1 Corinzi 16
LA CHIUSA DELLA LETTERA

Comunicazioni, raccomandazioni e saluti.


1Corinzi 16

La chiusa della nostra Epistola è analoga a quella che troviamo nelle altre lettere di Paolo. Si confrontino, ad esempio, le Epistole ai Romani, ai Colossesi, agli Efesi. Essa contiene:
A) Comunicazioni relative alla colletta per i Cristiani di Giudea ed alla prossima visita a Corinto di Paolo, come pure dei suoi collaboratori Timoteo ed Apollo 1Corinzi 16:1-12;
B) Raccomandazioni concise dettate dallo stato della chiesa 1Corinzi 16:13-18;
C) I saluti finali 1Corinzi 16:19-24.

A) 1Corinzi 16:1-12 Comunicazioni varie
l. 1Corinzi 16:1-4 La colletta

La colletta per i santi di Giudea non era argomento nuovo per i Corinzi, come risulta da 2Corinzi 8;9, e dal modo stesso in cui l'Apostolo qui vi accenna. Esso era stato probabilmente raccomandato nella lettera cui allude 1Corinzi 5:9. Paolo si era impegnato in Gerusalemme a non dimenticare i poveri della Giudea ai quali, una volta di già, avea recato il soccorso dei cristiani antiocheni Galati 2:10; Atti 11:28-30. La chiesa di Gerusalemme colle sue sorelle minori di Giudea s'era formata principalmente fra le classi povere; aveva sofferto la persecuzione a più riprese; la carestia si era aggravata sul paese, talchè non era ingiustificato l'appello di Paolo alle chiese d'origine pagana perchè venissero in aiuto alle loro sorelle giudeo-cristiane (Cfr. Atti 8: l; 12:1; Ebrei 10:32-36).
L'Apostolo ha esortato i Corinzi ad «abbondare nell'opera del Signore»; e, quasi a dimostrare che le occasioni non fanno difetto, dà subito alcune pratiche direzioni sul modo più proficuo di fare la colletta per i santi.
Quanto alla colletta destinata ai santi...
cioè al sollievo dei cristiani poveri di Gerusalemme e dintorni, come si deduce da Romani 15:26; Atti 24:17, ecc. La parola qui adoperata per colletta (λογια) non si trova altrove nel N. T., ove abbiamo invece quelle di «grazia» o favore, di «partecipazione», di «servigio sacro», di «elemosina ed offerte» per designare lo stesso atto di carità.
fate anche voi come ho prescritto alle chiese della Galazia.
In qual modo, e con quale risultato, lo ignoriamo. Bengel ha notato come l'Apostolo pone davanti ai Corinzi l'esempio dei Galati e più tardi dei Macedoni, davanti ai Macedoni quello dei, Corinzi e davanti ai Romani quello dell'Acaia e della Macedonia, perchè grande è la potenza dell'esempio. Ad ogni modo, resta vero che «alle alte sue facoltà speculative e dialettiche, l'Apostolo univa uno spirito profondamente pratico» (Godet).

Ogni primo giorno della settimana, ciascun di voi metta da parte per farne un fondo, quel tanto che gli permetterà la prosperità ricevuta
(lett. «ponga presso sè stesso [qualcosa], tesoreggiando la prosperità ricevuta»). Gli Ebrei non avevano dei nomi per ciascun giorno della settimana; quindi i giorni venivano designati secondo l'ordine in cui succedevano al Sabato. Il sabato stesso sotto la forma singolare o plurale è adoperato a significar la settimana Matteo 28:l; Marco 16:9; Luca 18:12; Atti 20:7. È questo il primo indizio che il giorno della risurrezione di Cristo veniva solennizato dai Cristiani. L'anno seguente troviamo la menzione Atti 20:7; «Nel primo giorno della settimana essendo noi radunati per rompere il pane...». Più tardi Apocalisse 1:10 si parla del «giorno del Signore» e nella Didachè (principio 2o sec.) della «domenica del Signore» (ἡ κνριακη κυριον). La frequente ricorrenza del giorno sacro al Signore risorto ed alla comunione fraterna è il motivo per cui l'Apostolo dà questa prescrizione. È più facile dare poco e spesso, che non molto a lunghi intervalli. Inoltre ben si accompagnano le opere della carità alle pratiche della pietà verso Dio. «Ciascuno» deve dare, così il povero come il ricco; ma le offerte che costituiscono il fondo accumulato da ciascun fratello in casa sua, devono esser proporzionate alla prosperità materiale concessa da Dio ad ogni famiglia od individuo. Facendo la colletta alla lunga, si poteva mettere assieme una somma più considerevole, ed al suo arrivo a Corinto, Paolo non avrebbe più ad occuparsene. Perciò soggiunge:
affinchè le collette non abbiano a farsi [solo] quando verrò.
Fors'anche desiderava lasciare intieramente ai Corinzi il maneggio delle somme ch'essi raccoglierebbero.

E quando sarò giunto, coloro che voi avrete scelti
(lett. «approvati»),
io li manderò con lettere a portare la vostra liberalità
(lett. «grazia»)
in Gerusalemme.
Si può anche tradurre col Diod. «coloro che voi avrete approvati per lettere», cioè, per mezzo di regolare mandato in iscritto. Paolo vuole che siano i delegati delle chiese a portar questo sussidio per evitare ogni pretesto a sospetti 2Corinzi 8:20 ed affinchè la fraterna comunione tra le chiese gentili e giudaiche sia suggellata in modo più solenne e palese.

E se converrà che anch'io ci vada, essi verranno meco.
Dice lett. «Se sarà degno». Cioè se varrà la pena, sia per l'entità della colletta, sia per il fine spirituale anzidetto, che io, quale Apostolo dei Gentili, mi metta a capo di questa deputazione... Nel fatto sappiamo ch'egli poi si decise ad andare a Gerusalemme.

2. 1Corinzi 16:5-12 Visita a Corinto di Paolo, di Timoteo e di Apollo

Avendo, a proposito della colletta, ricordato la visita ch'egli intende fare a Corinto, l'Apostolo aggiunge qualche particolare sul suo progetto.
Or io mi recherò da voi dopo che sarò passato per la Macedonia (poichè io passo per la Macedonia),

e forse soggiornerò qualche tempo presso di voi od anche ci passerò l'inverno, affinchè voi mi facciate proseguire per il luogo dove andrò,
fornendomi di compagni e delle cose necessarie al viaggio. Da 2Corinzi 1:15 e segg., pare che Paolo avesse manifestato l'intenzione di recarsi per mare direttamente da Efeso a Corinto per visitare poi la Macedonia; ma le nuove di Corinto gli avevano fatto modificare il suo piano 2Corinzi 1:23; Atti 19:21. Il «dove andrò» poteva essere Gerusalemme o Roma.

Perciocchè io non voglio, al presente, vedervi di passaggio; poichè (testo emend.) io spero fermarmi qualche tempo presso di voi, se il Signore lo permette.
La particella αρτι (al presente, Cfr. 1Corinzi 13:12; 15:6) può significare «questa volta», ed in tal caso si ha da supporre che, dopo il primo soggiorno di diciotto mesi in Corinto, Paolo vi facesse una brevissima visita durante la sua lunga permanenza in Efeso. (Vedi introduzione). Non accettando quest'ipotesi, la particella s'avrebbe a spiegar così: Nel mio primo progetto intendevo vedervi passando, ma ora, secondo il mio piano attuale, desidero fermarmi più a lungo.

Or io mi fermerò in Efeso,
ove sono attualmente e donde io vi scrivo,
fino alla Pentecoste;

mi è infatti aperta [qui] una porta grande ed efficace e vi sono molti avversari
od oppositori. «Porta aperta», come spesso nel linguaggio di Paolo 2Corinzi 2:12, indica una opportunità di sparger l'Evangelo. La porta è grande perchè l'occasione è propizia per annunziare la Parola a grandi masse; è efficace perchè l'opera è benedetta di grandi risultati. Ciò non avviene però senza provocare la opposizione di molti che sono lesi nei loro interessi, come Demetrio e compagni, o urtati nei loro sentimenti religiosi, o ripresi della loro corruzione morale. Il crescer dell'opposizione rende tanto più necessaria la presenza dell'Apostolo il quale già scorge i prodromi dell'uragano demetriano scatenatosi intorno a quel tempo. Cfr. Atti 19.

10 Prima dell'Apostolo, deve giungere a Corinto il suo giovane collaboratore Timoteo, di cui 1Corinzi 4:17 ha detto di già: «Vi ho mandato Timoteo»; però, siccome l'avea mandato per la via della Macedonia Atti 19:22 ove dovea visitar le chiese, e siccome i viaggi erano lenti, i pericoli grandi, e molte le circostanze che potevano sopravvenire a modificare un piano, le istruzioni date da Paolo avevano una certa latitudine. Perciò dice: «Se viene». Nel fatto non vi è andato prima di Paolo col quale lo troviamo in Macedonia 2Corinzi 1:1. Chi vi andò, nel frattempo, fu Tito 2Corinzi 2:12; 7:6-7,13-15,23.
Se viene Timoteo, guardate ch'egli abbia ad essere senza timore presso di voi, poichè egli si adopera al par di me nell'opera del Signore.
Timoteo era giovane, di carattere timido 1Timoteo 4:12; 2Timoteo 1:6-7; e la chiesa di Corinto era in uno stato tale da ispirar timore ad operai anche più provetti e coraggiosi. Quindi la raccomandazione di Paolo a favore di chi lavora con sincerità e zelo disinteressato pari a quelli dell'Apostolo Filippesi 2:19-21.

11 Niuno adunque lo sprezzi
per la sua giovanezza o per la sua timidità.
Ma fatelo proseguire in pace
o «fate ch'egli parta in pace». senza essere stato amareggiato dalle vostre contese o dal vostro orgoglio.
affinchè venga da me, poichè io l'aspetto insieme coi fratelli,
per cui pare si debbano intendere, come al versetto seguente, i delegati Corinzi che sono attualmente presso all'Apostolo.

12 Da Corinto, si era fatto premura ad Apollo di recarsi colà e Paolo, sicuro della saviezza cristiana del suo collega, aveva anch'egli insistito perchè facesse una visita alla chiesa.
Quanto al fratello Apollo, io l'ho molto esortato a recarsi da voi coi fratelli,
cioè coi tre delegati nominati a 1Corinzi 16:17 e che dovevano partire fra poco:
ma egli assolutamente non ha avuto volontà di andare ora; andrà però quando ne avrà l'opportunità.
Apollo, essendo allora occupato in Efeso, in un lavoro proficuo, non lo voleva abbandonare, tanto più che sapeva l'uso settario fatto del suo nome a Corinto. Rimandava perciò la sua visita a tempo più opportuno.

13 B. 1Corinzi 16:13-18 Raccomandazioni

Il suo progetto di visita, la venuta probabile di Timoteo, il nome di Apollo ricordano vivamente a Paolo lo stato della chiesa; ond'è che, nel congedarsi, traccia ancora alcune raccomandazioni concise come gli ordini d'un capitano.
Vegliate,
state all'erta poichè la rilassatezza è un torpore pericoloso che favorisce le mire del nemico;
state fermi nella fede
non lasciandovi smuovere dagli errori che taluni spargono in mezzo a voi 1Corinzi 15:58;
portatevi virilmente,
in fatto di coraggio morale, così nel recidere il male che rode la chiesa, come nel resistere alle malsane influenze del di fuori:
fortificatevi
nella forza che viene dall'Alto Efesini 6:10 e segg.

14 Tutte le cose vostre facciansi con carità,
sia che trattisi delle relazioni tra fratelli di diverse tendenze, tra forti e deboli, sia che trattisi dell'uso di doni, ecc. Quest'esortazione rievoca 1Corinzi 13 dinanzi ai fratelli. Anche la raccomandazione che segue è dettata dallo stato della chiesa, essendo i Corinzi, come osserva il Godet, «naturalmente disposti alla mancanza di sottomissione e di rispetto verso quelli che, per l'età, per l'esperienza ed i servizii loro. erano degni della venerazione del gregge. Quarant'anni più tardi, Clemente rimprovera loro ancora lo stesso difetto».

15 Ora, fratelli, io vi [ci] esorto: voi conoscete la famiglia di Stefana, [e sapete] ch'essa è le primizie
la prima famiglia convertita,
dell'Acaia
1Corinzi 1:16: questo costituisce un titolo al rispetto della chiesa, ma ve n'è un altro più importante nell'abnegazione e nello zelo con cui si sono consacrati al servizio dei santi:
e che si sono dedicati
(lett. «disposti»)
al servizio dei santi
volonterosamente e gratuitamente. Di che natura fosse quel servizio, non sappiamo.

16 Ad ogni modo, com'essi si sono fatti vostri servitori,
Ancora voi sottomettetevi a cotali persone, ed a chiunque collabora e fatica.
S'intende: nell'opera del Signore, in qualche modo. Essi meritano tutti la deferenza ed i riguardi della fratellanza. «Molti lavorano, pochi faticano» (Edwards).

17 Ora io mi rallegro della venuta
o presenza
di Stefana, di Fortunato e di Acaico, perchè essi hanno supplito alla vostra assenza.
Dice lett. «alla mancanza di voi [stessi]». Nonostante i varii difetti ripresi in loro, Paolo sente vivo affetto per i suoi figli spirituali e la loro lontananza è una privazione per lui. I tre delegati volonterosi che gli hanno recato la lettera della chiesa e, con essa, un soffio di comunione fraterna coi credenti dell'istmo, gli hanno fatto del bene.

18 Perciocchè hanno recato sollievo allo spirito mio ed al vostro
inquantochè, per la chiesa, dovea pur essere un sollievo il mantenere affettuose relazioni col suo padre spirituale e il domandargli consiglio nelle difficoltà che si presentavano. Chi fossero Fortunato (nome latino) ed Acaico (nome derivato dalla contrada d'origine), non sappiamo. Certo erano fra i cristiani più stimabili di Corinto, ma non vi è ragione d'identificarli con «quei di casa Cloe» 1Corinzi 1:11.
Mostrate dunque di apprezzare coloro che sono tali
Lett. «conoscete bene...» cioè: riconoscete per quel ch'esse sono veramente, cotali persone.

19 C. 1Corinzi 16:19-24 I saluti finali

Vengono prima quelli dei cristiani asiatici, poi quello dell'Apostolo.
Vi salutano le chiese dell'Asia
cioè dell'Asia proconsolare, come ad es. Colosse, Ierapoli, Laodicea, ecc. Esse erano un rampollo dell'opera di Paolo e dei suoi collaboratori in Efeso Atti 19:10; 20:25. Saputa l'intenzione di Paolo di scrivere a Corinto, mandano i loro saluti. «Si sente, leggendo tali saluti, che la storia delle nazioni finisce e comincia quella di un popolo nuovo appartenente ad un altro ordine» (Godet).
Vi salutano molto nel Signore Aquila e Priscilla, insieme colla chiesa,
od assemblea,
ch'è in casa loro.
un saluto d'Aquila e Priscilla è improntato a particolare cordialità, perch'essi avevano assistito e contribuito al primo nascer della chiesa di Corinto Atti 18. Da Efeso ove i due coniugi si trovano attualmente, si recarono poi in Roma dond'erano stati espulsi, sotto Claudio Romani 16:3. In casa loro riunivasi una delle congregazioni in cui di necessità dovea suddividersi la chiesa di una grande città Romani 16:5; Colossesi 4:17; Atti 12:12. Secondo il Lightfoot, non si trovano indizi certi di locali speciali destinati al culto cristiano, prima del terzo secolo.

20 Vi salutano tutti i fratelli
della chiesa d'Efeso, senza eccezione.
Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio.
In comunione fraterna coi credenti lontani, dovevano a fortiori esserlo tra di loro, onde Paolo desidera che alla lettura della sua epistola si salutino col bacio di carità in uso tra i cristiani vedi Romani 16:16; 2Corinzi 13:12; 1Tessalonicesi 5:26. Giustino Martire dice che lo si dava dopo la preghiera, prima della S. Cena.

21 Dopo quello dei fratelli, Paolo manda il suo saluto apostolico che si riassume in tre parole: anatema, grazia, amore. Egli soleva dettare ad un amanuense le sue lettere; ma per autenticarle scriveva di proprio pugno le ultime righe. Il suo carattere era più grosso dell'ordinario stante la malattia degli occhi che lo affliggeva 2Tessalonicesi 3:17; Galati 6:11; Filemone 1:19.
Il saluto [è] di mano propria, di me Paolo.

22 Prima però d'implorar la benedizione solita sulla chiesa, egli pronunzia la condannazione di chi, pur professandosi cristiano, non ama il Signor Gesù.
Se alcuno non ha affezione per il Signore
Gesù Cristo, come si legge in una parte del MSC.
sia anatema; Maran-atha.
Il verbo Φιλειν (aver affezione) esprime «un affetto di natura più personale, proprio di chi considera Cristo non come nemico da maledire, ma come amico da affezionare. Paolo accenna a quell'antipatia profonda, a quell'odio malvagio per Gesù Cristo che vediamo ad esemp. nel cuor d'un Giuliano apostata o nel cuor d'un Voltaire quando scriveva le tremende parole: Ecrasez l'infâme» (Edw.).
Anatema
significa maledetto, votato a distruzione, a perdizione. Cfr. Romani 9:3. Paolo non può che riconoscer giusta ed inevitabile la sentenza di maledizione su chi, avendo conosciuto Cristo, invece di amarlo, scientemente lo maledice. Cfr. 1Corinzi 12:3. Non si tratta qui di coloro che non conoscevano il Signor Gesù e per i quali Paolo si esponeva a quotidiani pericoli. Nello scrivere queste parole, Paolo anticipa, in qualche modo, la funzione di assessore nel giudicio sul mondo, di cui 1Corinzi 6:2-3. Quel giudicio finale, infatti, non è lontano, poichè «Il Signor nostro viene». Tal'è il senso della formula aramaica
Maran atha.
Lo stesso pensiero solenne troviamo, in Filippesi 4:5; Apocalisse 22:12, ecc. Il perchè Paolo adoperi l'aramaico, non è ben chiaro. Doveva esser questa una formula ben nota fra i cristiani. Nella Didachè viene inserita prima dell'amen, nella preghiera pubblica.

23 Sui credenti sinceri, per quanto deboli, l'Apostolo implora la grazia di cui è Mediatore il Signor Gesù.
La grazia dei Signor Gesù Cristo sia con voi,
in modo permanente: grazia per cancellare il peccato e per santificare il cuore.

24 E poichè ha dovuto mostrarsi severo nelle sue correzioni, Paolo vuol terminare coll'assicurare una volta ancora i Corinzi che il suo amore cristiano si estende a tutti e perdura inverso tutti, anche verso coloro che, per spirito di parte, gli sono poco benevoli. In Cristo, il comun Salvatore, egli può dimenticare ed amare.
Il mio amore
(o «la mia carità»)
[è] con tutti voi in Cristo Gesù. L'amen
finale che si legge nei codici, manca nel Vaticano (B), e si ritiene dai critici quale aggiunta, al pari dell'antica indicazione che lo segue: Ia ai Corinzi.

AMMAESTRAMENTI

1.Non era cosa nuova che a Gerusalemme si recassero offerte da varie parti del mondo, per il tempio e per i poveri; ma esse provenivano dagli Ebrei sparsi in tutti i paesi. Neppure poteva dirsi cosa nuova il veder degli uomini appartenenti a varie nazionalità uniti in una causa comune; ma quelle cause erano state fino allora la guerra o l'interesse. Qui abbiamo lo spettacolo, nuovo per il mondo, d'allora, di uomini di nazionalità diversa: Galati, Greci, Giudei, uniti non da un odio o da un interesse comune, ma da un amore comune. Secondo l'immagine di F. Robertson, Cristo è la grande calamita che unisce a sè razze e popoli divisi, e in pari tempo li unisce gli uni agli altri.
2. La sofferenza degli uni può servire, sotto il governo di Dio, non solo alla santificazione di chi è provato, ma, in altra guisa, anche a quella di coloro di cui sveglia i sentimenti di simpatia e provoca le opere di carità. Se una cosa ci è insegnata nella Scrittura è questa: che la sofferenza serve ad altissimi e vasti scopi di cui non conosciamo che una piccola parte.
3. Diversi principii importanti, in materia di doni, stanno alla base delle direzioni date da Paolo:
Le offerte per scopi religiosi e caritatevoli devono conservare, sotto il Nuovo Patto, carattere di spontaneità.
Tuttavia spontaneità non significa l'impulso del momento; tant'è vero che, secondo Paolo, i doni cristiani devono esser fatti sistematicamente. Più sono limitati i mezzi, e più sarà convenienza il dare a brevi intervalli.
Il dare sistematicamente non implica però che vi debba essere una regola invariabile ed uguale per tutti; anzi Paolo insegna che i doni devono essere proporzionati alla prosperità di ciascun donatore. Vi è così la possibilità per il povero di offrir l'obolo suo, come vi è per il ricco l'obbligo di dare largamente 1Timoteo 6:17-19.
L'amministrazione delle offerte dev'esser fatta in modo che il controllo più largo renda impossibili i sospetti dei maligni.
Il ministro del Vangelo che raccomanda opere caritatevoli e si adopera per procurare ad esse i mezzi materiali necessari, fa cosa in armonia coll'ufficio suo.
4. Tutti i nostri progetti di viaggi, di lavori, ecc., sono cose molto incerte e su cui va posta l'epigrafe di Paolo: «Se il Signore lo permette». Cfr. Giacomo 4:13-16.
5. Chi serve nell'opera del Signore, sia pur giovane e timido come Timoteo, o non rivestito di veste ufficiale come Stefana ed i suoi compagni, come Aquila e Priscilla, è degno del rispetto, della stima e della simpatia attiva della chiesa.
6. L'occasione offertaci di fare qualche bene, di fare molto bene, ha da considerarsi come un appello divino che ci traccia la via del dovere. Ma i grandi successi nell'opera di Dio, suscitano di solito grandi opposizioni. Il diavolo fa di tutto contro a coloro che lavorano di tutto cuore e con successo a distruggere il suo regno. Ma l'opposizione degli avversarii è un vento che accende vieppiù lo zelo dei fedeli ministri di Cristo. Invece di scoraggiarli, li anima di nuovo coraggio. Lavorare invano spegne l'ardore e snerva la volontà, ma lavorare con successo, anche se i nemici sono infuriati e bestemmiano e perseguitano, è cosa che invigorisce il banditore del Vangelo (Henry).
7. La manifestazione del Signor Gesù ad un'anima determina una crisi morale che fa capo alla benedizione od alla maledizione Matteo 25:34,41 del gran giorno in cui il Signore verrà per giudicare i vivi ed i morti. L'intimo sentimento del cuore verso il Signor Gesù è l'indizio più sicuro dell'orientamento della nostra vita morale e religiosa.