giovanni 5:14; 8:2; 18:20; Aggeo 2:7-9; Malachia 3:1; Matteo 21:12; Luca 19:47
15 15. E i Giudei si meravigliavano, dicendo: L'Evangelista non ha ricordato gli insegnamenti di Cristo in questa circostanza; le sue parole di Giovanni 7:16 e seguenti, sono evidentemente dovute alle osservazioni dei Giudei in questo versetto. Dalla natura stessa della domanda che passò di bocca in bocca, è probabile che essa originò dallo stupore degli scribi e dei rabbini, i quali conoscevano a fondo la lettera della legge e dei profeti nell'osservare l'estensione e la profondità della conoscenza di Cristo, che pure sarebbero stati contenti di poter negare. Come sa costui lettere, non essendo stato ammaestrato? "Lettere", benché indichi ordinariamente una coltura generale, qui significa conoscenza delle scritture, perché la scrittura costituiva tutta la letteratura dei Giudei. Era solo dopo lunghi anni di studio, che si permetteva ad uno studente giudeo di insegnare; egli veniva allora solennemente ammesso nella confraternita dei dottori della legge. È probabile che Gesù ricevesse durante la sua infanzia e la sua adolescenza, l'istruzione ordinariamente impartita nelle scuole annesse ad ogni sinagoga; ma ben si sapeva che egli non era stato educato in nessuna delle grandi scuole rabbiniche, né avea studiato la legge sotto alcun maestro umano; eppure i dottori in Israele dovevan confessare che il suo insegnamento era profondo e potente: indi la domanda: "Come può egli aver acquistato una tal conoscenza, senza essere stato ammaestrato?" (Mayer), ed altri chiamano l'attenzione su queste parole di persone che menavano vanto della loro coltura, come importantissime contro i tentativi antichi e moderni per far derivar la sapienza del nostro Signore da sorgenti umane. I suoi discorsi, in quella occasione, furono probabilmente gli stessi che al solito; ma fu la profonda sua conoscenza delle scritture, e la sua potenza nell'esporle e nell'applicarle, che colpì il popolo di ammirazione, e lo condusse a paragonare il suo insegnamento con quello degli scribi Matteo 7:28-29; Luca 4:32.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:46; Matteo 7:28-29; 22:22-33; Luca 2:47 Matteo 13:54; Marco 6:2-3; Luca 4:22; Atti 2:7-13; 4:11-12 Amos 7:14-15
16 16. Laonde Gesù rispose loro, e disse: La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Udì il Signore la loro domanda, o la lesse egli nei loro cuori? Checché ne sia di ciò, vi risponde con queste parole. "Se non ho studiato nelle vostre scuole, ho studiato in una scuola più alta; la mia dottrina non è invenzione mia, non la espongo sotto la mia propria responsabilità; è la dottrina di Colui che mi ha mandato. Io mi presento a voi con mandato divino" Giovanni 5:19,30,38. Nella sua umanità, egli si presenta come un messaggero, che reca il messaggio di colui che lo ha mandato. "Egli è la PAROLA, mediante la quale si esprime la mente di Dio. Nel modo stesso che le opere sue eran quelle che suo Padre gli avea date da compiere Giovanni 5:36, le sue parole esprimevano la verità che egli aveva udita da Dio Giovanni 8:40; e il Padre gli aveva comandato quello che doveva dire Giovanni 12:49. Perciò le sue parole sono parole di Dio, e il suo insegnamento giunge a noi con divina autorità" (Milligan).
PASSI PARALLELI Giovanni 3:11,31; 8:28; 12:49-50; 14:10,24; 17:8,14; Apocalisse 1:1 Giovanni 5:23-24,30; 6:38-40,44
17 17. Se alcuno vuol far la volontà d'esso, conoscerà se questa dottrina è da Dio, oppur se io parlo da me stesso. Gesù continua indicando un metodo sicuro, di provare se la sua dottrina originava da lui, o proveniva da Dio, giusta la sua asserzione. Chiunque desidera onestamente di piacere a Dio, lett. chi vuol far la sua volontà, secondo la conoscenza che egli può avere dei voler di Dio, troverà la dottrina di Cristo talmente appropriata alla sua condizione, talmente utile per illuminare la sua mente, talmente giovevole nei suoi dubbi e nelle sue difficoltà, così corrispondente alle sue aspirazioni, così consolante, così apportatrice di vita, da doverla riconoscere come evidentemente divina. Come il figlio riconosce subito la voce del padre, così quelli la cui volontà è decisa a far la volontà di Dio, e che vivono in armonia coi voleri e coi propositi di Dio, riconoscon, nell'insegnamento di Cristo, la voce di Dio stesso. Il principio qui stabilito è molto importante. Gesù c'insegna che la chiara conoscenza deriva dalla onesta ubbidienza, e che non dobbiamo sperare di farci idee precise della verità divina, se non mettiamo in pratica quello che già ne conosciamo. Vivendo secondo i lumi che abbiamo, avremo luce sempre maggiore Salmi 112:4. D'altra parte ci viene insegnato che la mancanza di quel desiderio integro di servire a Dio, sia che ce ne accorgiamo o no, è la causa precipua della incredulità, che purtroppo regna ancora, a dispetto della luce della religione rivelata. Alcuni scrittori prendono il "far la volontà di Dio", in un senso più esteso che non sia il mero ideale morale prescritto dalla legge, e riconosciuto dalla coscienza. Per "far la volontà di Dio", essi dicono che si deve credere in Cristo, aver cuori nuovi nei quali regni la grazia, e via discorrendo; infatti, secondo essi, Cristo direbbe qui: "Se alcuno vuol divenire un vero credente e un uomo convertito, allora egli conoscerà se questa dottrina ecc. Questo è innegabile; ma è forse un estender le parole di Cristo al di là della sua intenzione, e al tempo stesso restringere il cerchio di coloro ai quali è destinato questo benefizio. Secondo noi, lo scopo di Cristo era semplicemente di incoraggiare l'onesto e sincero ricercatore di verità, accertandolo che, mediante lo sforzo stesso di far la volontà di Dio, egli avrebbe tali prove interne della verità della sua dottrina, da rimanerne soddisfatto e convinto.
18 18. Chi parla da sé stesso cerca la sua propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato esso è verace, e ingiustizia non è in lui. Vedi Note Giovanni 5:41; Giovanni 5:42; Giovanni 5:43; Giovanni 5:44. Il Signore stabilisce qui un principio generale che deve essere, applicato nel giudicar quelli che si presentano per insegnar religione. "Parlar da sé stesso" qui non vuol dire di sé stesso, della propria sua storia personale, o dei suoi progetti, "perché in tali casi la propria glorificazione è evidente"; ma da sé stesso, cioè nel proprio nome, coi concetti della propria mente, senza autorità o ispirazione. Un tal uomo cerca solo di acquistar fama ed influenza per sé medesimo, e se pretende che il suo insegnamento proviene da Dio, egli non è "verace". Ma l'uomo il cui scopo supremo, nella sua vita e nel suo insegnamento, è, non già la propria gloria, bensì quella di Colui che lo ha mandato, e che non permette ai suoi interessi personali di frammettersi nell'opera sua, dà con ciò prova di essere onesto, imparziale e degno di venir creduto. Siccome questo principio è di generale applicazione, le parole finali: "ingiustizia non è lui", significano evidentemente che in lui non è né menzogna, né inganno che egli non è un impostore. Alford osserva con verità che, nel senso più alto e più rigoroso, l'ultima parte di quella frase è vera solamente del Santo medesimo; imperocché, a cagione della umana infermità, la purezza dei motivi non è una guarentigia sicura della correttezza della dottrina. "Col principio qui stabilito possiamo giudicare le pretese di molti falsi maestri di religione e provare che non sono guide sicure. In ogni sistema di eresia, o di falsa religione, c'è una curiosa tendenza, in forza della quale i loro ministri esagerano le loro persone, la loro autorità, la loro importanza, il loro ufficio" (Ryle).
PASSI PARALLELI Giovanni 5:41; 8:49-50; 1Corinzi 10:31-33; Galati 6:12-14; Filippesi 2:3-5; 1Tessalonicesi 2:6 1Pietro 4:11 Giovanni 3:26-30; 11:4; 12:28; 13:31-32; 17:4-5; Esodo 32:10-13; Numeri 11:29 Proverbi 25:27; Matteo 6:9
19 19. Mosè non v'ha egli data la legge? eppure niuno di voi mette ad effetto la legge; perché cercate di uccidermi? Non è fondata la supposizione di Olshausen e di altri, che vi sia dopo Giovanni 7:18, una interruzione nella continuità del discorso di Cristo. In Giovanni 7:17, egli avea detto che chi cercava onestamente e sinceramente di fare la volontà di Dio, avrebbe la prova sicura che la sua dottrina era da Dio; ma così non facevano i suoi uditori. Mosè avea dato loro la legge di Dio, ed essi professavano di tenerla in altissima venerazione; ma egli dichiara che fra i rettori, cui specialmente si rivolgeva, non ve n'era neppur uno che ubbidisse coscienziosamente e di vero cuore alla legge; e perciò non solo rigettavano la sua dottrina, ma insidiavan pure la sua vita. Nelle severe censure che Gesù rivolse agli Scribi ed ai Farisei Matteo 23:23-33; Luca 11:42-52, abbondano le prove dell'accusa qui mossa contro di loro, cioè che, benché custodi della legge di Mosè, "non mettevano ad effetto la legge". A questo rimprovero generico, egli aggiunge un'accusa speciale. Il sesto comandamento proibisce l'omicidio, eppure, a quel momento stesso, essi cospiravano contro la sua vita. O anche l'accusa: "Niuno di voi mette" ecc. può intendersi dell'esempio che il Signore adduce, in Giovanni 7:22, della loro violazione della legge del sabato, per adempiere al rito della circoncisione, quando esso cadeva in quel giorno. Il primo senso ci par da preferirsi.
PASSI PARALLELI Giovanni 1:17; 5:45; 9:28-29; Esodo 24:2-3; Deuteronomio 33:4; 1:17; Atti 7:38; Galati 3:19 Ebrei 3:3-5 Matteo 23:2-4; Romani 2:12-13,17-29; 3:10-23; Galati 6:13 Giovanni 7:25; 5:16,18; 10:31-32,39; 11:53; Salmi 2:1-6; Matteo 12:14; 21:38; Marco 3:4,6
20 20. La moltitudine rispose e disse: Tu hai il demonio; chi cerca di ucciderti? Importa notare che questa rozza interruzione non venne dai rettori, ma dalla moltitudine, cioè dal popolo che era salito in Gerusalemme da ogni parte del paese, e dai pellegrini della dispersione, i quali non nutrivano animosità alcuna contro a Gesù, a ignoravano completamente la congiura dei rettori per torgli la vita. Essi potevano spiegare quelle sue strane e melanconiche idee, solo col supporre che egli fosse posseduto da un demonio. La stessa cosa era stata detta di Giovanni Battista Matteo 11:18; Luca 7:33, a motivo del suo severo ed austero abbandono delle gioie di questa vita, ed è senza dubbio perché essi credevano Gesù sotto l'influenza di una consimile disposizione d'animo, che lo giudicavano fuor di senno, e sotto l'impero di una possessione demoniaca. Che il popolo abbia ritenuto questa come la sola possibile, spiegazione delle parole di Gesù, fa tanto più risaltare la colpabilità dei rettori.
PASSI PARALLELI Giovanni 8:48,52; 10:20; Matteo 10:25; 11:18-19; 12:24; Marco 3:21-22,30; Atti 26:24
21 21. Gesù rispose e disse loro: io ho fatta un'opera, e tutti siete meravigliati. Senza tener conto della loro interruzione, Gesù, deciso a svelare il complotto che minacciava la sua vita, richiama alla memoria di molti fra i presenti il miracolo che egli aveva operato a favore dell'impotente che giaceva sotto i portici di Betesda Giovanni 5:1-13, miracolo che aveva prodotto tanto orrore ed indignazione, e che, per essere stato compiuto in giorno di sabato, dava ai rettori un pretesto per cercar di farlo morire. Osservisi che egli parla di "una sola opera", da lui compiuta nel sabato, in contrasto colle molte violazioni per parte loro della legge del riposo settimanale, delle quali egli parla subito dopo. Alcuni scrittori manifestarono la loro sorpresa per avere il Signore parlato di questo miracolo dopo trascorso un anno e mezzo, e altri vedono in ciò una obbiezione fatale alla teoria che fosse così prolungata la sua assenza da Gerusalemme; ma se si tiene in mente che quella lunga assenza ebbe per causa i pericoli che i complotti dei rettori facevano correre alla sua vita, e che questi persistevano nel loro proponimento di metterlo a morte durante questa festa stessa dei Tabernacoli, dovevamo appunto aspettarci a vederlo smascherare pubblicamente i suoi nemici Parlandone così apertamente, facendo nota a tutti la loro ipocrisia e i loro disegni tenebrosi, egli dava alla sua posizione una grande forza morale.
PASSI PARALLELI Giovanni 5:9-11
22 22. E pur Mosè vi ha data la circoncisione (non già ch'ella sia da Mosè, anzi dai padri) In questo versetto abbiamo un esempio di quanto il Signore avea dichiarato, in Giovanni 7:19, che cioè la nazione Giudaica non osservava tutta la legge alla lettera. La sola difficoltà qui consiste nel render conto delle prime parole del versetto: "perciò, per questa ragione". Molti scrittori, fra i quali Teofilatto, Beza, Maldonatus, Poole, Whitby, Hammond, Doddridge, Bloomfield, Olshausen, Tholuck, Hengstenberg e Stier, considerano queste parole come parte di Giovanni 7:21: "Siete meravigliati, per cagione di questo". Le obbiezioni che una tale aggiunta in Giovanni 7:21 è superflua, e contraria allo stile usuale di Giovanni, non hanno peso sufficiente per metter da parte un accomodamento che scioglie in modo soddisfacente una difficoltà, senza mutilare il testo, e se non si presenta una spiegazione più plausibile di il lettore può, senza rischio alcuno, adottar questa. Il Codice Sinaitico non contiene queste parole, e Tischendorff le omette; ma le autorità sulle quali esse riposano son troppo potenti perché si possa ammettere una tale soluzione, della difficoltà. Anche lasciando queste parole dove sono, cioè al principio di Giovanni 7:22, si giunge a darne una spiegazione molto più semplice e soddisfacente, adottando la traduzione di Diodati: "E pure", cioè: di più, o ancora: a modo d'esempio. Il Signore fa uso del loro linguaggio abituale, quando dice: "Mosè vi ha data la circoncisione", perché tutti parlavano di lui come dell'autore delle loro leggi e della loro organizzazione sociale; ma in realtà Mosè si era limitato ad incorporare nel codice delle leggi ricevute al Sinai Levitico 12:3, un rito di data assai più antica, come il Signore ha cura di ricordare mediante le parole: "non già ch'ella sia da Mosè, anzi dai padri". La circoncisione venne data primieramente ad Abrahamo, come suggello dell'eterno patto di grazia, e segno della sua giustizia per fede Romani 4:11. Fu istituita da Dio medesimo, e doveva venir praticata sopra ogni maschio, all'ottavo giorno dopo la nascita, ed osservata dai discendenti di Abrahamo in, tutte le loro generazioni, sotto pena di morte Genesi 17:10-14. e voi circoncidete l'uomo (il bambino maschio: "l'uomo" qui è indicativo del sesso, non dell'età) in sabato. L'istituzione del sabato dando dalla creazione del mondo Genesi 2:2-3, e molto più antica di quella della circoncisione; eppure, quando l'ottavo giorno dopo la nascita cade il sabato, voi non esitate ad operar la circoncisione in quel giorno, benché sia un'opera servile, e non vi credete esposti ad una accusa di violazione del sabato, perché in quel giorno adempiete un'opera di necessità.
PASSI PARALLELI Genesi 17:10-14; Levitico 12:3; Romani 4:9-11; Galati 3:17
23 23. Se l'uomo riceve la circoncisione in sabato, acciocché la legge di Mosè non sia rotta, vi adirate voi contro me, ch'io abbia sanato tutto un uomo la sabato? Questo versetto contiene la conclusione desunta dal fatto stabilito nel precedente: "Se voi trasgredite del continuo il sabato, compiendo del continuo in detto giorno un'opera di necessità, eppure vi stimate senza biasimo, acciocché la legge di Mosè, riguardo alla circoncisione, non sia rotta, quali ragioni avete voi per adirarvi contro a me, perché ho fatto in quello stesso giorno, un'opera di misericordia di ben'altra importanza? Giacché mentre la circoncisione è un'opera di purificazione limitata ad una parte dell'individuo, e conferisce una purificazione cerimoniale, il miracolo da me compiuto ha ristabilito in salute e forza il corpo intero di un uomo". Il contrasto in questi due versetti, checché ne dicano alcuni critici moderni, non è già fra una vecchia istituzione, "la circoncisione", ed una nuova, "il sabato", pubblicata solo quando la legge fu data al Sinai "asserzione infondata, poiché il sabato è di gran lunga la più antica delle due", ma fra le opere di necessità e quelle di misericordia compiute in quel giorno, una delle quali non si considerava come una trasgressione della legge, mentre l'altra, prodotta da una carità sublime, veniva considerata come una profanazione degna di morte! Beza, Bengel, Hutchison, Stier ed altri intendono le parole "sanato tutto un uomo", come relative alla salute dell'anima non meno che a quella del corpo, alla conversione del cuore come al ristabilimento in salute ed in, forze dell'intero corpo; ma il linguaggio di Giovanni 5:14, lascia in dubbio se quell'uomo fosse rinnovato o no, e anche in caso affermativo, la folla a cui Cristo parlava, non era capace di valutar la forza del suo argomento, fuorché per quanto riferivasi al corpo.
PASSI PARALLELI Matteo 12:5 Giovanni 5:8-9,14-16
24 24. Non giudicate secondo l'apparenza, ma fate giusto giudicio. Tenendo conto del punto speciale in discussione, queste parole di Gesù significano: "Innalzatevi al disopra della lettera della legge, e sforzatevi di intenderne lo spirito; così facendo, troverete che, né voi col circoncidere, né io col guarire, abbiamo violato il sabato. Non vi affrettate a condannare un'azione come questa, senza prima guardare bene addentro alle, cose. "Intese in modo generale, esse significano che non dobbiamo giudicar di cosa alcuna con precipitazione, con ignoranza, secondo le mere apparenze esterne, ma solo dopo averla ben considerata, sotto tutti i suoi aspetti, affin di darne una vera e completa decisione. Il principio qui stabilito è importantissimo; eppure lo si viola ogni giorno, così nella chiesa come nel mondo. Niente ci accade più spesso che di giudicare favorevolmente o sfavorevolmente il carattere e le azioni degli uomini, guardando solo all'apparenza esterna. La temerità, i pregiudizi, l'egoismo sono ostacoli formidabili, che c'impediscono di giungere a dei giudizi retti ed onesti.
25 25. Laonde alcuni di quei di Gerusalemme dicevano: Non è costui quel che essi cercano di uccidere? Quelli che parlano, non sono più le turbe venute dalle provincie alle quali Gesù aveva parlato fino allora, ma alcuni abitanti di Gerusalemme a cui eran noti i complotti dei rettori, e che si domandano gli uni agli altri se mai potesse esservi qualche sbaglio sulla sua identità, poiché non si faceva passo alcuno per arrestarlo.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:10-11 Giovanni 7:20
26 26. E pure ecco egli parla liberamente, ed essi non gli dicono nulla; avrebbero mai i rettori conosciuto per vero che costui è il Cristo? La perfetta libertà colla quale Cristo stava insegnando nel tempio, insieme alla loro conoscenza dei piani dei rettori, conducono questi cittadini a sospettare che fosse stato mutato il piano di operazioni, e li inducono a domandarsi "Avrebbero mai i rettori conosciuto per vero che costui è il Cristo?".
27 27. Ma pure noi sappiamo onde costui è; Queste parole possono indicar due cose: ovvero la risoluzione di quelli che le profferivano di non lasciarsi ingannare, se anche i rettori avessero riconosciuto Gesù qual Messia; ovvero una ritrattazione della loro precedente domanda, come se la conoscenza che essi avevano di Cristo rendesse impossibile il fatto in essa mentovato. L'ultimo senso è il più probabile. "Tutti sappiamo da dove proviene quest'uomo che dice di esser il Messia, egli è natio di Nazaret, e tutti i particolari della sua parentela, padre, madre, fratelli, sorelle Matteo 13:55, sono famigliarmente conosciuti; ma tale non dev'essere il caso per il Messia". Questa loro idea non aveva ombra di fondamento, poiché Gesù era nato a Betleem Luca 2:4,7; ma ci fa vedere quanto poco si curavano di ottenere informazioni sicure riguardo ad una persona così notevole per la sua dottrina e pei suoi miracoli! La completa ignoranza del popolo riguardo al miracoloso concepimento di Gesù ed alla sua nascita a Betleem, benché tali fatti avessero, quando avvennero, commossa tutta la contrada circonvicina, sembra incomprensibile, perché, quantunque fossero trascorsi più di trenta anni da quel tempo in poi, molti in Betleem e in Nazaret dovevano ricordarsi quei fatti, e avrebbero potuto, quando Gesù cominciò ad attrarre l'attenzione col suo pubblico insegnamento, proclamare i miracoli che avevano accompagnato la sua nascita. ma quando il Cristo verrà niuno saprà onde egli sia. Questo non può intendersi n'è del suo luogo di nascita, né della famiglia dalla quale doveva uscire. Il primo era stato rivelato in Michea 5:2, e i principali sacerdoti e gli scribi medesimi lo avevano dichiarato ad Erode, quando giunsero in Gerusalemme i Magi d'Oriente, domandando: "Dov'è il Re dei Giudei, che è nato?" Matteo 2:5-6, e alcuni almeno dei presenti alla festa conoscevano quella profezia, Giovanni 7:42. Riguardo alla seconda, era universalmente riconosciuto e creduto che il Messia doveva uscire dalla famiglia di Davide, e il titolo che gli vien dato più spesso è quello di "Figliuol di Davide". Che voglion dire adunque le parole: "Niuno saprà onde egli sia?" Questa idea può esser provenuta da interpretazioni rabbiniche di passi come Isaia 53:8; Malachia 3:1 ecc. Ad ogni modo era credenza comune fra il popolo che il Messia comparirebbe primieramente in Betleem, ma verrebbe immediatamente rapito e nascosto, finché non ricevesse la sacra unzione da Elia; quindi si manifesterebbe, ad un tratto, senza che si potesse dire né quando, né come. Anzi alcuni sostengono che il Signore pensava a queste idee popolari della sua subitanea ed inaspettata apparizione quando diede ai suoi discepoli gli ammonimenti di Matteo 24:23; Marco 13:21.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:15; 6:42; Matteo 13:54-57; Marco 6:3; Luca 4:22 Giovanni 7:41-42; Isaia 11:1; 53:8; Geremia 23:5; 30:21; Michea 5:2; Matteo 2:5-6; Atti 8:33
28 28. Laonde Gesù gridava nel tempio, insegnando e dicendo: E voi mi conoscete e sapete onde io sono, "gridava", indica l'espressione ad alta voce dell'emozione che Gesù risentiva nel vedere quanto s'ingannavano riguardo alla sua origine. Le parole: "nel tempio", dopo Giovanni 7:1, non sarebbero necessarie, ma servono a descrivere in modo più vivace il momento solenne di questa esclamazione. In mezzo alla moltitudine trovavansi senza dubbio dei sacerdoti, degli scribi, dei rettori, ed egli desiderava attrarre l'attenzione di tutti. Furon dati vari sensi all'esclamazione: "E voi mi conoscete". 1) È una domanda. 2) È ironica. 3) È un rimprovero, perché conoscevano la sua natura divina, eppure si ostinavano a nasconderla. Nessuna di quelle interpretazioni ci soddisfa. Ci par di afferrar chiaramente il pensiero di Cristo, prendendo quelle parole nel loro senso semplice e letterale. Egli ammette subito che il popolo possedeva una conoscenza esterna di lui e della sua parentela terrestre; ma vi era pure, nel caso suo, una origine più nascosta e più alta che essi non, sapevano. ed(e pure)io non son venuto da me stesso; ma colui che mi ha mandato è verace; Queste parole possono venir parafrasate così: "Eppure voi non mi conoscete realmente ed a fondo, imperocché non venni di mio proprio movimento, indipendentemente da Dio, e senza il suo mandato; ma è il Padre che mi ha mandato nel mondo, per farvi la sua volontà. Il vero e reale mio mandante è il vero e fedele Iddio d'Israele". La parola qui applicata a Dio, non è quella che si usa ordinariamente per vero. Essa suona piuttosto genuino, reale, originale, in opposizione a ciò che è simile o rappresentativo. La stessa parola viene usata in Giovanni 15:1: "Io sono la vera vite". Non è usata qui nel senso che Dio è degno di fede, bensì nel senso che egli è una vera e sostanziale persona, che possiede in sé tutta la perfezione espressa nella sua immagine o tipo. "Cristo era il riflesso o l'immagine o il carattere del Padre Ebrei 1:3, e il Padre era l'essenza genuina, rispondete a quanto il Figlio rappresentava e metteva in luce" (Jacobus). il qual voi non conoscete.
PASSI PARALLELI Giovanni 1:46; 8:14; Matteo 2:23; Luca 2:4,11,39,51 Giovanni 3:2; 5:43; 8:16,42; 10:36; 12:49; 14:10,31 Giovanni 3:33; 5:32; 8:26; Romani 3:4; 2Corinzi 1:18; Tito 1:2; Ebrei 6:18; 1Giovanni 5:10 Giovanni 8:19,54-55; 16:3; 17:3,25; 1Samuele 2:12; Salmi 9:10; Proverbi 2:3-5; Geremia 9:6 Geremia 31:34; Osea 4:1; 5:4; 6:3-6; Matteo 11:27; Luca 10:22; Atti 17:23; Romani 1:28 2Corinzi 4:6; 1Giovanni 2:3-4
29 29. Ma io lo conosco; perciocché io son proceduto da lui, ed egli mi ha mandato. Si noti il contrasto chiarissimo che Gesù esprime tra sé medesimo, e quelli che erano così certi di conoscere tutto ciò che lo concerneva. Per quanto si vantassero di Jehova, come del Dio che aveva stretto un patto con loro, il Signore dichiara che essi non lo conoscevano realmente, se no non avrebbero respinto il messaggero che, egli mandava loro. Nessuno che lo negava come Messia, poteva conoscere Jehova come Padre, perché "chi non onora il Figliuolo, non onora il Padre che l'ha mandato" Giovanni 5:23. Ma egli lo conosceva quel Dio ch'essi ignoravano, "primieramente a motivo di quella comunanza di essenza che lo legava col Padre, e quindi a motivo della divina origine della sua missione. Colui che è mandato mantiene intima comunicazione con colui che lo manda, e in conseguenza di ciò lo conosce" (Godet). Le parole: "perciocché io son da lui" dichiarano l'eterna relazione del Padre e del Figlio, dalla quale procede la perfezione della sua conoscenza; mentre le parole: "egli mi ha mandato" implicano più che una semplice commissione di profeta; esse lo proclamano il Mandato, il Messia, il profeta più grande di Mosè, che Dio aveva sempre promesso al suo popolo.
PASSI PARALLELI Giovanni 1:18; 8:55; 10:15; 17:25-26 Giovanni 3:16-17; 13:3; 16:27-28; 17:18; 1Giovanni 1:2; 4:9,14
30 30. Perciò cercavano di pigliarlo; Giovanni, parla qui dei rettori e dei loro aderenti. Benché Gesù non avesse pronunziato il nome di Dio, essi compresero subito che egli si proclamava il Messia; da ciò la loro rabbia, e i loro nuovi tentativi per impadronirsi di lui. ma niuno gli mise la mano addosso; perciocché la sua ora non era ancora venuta. Se furono trattenuti dalla evidente simpatia della moltitudine per lui Matteo 26:5, o se egli sparì ad un tratto Giovanni 8:59; 10:39; Luca 4:30, è cosa che non vien chiarita; ma l'evangelista c'informa che la causa vera per cui non riuscirono nel loro intento, si fu "che la sua ora non era ancora venuta". Vani furono tutti i loro tentativi per arrestarlo finché non lo permise Iddio e quando finalmente egli cadde in potere dei suoi nemici, non fu già perché più non avesse potuto sfuggir loro Matteo 26:53, ma perché era giunta l'ora fissata da suo Padre. Quello che accadde al Maestro accadrà pure ai discepoli tutti. Il persuaderci che nulla accade in questo mondo, se non conformemente agli eterni consigli, e secondo i piani eterni del nostro Padre Celeste, è il gran segreto per, vivere una vita tranquilla e felice.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:19,32; 8:37,59; 10:31,39; 11:57; Marco 11:18; Luca 19:47-48; 20:19 Giovanni 7:6,8,44-46; 8:20; 9:4; 11:9-10; Salmi 76:10; Isaia 46:10; Luca 13:32-33 Luca 22:53
31 31. E (ma) molti della moltitudine credettero in lui, e dicevano: il Cristo, quando sarà venuto, farà egli più segni che costui non ha fatti? Se l'ultimo versetto ci dà una prova che negli abitanti di Gerusalemme aumentava l'incredulità riguardo a Cristo come Messia, questo ci fa conoscere che la fede in lui andava crescendo fra la gente di campagna, "moltitudine", la quale era accorsa alla festa. Questa fede in lui può essere stata una convinzione più profonda che egli era un vero profeta Luca 24:19, o che egli era il Messia promesso, benché, in quest'ultimo caso, ancora non potesse esser fede a salute. Quest'ultimo senso ci par più conforme alle loro domande: "Se, questi non è il vero Messia, quando il Messia, che voi tuttora aspettate, verrà, potrà egli mai compiere miracoli più grandi che quest'uomo non abbia fatti? Era aspettazione comune, fondata forse sopra Isaia 35:5-6, che il Messia compirebbe molti miracoli. Alcuni di quelli che parlavano così erano forse stati testimoni dei miracoli che egli avea compiuti in Galilea; altri dovevano averne udito parlare e vedendo che le opere sue corrispondevano a quanto essi si aspettavano che farebbe il Messia, lo accolsero come il vero Unto del Signore.
32 Gesù predica nel tempio con chiarezza e grazia sempre maggiori. Il Sinedrio manda dei sergenti per arrestarlo, ma questi tornano indietro senza avere osato mettergli le mani addosso, Giovanni 7:32-46
32. I Farisei udirono la moltitudine che bisbigliava queste cose di lui; e i Farisei e i principali sacerdoti mandarono dei sergenti per pigliarlo. Per quanto il popolo parlasse con prudenza, i suoi bisbigli giunsero agli orecchi dei Farisei, i quali, da questo istante, sembrano agire in corpo per togliere Gesù di mezzo. "I principali sacerdoti" non erano solamente Anna e Caiafa od altri tuttora viventi che avevano tenuto l'ufficio di sommi sacerdoti, ma pure i capi delle 24 classi, o mute, nelle quali Davide avea diviso i discendenti di Aaronne 1Cronache 24:7-19, e che, dopo di lui, Giosia, Esdra e Neemia aveano ricostituite; imperocché, quantunque quattro classi sole tornassero dalla cattività di Babilonia, con quelle si erano ricostituite le 24 classi, ritenendo i nomi di prima 2Cronache 35:4; Esdra 2:36-39; Nehemia 7:39-42; 12:1, ecc. Questi personaggi tutti, preso consiglio insieme, sembrano aver convocato in fretta il Sinedrio, il quale approvò i loro disegni e mandò dei sergenti per arrestare Gesù.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:47-53; 11:47-48; 12:19; Matteo 12:23-24; 23:13 Giovanni 7:45-46; 18:3; Luca 22:52-53; Atti 5:26
33 33. Perciò Gesù disse loro: io son con voi ancora un poco di tempo; poi me ne vo a colui che mi ha mandato. Queste parole sono rivolte a quelli che erano nel cortile del tempio, così alla moltitudine, come ai partigiani dei rettori. La decisione, presa dal Sinedrio e da lui ben conosciuta, ricordò al Signore che il tempo del suo ministerio terreno si avvicinava rapidamente al suo termine, ed egli lo annunzia ai suoi uditori, affinché quelli che son ben disposti si affrettino ad accettar la salute, e i nemici sieno ammoniti del pericolo a cui vanno incontro. Per quanto poco dovesse ancora durare il suo ministerio quaggiù, v'era tempo ancora per pentirsi; ma poi verrebbe un'ora nella quale sarebbe troppo tardi. La manifestazione dell'amor di Dio per l'uomo sarebbe tosto coronata col suo sacrificio; offerto quello, sarebbe compiuta la sua missione, ed egli se ne tornerebbe a colui che lo avea mandato. Quelli che aveano seguito il Signore nel suo ministerio in Galilea, dove egli aveva così spesso parlato in quei termini di suo Padre, e i più fra i rettori, i quali ben sapevano che egli si proclamava Messia, non potevano aver difficoltà alcuna nel comprendere di chi parlasse; ma da Giovanni 7:35 vediamo che alcuni, sinceramente o no, protestavano di non capir le sue parole.
PASSI PARALLELI Giovanni 12:35-36; 13:1,3,33; 16:5,16-22; 17:11,13; Marco 16:19
34 34. Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove io sarò, voi non potrete venire. La parola "sarò" è una traduzione erronea; l'originale greco ha: "io sono" che è la semplice espressione di una esistenza continuata, e ben s'addice a colui che da ogni eternità è uno col Padre. "Cercherete" non ha qui il senso di volerlo far morire, ma di ottenere aiuto da lui. "non mi troverete" non significa neppure che, dal momento della sua partenza, non vi sarebbe più speranza di salute per quelli che ora lo rigettavano, e poco dopo lo doveano crocifiggere, perciocché ben si sa che molti di essi credettero dipoi in lui e ricevettero il battesimo nel suo nome, in segno di remissione dei peccati Atti 2:38. Di più è immutabilmente vera la promessa: "Io non caccerò fuori colui che viene a me" Giovanni 6:37. Le parole di Gesù sembrano alludere alla catastrofe che in un prossimo avvenire doveva colpire la nazione giudaica, e rovinare affatto la sua costituzione sociale. Quando quella avverrebbe, il popolo domanderebbe ardentemente di venire liberato dall'aspettato Messia; ma invano, poiché già lo avrebbe rigettato e crocifisso nella persona di Gesù di Nazaret. A quell'epoca il Signore sarebbe già rientrato nella sua gloria dove nessun di loro lo potrà avvicinare.
35 35. Laonde i Giudei dissero fra loro: Dove andrà costui, che noi nol troveremo? Andrà egli a coloro che son dispersi fra i Greci ad insegnare i Greci? Come osserva Messer, "fra loro" significa che queste parole furon dette da un solo partito, quello dei rettori, ad esclusione di tutti gli altri. Tal domanda era al tempo stesso insolente ed ironica. "Dove vuole fuggire costui, si da essere all'infuori del nostro potere?" Conviene loro di distogliere ad ogni modo l'attenzione della moltitudine dalle parole: "non mi troverete", ed a questo scopo chiedono con disprezzo se Gesù voleva andarsene dai Giudei dispersi fra i Gentili, o peggio ancora continuare il suo ministerio fra i Gentili medesimi. Un tentativo analogo di distrarre l'attenzione del popolo, quando Gesù usò di nuovo le medesime parole, si trova al cap. Giovanni 8:22, allorquando i Giudei suggeriscono, che egli si voleva uccidere. Il nome di diaspora, era un nome generico per tutti i Giudei che si erano stabiliti fuori della Palestina. Erano specialmente numerosi in Africa, nell'Asia Minore e nella Siria; ma se ne trovavano pure dispersi fra i Gentili in tutto l'Oriente. Si chiamavano ossia Giudei che parlavano il greco, non mai "Greci", nome che nel Nuovo Testamento non vien "dato che ai Gentili. Le parole: designano adunque i Giudei dispersi fra i Gentili, non già una dispersione dei Greci, perché non si poteva parlar di "dispersione dei Greci" in paesi appartenenti quasi interamente a loro. "Andrà egli, domandano i rettori, ai Giudei dispersi, per persuaderli ad accettare la sua dottrina, o si spingerà egli fino al segno di insegnare i Gentili medesimi?" Un tal atto essi lo deridono come il colmo della, follia, e vorrebbero indur la moltitudine ad imitare il loro esempio. Or questo fu precisamente ciò che avvenne dopo la discesa dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste. Pietro, quale Apostolo della circoncisione, visitò i Giudei della diaspora, e scrisse loro due epistole; e Paolo, quale Apostolo della incirconcisione, in tutti i suoi viaggi, come vediamo dagli Atti Apostolici, cominciava in ogni luogo l'opera sua fra i suoi concittadini della diaspora, "essendo egli stesso per nascita uno di loro", quindi si volgeva ad insegnare i Gentili. Dal medesimo libro vediamo con qual detestazione i Giudei vedevano aprir la porta della salvezza ai Gentili. Godet osserva che Giovanni riferì in modo così particolareggiato le parole ironiche dei Farisei, forse perché vide in esse una profezia involontaria, come quella di Caiafa Giovanni 11:49-51, profezia già adempiuta al momento in cui Giovanni scriveva, poiché moltissimi Gentili avevano accettato l'Evangelo, e della quale lo stesso suo Vangelo indirizzalo a loro era una prova.
36 36. Qual'è questo ragionamento ch'egli ha detto: Voi mi cercherete, e non mi troverete; e: Dove io sarò (sono), voi non potrete venire? Ad onta delle loro amare parole, essi non possono bandire dalla loro mente il detto di Gesù. Invano cercano di intenderne il senso; sospettano che contenga qualche cosa di contrario ai loro interessi: "Dopo tutto, che può egli voler significare con tali parole? Annunziano esso del male?" Ma tali domande rimangono senza risposta.
PASSI PARALLELI Giovanni 3:4,9; 6:41,52,60; 12:34; 16:17-18 Giovanni 7:34; 1Corinzi 2:14
37 37. Or nell'ultimo giorno, ch'era il gran giorno della festa, Da Levitico 23:34, sappiamo che la festa dei Tabernacoli durava Sette giorni; ma da Levitico 23:36,39; Numeri 29:35; Nehemia 8:18, sappiamo pure che a quei sette se ne aggiungeva uno di solenne convocazione, sicché la festa durava in realtà otto giorni. Si è messo in questione se "il gran giorno della festa", di cui parla qui Giovanni, fosse il, settimo, ossia, a rigor di termini, l'ultimo giorno della festa, o l'ottavo, nel quale tenevasi la solenne convocazione. Quelli che stanno pel settimo, si fondano sul fatto che, mentre vi erano sacrifici e riti speciali, per ciascun dei sette giorni, altri, affatto diversi, erano espressamente prescritti per l'ottavo, ossia per il sabato di santa convocazione. Quelli che stanno per l'ottavo arguiscono che Dio lo aveva istituito in intima connessione colla festa dei Tabernacoli Levitico 23:39; Numeri 29:35, che in 2Maccabei 10:6, e in Flavio, Antiq. 3, 10, 4, la festa dei Tabernacoli è espressamente chiamata una festa di otto giorni, e che alcuni scrittori rabbinici, "ma questo è contestato da altri", asseriscono che l'acqua veniva sparsa sull'altare nell'ottavo giorno come nei precedenti. La cosa che interessa maggiormente le ricerche antiquarie che la pratica della vita; però siccome quell'ottavo giorno era la chiusa non solo della festa dei Tabernacoli, ma pure delle tre grandi solennità dell'anno, inchiniamo a schierarci con quelli che lo "considerano come "l'ultimo e il gran giorno della festa". Fra i riti di quel giorno, ve n'era uno posteriore alla legge di Mosè e di origine incerta, ma più popolare di tutti gli altri. Al momento del sacrificio mattutino, un sacerdote, accompagnato da una processione, preceduta da una banda musicale, recavasi alla piscina di Siloè, "al punto di congiunzione delle valli di Giosafat e di Hinnom", avendovi riempito un vaso d'oro, lo portava, in mezzo alle giulive acclamazioni del popolo, nel cortile del tempio, e lo versava in due vasi d'argento, posti in sull'altare, mentre i Sacerdoti e i Leviti cantavano il grande Hallel Salmi 113; 118 seguito dalle parole di Isaia: "E voi attignerete con allegrezza l'acque dalla fonte della salute" Isaia 12:3. Questa parte della cerimonia era intesa a commemorare con gratitudine la misericordia di Dio, per aver egli provveduto, l'acqua ad Israele, mentre vagava qua e là nel deserto, come pure a, ricordare al popolo le maggiori benedizioni promesse per la venuta del Messia probabilissimo che nelle parole di questo vers. il Signore faccia allusione ad un tal rito. Gesù, stando in piè, gridò, dicendo: Se alcuno ha sete, venga a me e beva. All'ottavo giorno, il popolo abbandonava le capanne sotto alle quali era vissuto per una settimana, e rientrava nelle sue case. L'Evangelista sembra presentarci Gesù salito su qualche eminenza, forse nelle vicinanze del tempio, da dove poteva vedere tutti i passanti, ed attrarre ad alta voce la loro attenzione su di sé, come sull'antitipo della roccia percossa, colui dal quale procedon le acque della vita. La sete di cui parla qui il Signore, non è corporea, ma spirituale: è l'aspirazione ansiosa dell'anima disingannata, dietro a qualcosa di meglio di quanto il mondo può dare Isaia 55:1-3; è il desiderio di un cuore credente di ottener maggiori manifestazioni della grazia di Dio, più copiose effusioni della forza vivificante dello Spirito di Dio. È quella sete che Davide provava ed esprimeva al principio dei Salmi 42:1-11 e Salmi 63:1-11. Ma le parole di Gesù si riferiscono pure a quella prima sete di cose migliori che provava il giovane rettore quando si presentò a Gesù domandandogli: "Maestro buono, facendo che erediterò la vita eterna?" Luca 18:18. Di chiunque senta una tal sete Gesù dice: "Venga a me e beva". È questo un invito analogo a quello di Matteo 11:28; è invito che non patisce restrizione alcuna; la parola "chiunque" gli dà il senso più generale possibile, sicché esso abbraccia tutti gli uomini. Il fatto che, nella festa, l'acqua veniva versata, ma non bevuta, non ci pare una ragione sufficiente per negare che queste parole di Gesù alludessero a quel rito. "versar l'acqua" ricordava "la roccia percossa", e non occorreva altro per completar l'analogia. Cristo ci si dichiara qui qual fonte di vita, come colui che provvede ai bisogni spirituali dell'uomo, che dà pace e felicità ad ogni coscienza turbata, che toglie e perdona il peccato.
38 38. Chi crede in me, siccome ha detto la scrittura, dal suo ventre coleranno fiumi d'acqua viva. Il senso generale di questo versetto è abbastanza chiaro, ed è che chiunque accetta l'invito di Cristo, e crede in lui qual Salvatore mandato da Dio, riceverà certamente nella propria persona la benedizione promessa, "l'acqua viva", "lo Spirito Santo", in modo permanente, non solo per supplire abbondantemente ai propri bisogni spirituali, ma pure per la conversione e la santificazione degli altri, mediante la continua testimonianza che salirà dal suo cuore alle sue labbra. Ma sono state sollevate varie difficoltà, riguardo al nesso fra loro delle varie espressioni di questo versetto. Alcuni vorrebbero unire le parole; "chi crede in me" con "beva" alla fine di Giovanni 7:37, così: "Se alcuno ha sete venga a me, e chi crede in me beva". Altri vorrebbero unire "chi crede in me" colle parole che vengono subito dopo: "siccome ha detto la scrittura", cioè "chi crede in me sinceramente, conformemente alla parola di Dio". La prima interpretazione fa violenza all'uso grammaticale della lingua greca; e tutte e due sono chiaramente contrarie allo spirito di tutto il passo. Le parole non ammettono una costruzione rigorosa. L'espressione: "Siccome ha detto la scrittura", deve unirsi a "dal suo ventre, ecc." e non si riferisce ad un passo speciale, ma al tenore generale di certe profezie come Isaia 44:3; 58:11; Ezechiele 47:1-12; Gioele 3:18; Zaccaria 14:8. "dal suo ventre" da Stier vien riferito al Signore stesso, qual fonte inesauribile dalla quale lo Spirito Santo esce a torrenti. Nessuno nega questa verità, ma non ci par che sia tale il senso di questo passo. Godet lo riferisce alla roccia percossa da Mosè nel deserto, dall'interno della quale l'acqua sgorgava un'abbondanza; ma questo è un mescolar stranamente Cristo ed il credente sotto la medesima figura! Che la roccia fosse Cristo ce lo dichiara Paolo 1Corinzi 10:4; ma l'applicar questo tipo ai credenti non è sanzionato in nessuna parte della Scrittura. Crediamo che qui indichi figurativamente l'anima la parte più intima dell'uomo, nella quale, se si tratti di un vero credente, Cristo versa così abbondantemente il suo Spirito, che, da quella pienezza, si riversano ricchezze spirituali sopra molti altri. Questo modo di vedere è confermato da quanto Gesù disse alla donna di Samaria riguardo a questa stessa "acqua viva" Giovanni 7:4,14, colla differenza che in quel caso Gesù parlò di una "fonte d'acqua", mentre nel caso presente impiega l'espressione "fiumi di acqua viva. Questa figura indica prima l'abbondanza, quindi la diffusione di quest'acqua viva, per il bene di molti. Il vero senso di questa promessa si è che ogni credente in Cristo riceverà abbondantemente quanto occorre per i suoi bisogni spirituali, e diverrà sorgente di benedizioni per altri. Mediante la sua parola, le sue opere e il suo esempio, le grazie vivificanti dello Spirito sgorgheranno come acque di vita per il bene eterno dei suoi simili.
39 39. Or egli disse questo dello Spirito, il qual riceverebbero coloro che credono in lui; conciossiaché lo Spirito Santo non fosse ancora stato mandato; perciocché Gesù non era, ancora stato glorificato Questo versetto è uno di quei commenti dell'Evangelista che occorrono così di frequente nel Vangelo di Giovanni. Da queste sue parole, i Papisti e i Ritualisti possono convincere si che l'acqua di cui vien qui parlato, non indica il battesimo, al quale essi dànno tanta importanza, ma lo Spirito Santo. Esse ci accertano che chiunque ora crede veramente in Cristo, ha ricevuto il dono dello Spirito Santo, il quale è per lui un avvocato risiedente nel cuore, il Consolatore da Cristo promesso, e che deve dimorare coi suoi fino al suo ritorno, il Santificatore che mediante la parola e l'unione con Cristo lo prepara alla gloria. Questi "tempi di refrigerio", descritti in Giovanni 7:38, non erano ancora venuti, perché Cristo non aveva ancora pienamente adempiuto l'opera sua terrena. Occorreva che morisse, risuscitasse e salisse in cielo, prima che potesse venir glorificato. Gesù stesso ci dice che era necessario, che era la volontà del Padre che egli partisse da questa terra per salire in cielo, prima che ne potesse discendere lo Spirito Consolatore Giovanni 16:7. Quando finalmente egli sedette alla destra del Padre, fu adempiuta la profezia che egli "ha ricevuto doni per gli uomini" Salmi 58:18, Revisione Guicciardini e la scena meravigliosa del dì, di Pentecoste fu il primo frutto di quella effusione dello Spirito, che deve continuare fino alla fine del mondo, a benefizio di tutti i credenti. Dicendo che "lo spirito non era ancora stato mandato", Giovanni non vuol punto significare che l'opera dello Spirito fosse affatto ignota in tutta la dispensazione dell'Antico Testamento, e durante il ministerio di Cristo in sulla terra; imperocché lo Spirito lottò cogli uomini prima del diluvio, ai tempi di Noè Genesi 6:3; Davide parlò per lo Spirito Santo Marco 12:36; Isaia rese testimonianza allo Spirito Isaia 63:10-11; e il Battista fu ripieno di Spirito Santo dal ventre di sua madre Luca 1:15. Giovanni vuol dir solo che, fino a quel momento, lo Spirito non si era ancora pienamente rivelato a quei cuori nei quali poi, dopo l'ascensione di Cristo, egli abitò con così piena influenza. In breve, fu solo dopo l'ascensione di Cristo e in conseguenza di quella, che cominciò la dispensazione dello Spirito Santo.
40 40. Molti adunque della moltitudine, udito quel ragionamento, dicevano: Costui è veramente il profeta. In questo e nei seguenti versetti è descritto l'effetto prodotto sulla moltitudine dal discorso che essa aveva udito. L'articolo definito "che precede profeta" indica che quelli che parlavano a quel modo lo prendevano per Elia, o per il profeta predetto da Mosè Deuteronomio 18:15. Quest'ultimo, secondo alcuni, doveva, essere il Messia stesso, secondo altri il suo precursore, Vedi Nota Giovanni 1:21.
41 41. Altri dicevano: Costui è il Cristo. Altri dicevano: Ma il Cristo verrà egli di Galilea? Nessuno aveva mosso una obbiezione qualsiasi all'opinione che egli potesse essere il profeta precursore del Messia; ma non appena vien messa avanti l'idea che egli sia veramente il Messia in persona, quel Messia così lungamente aspettato, ecco che parte della moltitudine, credendolo di Galilea, vi si oppone e crede mostrarne l'assurdità colla domanda: "Il Cristo verrà egli di Galilea?"
PASSI PARALLELI Giovanni 7:31; 1:41,49; 4:25,29,42; 6:69; Matteo 16:14-16 Giovanni 7:52; 1:46
42 42. La scrittura non ha ella detto, che il Cristo verrà della progenie di Davide e di Betleem, castello ove dimorò Davide? Le indicazioni qui date sulla famiglia e il luogo di nascita del Messia sono perfettamente esatte, VediSalmi 79:3-4; 132:11; Isaia 11:1,10; Geremia 23:5-6; 1Samuele 17:12; Michea 5:2 e all'obbiezione non sarebbe stato possibile rispondere, se si fosse potuto provare con certezza che Gesù era realmente nato in Galilea. Fatto sta che Gesù era nato in Betleem Matteo 2:1; Luca 2:4-6; una inchiesta fatta in quella città e nella famiglia di Maria sarebbe bastata a decidere la vertenza, se pur si desiderava conoscere la verità.
43 43. Vi fu adunque dissensione fra la moltitudine per lui. L'obbiezione, che Gesù era Galileo non aveva fondamento alcuno, ma bastava a raggiungere lo scopo dei suoi nemici, quello cioè di seminare la divisione (lett. Scisma), e separar la folla in due partiti, uno dei quali favorevole a Cristo, mentre l'altro si schierava coi suoi nemici.
44 44. E alcuni di loro volevan pigliarlo; ma pur niuno mise le mani sopra lui. Questa mossa fu fatta da quelli fra la moltitudine i quali aveano negato che egli potesse essere il Messia; e non deve confondersi col tentativo dei rettori e dei loro partigiani; ma lo scopo era il medesimo, e se non riuscì, lo si deve alla stessa causa divina che già lo aveva impedito, cioè "perciocché la sua ora non era ancora venuta".
PASSI PARALLELI Giovanni 7:30; 8:20; 18:5-6; Atti 18:10; 23:11; 27:23-25
45 45. I sergenti adunque tornarono ai principali sacerdoti ed ai Farisei; e quelli dissero loro: Perché non l'avete menato? Non ci vien detto quanto tempo passasse fra l'ordine dato ai sergenti Giovanni 7:32, e il loro ritorno senza averlo eseguito. Dal racconto di Giovanni, alcuni traggono la conclusione che essi ricevettero l'ordine dal Sinedrio in seduta, e al loro ritorno lo trovarono tuttora sedente o nuovamente riunito, benché fosse giorno di festa solenne. Ma è più probabile che fosse loro stato dato un mandato generico di arrestar Gesù alla prima occasione favorevole, e che passassero anche più giorni senza che, per quanto stessero in agguato, ardissero mettergli le mani addosso, a motivo delle disposizioni della folla. La domanda fatta dai membri del Sinedrio, quando i sergenti tornarono soli, rivela la rabbia di chi vede i suoi piani rovinati. Di fronte alla moltitudine, essi non ardivano ricorrere alla forza aperta; ma se i loro sergenti, mediante qualche artifizio o scusa legale, fossero riusciti a condur Gesù nella sala delle loro liberazioni avrebbero potuto allora farne quel che volevano.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:32; Atti 5:21-27
46 46. I sergenti risposero: Niun uomo parlò giammai come costui. Queste parole hanno probabilmente una doppia applicazione, prima alla moltitudine, poi ai sergenti medesimi. Avevano osservato con stupore la potenza delle parole di Cristo sul cuore e sulla mente della folla; mai avevano udito un uomo esercitare una tale influenza; era impossibile arrestarlo mentre durava tuttora quel suo potere sulla folla. Al tempo stesso confessano candidamente che l'insegnamento di Gesù avea prodotto su di loro medesimi una sì profonda impressione, che a rischio di venir severamente puniti dai loro superiori, era venuto loro meno il coraggio, e non si erano sentiti capaci di fargli qualsiasi cosa. Benché, estranei al senso profondo dell'insegnamento di Cristo, la misteriosa grandezza, la grazia e la purezza della sua dottrina li avevano colpiti di ammirazione, e così Iddio li aveva impediti di eseguire la loro missione sanguinaria. Come osserva Godet, quella loro franca risposta era l'uno strano complimento fatto, senza volerlo, a quei dottori che essi udivano abitualmente.
PASSI PARALLELI Giovanni 7:26; Matteo 7:29; Luca 4:22
47 Giovanni 7:47-53. IRA DEL SINEDRIO CONTRO I SERGENTI E CONTRO IL POPOLO. NICODEMO PROTESTA CONTRO LA SUA FRETTA INDECENTE NEL CONDANNARE SENZA FAR RETTO GIUDIZIO
47. Laonde i Farisei risposero loro: Siete punto ancora voi stati sedotti? 48. Ha alcuno dei rettori, o dei Farisei, creduto in lui? I Farisei si adirano contro i loro servitori perché ardiscono aver pensieri o convinzioni proprie, mentre essi li consideravano come mere macchine destinate ad eseguire senza osservazioni la volontà dei loro superiori. "Né i rettori, né i Farisei hanno creduto in lui; pretendereste forse di saperne più di noi? Che diritto avete di portar la nostra livrea, e di pensar diversamente da noi, e di mettere in questione i nostri ordini?" Tali domande sono piene di intolleranza, di sarcasmo e di ironia.
49 49. Ma questa moltitudine, che non sa la legge, è maledetta. Queste parole non sono un anatema o una scomunica formale di tutto quel popolo; neppure il Sinedrio avrebbe avuto il diritto di sentenziare a quel modo. Esse sono semplicemente uno scoppio di rabbia e di disprezzo. La mancanza di conoscenza della legge di cui vien qui accusato il popolo s'intenda i quella scienza rabbinica composta di ibride interpretazioni della legge e di tradizioni degli anziani, di cui menavano vanto le scuole di quel tempo, in Gerusalemme, ed equivale al "non essendo stato ammaestrato", già detto di Cristo Giovanni 7:15, e ad "uomini senza lettere ed idioti", come vengono chiamati Pietro e Giovanni Atti 4:13. Fatto sta che la presenza di quella folla in Gerusalemme per la festa era una prova tangibile che essa conosceva ed osservava la lettera della legge, mentre il suo ardore per udire la dottrina di Cristo dimostrava che ne conosceva pure le esigenze spirituali, di cui quelli che "sedevano nella cattedra di Mosè" non avevano la minima idea. Orgogliosi dei loro lavori letterari e delle loro infallibili interpretazioni della legge di Mosè, i Farisei sprezzavano tutti quelli che non avevano studiato nelle loro scuole, e ne parlavano come di fango che si calpesta coi piedi. Fra altri epiteti obbrobriosi li chiavano "uomini di terra" e "vermi". Per maggiori informazioni si consulti Lampe.
50 50. Nicodemo quel che venne di notte a lui, il quale era un di loro, disse loro: 51. La nostra legge condanna ella l'uomo, avanti ch'egli sia stato udito e che sia conosciuto ciò ch'egli ha fatto? Erano trascorsi due anni almeno dacché Nicodemo avea fatto di notte tempo una visita a Gesù Giovanni 3:1 e da quell'ora in poi non si era più udito parlar di lui. Qualunque fossero i pensieri del cuor suo, egli sembra, averli così gelosamente custoditi che nessuno dei suoi colleghi nutriva il più piccolo sospetto a suo riguardo. Non era neppure il solo nel Sinedrio a credere in segreto che Gesù fosse il Messia; Giuseppe di Arimatea Luca 23:50, "e molti dei principali" Giovanni 12:42 dividevano quella convinzione ma la tenevano segreta per timore della scomunica, tanto che i capi dei sacerdoti poterono domandare con fiducia: "Ha alcuno dei rettori o dei Farisei creduto in lui?" La protesta dunque di Nicodemo, benché non fosse tanto a favor di Cristo quanto contro una aperta violazione per parte loro della propria legge, doveva eccitare la loro sorpresa e la loro indignazione al tempo stesso. La legge di Mosè proibiva espressamente di condannare un uomo, anche per i più gravi delitti, nella sua assenza Deuteronomio 1:16-17; 17:8; 19:15, ma quello era appunto quanto il Sinedrio stava per fare. Fu forse l'aver udito il Sinedrio condannar Gesù non solo, ma pure maledire la moltitudine per la sua ignoranza della legge quello che spinse Nicodemo ad osservare che quelli i quali si vantavano della loro conoscenza della legge e l'amministravano agli altri, sarebbero trasgressori della legge stessa, pronunziando un giudizio sommario sopra un uomo qualsiasi, senza avergli dato l'occasione di difendersi. Nicodemo si fonda sopra principi generali e di universale applicazione, senza dir verbo del caso particolare di Gesù; ma nelle circostanze in cui si trovava, occorreva già un gran coraggio per spingersi fino a quel punto, e il suo parlare è prova che cresceva in lui il convincimento della verità e della giustizia della causa del Signore. In alcuni il progresso nella grazia è lento e debole; occorre molto tempo prima che vi sia un avanzamento visibile, e a quella classe apparteneva Nicodemo.
52 52. Essi risposero e gli dissero: Sei punto ancor tu di Galilea? Era impossibile rispondere con buone ragioni all'argomento di Nicodemo; essi lo attaccano adunque coll'arma dello scherno. Sapevano i Galilei piuttosto favorevoli a Cristo, e il senso delle loro ironiche parole sì è: "Prendi tu la parte sua, come se fosti anche tu Galileo?" il Sinedrio riteneva evidentemente l'opinione generale che Gesù fosse Galileo di nascita, e quel rimprovero equivale ad una accusa fatta a Nicodemo di ignorare le loro scritture. investiga e vedi che profeta alcuno non sorse mai di Galilea. L'ira fece loro perdere di vista la prudenza e la verità. Gesù non era nato in Galilea; e neppure era vero, come essi asserivano, che nessun profeta fosse mai venuto fuori da quella provincia disprezzata. Giona nacque a Gat-hefer a breve distanza da Cana 2Re 14:25; Eliseo ad Abel-mehola sulle rive del Giordano poco distante da Betsean 1Re 4:12; 19:16; Nahum ad El-kosh "da non confondersi con Alkush vicino a Mosul, come fa una traduzione medioevale" piccolo villaggio di Galilea, le cui rovine furon visitate da Girolamo. Quest'ultima tradizione concorda meglio coll'evidenza interna del libro di Nahum, il quale non contiene indizio alcuno di essere stato scritto in Assiria. La tomba del profeta viene tuttodì additata a Kap-Tanchum, due miglia e mezzo a N. di Tiberiade (SMITH, Dizionario della Bibbia). Oltre a questi tre che erano natii di Galilea, Amos, nato a Tecoa, passò in gioventù nel regno settentrionale, del quale la Galilea era parte importante, e contro a quello pronunziò le sue profezie. Quei membri del Sinedrio devono esser stati eccitatissimi, poiché bastò un cenno di richiamo alla, giustizia ed alla legalità, per spingerli all'insulto e ad asserzioni non vere.
PASSI PARALLELI Giovanni 9:34; Genesi 19:9; Esodo 2:14; 1Re 22:24; Proverbi 9:7-8 Giovanni 7:41; 1:46; Isaia 9:1,2; Matteo 4:15-16
53 53. E ciascuno se ne andò a casa sua. Questo si riferisce ai membri del Sinedrio, che si sciolse probabilmente in fretta e in confusione, quando si vide costretto dall'obbiezione legale di Nicodemo a rimandare a tempo più propizio l'uccisione di Gesù.
RIFLESSIONI 1. La condotta dei fratelli di Gesù verso lui ci prova che i soli mezzi esterni di grazia non bastano ad unirci al Signore in modo da essere salvati. Chi ebbe mai privilegi maggiori dei loro? Videro i miracoli di Gesù, udirono il suo insegnamento, vissero sotto il medesimo tetto con lui, ne notarono l'esempio, trattarono famigliarmente con lui per anni ed anni di seguito, eppure "non credevano in lui". Per credere occorre aver nel cuore la grazia che converte; è lo Spirito Santo che deve dar vita ai mezzi esterni, e mediante quelli applicar Cristo all'anima, in modo da renderla volonterosa di riceverlo Salmi 90:3. Il mero possesso di privilegi spirituali non ha mai fatto di qualsiasi uomo un cristiano; nessuno s'illuda col credere che perché è membro di una famiglia cristiana, o di una chiesa ortodossa, o perché ha sottoscritto una professione di fede evangelica, e che è per queste ragioni un membro spirituale di Cristo, imperocché il Signore stesso ci ha detto: "Niuno può venire a me, se non che il Padre che mi ha mandato lo tragga" Giovanni 6:44. 2. "La risposta del Signore ai suoi fratelli Giovanni 7:6-8 ci dà una delle principali ragioni della inimicizia mortale di molti contro a lui ed alla sua dottrina, durante il suo ministero terreno: 'Io rendo testimonianza d'esso (cioè del mondo) che le sue opere son malvagie'. Non era tanto dell'altezza della sua dottrina, quanto della purezza della sua morale che il mondo si offendeva; i Giudei non lo odiavano tanto perché si proclamava il Messia, quanto perché testimoniava della malvagità della loro vita. In breve, avrebbero tollerato le sue opinioni, se egli avesse usato indulgenza ai loro vizi. Questo principio opera oggi non meno che diciotto secoli fa. La causa vera della opposizione che molti fanno all'Evangelo è la santità di vita che esso richiede. Insegnate dottrine astratte, e nessuno vi chiamerà in colpa; ma cominciate a denunziare i peccati prevalenti ai nostri dì, o chiamate gli uomini a pentirsi e a camminare in modo conforme alla loro professione di cristiani, e subito offenderete un gran numero di persone. La ragione per la quale tanti si dichiarano increduli è la testimonianza che il Cristianesimo rende contro la loro vita malvagia" (Ryle). 3. Le parole del Signore al Giovanni 7:17 confermano appieno quelle di Davide: "La luce si leva nelle tenebre a quelli che son diritti" Salmi 112:4. Esse c'insegnano che quella di Cristo è una religione pratica, che la s'impara praticandola, che per conoscerla conviene vivere conformemente ad essa. Si tratti di un pagano che cammina a tastoni nelle tenebre, o di un peccatore risvegliato che cerca la pace, il primo raggio di luce, il primo desiderio di far la volontà di Dio, devono venire dall'alto, e non possono nascere nel cuore ottenebrato dell'uomo ma, una volta impartita, quella grazia spinge l'uomo a ricercare la volontà di Dio, per conoscerla sempre meglio, e ubbidirla sempre più completamente. "Si osservi quella espressione particolare 'vuol fare la volontà di esso', che implica la conversione". Più il credente persevererà, per grazia di Dio, a volere ciò che Egli vuole, più la conformità della dottrina di Gesù colla sua propria esperienza lo convincerà che quella dottrina è divina e che il Cristo non ha parlato da sé stesso. Questa è una delle evidenze interne più convincenti della verità del Cristianesimo. Essa c'insegna che chi fa uso della verità ricevuta, e vive conformemente ad essa, sarà dalla grazia divina protetto contro molti rovinosi errori. Lo scetticismo e l'incredulità, che tanto prevalgono ai dì nostri, riguardo all'Evangelo e alle sue dottrine, sono il frutto della corruzione dei cuori, i quali non desiderano fare la volontà divina, anzi sono "nemici di Dio", e perciò respingono quella rivelazione che è destinata a farci conoscere "qual sia la buona, accettevole, e perfetta volontà di Dio" Romani 12:2, e a renderla obbligatoria per le coscienze. Altra lagnanza assai frequente fra gli uomini è la difficoltà di sapere "che cosa è verità". Additano le molte divergenze dottrinali che esistono fra i cristiani, e si dicono incapaci di decidere chi abbia ragione. In migliaia di casi questa pretesa impossibilità di giungere alla conoscenza del vero diviene una scusa per vivere senza religione alcuna. Ma questo versetto ci fornisce un argomento alla forza del quale quei tali non potranno resistere. Esso c'insegna che il segreto di acquistar maggior conoscenza consiste nel mettere onestamente in pratica quella che già possediamo, e se facciamo coscienziosamente uso della luce che già ci è stata concessa, riceveremo luce sempre maggiore. 4. L'invito di Cristo in Giovanni 7:37 contiene due pensieri che domandano per parte nostra un'attenzione speciale. Il primo è che Gesù offre, sotto l'emblema dell'acqua, il suo Spirito a chiunque va a lui. Fu l'acqua di Siloè, versata dal popolo con tanta allegrezza, che suggerì al Signore questo emblema. Egli ci offre acqua, anzi acqua perenne. Chiunque ne berrà non avrà mai più sete; essa sarà in lui "una fonte d'acqua saliente in vita eterna". Quell'acqua lo netterà di tutte le colpe, e darà vigore all'anima sua nel faticoso cammino della vita, rendendolo fruttifero in ogni opera buona, riempiendolo dei frutti della giustizia. L'altro pensiero si è che a Cristo si appartiene di dare lo Spirito. Egli è lo Spirito di Cristo, perché Cristo lo ha comprato colla sua morte. I doni del suo Spirito, Cristo solo ha la prerogativa di distribuirli secondo il suo volere. Non ce ne scordiamo mai non si può aver lo Spirito di Dio, se non andando a Cristo. Solo in Cristo può trovarlo il peccatore, ma Cristo lo possiede per lo scopo espresso di darglielo Apocalisse 5:6. Nei mezzi di grazia è sempre la voce di Gesù che grida: "Se alcuno ha sete, venga a me e beva" dello Spirito. Ricordiamoci che il dono dello Spirito si ottiene solo per fede; crediamo dunque alla parola; aspettiamo l'adempimento della promessa, e l'otterremo. Si noti di più che lo Spirito non solo si ottiene per fede, ma ci vien dato secondo la misura della nostra fede. Se debole è la fede, lo Spirito verrà dato pure in parca misura; se è grande la fede, abbondante sarà la effusione dello Spirito. "Siavi fatto secondo la vostra fede" Matteo 9:29. 5. "Quando l'Evangelista dice Giovanni 7:39 che parlando di 'fiumi d'acqua viva' Gesù intendeva ciò 'dello Spirito', egli esprime la grande verità evangelica che lo Spirito Santo è quello che apre, nell'anima del credente in Gesù, la fonte della nuova vita, e da quella fonte interna fa scaturire fiumi di acqua viva, in altre parole fa uscire da essi e spargersi tutto intorno una gioia celeste ed esuberante. Ma dicendoci al tempo stesso che questo dono glorioso dello Spirito tanto dipendeva dalla glorificazione di Gesù che non lo si poteva aspettar prima di questa, egli esprime pure queste altre e preziosissime verità che l'accettazione formale e giuridica per parte del Padre in cielo dell'opera da Cristo compiuta in terra doveva accadere, prima che allo Spirito fosse permesso di metterla ad effetto: che la discesa dello Spirito alla Pentecoste era la proclamazione al mondo intero che il Padre aveva accettata l'opera di Cristo come appieno compiuta, e che lo Spirito, aprendo nel cuore dei credenti la sorgente di questa vita nuova e duratura, altro non fa che metterli personalmente in possesso dell'opera di Cristo, e farne loro sperimentare la virtù Giovanni 16:14-16" (Brown).
1. L'avvicinarsi della festa dei tabernacoli, e l'invito ironico rivolto a Gesù dai propri fratelli di recavisi. Cinque mesi eran trascorsi dopo i fatti ricordati nel precedente capitolo. Questo tempo Gesù lo avea passato in Galilea, per esser la vita sua minacciata dall'odio implacabile dei rettori della Giudea. Furon mesi impiegati dal Signore a seminare con diligenza la semenza del Vangelo in Galilea, come sappiamo dai Vangeli sinottici, benché Giovanni non ci dica nulla né dei suoi miracoli, né dei suoi insegnamenti, durante questo lungo periodo. Fra quelli che a quel tempo erano contrari alla sua pretesa di esser riconosciuto qual Messia, trovavansi i suoi propri fratellastri, figli di Maria e di Giuseppe. Siccome egli non voleva fare il viaggio in lor compagnia, essi supposero che volesse essere assente da quella festa, come già lo era stato dalla Pasqua precedente, e lo invitarono ad andarvi, dicendo beffardamente che, se egli fosse stato un vero profeta o il Messia, quello era il suo posto, e che, invece di nascondersi, egli doveva affrontare i suoi nemici, e dare la massima pubblicità alla sua missione. Gesù rispose loro di potere agire solo secondo le direzioni del suo Padre Celeste. Egli giunse in Gerusalemme verso la metà della festa e presentandosi nel Tempio cominciò ad insegnare Giovanni 7:1-10.
2. Opinioni diverse espresse dal popolo riguardo a Gesù, così prima come dopo il suo arrivo. Il non vederlo giungere al principio della festa fu un dispiacere pei suoi amici e pei suoi nemici. Tutti lo cercavano con ansietà: gli uni sostenendo che egli era giusto, gli altri proclamandolo un impostore; gli uni che egli era il Cristo, gli altri che non si sapeva nulla di lui. Ma tutte le loro discussioni, per quanto vivaci, erano tenute privatamente, per timore che, essendo note ai rettori, procurassero loro dei dispiaceri Giovanni 7:10-31.
3. Discorso di Cristo nell'ultimo e gran giorno della festa. In quel giorno i sacerdoti con pompa solenne attingevano acqua dalla piscina di Siloè, e avendola portata nel cortile del Tempio, la versavano dinanzi all'altare. Gesù prese da ciò occasione, per rivolgere l'attenzione degli astanti sull'acqua viva, che egli solo poteva dare, cioè sullo Spirito Santo, il quale scaturirebbe nel cuore come fonte perenne, e li invitò a venire a lui e a dissetarsi. Questo diè luogo fra il popolo ad un conflitto di opinioni più deciso ancora a suo riguardo Giovanni 7:33-43.
4. I rettori cercano di arrestar Gesù, ma non vi riescono. Nicodemo si interpone a favor suo. Le guardie del Sinedrio furon mandate a prenderlo, per tradurlo dinanzi a quell'assemblea, ma ricevettero una tale impressione dalle sue parole, che tornarono senza aver adempiuto alla loro missione e testificarono ai loro superiori: "Niun uomo parlò giammai come costui"; mentre Nicodemo, uno di essi, li accusò di trasgredir la legge col loro modo di procedere riguardo a Gesù Giovanni 7:32,45-53.
Giovanni 7:1-53. GESÙ ALLA FESTA DEI TABERNACOLI
Egli ricusa di seguire il consiglio dei suoi fratelli, riguardo al momento di salire in Gerusalemme, Giovanni 7:1-10
1. Dopo queste cose,
Alcuni vorrebbero includere in queste parole il miracolo col quale Gesù nutrì 5000 persone, vicino a Betsaida; altri vorrebbero risalire anche più indietro, e includervi pure il cap. 5 Giovanni 5:1-47 "benché i fatti in questo narrati sieno occorsi in Giudea e non in Galilea"; ma esse non sembrano riferirsi se non ai fatti narrati alla fine del cap. 6.
Gesù andava attorno per la Galilea,
Se, come crediamo, la festa accennata in Giovanni 5:1 "era una Pasqua" Vedi nota Giovanni 5:1, e se il Signore, poco dopo quella, ritornò in Galilea a motivo della ostilità che si era manifestata contro di lui in Giudea e in Gerusalemme, egli deve aver soggiornato in Galilea, per circa diciotto mesi, senza interruzione, "e questo periodo costituirebbe la parte maggiore del suo ministero in quel paese, predicando ripetutamente nelle città e nei villaggi dei Galilei, ed esercitandovi il suo potere miracoloso di guarire. Siccome i Sinottici si occupano quasi esclusivamente del ministerio di Gesù in Galilea, non ci deve stupire che Giovanni, il quale scrisse per completare le loro narrazioni, abbia creduto inutile di parlarne a lungo, riferendoci solo il discorso che seguì la moltiplicazione dei pani, e che armonizza così mirabilmente collo scopo del suo Vangelo.
perciocché non valeva andare attorno per la Giudea;
L'identità dei linguaggio di questa clausola e della precedente implica un'opera antecedente in Giudea, corrispondente a quella che ora egli ha compiuta in Galilea.
conciossiaché i Giudei cercassero d'ucciderlo.
Qui l'Evangelista ci dà la ragione della lunga permanenza di Gesù in Galilea, cioè che la vita sua non era più sicura in Giudea. Dopo la guarigione dell'impotente di Betesda, Giovanni 5:16 i suoi nemici aveano deciso la sua morte, e non si rimovevano dal sanguinario proposito. Questa notizia è molto importante, e ci prova che il nostro Signore non salì in Gerusalemme per la Pasqua mentovata in Giovanni 6:1-4, la terza, secondo il nostro modo di contare, dopo il principio del suo ministerio.
PASSI PARALLELI
Giovanni 4:3,54; 10:39-40; 11:54; Luca 13:31-33; Atti 10:38
Giovanni 7:19,25; 5:16-18; Matteo 10:23; 21:38
2 2. or la festa dei Giudei, cioè la solennità dei tabernacoli, era vicina.
Questa era l'ultima delle tre grandi feste istituite nei libri di Mosè, le altre essendo la Pasqua, o festa dei pani azzimi, hag amazot e la festa delle settimane, hag shabuot, o Pentecoste. Siccome la festa che si avvicinava era stata istituita per una duplice commemorazione, cioè quella della bontà di Dio inverso Israele nel deserto, e quella della sua misericordia nell'averlo arricchito durante l'anno corrente coi frutti della terra, essa portava due nomi: festa dei tabernacoli Levitico 23:34, e festa della ricolta Esodo 23:16. La si celebrava il 15 del mese di Tisri "Ethanim", il settimo dell'anno ecclesiastico, ma il primo dell'anno civile. Per sette giorni i Giudei vivevano in capanne fatte con rami di alberi Nehemia 8:16-17, costruite nei cortili o sui tetti delle case, nel recinto del Tempio, e in tutte le strade più larghe di Gerusalemme e, andavano attorno recando in mano frutti scelti. Eran giorni di universale allegrezza, perché il grano, il vino, l'olio erano tutti stati raccolti, i lavori più faticosi dell'anno eran giunti al loro termine, perciò questa festa chiamavasi "la maggiore delle feste". Per la sua istituzione e il suo significato, rimandiamo il lettore a Levitico 23:34; Numeri 29:12; Deuteronomio 16:13; Nehemia 8:14-17.
PASSI PARALLELI
Esodo 23:16-17; Levitico 23:34-43; Numeri 29:12-38; Deuteronomio 16:13-16; 1Re 8:2,65
2Cronache 7:9-10; Esdra 3:4; Nehemia 8:14-18; Zaccaria 14:16-19
3 3. Laonde i suoi fratelli gli dissero: Partiti di qui, e vattene nella Giudea, acciocché i tuoi discepoli ancora veggano le opere che tu fai. 4. Perché niuno che cerca d'esser riconosciuto in pubblico fa cosa alcuna in occulto; se tu fai tali cose, palesati al mondo. 5. Perciocché non pure i suoi fratelli credevano in lui.
Per i fratelli di Gesù, Vedi Nota Matteo 13:56.
Le parole di Giovanni 7:5 danno la chiave del senso dei due precedenti. Molti vani tentativi sono stati fatti per dipingere i fratelli di Cristo come aventi a cuore i suoi interessi quale Messia, nel consiglio che ora gli danno; quasiché giudicassero perduto il tempo da lui, speso nella oscura Galilea, e più vantaggioso per la riuscita della sua missione il predicar la sua dottrina nella capitale! Ma la testimonianza dell'Evangelista riduce al nulla tutte quelle teorie: "non pure i suoi fratelli credevano in lui". Eran trascorsi due anni almeno del suo, ministerio, eppure quelli che per tutta la vita erano stati più intimi con lui ricusavano di riconoscerlo come Messia. Anzi, credendolo fuor di senno, cercavano con Maria loro madre di rinchiuderlo Marco 3:21,31, e solo dopo la sua risurrezione li troviamo nel numero dei suoi discepoli. Più tardi troviamo "Giacomo, fratello del Signore" mentovato come presidente o sorvegliante della Chiesa in Gerusalemme Atti 12:17; 15:13; 21:18; Galati 1:19; 2:9,12. Il sesto versetto insieme al "tuoi discepoli", del terzo, ci fanno assolutamente certi che niuno di essi apparteneva alla compagnia degli Apostoli, perché è impossibile torcere il senso di "non credevano", al punto di permettere di supporre, come vogliono alcuni, che appartenessero ai dodici, senza esser credenti nel senso più alto della parola. Di più l'idea che l'Evangelista voglia solamente dire che i suoi fratelli non credevano pienamente ed interamente in lui è affatto inconciliabile colla risposta di Gesù: "il mondo non vi può odiare", la quale è sufficiente indizio che nessuno di essi aveva parte o simpatia con lui. Il loro parere è dato in uno spirito ironico e beffardo, ed accompagnato con una insinuazione di codardia, perché egli era rimasto nascosto per tanto tempo in Galilea, facendovi un'opera di nessuna importanza agli occhi loro. Essi non si danno pensiero del rischio cui lo espongono spingendolo in Giudea. Vogliono che salga subito in Gerusalemme, a farvi i suoi miracoli, dinanzi ai discepoli che avea in quella città, i quali erano in posizione migliore per far progredir la sua causa che non alcuni Galilei illetterati "e gli fanno osservare che chi vuol divenir celebre nel mondo non deve nasconder la sua persona e le sue opere in qualche angolo remoto. "Se tu fai tali cose", e questo suona come un dubbio sulla realtà dei suoi miracoli, "agisci in conformità col carattere di profeta o di Messia, che esse hanno per scopo di legittimare; falle pubblicamente, nel luogo più importante".
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:5; Matteo 12:46-47; Marco 3:31; Luca 8:19; Atti 2:14
Genesi 37:5-11,20; 1Samuele 17:28; Geremia 12:6; Matteo 22:16-17
6 6. Laonde Gesù disse loro: il mio tempo non è ancora venuto; ma il vostro tempo sempre è presto.
Queste parole rassomigliano alla risposta di Gesù a sua madre alle nozze di Cana Giovanni 2:4, e benché le disposizioni di Maria fossero ben diverse da quelle dei figli, così essa come i figli credevano evidentemente che i piani di Gesù potessero venir cambiati sotto qualche pressione esterna. In ambo i casi, Gesù sente la necessità di frenare un simile tentativo. In questo caso come in quello, l'ora, che egli avea fissata per manifestarsi al mondo, benché vicina, ancora non era, giunta, e fino a quell'ora designata dal Padre, colui la cui volontà era una con quella del Padre, non poteva far nulla. I suoi fratelli, al contrario, erano liberi di andar quando volessero; la loro sollecita partenza o il loro indugio non potevano produrre risultati di qualsiasi importanza.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:8,30; 2:4; 8:20; 13:1; 17:1; Salmi 102:13; Ecclesiaste 3:1-15; Atti 1:7
7 7. Il mondo non vi può odiare,
Si confrontino con queste parole di Gesù ai suoi fratelli quelle ch'ei rivolse più tardi ai suoi Apostoli: "Se il mondo vi odia, sappiate che egli mi ha odiato prima di voi. Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che sarebbe suo; ma, perciocché voi non siete del mondo, anzi io vi ho eletti dal mondo, perciò vi odia il mondo" Giovanni 15:18-19, e si giudichi se non sia assurdo il dire che alcuni di quei fratelli che il mondo tuttora l'amava", perché vivevano in conformità con esso, fossero al tempo stesso nel numero degli Apostoli! Il mondo non aveva nessuna ragione di odiarli, perché essi non rendevano testimonianza alcuna contro le sue vie malvagie. Ben altro invero era il caso di Cristo.
ma egli mi odia, perciocché io rendo testimonianza d'esso, che le sue opere son malvagie.
Quest'odio, predetto nella prima promessa Genesi 3:15, si manifestò più apertamente ogni giorno, dopo che Cristo ebbe cominciato il suo ministero terreno, e in quel momento avea raggiunto il suo culmine, nella sete del suo sangue che divorava i Giudei. In questo versetto Gesù ce ne svela la vera ragione. Non era solamente la sua pretesa di venir riconosciuto come Messia, né l'alto e spirituale suo insegnamento, ma più ancora la sua costante testimonianza contro la vita peccaminosa e l'empie abitudini di quella generazione, le sue denunzie dell'adulterio, della cupidigia, della ipocrisia così comuni fra i principali Farisei, che irritavano profondamente i suoi nemici contro di lui. Ma nella mente di Gesù "il mondo" si estende al di là della frontiera d'Israele; esso abbraccia l'intera razza umana nella sua decadenza; è una potenza ostile che egli è venuto a debellare, ed alla quale egli non si mostrerà che nell'ora fissata da Dio Le relazioni di Gesù col mondo eran l'opposto di quelle dei suoi fratelli col mondo medesimo; essi van d'accordo col mondo; egli è il censore delle sue opere malvagie; come dunque avrebbero potuto camminar d'accordo?
PASSI PARALLELI
Giovanni 15:19; Luca 6:26; Giacomo 4:4; 1Giovanni 4:5
Giovanni 15:18-19,23-25; 17:14; Proverbi 8:36; Isaia 49:7; Zaccaria 11:8; Romani 8:7
1Giovanni 3:12-13
Giovanni 3:19; 1Re 21:20; 22:8; Proverbi 9:7-8; 15:12; Isaia 29:21; Geremia 20:8
Amos 7:7-13; Malachia 3:5; Luca 11:39-54; Atti 5:28-33; 7:51-54; Galati 4:16
Apocalisse 11:5-11
8 8. Salite voi a questa festa: io non salgo ancora a questa festa, perciocché il mio tempo non è ancora compiuto. 9. E dette loro tali cose, rimase in Galilea.
Dalla dichiarazione del Signore che egli non salirebbe ancora alla festa, e dal fatto che vi salì pochi giorni dopo, Porfirio, l'accanito avversario del Cristianesimo al terzo secolo, trae un'accusa di versatilità contro a Cristo. Godet ed altri, seguendo il codice Vaticano, e quello di Beza, leggono "non" invece di "non ancora", e danno due sensi diversi alla parola "festa" nelle due volte in cui occorre in questo versetto: la prima la riferiscono alla festa dei tabernacoli, la seconda alla Pasqua seguente, nella quale sarebbe appieno giunto per lui il tempo di rivelarsi al mondo come gli consigliavano i fratelli. Par loro impossibile elle Gesù avesse parlato come parlò, se dovean correre solo due o tre giorni fra la partenza dei suoi fratelli e la propria. Ma se tale fosse stato il pensiero di Gesù, egli avrebbe impiegato il futuro non il presente che significa: "per il momento non salgo"; e non avrebbe per due volte chiamata la festa: "questa festa", se intendeva parlare di due feste diverse, cioè la
1. volta dei Tabernacoli, la
2. della Pasqua.
Il senso naturale di questo versetto è: "ancora non salgo, e ad ogni modo non intendo salir con voi, in mezzo alla pubblica carovana". Egli non dice: "Non andrò punto". I due versetti che seguono fan conoscere il senso della sua negativa. Era di somma importanza che egli comparisse ed insegnasse a quella festa; ma ancora non era appieno giunta l'ora fissata dal Padre. Un passo falso per parte sua poteva precipitar prima del tempo l'ira dei suoi nemici sopra il suo capo. Egli rimase adunque in Galilea finché il Padre non gli diede il segnale della partenza, e allora l'ubbidienza sua fu istantanea e completa.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:6,30; 8:20,30; 11:6-7; 1Corinzi 2:15-16
Giovanni 7:9
10 10. Ora, dopo che i suoi fratelli furon saliti alla festa, allora egli ancora vi salì, non palesemente, ma come di nascosto.
Ordinariamente tutti gli abitanti di un medesimo distretto combinavano il giorno della partenza per la festa, in modo da formare una grossa carovana o compagnia, per viaggiare più piacevolmente e con maggior sicurezza Luca 2:44. Le parole: "non palesemente, ma come di nascosto", alla fine di questo versetto, indicano che Gesù, invece di aggiungersi ad una di quelle compagnie, insegnando e facendo miracoli per via, "come quando più tardi attraversò la Perea andando in Gerusalemme per esservi crocifisso" Luca 14:25; 19:3, quando fu giunta l'ora sua, salì privatamente, accompagnato solamente da alcuni dei suoi discepoli, e senza attrarre l'attenzione del pubblico. Ecco tutto quello che indicano le parole: "come di nascosto". Egli poté far ciò tanto più facilmente, che la maggior parte della popolazione già lo aveva preceduto a quella, ch'era la più attraente delle feste giudaiche.
PASSI PARALLELI
Salmi 26:8; 40:8; Matteo 3:15; Galati 4:4
Giovanni 11:54; Isaia 42:2-3; Amos 5:13; Matteo 10:16
11 Mentre le turbe contendono a suo riguardo, Gesù comparisce nel mezzo della festa, ed insegna apertamente nel tempio, Giovanni 7:11-31
11. I Giudei adunque lo cercavano nella festa, e dicevano:
Ov'è colui? "Giudei", secondo l'uso di Giovanni, sono i sacerdoti, i rettori e i loro aderenti, tutti nemici dichiarati di Cristo. Certi di vederlo giungere colla carovana di Nazaret, non appena questa giunge in Gerusalemme, essi fanno ricerco, di lui con intenzioni ostili. Giovanni 7:1,13 non lasciano dubbio alcuno sui loro propositi.
PASSI PARALLELI
Giovanni 11:56
12 12. E v'era gran mormorio di lui fra le turbe; gli uni dicevano: Egli è da bene; altri dicevano: No; anzi egli seduce la moltitudine.
La parola è tradotta in Giovanni 7:32 per bisbiglio, cioè un mormorar sotto voce, un parlar confuso, e questa traduzione sarebbe più appropriata qui, per descrivere quello che accadeva nella folla, e più in armonia col versetto seguente. Il plurale; "le turbe", dà l'idea di gruppi di stranieri provenienti da parti diverse del paese, che ora si univano gli uni cogli altri e cogli abitanti di Gerusalemme, ora si separavano nuovamente. Dopo aver descritto in Giovanni 7:11 il contegno dei rettori, l'Evangelista descrive qui i sentimenti della moltitudine. Vi era molta curiosità, molta discussione, e non poca diversità di opinione fra tutta quella gente, riguardo a Gesù e alle sue pretese di essere il Messia. Gli uni lo stimavano onesto e da bene, gli altri lo ritenevano per un impostore.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:32; 9:16; Filippesi 2:14
Giovanni 7:25-27,40-43; 6:14; 9:16; 10:19-21; Matteo 10:25; 16:13-16; 21:46; Luca 7:16
Luca 6:45; 18:19; 23:47,50; Atti 11:24; Romani 5:7
Giovanni 7:47,52; Matteo 27:63
13 13. Ha par niuno parlava di lui apertamente, per tema dei Giudei.
Queste parole gettano molta luce sulla tirannia dei rettori di Gerusalemme: perfino i loro fautori dovevano parlar con prudenza dei soggetti che non avevano ricevuto l'approvazione degli Scribi e del Sinedrio, tanto più quelli che la pensavano diversamente da loro. Benché non fosse ancora stato pubblicato il decreto che scacciava dalla sinagoga, scomunicava Giovanni 9:22; 12:42 chiunque confessava Cristo, tutto il popolo sapeva che i rettori odiavano Gesù, e che era pericoloso parlar favorevolmente di lui, o manifestare qualsiasi interesse a suo riguardo. Per prudenza adunque, quelle discussioni riguardo a Gesù facevansi in segreto, per tema che non giungessero alle orecchie delle autorità, e non valessero a chi vi prendeva parte qualche dispiacere. Da Giovanni 7:32 appare che, ad onta di tutti quelli sforzi, esse non isfuggirono alla vigilanza e allo spionaggio dei Farisei.
PASSI PARALLELI
Giovanni 3:2; 9:22,34; 12:42-43; 19:38; 20:19; Proverbi 29:25; Galati 2:12-13
2Timoteo 2:9-13; Apocalisse 2:13
14 14. Ora, essendo già passata mezza la festa, Gesù salì nel tempio, ed insegnava.
Siccome la festa, compresa la solenne convocazione, durava otto giorni, fu probabilmente al quarto o al quinto che Cristo, avendo lasciato che si calmasse alquanto l'agitazione intorno alla sua persona, inaspettatamente comparve nel cortile interno del tempio, e, colpì di stupore col suo insegnamento la moltitudine ivi raccolta, prima che i rettori lo potessero impedire. Questa sembra essere stata la prima volta che Gesù pronunziò un discorso continuato, come lo indica l'imperfetto nel tempio; quello del cap. 5. fu bensì detto in Gerusalemme, ma in altra parte della città; e quando egli scacciò i mercatanti e i cambiamonete dal tempio Giovanni 2:13-21, le sue parole, benché gravissime, furono poche.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:2,37; Numeri 29:12-13,17,20,23-40
Giovanni 5:14; 8:2; 18:20; Aggeo 2:7-9; Malachia 3:1; Matteo 21:12; Luca 19:47
15 15. E i Giudei si meravigliavano, dicendo:
L'Evangelista non ha ricordato gli insegnamenti di Cristo in questa circostanza; le sue parole di Giovanni 7:16 e seguenti, sono evidentemente dovute alle osservazioni dei Giudei in questo versetto. Dalla natura stessa della domanda che passò di bocca in bocca, è probabile che essa originò dallo stupore degli scribi e dei rabbini, i quali conoscevano a fondo la lettera della legge e dei profeti nell'osservare l'estensione e la profondità della conoscenza di Cristo, che pure sarebbero stati contenti di poter negare.
Come sa costui lettere, non essendo stato ammaestrato?
"Lettere", benché indichi ordinariamente una coltura generale, qui significa conoscenza delle scritture, perché la scrittura costituiva tutta la letteratura dei Giudei. Era solo dopo lunghi anni di studio, che si permetteva ad uno studente giudeo di insegnare; egli veniva allora solennemente ammesso nella confraternita dei dottori della legge. È probabile che Gesù ricevesse durante la sua infanzia e la sua adolescenza, l'istruzione ordinariamente impartita nelle scuole annesse ad ogni sinagoga; ma ben si sapeva che egli non era stato educato in nessuna delle grandi scuole rabbiniche, né avea studiato la legge sotto alcun maestro umano; eppure i dottori in Israele dovevan confessare che il suo insegnamento era profondo e potente: indi la domanda: "Come può egli aver acquistato una tal conoscenza, senza essere stato ammaestrato?" (Mayer), ed altri chiamano l'attenzione su queste parole di persone che menavano vanto della loro coltura, come importantissime contro i tentativi antichi e moderni per far derivar la sapienza del nostro Signore da sorgenti umane. I suoi discorsi, in quella occasione, furono probabilmente gli stessi che al solito; ma fu la profonda sua conoscenza delle scritture, e la sua potenza nell'esporle e nell'applicarle, che colpì il popolo di ammirazione, e lo condusse a paragonare il suo insegnamento con quello degli scribi Matteo 7:28-29; Luca 4:32.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:46; Matteo 7:28-29; 22:22-33; Luca 2:47
Matteo 13:54; Marco 6:2-3; Luca 4:22; Atti 2:7-13; 4:11-12
Amos 7:14-15
16 16. Laonde Gesù rispose loro, e disse: La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.
Udì il Signore la loro domanda, o la lesse egli nei loro cuori? Checché ne sia di ciò, vi risponde con queste parole. "Se non ho studiato nelle vostre scuole, ho studiato in una scuola più alta; la mia dottrina non è invenzione mia, non la espongo sotto la mia propria responsabilità; è la dottrina di Colui che mi ha mandato. Io mi presento a voi con mandato divino" Giovanni 5:19,30,38. Nella sua umanità, egli si presenta come un messaggero, che reca il messaggio di colui che lo ha mandato. "Egli è la PAROLA, mediante la quale si esprime la mente di Dio. Nel modo stesso che le opere sue eran quelle che suo Padre gli avea date da compiere Giovanni 5:36, le sue parole esprimevano la verità che egli aveva udita da Dio Giovanni 8:40; e il Padre gli aveva comandato quello che doveva dire Giovanni 12:49. Perciò le sue parole sono parole di Dio, e il suo insegnamento giunge a noi con divina autorità" (Milligan).
PASSI PARALLELI
Giovanni 3:11,31; 8:28; 12:49-50; 14:10,24; 17:8,14; Apocalisse 1:1
Giovanni 5:23-24,30; 6:38-40,44
17 17. Se alcuno vuol far la volontà d'esso, conoscerà se questa dottrina è da Dio, oppur se io parlo da me stesso.
Gesù continua indicando un metodo sicuro, di provare se la sua dottrina originava da lui, o proveniva da Dio, giusta la sua asserzione. Chiunque desidera onestamente di piacere a Dio, lett. chi vuol far la sua volontà, secondo la conoscenza che egli può avere dei voler di Dio, troverà la dottrina di Cristo talmente appropriata alla sua condizione, talmente utile per illuminare la sua mente, talmente giovevole nei suoi dubbi e nelle sue difficoltà, così corrispondente alle sue aspirazioni, così consolante, così apportatrice di vita, da doverla riconoscere come evidentemente divina. Come il figlio riconosce subito la voce del padre, così quelli la cui volontà è decisa a far la volontà di Dio, e che vivono in armonia coi voleri e coi propositi di Dio, riconoscon, nell'insegnamento di Cristo, la voce di Dio stesso. Il principio qui stabilito è molto importante. Gesù c'insegna che la chiara conoscenza deriva dalla onesta ubbidienza, e che non dobbiamo sperare di farci idee precise della verità divina, se non mettiamo in pratica quello che già ne conosciamo. Vivendo secondo i lumi che abbiamo, avremo luce sempre maggiore Salmi 112:4. D'altra parte ci viene insegnato che la mancanza di quel desiderio integro di servire a Dio, sia che ce ne accorgiamo o no, è la causa precipua della incredulità, che purtroppo regna ancora, a dispetto della luce della religione rivelata. Alcuni scrittori prendono il "far la volontà di Dio", in un senso più esteso che non sia il mero ideale morale prescritto dalla legge, e riconosciuto dalla coscienza. Per "far la volontà di Dio", essi dicono che si deve credere in Cristo, aver cuori nuovi nei quali regni la grazia, e via discorrendo; infatti, secondo essi, Cristo direbbe qui: "Se alcuno vuol divenire un vero credente e un uomo convertito, allora egli conoscerà se questa dottrina ecc. Questo è innegabile; ma è forse un estender le parole di Cristo al di là della sua intenzione, e al tempo stesso restringere il cerchio di coloro ai quali è destinato questo benefizio. Secondo noi, lo scopo di Cristo era semplicemente di incoraggiare l'onesto e sincero ricercatore di verità, accertandolo che, mediante lo sforzo stesso di far la volontà di Dio, egli avrebbe tali prove interne della verità della sua dottrina, da rimanerne soddisfatto e convinto.
PASSI PARALLELI
Giovanni 1:46-49; 8:31-32,43,47; Salmi 25:8-9,12; 119:10,101-102; Isaia 35:8
Geremia 31:33-34; Osea 6:3; Michea 4:2; Malachia 4:2; Matteo 6:22; Luca 8:15; Atti 10:1-6
Atti 11:13-14; 17:11; Filippesi 3:15-16
18 18. Chi parla da sé stesso cerca la sua propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato esso è verace, e ingiustizia non è in lui.
Vedi Note Giovanni 5:41; Giovanni 5:42; Giovanni 5:43; Giovanni 5:44.
Il Signore stabilisce qui un principio generale che deve essere, applicato nel giudicar quelli che si presentano per insegnar religione. "Parlar da sé stesso" qui non vuol dire di sé stesso, della propria sua storia personale, o dei suoi progetti, "perché in tali casi la propria glorificazione è evidente"; ma da sé stesso, cioè nel proprio nome, coi concetti della propria mente, senza autorità o ispirazione. Un tal uomo cerca solo di acquistar fama ed influenza per sé medesimo, e se pretende che il suo insegnamento proviene da Dio, egli non è "verace". Ma l'uomo il cui scopo supremo, nella sua vita e nel suo insegnamento, è, non già la propria gloria, bensì quella di Colui che lo ha mandato, e che non permette ai suoi interessi personali di frammettersi nell'opera sua, dà con ciò prova di essere onesto, imparziale e degno di venir creduto. Siccome questo principio è di generale applicazione, le parole finali: "ingiustizia non è lui", significano evidentemente che in lui non è né menzogna, né inganno che egli non è un impostore. Alford osserva con verità che, nel senso più alto e più rigoroso, l'ultima parte di quella frase è vera solamente del Santo medesimo; imperocché, a cagione della umana infermità, la purezza dei motivi non è una guarentigia sicura della correttezza della dottrina. "Col principio qui stabilito possiamo giudicare le pretese di molti falsi maestri di religione e provare che non sono guide sicure. In ogni sistema di eresia, o di falsa religione, c'è una curiosa tendenza, in forza della quale i loro ministri esagerano le loro persone, la loro autorità, la loro importanza, il loro ufficio" (Ryle).
PASSI PARALLELI
Giovanni 5:41; 8:49-50; 1Corinzi 10:31-33; Galati 6:12-14; Filippesi 2:3-5; 1Tessalonicesi 2:6
1Pietro 4:11
Giovanni 3:26-30; 11:4; 12:28; 13:31-32; 17:4-5; Esodo 32:10-13; Numeri 11:29
Proverbi 25:27; Matteo 6:9
19 19. Mosè non v'ha egli data la legge? eppure niuno di voi mette ad effetto la legge; perché cercate di uccidermi?
Non è fondata la supposizione di Olshausen e di altri, che vi sia dopo Giovanni 7:18, una interruzione nella continuità del discorso di Cristo. In Giovanni 7:17, egli avea detto che chi cercava onestamente e sinceramente di fare la volontà di Dio, avrebbe la prova sicura che la sua dottrina era da Dio; ma così non facevano i suoi uditori. Mosè avea dato loro la legge di Dio, ed essi professavano di tenerla in altissima venerazione; ma egli dichiara che fra i rettori, cui specialmente si rivolgeva, non ve n'era neppur uno che ubbidisse coscienziosamente e di vero cuore alla legge; e perciò non solo rigettavano la sua dottrina, ma insidiavan pure la sua vita. Nelle severe censure che Gesù rivolse agli Scribi ed ai Farisei Matteo 23:23-33; Luca 11:42-52, abbondano le prove dell'accusa qui mossa contro di loro, cioè che, benché custodi della legge di Mosè, "non mettevano ad effetto la legge". A questo rimprovero generico, egli aggiunge un'accusa speciale. Il sesto comandamento proibisce l'omicidio, eppure, a quel momento stesso, essi cospiravano contro la sua vita. O anche l'accusa: "Niuno di voi mette" ecc. può intendersi dell'esempio che il Signore adduce, in Giovanni 7:22, della loro violazione della legge del sabato, per adempiere al rito della circoncisione, quando esso cadeva in quel giorno. Il primo senso ci par da preferirsi.
PASSI PARALLELI
Giovanni 1:17; 5:45; 9:28-29; Esodo 24:2-3; Deuteronomio 33:4; 1:17; Atti 7:38; Galati 3:19
Ebrei 3:3-5
Matteo 23:2-4; Romani 2:12-13,17-29; 3:10-23; Galati 6:13
Giovanni 7:25; 5:16,18; 10:31-32,39; 11:53; Salmi 2:1-6; Matteo 12:14; 21:38; Marco 3:4,6
20 20. La moltitudine rispose e disse: Tu hai il demonio; chi cerca di ucciderti?
Importa notare che questa rozza interruzione non venne dai rettori, ma dalla moltitudine, cioè dal popolo che era salito in Gerusalemme da ogni parte del paese, e dai pellegrini della dispersione, i quali non nutrivano animosità alcuna contro a Gesù, a ignoravano completamente la congiura dei rettori per torgli la vita. Essi potevano spiegare quelle sue strane e melanconiche idee, solo col supporre che egli fosse posseduto da un demonio. La stessa cosa era stata detta di Giovanni Battista Matteo 11:18; Luca 7:33, a motivo del suo severo ed austero abbandono delle gioie di questa vita, ed è senza dubbio perché essi credevano Gesù sotto l'influenza di una consimile disposizione d'animo, che lo giudicavano fuor di senno, e sotto l'impero di una possessione demoniaca. Che il popolo abbia ritenuto questa come la sola possibile, spiegazione delle parole di Gesù, fa tanto più risaltare la colpabilità dei rettori.
PASSI PARALLELI
Giovanni 8:48,52; 10:20; Matteo 10:25; 11:18-19; 12:24; Marco 3:21-22,30; Atti 26:24
21 21. Gesù rispose e disse loro: io ho fatta un'opera, e tutti siete meravigliati.
Senza tener conto della loro interruzione, Gesù, deciso a svelare il complotto che minacciava la sua vita, richiama alla memoria di molti fra i presenti il miracolo che egli aveva operato a favore dell'impotente che giaceva sotto i portici di Betesda Giovanni 5:1-13, miracolo che aveva prodotto tanto orrore ed indignazione, e che, per essere stato compiuto in giorno di sabato, dava ai rettori un pretesto per cercar di farlo morire. Osservisi che egli parla di "una sola opera", da lui compiuta nel sabato, in contrasto colle molte violazioni per parte loro della legge del riposo settimanale, delle quali egli parla subito dopo. Alcuni scrittori manifestarono la loro sorpresa per avere il Signore parlato di questo miracolo dopo trascorso un anno e mezzo, e altri vedono in ciò una obbiezione fatale alla teoria che fosse così prolungata la sua assenza da Gerusalemme; ma se si tiene in mente che quella lunga assenza ebbe per causa i pericoli che i complotti dei rettori facevano correre alla sua vita, e che questi persistevano nel loro proponimento di metterlo a morte durante questa festa stessa dei Tabernacoli, dovevamo appunto aspettarci a vederlo smascherare pubblicamente i suoi nemici Parlandone così apertamente, facendo nota a tutti la loro ipocrisia e i loro disegni tenebrosi, egli dava alla sua posizione una grande forza morale.
PASSI PARALLELI
Giovanni 5:9-11
22 22. E pur Mosè vi ha data la circoncisione (non già ch'ella sia da Mosè, anzi dai padri)
In questo versetto abbiamo un esempio di quanto il Signore avea dichiarato, in Giovanni 7:19, che cioè la nazione Giudaica non osservava tutta la legge alla lettera. La sola difficoltà qui consiste nel render conto delle prime parole del versetto: "perciò, per questa ragione". Molti scrittori, fra i quali Teofilatto, Beza, Maldonatus, Poole, Whitby, Hammond, Doddridge, Bloomfield, Olshausen, Tholuck, Hengstenberg e Stier, considerano queste parole come parte di Giovanni 7:21: "Siete meravigliati, per cagione di questo". Le obbiezioni che una tale aggiunta in Giovanni 7:21 è superflua, e contraria allo stile usuale di Giovanni, non hanno peso sufficiente per metter da parte un accomodamento che scioglie in modo soddisfacente una difficoltà, senza mutilare il testo, e se non si presenta una spiegazione più plausibile di il lettore può, senza rischio alcuno, adottar questa. Il Codice Sinaitico non contiene queste parole, e Tischendorff le omette; ma le autorità sulle quali esse riposano son troppo potenti perché si possa ammettere una tale soluzione, della difficoltà. Anche lasciando queste parole dove sono, cioè al principio di Giovanni 7:22, si giunge a darne una spiegazione molto più semplice e soddisfacente, adottando la traduzione di Diodati: "E pure", cioè: di più, o ancora: a modo d'esempio. Il Signore fa uso del loro linguaggio abituale, quando dice: "Mosè vi ha data la circoncisione", perché tutti parlavano di lui come dell'autore delle loro leggi e della loro organizzazione sociale; ma in realtà Mosè si era limitato ad incorporare nel codice delle leggi ricevute al Sinai Levitico 12:3, un rito di data assai più antica, come il Signore ha cura di ricordare mediante le parole: "non già ch'ella sia da Mosè, anzi dai padri". La circoncisione venne data primieramente ad Abrahamo, come suggello dell'eterno patto di grazia, e segno della sua giustizia per fede Romani 4:11. Fu istituita da Dio medesimo, e doveva venir praticata sopra ogni maschio, all'ottavo giorno dopo la nascita, ed osservata dai discendenti di Abrahamo in, tutte le loro generazioni, sotto pena di morte Genesi 17:10-14.
e voi circoncidete l'uomo
(il bambino maschio: "l'uomo" qui è indicativo del sesso, non dell'età)
in sabato.
L'istituzione del sabato dando dalla creazione del mondo Genesi 2:2-3, e molto più antica di quella della circoncisione; eppure, quando l'ottavo giorno dopo la nascita cade il sabato, voi non esitate ad operar la circoncisione in quel giorno, benché sia un'opera servile, e non vi credete esposti ad una accusa di violazione del sabato, perché in quel giorno adempiete un'opera di necessità.
PASSI PARALLELI
Genesi 17:10-14; Levitico 12:3; Romani 4:9-11; Galati 3:17
23 23. Se l'uomo riceve la circoncisione in sabato, acciocché la legge di Mosè non sia rotta, vi adirate voi contro me, ch'io abbia sanato tutto un uomo la sabato?
Questo versetto contiene la conclusione desunta dal fatto stabilito nel precedente: "Se voi trasgredite del continuo il sabato, compiendo del continuo in detto giorno un'opera di necessità, eppure vi stimate senza biasimo, acciocché la legge di Mosè, riguardo alla circoncisione, non sia rotta, quali ragioni avete voi per adirarvi contro a me, perché ho fatto in quello stesso giorno, un'opera di misericordia di ben'altra importanza? Giacché mentre la circoncisione è un'opera di purificazione limitata ad una parte dell'individuo, e conferisce una purificazione cerimoniale, il miracolo da me compiuto ha ristabilito in salute e forza il corpo intero di un uomo". Il contrasto in questi due versetti, checché ne dicano alcuni critici moderni, non è già fra una vecchia istituzione, "la circoncisione", ed una nuova, "il sabato", pubblicata solo quando la legge fu data al Sinai "asserzione infondata, poiché il sabato è di gran lunga la più antica delle due", ma fra le opere di necessità e quelle di misericordia compiute in quel giorno, una delle quali non si considerava come una trasgressione della legge, mentre l'altra, prodotta da una carità sublime, veniva considerata come una profanazione degna di morte! Beza, Bengel, Hutchison, Stier ed altri intendono le parole "sanato tutto un uomo", come relative alla salute dell'anima non meno che a quella del corpo, alla conversione del cuore come al ristabilimento in salute ed in, forze dell'intero corpo; ma il linguaggio di Giovanni 5:14, lascia in dubbio se quell'uomo fosse rinnovato o no, e anche in caso affermativo, la folla a cui Cristo parlava, non era capace di valutar la forza del suo argomento, fuorché per quanto riferivasi al corpo.
PASSI PARALLELI
Matteo 12:5
Giovanni 5:8-9,14-16
24 24. Non giudicate secondo l'apparenza, ma fate giusto giudicio.
Tenendo conto del punto speciale in discussione, queste parole di Gesù significano: "Innalzatevi al disopra della lettera della legge, e sforzatevi di intenderne lo spirito; così facendo, troverete che, né voi col circoncidere, né io col guarire, abbiamo violato il sabato. Non vi affrettate a condannare un'azione come questa, senza prima guardare bene addentro alle, cose. "Intese in modo generale, esse significano che non dobbiamo giudicar di cosa alcuna con precipitazione, con ignoranza, secondo le mere apparenze esterne, ma solo dopo averla ben considerata, sotto tutti i suoi aspetti, affin di darne una vera e completa decisione. Il principio qui stabilito è importantissimo; eppure lo si viola ogni giorno, così nella chiesa come nel mondo. Niente ci accade più spesso che di giudicare favorevolmente o sfavorevolmente il carattere e le azioni degli uomini, guardando solo all'apparenza esterna. La temerità, i pregiudizi, l'egoismo sono ostacoli formidabili, che c'impediscono di giungere a dei giudizi retti ed onesti.
PASSI PARALLELI
Giovanni 8:15; Deuteronomio 1:16-17; 16:18-19; Salmi 58:1-2; 82:2; 94:20-21; Proverbi 17:15
Proverbi 24:23; Isaia 5:23; 11:3-4; Giacomo 2:1,4,9
25 25. Laonde alcuni di quei di Gerusalemme dicevano: Non è costui quel che essi cercano di uccidere?
Quelli che parlano, non sono più le turbe venute dalle provincie alle quali Gesù aveva parlato fino allora, ma alcuni abitanti di Gerusalemme a cui eran noti i complotti dei rettori, e che si domandano gli uni agli altri se mai potesse esservi qualche sbaglio sulla sua identità, poiché non si faceva passo alcuno per arrestarlo.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:10-11
Giovanni 7:20
26 26. E pure ecco egli parla liberamente, ed essi non gli dicono nulla; avrebbero mai i rettori conosciuto per vero che costui è il Cristo?
La perfetta libertà colla quale Cristo stava insegnando nel tempio, insieme alla loro conoscenza dei piani dei rettori, conducono questi cittadini a sospettare che fosse stato mutato il piano di operazioni, e li inducono a domandarsi "Avrebbero mai i rettori conosciuto per vero che costui è il Cristo?".
PASSI PARALLELI
Salmi 40:9-10; 71:15-16; Proverbi 28:1; Isaia 42:4; 50:7-8; Matteo 22:16; Atti 4:13
Efesini 6:19-20; Filippesi 1:14; 2Timoteo 1:7-8
Giovanni 7:48; 9:22; 11:47-53; 12:42; Luca 7:30
27 27. Ma pure noi sappiamo onde costui è;
Queste parole possono indicar due cose: ovvero la risoluzione di quelli che le profferivano di non lasciarsi ingannare, se anche i rettori avessero riconosciuto Gesù qual Messia; ovvero una ritrattazione della loro precedente domanda, come se la conoscenza che essi avevano di Cristo rendesse impossibile il fatto in essa mentovato. L'ultimo senso è il più probabile. "Tutti sappiamo da dove proviene quest'uomo che dice di esser il Messia, egli è natio di Nazaret, e tutti i particolari della sua parentela, padre, madre, fratelli, sorelle Matteo 13:55, sono famigliarmente conosciuti; ma tale non dev'essere il caso per il Messia". Questa loro idea non aveva ombra di fondamento, poiché Gesù era nato a Betleem Luca 2:4,7; ma ci fa vedere quanto poco si curavano di ottenere informazioni sicure riguardo ad una persona così notevole per la sua dottrina e pei suoi miracoli! La completa ignoranza del popolo riguardo al miracoloso concepimento di Gesù ed alla sua nascita a Betleem, benché tali fatti avessero, quando avvennero, commossa tutta la contrada circonvicina, sembra incomprensibile, perché, quantunque fossero trascorsi più di trenta anni da quel tempo in poi, molti in Betleem e in Nazaret dovevano ricordarsi quei fatti, e avrebbero potuto, quando Gesù cominciò ad attrarre l'attenzione col suo pubblico insegnamento, proclamare i miracoli che avevano accompagnato la sua nascita.
ma quando il Cristo verrà niuno saprà onde egli sia.
Questo non può intendersi n'è del suo luogo di nascita, né della famiglia dalla quale doveva uscire. Il primo era stato rivelato in Michea 5:2, e i principali sacerdoti e gli scribi medesimi lo avevano dichiarato ad Erode, quando giunsero in Gerusalemme i Magi d'Oriente, domandando: "Dov'è il Re dei Giudei, che è nato?" Matteo 2:5-6, e alcuni almeno dei presenti alla festa conoscevano quella profezia, Giovanni 7:42. Riguardo alla seconda, era universalmente riconosciuto e creduto che il Messia doveva uscire dalla famiglia di Davide, e il titolo che gli vien dato più spesso è quello di "Figliuol di Davide". Che voglion dire adunque le parole: "Niuno saprà onde egli sia?" Questa idea può esser provenuta da interpretazioni rabbiniche di passi come Isaia 53:8; Malachia 3:1 ecc. Ad ogni modo era credenza comune fra il popolo che il Messia comparirebbe primieramente in Betleem, ma verrebbe immediatamente rapito e nascosto, finché non ricevesse la sacra unzione da Elia; quindi si manifesterebbe, ad un tratto, senza che si potesse dire né quando, né come. Anzi alcuni sostengono che il Signore pensava a queste idee popolari della sua subitanea ed inaspettata apparizione quando diede ai suoi discepoli gli ammonimenti di Matteo 24:23; Marco 13:21.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:15; 6:42; Matteo 13:54-57; Marco 6:3; Luca 4:22
Giovanni 7:41-42; Isaia 11:1; 53:8; Geremia 23:5; 30:21; Michea 5:2; Matteo 2:5-6; Atti 8:33
28 28. Laonde Gesù gridava nel tempio, insegnando e dicendo: E voi mi conoscete e sapete onde io sono,
"gridava", indica l'espressione ad alta voce dell'emozione che Gesù risentiva nel vedere quanto s'ingannavano riguardo alla sua origine. Le parole: "nel tempio", dopo Giovanni 7:1, non sarebbero necessarie, ma servono a descrivere in modo più vivace il momento solenne di questa esclamazione. In mezzo alla moltitudine trovavansi senza dubbio dei sacerdoti, degli scribi, dei rettori, ed egli desiderava attrarre l'attenzione di tutti. Furon dati vari sensi all'esclamazione: "E voi mi conoscete".
1) È una domanda.
2) È ironica.
3) È un rimprovero, perché conoscevano la sua natura divina, eppure si ostinavano a nasconderla.
Nessuna di quelle interpretazioni ci soddisfa. Ci par di afferrar chiaramente il pensiero di Cristo, prendendo quelle parole nel loro senso semplice e letterale. Egli ammette subito che il popolo possedeva una conoscenza esterna di lui e della sua parentela terrestre; ma vi era pure, nel caso suo, una origine più nascosta e più alta che essi non, sapevano.
ed (e pure) io non son venuto da me stesso; ma colui che mi ha mandato è verace;
Queste parole possono venir parafrasate così: "Eppure voi non mi conoscete realmente ed a fondo, imperocché non venni di mio proprio movimento, indipendentemente da Dio, e senza il suo mandato; ma è il Padre che mi ha mandato nel mondo, per farvi la sua volontà. Il vero e reale mio mandante è il vero e fedele Iddio d'Israele". La parola qui applicata a Dio, non è quella che si usa ordinariamente per vero. Essa suona piuttosto genuino, reale, originale, in opposizione a ciò che è simile o rappresentativo. La stessa parola viene usata in Giovanni 15:1: "Io sono la vera vite". Non è usata qui nel senso che Dio è degno di fede, bensì nel senso che egli è una vera e sostanziale persona, che possiede in sé tutta la perfezione espressa nella sua immagine o tipo. "Cristo era il riflesso o l'immagine o il carattere del Padre Ebrei 1:3, e il Padre era l'essenza genuina, rispondete a quanto il Figlio rappresentava e metteva in luce" (Jacobus).
il qual voi non conoscete.
PASSI PARALLELI
Giovanni 1:46; 8:14; Matteo 2:23; Luca 2:4,11,39,51
Giovanni 3:2; 5:43; 8:16,42; 10:36; 12:49; 14:10,31
Giovanni 3:33; 5:32; 8:26; Romani 3:4; 2Corinzi 1:18; Tito 1:2; Ebrei 6:18; 1Giovanni 5:10
Giovanni 8:19,54-55; 16:3; 17:3,25; 1Samuele 2:12; Salmi 9:10; Proverbi 2:3-5; Geremia 9:6
Geremia 31:34; Osea 4:1; 5:4; 6:3-6; Matteo 11:27; Luca 10:22; Atti 17:23; Romani 1:28
2Corinzi 4:6; 1Giovanni 2:3-4
29 29. Ma io lo conosco; perciocché io son proceduto da lui, ed egli mi ha mandato.
Si noti il contrasto chiarissimo che Gesù esprime tra sé medesimo, e quelli che erano così certi di conoscere tutto ciò che lo concerneva. Per quanto si vantassero di Jehova, come del Dio che aveva stretto un patto con loro, il Signore dichiara che essi non lo conoscevano realmente, se no non avrebbero respinto il messaggero che, egli mandava loro. Nessuno che lo negava come Messia, poteva conoscere Jehova come Padre, perché "chi non onora il Figliuolo, non onora il Padre che l'ha mandato" Giovanni 5:23. Ma egli lo conosceva quel Dio ch'essi ignoravano, "primieramente a motivo di quella comunanza di essenza che lo legava col Padre, e quindi a motivo della divina origine della sua missione. Colui che è mandato mantiene intima comunicazione con colui che lo manda, e in conseguenza di ciò lo conosce" (Godet). Le parole: "perciocché io son da lui" dichiarano l'eterna relazione del Padre e del Figlio, dalla quale procede la perfezione della sua conoscenza; mentre le parole: "egli mi ha mandato" implicano più che una semplice commissione di profeta; esse lo proclamano il Mandato, il Messia, il profeta più grande di Mosè, che Dio aveva sempre promesso al suo popolo.
PASSI PARALLELI
Giovanni 1:18; 8:55; 10:15; 17:25-26
Giovanni 3:16-17; 13:3; 16:27-28; 17:18; 1Giovanni 1:2; 4:9,14
30 30. Perciò cercavano di pigliarlo;
Giovanni, parla qui dei rettori e dei loro aderenti. Benché Gesù non avesse pronunziato il nome di Dio, essi compresero subito che egli si proclamava il Messia; da ciò la loro rabbia, e i loro nuovi tentativi per impadronirsi di lui.
ma niuno gli mise la mano addosso; perciocché la sua ora non era ancora venuta.
Se furono trattenuti dalla evidente simpatia della moltitudine per lui Matteo 26:5, o se egli sparì ad un tratto Giovanni 8:59; 10:39; Luca 4:30, è cosa che non vien chiarita; ma l'evangelista c'informa che la causa vera per cui non riuscirono nel loro intento, si fu "che la sua ora non era ancora venuta". Vani furono tutti i loro tentativi per arrestarlo finché non lo permise Iddio e quando finalmente egli cadde in potere dei suoi nemici, non fu già perché più non avesse potuto sfuggir loro Matteo 26:53, ma perché era giunta l'ora fissata da suo Padre. Quello che accadde al Maestro accadrà pure ai discepoli tutti. Il persuaderci che nulla accade in questo mondo, se non conformemente agli eterni consigli, e secondo i piani eterni del nostro Padre Celeste, è il gran segreto per, vivere una vita tranquilla e felice.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:19,32; 8:37,59; 10:31,39; 11:57; Marco 11:18; Luca 19:47-48; 20:19
Giovanni 7:6,8,44-46; 8:20; 9:4; 11:9-10; Salmi 76:10; Isaia 46:10; Luca 13:32-33
Luca 22:53
31 31. E (ma) molti della moltitudine credettero in lui, e dicevano: il Cristo, quando sarà venuto, farà egli più segni che costui non ha fatti?
Se l'ultimo versetto ci dà una prova che negli abitanti di Gerusalemme aumentava l'incredulità riguardo a Cristo come Messia, questo ci fa conoscere che la fede in lui andava crescendo fra la gente di campagna, "moltitudine", la quale era accorsa alla festa. Questa fede in lui può essere stata una convinzione più profonda che egli era un vero profeta Luca 24:19, o che egli era il Messia promesso, benché, in quest'ultimo caso, ancora non potesse esser fede a salute. Quest'ultimo senso ci par più conforme alle loro domande: "Se, questi non è il vero Messia, quando il Messia, che voi tuttora aspettate, verrà, potrà egli mai compiere miracoli più grandi che quest'uomo non abbia fatti? Era aspettazione comune, fondata forse sopra Isaia 35:5-6, che il Messia compirebbe molti miracoli. Alcuni di quelli che parlavano così erano forse stati testimoni dei miracoli che egli avea compiuti in Galilea; altri dovevano averne udito parlare e vedendo che le opere sue corrispondevano a quanto essi si aspettavano che farebbe il Messia, lo accolsero come il vero Unto del Signore.
PASSI PARALLELI
Giovanni 2:23-24; 4:39; 6:14-15; 8:30-32; 12:42; Matteo 12:23; Luca 8:13; Atti 8:13
Giacomo 2:26
Giovanni 3:2; 6:2; 9:16; 10:41-42; Matteo 11:3-6
32 Gesù predica nel tempio con chiarezza e grazia sempre maggiori. Il Sinedrio manda dei sergenti per arrestarlo, ma questi tornano indietro senza avere osato mettergli le mani addosso, Giovanni 7:32-46
32. I Farisei udirono la moltitudine che bisbigliava queste cose di lui; e i Farisei e i principali sacerdoti mandarono dei sergenti per pigliarlo.
Per quanto il popolo parlasse con prudenza, i suoi bisbigli giunsero agli orecchi dei Farisei, i quali, da questo istante, sembrano agire in corpo per togliere Gesù di mezzo. "I principali sacerdoti" non erano solamente Anna e Caiafa od altri tuttora viventi che avevano tenuto l'ufficio di sommi sacerdoti, ma pure i capi delle 24 classi, o mute, nelle quali Davide avea diviso i discendenti di Aaronne 1Cronache 24:7-19, e che, dopo di lui, Giosia, Esdra e Neemia aveano ricostituite; imperocché, quantunque quattro classi sole tornassero dalla cattività di Babilonia, con quelle si erano ricostituite le 24 classi, ritenendo i nomi di prima 2Cronache 35:4; Esdra 2:36-39; Nehemia 7:39-42; 12:1, ecc. Questi personaggi tutti, preso consiglio insieme, sembrano aver convocato in fretta il Sinedrio, il quale approvò i loro disegni e mandò dei sergenti per arrestare Gesù.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:47-53; 11:47-48; 12:19; Matteo 12:23-24; 23:13
Giovanni 7:45-46; 18:3; Luca 22:52-53; Atti 5:26
33 33. Perciò Gesù disse loro: io son con voi ancora un poco di tempo; poi me ne vo a colui che mi ha mandato.
Queste parole sono rivolte a quelli che erano nel cortile del tempio, così alla moltitudine, come ai partigiani dei rettori. La decisione, presa dal Sinedrio e da lui ben conosciuta, ricordò al Signore che il tempo del suo ministerio terreno si avvicinava rapidamente al suo termine, ed egli lo annunzia ai suoi uditori, affinché quelli che son ben disposti si affrettino ad accettar la salute, e i nemici sieno ammoniti del pericolo a cui vanno incontro. Per quanto poco dovesse ancora durare il suo ministerio quaggiù, v'era tempo ancora per pentirsi; ma poi verrebbe un'ora nella quale sarebbe troppo tardi. La manifestazione dell'amor di Dio per l'uomo sarebbe tosto coronata col suo sacrificio; offerto quello, sarebbe compiuta la sua missione, ed egli se ne tornerebbe a colui che lo avea mandato. Quelli che aveano seguito il Signore nel suo ministerio in Galilea, dove egli aveva così spesso parlato in quei termini di suo Padre, e i più fra i rettori, i quali ben sapevano che egli si proclamava Messia, non potevano aver difficoltà alcuna nel comprendere di chi parlasse; ma da Giovanni 7:35 vediamo che alcuni, sinceramente o no, protestavano di non capir le sue parole.
PASSI PARALLELI
Giovanni 12:35-36; 13:1,3,33; 16:5,16-22; 17:11,13; Marco 16:19
34 34. Voi mi cercherete, e non mi troverete; e dove io sarò, voi non potrete venire.
La parola "sarò" è una traduzione erronea; l'originale greco ha: "io sono" che è la semplice espressione di una esistenza continuata, e ben s'addice a colui che da ogni eternità è uno col Padre. "Cercherete" non ha qui il senso di volerlo far morire, ma di ottenere aiuto da lui. "non mi troverete" non significa neppure che, dal momento della sua partenza, non vi sarebbe più speranza di salute per quelli che ora lo rigettavano, e poco dopo lo doveano crocifiggere, perciocché ben si sa che molti di essi credettero dipoi in lui e ricevettero il battesimo nel suo nome, in segno di remissione dei peccati Atti 2:38. Di più è immutabilmente vera la promessa: "Io non caccerò fuori colui che viene a me" Giovanni 6:37. Le parole di Gesù sembrano alludere alla catastrofe che in un prossimo avvenire doveva colpire la nazione giudaica, e rovinare affatto la sua costituzione sociale. Quando quella avverrebbe, il popolo domanderebbe ardentemente di venire liberato dall'aspettato Messia; ma invano, poiché già lo avrebbe rigettato e crocifisso nella persona di Gesù di Nazaret. A quell'epoca il Signore sarebbe già rientrato nella sua gloria dove nessun di loro lo potrà avvicinare.
PASSI PARALLELI
Giovanni 8:21-24; 13:33-36; 14:3,6; 17:24; Proverbi 1:24-31; Osea 5:6; Matteo 23:39
Luca 13:24-25,34-35; 17:22-23
35 35. Laonde i Giudei dissero fra loro: Dove andrà costui, che noi nol troveremo? Andrà egli a coloro che son dispersi fra i Greci ad insegnare i Greci?
Come osserva Messer, "fra loro" significa che queste parole furon dette da un solo partito, quello dei rettori, ad esclusione di tutti gli altri. Tal domanda era al tempo stesso insolente ed ironica. "Dove vuole fuggire costui, si da essere all'infuori del nostro potere?" Conviene loro di distogliere ad ogni modo l'attenzione della moltitudine dalle parole: "non mi troverete", ed a questo scopo chiedono con disprezzo se Gesù voleva andarsene dai Giudei dispersi fra i Gentili, o peggio ancora continuare il suo ministerio fra i Gentili medesimi. Un tentativo analogo di distrarre l'attenzione del popolo, quando Gesù usò di nuovo le medesime parole, si trova al cap. Giovanni 8:22, allorquando i Giudei suggeriscono, che egli si voleva uccidere. Il nome di diaspora, era un nome generico per tutti i Giudei che si erano stabiliti fuori della Palestina. Erano specialmente numerosi in Africa, nell'Asia Minore e nella Siria; ma se ne trovavano pure dispersi fra i Gentili in tutto l'Oriente. Si chiamavano ossia Giudei che parlavano il greco, non mai "Greci", nome che nel Nuovo Testamento non vien "dato che ai Gentili. Le parole: designano adunque i Giudei dispersi fra i Gentili, non già una dispersione dei Greci, perché non si poteva parlar di "dispersione dei Greci" in paesi appartenenti quasi interamente a loro. "Andrà egli, domandano i rettori, ai Giudei dispersi, per persuaderli ad accettare la sua dottrina, o si spingerà egli fino al segno di insegnare i Gentili medesimi?" Un tal atto essi lo deridono come il colmo della, follia, e vorrebbero indur la moltitudine ad imitare il loro esempio. Or questo fu precisamente ciò che avvenne dopo la discesa dello Spirito Santo il giorno della Pentecoste. Pietro, quale Apostolo della circoncisione, visitò i Giudei della diaspora, e scrisse loro due epistole; e Paolo, quale Apostolo della incirconcisione, in tutti i suoi viaggi, come vediamo dagli Atti Apostolici, cominciava in ogni luogo l'opera sua fra i suoi concittadini della diaspora, "essendo egli stesso per nascita uno di loro", quindi si volgeva ad insegnare i Gentili. Dal medesimo libro vediamo con qual detestazione i Giudei vedevano aprir la porta della salvezza ai Gentili. Godet osserva che Giovanni riferì in modo così particolareggiato le parole ironiche dei Farisei, forse perché vide in esse una profezia involontaria, come quella di Caiafa Giovanni 11:49-51, profezia già adempiuta al momento in cui Giovanni scriveva, poiché moltissimi Gentili avevano accettato l'Evangelo, e della quale lo stesso suo Vangelo indirizzalo a loro era una prova.
PASSI PARALLELI
Isaia 11:12; 27:12-13; Sofonia 3:10; Atti 21:21; Giacomo 1:1; 1Pietro 1:1
Salmi 67:1-2; 98:2-3; Isaia 11:10; 49:6; Matteo 12:21; Luca 2:32; Atti 11:18
Atti 13:46-48; 22:21; Efesini 3:8; Colossesi 1:27; 1Timoteo 2:7; 2Timoteo 1:11
36 36. Qual'è questo ragionamento ch'egli ha detto: Voi mi cercherete, e non mi troverete; e: Dove io sarò (sono), voi non potrete venire?
Ad onta delle loro amare parole, essi non possono bandire dalla loro mente il detto di Gesù. Invano cercano di intenderne il senso; sospettano che contenga qualche cosa di contrario ai loro interessi: "Dopo tutto, che può egli voler significare con tali parole? Annunziano esso del male?" Ma tali domande rimangono senza risposta.
PASSI PARALLELI
Giovanni 3:4,9; 6:41,52,60; 12:34; 16:17-18
Giovanni 7:34; 1Corinzi 2:14
37 37. Or nell'ultimo giorno, ch'era il gran giorno della festa,
Da Levitico 23:34, sappiamo che la festa dei Tabernacoli durava Sette giorni; ma da Levitico 23:36,39; Numeri 29:35; Nehemia 8:18, sappiamo pure che a quei sette se ne aggiungeva uno di solenne convocazione, sicché la festa durava in realtà otto giorni. Si è messo in questione se "il gran giorno della festa", di cui parla qui Giovanni, fosse il, settimo, ossia, a rigor di termini, l'ultimo giorno della festa, o l'ottavo, nel quale tenevasi la solenne convocazione. Quelli che stanno pel settimo, si fondano sul fatto che, mentre vi erano sacrifici e riti speciali, per ciascun dei sette giorni, altri, affatto diversi, erano espressamente prescritti per l'ottavo, ossia per il sabato di santa convocazione. Quelli che stanno per l'ottavo arguiscono che Dio lo aveva istituito in intima connessione colla festa dei Tabernacoli Levitico 23:39; Numeri 29:35, che in 2Maccabei 10:6, e in Flavio, Antiq. 3, 10, 4, la festa dei Tabernacoli è espressamente chiamata una festa di otto giorni, e che alcuni scrittori rabbinici, "ma questo è contestato da altri", asseriscono che l'acqua veniva sparsa sull'altare nell'ottavo giorno come nei precedenti. La cosa che interessa maggiormente le ricerche antiquarie che la pratica della vita; però siccome quell'ottavo giorno era la chiusa non solo della festa dei Tabernacoli, ma pure delle tre grandi solennità dell'anno, inchiniamo a schierarci con quelli che lo "considerano come "l'ultimo e il gran giorno della festa". Fra i riti di quel giorno, ve n'era uno posteriore alla legge di Mosè e di origine incerta, ma più popolare di tutti gli altri. Al momento del sacrificio mattutino, un sacerdote, accompagnato da una processione, preceduta da una banda musicale, recavasi alla piscina di Siloè, "al punto di congiunzione delle valli di Giosafat e di Hinnom", avendovi riempito un vaso d'oro, lo portava, in mezzo alle giulive acclamazioni del popolo, nel cortile del tempio, e lo versava in due vasi d'argento, posti in sull'altare, mentre i Sacerdoti e i Leviti cantavano il grande Hallel Salmi 113; 118 seguito dalle parole di Isaia: "E voi attignerete con allegrezza l'acque dalla fonte della salute" Isaia 12:3. Questa parte della cerimonia era intesa a commemorare con gratitudine la misericordia di Dio, per aver egli provveduto, l'acqua ad Israele, mentre vagava qua e là nel deserto, come pure a, ricordare al popolo le maggiori benedizioni promesse per la venuta del Messia probabilissimo che nelle parole di questo vers. il Signore faccia allusione ad un tal rito.
Gesù, stando in piè, gridò, dicendo: Se alcuno ha sete, venga a me e beva.
All'ottavo giorno, il popolo abbandonava le capanne sotto alle quali era vissuto per una settimana, e rientrava nelle sue case. L'Evangelista sembra presentarci Gesù salito su qualche eminenza, forse nelle vicinanze del tempio, da dove poteva vedere tutti i passanti, ed attrarre ad alta voce la loro attenzione su di sé, come sull'antitipo della roccia percossa, colui dal quale procedon le acque della vita. La sete di cui parla qui il Signore, non è corporea, ma spirituale: è l'aspirazione ansiosa dell'anima disingannata, dietro a qualcosa di meglio di quanto il mondo può dare Isaia 55:1-3; è il desiderio di un cuore credente di ottener maggiori manifestazioni della grazia di Dio, più copiose effusioni della forza vivificante dello Spirito di Dio. È quella sete che Davide provava ed esprimeva al principio dei Salmi 42:1-11 e Salmi 63:1-11. Ma le parole di Gesù si riferiscono pure a quella prima sete di cose migliori che provava il giovane rettore quando si presentò a Gesù domandandogli: "Maestro buono, facendo che erediterò la vita eterna?" Luca 18:18. Di chiunque senta una tal sete Gesù dice: "Venga a me e beva". È questo un invito analogo a quello di Matteo 11:28; è invito che non patisce restrizione alcuna; la parola "chiunque" gli dà il senso più generale possibile, sicché esso abbraccia tutti gli uomini. Il fatto che, nella festa, l'acqua veniva versata, ma non bevuta, non ci pare una ragione sufficiente per negare che queste parole di Gesù alludessero a quel rito. "versar l'acqua" ricordava "la roccia percossa", e non occorreva altro per completar l'analogia. Cristo ci si dichiara qui qual fonte di vita, come colui che provvede ai bisogni spirituali dell'uomo, che dà pace e felicità ad ogni coscienza turbata, che toglie e perdona il peccato.
PASSI PARALLELI
Levitico 23:36,39; Numeri 29:35; 1Re 8:65-66
Giovanni 7:28; 1:23; Proverbi 1:20; 8:1,3; 9:3; Isaia 40:2,6; 55:1; 58:1; Geremia 2:2; Michea 6:9
Matteo 3:3
Giovanni 4:10; 6:35; Salmi 36:8-9; 42:2; 63:1; 143:6; Isaia 12:3; 41:17-18; 44:3
Isaia 55:1; Amos 8:11-13; Apocalisse 21:6; 22:1,17
Giovanni 5:40; 6:37; 14:6; Isaia 55:3; Geremia 16:19; Matteo 11:28
Giovanni 6:55; Cantici 5:1; Zaccaria 9:15; 1Corinzi 10:4,21; 11:25; 12:13; Efesini 5:18
38 38. Chi crede in me, siccome ha detto la scrittura, dal suo ventre coleranno fiumi d'acqua viva.
Il senso generale di questo versetto è abbastanza chiaro, ed è che chiunque accetta l'invito di Cristo, e crede in lui qual Salvatore mandato da Dio, riceverà certamente nella propria persona la benedizione promessa, "l'acqua viva", "lo Spirito Santo", in modo permanente, non solo per supplire abbondantemente ai propri bisogni spirituali, ma pure per la conversione e la santificazione degli altri, mediante la continua testimonianza che salirà dal suo cuore alle sue labbra. Ma sono state sollevate varie difficoltà, riguardo al nesso fra loro delle varie espressioni di questo versetto. Alcuni vorrebbero unire le parole; "chi crede in me" con "beva" alla fine di Giovanni 7:37, così: "Se alcuno ha sete venga a me, e chi crede in me beva". Altri vorrebbero unire "chi crede in me" colle parole che vengono subito dopo: "siccome ha detto la scrittura", cioè "chi crede in me sinceramente, conformemente alla parola di Dio". La prima interpretazione fa violenza all'uso grammaticale della lingua greca; e tutte e due sono chiaramente contrarie allo spirito di tutto il passo. Le parole non ammettono una costruzione rigorosa. L'espressione: "Siccome ha detto la scrittura", deve unirsi a "dal suo ventre, ecc." e non si riferisce ad un passo speciale, ma al tenore generale di certe profezie come Isaia 44:3; 58:11; Ezechiele 47:1-12; Gioele 3:18; Zaccaria 14:8. "dal suo ventre" da Stier vien riferito al Signore stesso, qual fonte inesauribile dalla quale lo Spirito Santo esce a torrenti. Nessuno nega questa verità, ma non ci par che sia tale il senso di questo passo. Godet lo riferisce alla roccia percossa da Mosè nel deserto, dall'interno della quale l'acqua sgorgava un'abbondanza; ma questo è un mescolar stranamente Cristo ed il credente sotto la medesima figura! Che la roccia fosse Cristo ce lo dichiara Paolo 1Corinzi 10:4; ma l'applicar questo tipo ai credenti non è sanzionato in nessuna parte della Scrittura. Crediamo che qui indichi figurativamente l'anima la parte più intima dell'uomo, nella quale, se si tratti di un vero credente, Cristo versa così abbondantemente il suo Spirito, che, da quella pienezza, si riversano ricchezze spirituali sopra molti altri. Questo modo di vedere è confermato da quanto Gesù disse alla donna di Samaria riguardo a questa stessa "acqua viva" Giovanni 7:4,14, colla differenza che in quel caso Gesù parlò di una "fonte d'acqua", mentre nel caso presente impiega l'espressione "fiumi di acqua viva. Questa figura indica prima l'abbondanza, quindi la diffusione di quest'acqua viva, per il bene di molti. Il vero senso di questa promessa si è che ogni credente in Cristo riceverà abbondantemente quanto occorre per i suoi bisogni spirituali, e diverrà sorgente di benedizioni per altri. Mediante la sua parola, le sue opere e il suo esempio, le grazie vivificanti dello Spirito sgorgheranno come acque di vita per il bene eterno dei suoi simili.
PASSI PARALLELI
Deuteronomio 18:15
Giovanni 4:14; Giobbe 32:18,19; Proverbi 10:11; 18:4; Isaia 12:3; 44:3; 58:11; 59:21
Ezechiele 47:1-12; Zaccaria 14:8; Galati 5:22-23; Efesini 5:9
39 39. Or egli disse questo dello Spirito, il qual riceverebbero coloro che credono in lui; conciossiaché lo Spirito Santo non fosse ancora stato mandato; perciocché Gesù non era, ancora stato glorificato
Questo versetto è uno di quei commenti dell'Evangelista che occorrono così di frequente nel Vangelo di Giovanni. Da queste sue parole, i Papisti e i Ritualisti possono convincere si che l'acqua di cui vien qui parlato, non indica il battesimo, al quale essi dànno tanta importanza, ma lo Spirito Santo. Esse ci accertano che chiunque ora crede veramente in Cristo, ha ricevuto il dono dello Spirito Santo, il quale è per lui un avvocato risiedente nel cuore, il Consolatore da Cristo promesso, e che deve dimorare coi suoi fino al suo ritorno, il Santificatore che mediante la parola e l'unione con Cristo lo prepara alla gloria. Questi "tempi di refrigerio", descritti in Giovanni 7:38, non erano ancora venuti, perché Cristo non aveva ancora pienamente adempiuto l'opera sua terrena. Occorreva che morisse, risuscitasse e salisse in cielo, prima che potesse venir glorificato. Gesù stesso ci dice che era necessario, che era la volontà del Padre che egli partisse da questa terra per salire in cielo, prima che ne potesse discendere lo Spirito Consolatore Giovanni 16:7. Quando finalmente egli sedette alla destra del Padre, fu adempiuta la profezia che egli "ha ricevuto doni per gli uomini" Salmi 58:18, Revisione Guicciardini e la scena meravigliosa del dì, di Pentecoste fu il primo frutto di quella effusione dello Spirito, che deve continuare fino alla fine del mondo, a benefizio di tutti i credenti. Dicendo che "lo spirito non era ancora stato mandato", Giovanni non vuol punto significare che l'opera dello Spirito fosse affatto ignota in tutta la dispensazione dell'Antico Testamento, e durante il ministerio di Cristo in sulla terra; imperocché lo Spirito lottò cogli uomini prima del diluvio, ai tempi di Noè Genesi 6:3; Davide parlò per lo Spirito Santo Marco 12:36; Isaia rese testimonianza allo Spirito Isaia 63:10-11; e il Battista fu ripieno di Spirito Santo dal ventre di sua madre Luca 1:15. Giovanni vuol dir solo che, fino a quel momento, lo Spirito non si era ancora pienamente rivelato a quei cuori nei quali poi, dopo l'ascensione di Cristo, egli abitò con così piena influenza. In breve, fu solo dopo l'ascensione di Cristo e in conseguenza di quella, che cominciò la dispensazione dello Spirito Santo.
PASSI PARALLELI
Giovanni 14:16-17,26; Proverbi 1:23; Isaia 12:3; 32:15; 44:3; Gioele 2:28; Luca 3:16
Luca 24:49; Atti 1:4-8; 2:4,17,38; 4:31; Romani 8:9; Efesini 1:13-14; 4:30
Giovanni 16:7; Salmi 68:18; Isaia 32:15; Atti 2:17,33; 2Corinzi 3:8
Giovanni 12:16; 13:31-32; 14:13; 17:5; Atti 3:13
Giovanni 7:12; 1:21,25; 6:14; Deuteronomio 18:15-18; Matteo 16:14; 21:11; Luca 7:16; Atti 3:22-23
40 40. Molti adunque della moltitudine, udito quel ragionamento, dicevano: Costui è veramente il profeta.
In questo e nei seguenti versetti è descritto l'effetto prodotto sulla moltitudine dal discorso che essa aveva udito. L'articolo definito "che precede profeta" indica che quelli che parlavano a quel modo lo prendevano per Elia, o per il profeta predetto da Mosè Deuteronomio 18:15. Quest'ultimo, secondo alcuni, doveva, essere il Messia stesso, secondo altri il suo precursore, Vedi Nota Giovanni 1:21.
41 41. Altri dicevano: Costui è il Cristo. Altri dicevano: Ma il Cristo verrà egli di Galilea?
Nessuno aveva mosso una obbiezione qualsiasi all'opinione che egli potesse essere il profeta precursore del Messia; ma non appena vien messa avanti l'idea che egli sia veramente il Messia in persona, quel Messia così lungamente aspettato, ecco che parte della moltitudine, credendolo di Galilea, vi si oppone e crede mostrarne l'assurdità colla domanda: "Il Cristo verrà egli di Galilea?"
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:31; 1:41,49; 4:25,29,42; 6:69; Matteo 16:14-16
Giovanni 7:52; 1:46
42 42. La scrittura non ha ella detto, che il Cristo verrà della progenie di Davide e di Betleem, castello ove dimorò Davide?
Le indicazioni qui date sulla famiglia e il luogo di nascita del Messia sono perfettamente esatte, Vedi Salmi 79:3-4; 132:11; Isaia 11:1,10; Geremia 23:5-6; 1Samuele 17:12; Michea 5:2 e all'obbiezione non sarebbe stato possibile rispondere, se si fosse potuto provare con certezza che Gesù era realmente nato in Galilea. Fatto sta che Gesù era nato in Betleem Matteo 2:1; Luca 2:4-6; una inchiesta fatta in quella città e nella famiglia di Maria sarebbe bastata a decidere la vertenza, se pur si desiderava conoscere la verità.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:27; Salmi 132:11; Isaia 11:1; Geremia 23:5; Michea 5:2; Matteo 2:5; Luca 2:4,11
1Samuele 16:1,4,11-13,18; 17:58
43 43. Vi fu adunque dissensione fra la moltitudine per lui.
L'obbiezione, che Gesù era Galileo non aveva fondamento alcuno, ma bastava a raggiungere lo scopo dei suoi nemici, quello cioè di seminare la divisione (lett. Scisma), e separar la folla in due partiti, uno dei quali favorevole a Cristo, mentre l'altro si schierava coi suoi nemici.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:12; 9:16; 10:19; Matteo 10:35; Luca 12:51; Atti 14:4; 23:7-10
44 44. E alcuni di loro volevan pigliarlo; ma pur niuno mise le mani sopra lui.
Questa mossa fu fatta da quelli fra la moltitudine i quali aveano negato che egli potesse essere il Messia; e non deve confondersi col tentativo dei rettori e dei loro partigiani; ma lo scopo era il medesimo, e se non riuscì, lo si deve alla stessa causa divina che già lo aveva impedito, cioè "perciocché la sua ora non era ancora venuta".
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:30; 8:20; 18:5-6; Atti 18:10; 23:11; 27:23-25
45 45. I sergenti adunque tornarono ai principali sacerdoti ed ai Farisei; e quelli dissero loro: Perché non l'avete menato?
Non ci vien detto quanto tempo passasse fra l'ordine dato ai sergenti Giovanni 7:32, e il loro ritorno senza averlo eseguito. Dal racconto di Giovanni, alcuni traggono la conclusione che essi ricevettero l'ordine dal Sinedrio in seduta, e al loro ritorno lo trovarono tuttora sedente o nuovamente riunito, benché fosse giorno di festa solenne. Ma è più probabile che fosse loro stato dato un mandato generico di arrestar Gesù alla prima occasione favorevole, e che passassero anche più giorni senza che, per quanto stessero in agguato, ardissero mettergli le mani addosso, a motivo delle disposizioni della folla. La domanda fatta dai membri del Sinedrio, quando i sergenti tornarono soli, rivela la rabbia di chi vede i suoi piani rovinati. Di fronte alla moltitudine, essi non ardivano ricorrere alla forza aperta; ma se i loro sergenti, mediante qualche artifizio o scusa legale, fossero riusciti a condur Gesù nella sala delle loro liberazioni avrebbero potuto allora farne quel che volevano.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:32; Atti 5:21-27
46 46. I sergenti risposero: Niun uomo parlò giammai come costui.
Queste parole hanno probabilmente una doppia applicazione, prima alla moltitudine, poi ai sergenti medesimi. Avevano osservato con stupore la potenza delle parole di Cristo sul cuore e sulla mente della folla; mai avevano udito un uomo esercitare una tale influenza; era impossibile arrestarlo mentre durava tuttora quel suo potere sulla folla. Al tempo stesso confessano candidamente che l'insegnamento di Gesù avea prodotto su di loro medesimi una sì profonda impressione, che a rischio di venir severamente puniti dai loro superiori, era venuto loro meno il coraggio, e non si erano sentiti capaci di fargli qualsiasi cosa. Benché, estranei al senso profondo dell'insegnamento di Cristo, la misteriosa grandezza, la grazia e la purezza della sua dottrina li avevano colpiti di ammirazione, e così Iddio li aveva impediti di eseguire la loro missione sanguinaria. Come osserva Godet, quella loro franca risposta era l'uno strano complimento fatto, senza volerlo, a quei dottori che essi udivano abitualmente.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:26; Matteo 7:29; Luca 4:22
47 Giovanni 7:47-53. IRA DEL SINEDRIO CONTRO I SERGENTI E CONTRO IL POPOLO. NICODEMO PROTESTA CONTRO LA SUA FRETTA INDECENTE NEL CONDANNARE SENZA FAR RETTO GIUDIZIO
47. Laonde i Farisei risposero loro: Siete punto ancora voi stati sedotti? 48. Ha alcuno dei rettori, o dei Farisei, creduto in lui?
I Farisei si adirano contro i loro servitori perché ardiscono aver pensieri o convinzioni proprie, mentre essi li consideravano come mere macchine destinate ad eseguire senza osservazioni la volontà dei loro superiori. "Né i rettori, né i Farisei hanno creduto in lui; pretendereste forse di saperne più di noi? Che diritto avete di portar la nostra livrea, e di pensar diversamente da noi, e di mettere in questione i nostri ordini?" Tali domande sono piene di intolleranza, di sarcasmo e di ironia.
PASSI PARALLELI
Giovanni 7:12; 9:27-34; 2Re 18:29,32; 2Cronache 32:15; Matteo 27:63; 2Corinzi 6:8
Giovanni 7:26,50; 12:42; Geremia 5:4-5; Matteo 11:25; Atti 6:7; 1Corinzi 1:20,22-28; 2:8
49 49. Ma questa moltitudine, che non sa la legge, è maledetta.
Queste parole non sono un anatema o una scomunica formale di tutto quel popolo; neppure il Sinedrio avrebbe avuto il diritto di sentenziare a quel modo. Esse sono semplicemente uno scoppio di rabbia e di disprezzo. La mancanza di conoscenza della legge di cui vien qui accusato il popolo s'intenda i quella scienza rabbinica composta di ibride interpretazioni della legge e di tradizioni degli anziani, di cui menavano vanto le scuole di quel tempo, in Gerusalemme, ed equivale al "non essendo stato ammaestrato", già detto di Cristo Giovanni 7:15, e ad "uomini senza lettere ed idioti", come vengono chiamati Pietro e Giovanni Atti 4:13. Fatto sta che la presenza di quella folla in Gerusalemme per la festa era una prova tangibile che essa conosceva ed osservava la lettera della legge, mentre il suo ardore per udire la dottrina di Cristo dimostrava che ne conosceva pure le esigenze spirituali, di cui quelli che "sedevano nella cattedra di Mosè" non avevano la minima idea. Orgogliosi dei loro lavori letterari e delle loro infallibili interpretazioni della legge di Mosè, i Farisei sprezzavano tutti quelli che non avevano studiato nelle loro scuole, e ne parlavano come di fango che si calpesta coi piedi. Fra altri epiteti obbrobriosi li chiavano "uomini di terra" e "vermi". Per maggiori informazioni si consulti Lampe.
PASSI PARALLELI
Giovanni 9:34,40; Isaia 5:21; 28:14; 29:14-19; 65:5; 1Corinzi 1:20-21; 3:18-20
Giacomo 3:13-18
50 50. Nicodemo quel che venne di notte a lui, il quale era un di loro, disse loro: 51. La nostra legge condanna ella l'uomo, avanti ch'egli sia stato udito e che sia conosciuto ciò ch'egli ha fatto?
Erano trascorsi due anni almeno dacché Nicodemo avea fatto di notte tempo una visita a Gesù Giovanni 3:1 e da quell'ora in poi non si era più udito parlar di lui. Qualunque fossero i pensieri del cuor suo, egli sembra, averli così gelosamente custoditi che nessuno dei suoi colleghi nutriva il più piccolo sospetto a suo riguardo. Non era neppure il solo nel Sinedrio a credere in segreto che Gesù fosse il Messia; Giuseppe di Arimatea Luca 23:50, "e molti dei principali" Giovanni 12:42 dividevano quella convinzione ma la tenevano segreta per timore della scomunica, tanto che i capi dei sacerdoti poterono domandare con fiducia: "Ha alcuno dei rettori o dei Farisei creduto in lui?" La protesta dunque di Nicodemo, benché non fosse tanto a favor di Cristo quanto contro una aperta violazione per parte loro della propria legge, doveva eccitare la loro sorpresa e la loro indignazione al tempo stesso. La legge di Mosè proibiva espressamente di condannare un uomo, anche per i più gravi delitti, nella sua assenza Deuteronomio 1:16-17; 17:8; 19:15, ma quello era appunto quanto il Sinedrio stava per fare. Fu forse l'aver udito il Sinedrio condannar Gesù non solo, ma pure maledire la moltitudine per la sua ignoranza della legge quello che spinse Nicodemo ad osservare che quelli i quali si vantavano della loro conoscenza della legge e l'amministravano agli altri, sarebbero trasgressori della legge stessa, pronunziando un giudizio sommario sopra un uomo qualsiasi, senza avergli dato l'occasione di difendersi. Nicodemo si fonda sopra principi generali e di universale applicazione, senza dir verbo del caso particolare di Gesù; ma nelle circostanze in cui si trovava, occorreva già un gran coraggio per spingersi fino a quel punto, e il suo parlare è prova che cresceva in lui il convincimento della verità e della giustizia della causa del Signore. In alcuni il progresso nella grazia è lento e debole; occorre molto tempo prima che vi sia un avanzamento visibile, e a quella classe apparteneva Nicodemo.
PASSI PARALLELI
Giovanni 3:1-2; 19:39
Deuteronomio 1:17; 17:8-11; 19:15-19; Proverbi 18:13
52 52. Essi risposero e gli dissero: Sei punto ancor tu di Galilea?
Era impossibile rispondere con buone ragioni all'argomento di Nicodemo; essi lo attaccano adunque coll'arma dello scherno. Sapevano i Galilei piuttosto favorevoli a Cristo, e il senso delle loro ironiche parole sì è: "Prendi tu la parte sua, come se fosti anche tu Galileo?" il Sinedrio riteneva evidentemente l'opinione generale che Gesù fosse Galileo di nascita, e quel rimprovero equivale ad una accusa fatta a Nicodemo di ignorare le loro scritture.
investiga e vedi che profeta alcuno non sorse mai di Galilea.
L'ira fece loro perdere di vista la prudenza e la verità. Gesù non era nato in Galilea; e neppure era vero, come essi asserivano, che nessun profeta fosse mai venuto fuori da quella provincia disprezzata. Giona nacque a Gat-hefer a breve distanza da Cana 2Re 14:25; Eliseo ad Abel-mehola sulle rive del Giordano poco distante da Betsean 1Re 4:12; 19:16; Nahum ad El-kosh "da non confondersi con Alkush vicino a Mosul, come fa una traduzione medioevale" piccolo villaggio di Galilea, le cui rovine furon visitate da Girolamo. Quest'ultima tradizione concorda meglio coll'evidenza interna del libro di Nahum, il quale non contiene indizio alcuno di essere stato scritto in Assiria. La tomba del profeta viene tuttodì additata a Kap-Tanchum, due miglia e mezzo a N. di Tiberiade (SMITH, Dizionario della Bibbia). Oltre a questi tre che erano natii di Galilea, Amos, nato a Tecoa, passò in gioventù nel regno settentrionale, del quale la Galilea era parte importante, e contro a quello pronunziò le sue profezie. Quei membri del Sinedrio devono esser stati eccitatissimi, poiché bastò un cenno di richiamo alla, giustizia ed alla legalità, per spingerli all'insulto e ad asserzioni non vere.
PASSI PARALLELI
Giovanni 9:34; Genesi 19:9; Esodo 2:14; 1Re 22:24; Proverbi 9:7-8
Giovanni 7:41; 1:46; Isaia 9:1,2; Matteo 4:15-16
53 53. E ciascuno se ne andò a casa sua.
Questo si riferisce ai membri del Sinedrio, che si sciolse probabilmente in fretta e in confusione, quando si vide costretto dall'obbiezione legale di Nicodemo a rimandare a tempo più propizio l'uccisione di Gesù.
PASSI PARALLELI
Giobbe 5:12-13; Salmi 33:10; 76:5,10
RIFLESSIONI
1. La condotta dei fratelli di Gesù verso lui ci prova che i soli mezzi esterni di grazia non bastano ad unirci al Signore in modo da essere salvati. Chi ebbe mai privilegi maggiori dei loro? Videro i miracoli di Gesù, udirono il suo insegnamento, vissero sotto il medesimo tetto con lui, ne notarono l'esempio, trattarono famigliarmente con lui per anni ed anni di seguito, eppure "non credevano in lui". Per credere occorre aver nel cuore la grazia che converte; è lo Spirito Santo che deve dar vita ai mezzi esterni, e mediante quelli applicar Cristo all'anima, in modo da renderla volonterosa di riceverlo Salmi 90:3. Il mero possesso di privilegi spirituali non ha mai fatto di qualsiasi uomo un cristiano; nessuno s'illuda col credere che perché è membro di una famiglia cristiana, o di una chiesa ortodossa, o perché ha sottoscritto una professione di fede evangelica, e che è per queste ragioni un membro spirituale di Cristo, imperocché il Signore stesso ci ha detto: "Niuno può venire a me, se non che il Padre che mi ha mandato lo tragga" Giovanni 6:44.
2. "La risposta del Signore ai suoi fratelli Giovanni 7:6-8 ci dà una delle principali ragioni della inimicizia mortale di molti contro a lui ed alla sua dottrina, durante il suo ministero terreno: 'Io rendo testimonianza d'esso (cioè del mondo) che le sue opere son malvagie'. Non era tanto dell'altezza della sua dottrina, quanto della purezza della sua morale che il mondo si offendeva; i Giudei non lo odiavano tanto perché si proclamava il Messia, quanto perché testimoniava della malvagità della loro vita. In breve, avrebbero tollerato le sue opinioni, se egli avesse usato indulgenza ai loro vizi. Questo principio opera oggi non meno che diciotto secoli fa. La causa vera della opposizione che molti fanno all'Evangelo è la santità di vita che esso richiede. Insegnate dottrine astratte, e nessuno vi chiamerà in colpa; ma cominciate a denunziare i peccati prevalenti ai nostri dì, o chiamate gli uomini a pentirsi e a camminare in modo conforme alla loro professione di cristiani, e subito offenderete un gran numero di persone. La ragione per la quale tanti si dichiarano increduli è la testimonianza che il Cristianesimo rende contro la loro vita malvagia" (Ryle).
3. Le parole del Signore al Giovanni 7:17 confermano appieno quelle di Davide: "La luce si leva nelle tenebre a quelli che son diritti" Salmi 112:4. Esse c'insegnano che quella di Cristo è una religione pratica, che la s'impara praticandola, che per conoscerla conviene vivere conformemente ad essa. Si tratti di un pagano che cammina a tastoni nelle tenebre, o di un peccatore risvegliato che cerca la pace, il primo raggio di luce, il primo desiderio di far la volontà di Dio, devono venire dall'alto, e non possono nascere nel cuore ottenebrato dell'uomo ma, una volta impartita, quella grazia spinge l'uomo a ricercare la volontà di Dio, per conoscerla sempre meglio, e ubbidirla sempre più completamente. "Si osservi quella espressione particolare 'vuol fare la volontà di esso', che implica la conversione". Più il credente persevererà, per grazia di Dio, a volere ciò che Egli vuole, più la conformità della dottrina di Gesù colla sua propria esperienza lo convincerà che quella dottrina è divina e che il Cristo non ha parlato da sé stesso. Questa è una delle evidenze interne più convincenti della verità del Cristianesimo. Essa c'insegna che chi fa uso della verità ricevuta, e vive conformemente ad essa, sarà dalla grazia divina protetto contro molti rovinosi errori. Lo scetticismo e l'incredulità, che tanto prevalgono ai dì nostri, riguardo all'Evangelo e alle sue dottrine, sono il frutto della corruzione dei cuori, i quali non desiderano fare la volontà divina, anzi sono "nemici di Dio", e perciò respingono quella rivelazione che è destinata a farci conoscere "qual sia la buona, accettevole, e perfetta volontà di Dio" Romani 12:2, e a renderla obbligatoria per le coscienze. Altra lagnanza assai frequente fra gli uomini è la difficoltà di sapere "che cosa è verità". Additano le molte divergenze dottrinali che esistono fra i cristiani, e si dicono incapaci di decidere chi abbia ragione. In migliaia di casi questa pretesa impossibilità di giungere alla conoscenza del vero diviene una scusa per vivere senza religione alcuna. Ma questo versetto ci fornisce un argomento alla forza del quale quei tali non potranno resistere. Esso c'insegna che il segreto di acquistar maggior conoscenza consiste nel mettere onestamente in pratica quella che già possediamo, e se facciamo coscienziosamente uso della luce che già ci è stata concessa, riceveremo luce sempre maggiore.
4. L'invito di Cristo in Giovanni 7:37 contiene due pensieri che domandano per parte nostra un'attenzione speciale. Il primo è che Gesù offre, sotto l'emblema dell'acqua, il suo Spirito a chiunque va a lui. Fu l'acqua di Siloè, versata dal popolo con tanta allegrezza, che suggerì al Signore questo emblema. Egli ci offre acqua, anzi acqua perenne. Chiunque ne berrà non avrà mai più sete; essa sarà in lui "una fonte d'acqua saliente in vita eterna". Quell'acqua lo netterà di tutte le colpe, e darà vigore all'anima sua nel faticoso cammino della vita, rendendolo fruttifero in ogni opera buona, riempiendolo dei frutti della giustizia. L'altro pensiero si è che a Cristo si appartiene di dare lo Spirito. Egli è lo Spirito di Cristo, perché Cristo lo ha comprato colla sua morte. I doni del suo Spirito, Cristo solo ha la prerogativa di distribuirli secondo il suo volere. Non ce ne scordiamo mai non si può aver lo Spirito di Dio, se non andando a Cristo. Solo in Cristo può trovarlo il peccatore, ma Cristo lo possiede per lo scopo espresso di darglielo Apocalisse 5:6. Nei mezzi di grazia è sempre la voce di Gesù che grida: "Se alcuno ha sete, venga a me e beva" dello Spirito. Ricordiamoci che il dono dello Spirito si ottiene solo per fede; crediamo dunque alla parola; aspettiamo l'adempimento della promessa, e l'otterremo. Si noti di più che lo Spirito non solo si ottiene per fede, ma ci vien dato secondo la misura della nostra fede. Se debole è la fede, lo Spirito verrà dato pure in parca misura; se è grande la fede, abbondante sarà la effusione dello Spirito. "Siavi fatto secondo la vostra fede" Matteo 9:29.
5. "Quando l'Evangelista dice Giovanni 7:39 che parlando di 'fiumi d'acqua viva' Gesù intendeva ciò 'dello Spirito', egli esprime la grande verità evangelica che lo Spirito Santo è quello che apre, nell'anima del credente in Gesù, la fonte della nuova vita, e da quella fonte interna fa scaturire fiumi di acqua viva, in altre parole fa uscire da essi e spargersi tutto intorno una gioia celeste ed esuberante. Ma dicendoci al tempo stesso che questo dono glorioso dello Spirito tanto dipendeva dalla glorificazione di Gesù che non lo si poteva aspettar prima di questa, egli esprime pure queste altre e preziosissime verità che l'accettazione formale e giuridica per parte del Padre in cielo dell'opera da Cristo compiuta in terra doveva accadere, prima che allo Spirito fosse permesso di metterla ad effetto: che la discesa dello Spirito alla Pentecoste era la proclamazione al mondo intero che il Padre aveva accettata l'opera di Cristo come appieno compiuta, e che lo Spirito, aprendo nel cuore dei credenti la sorgente di questa vita nuova e duratura, altro non fa che metterli personalmente in possesso dell'opera di Cristo, e farne loro sperimentare la virtù Giovanni 16:14-16" (Brown).