Giovanni 16
1 CAPO 16 - ANALISI
1. Cristo avverte i suoi discepoli che saranno perseguitati fino alla morte. Questo capitolo ci dà la fine del discorso di Gesù nella stanza della pasqua. Già avea dichiarato che, essendo il Maestro odiato da un mondo che giace nel maligno, tal sorte avverrebbe pure ai discepoli. I loro nemici non si terrebbero paghi di bandirli dalle sinagoghe, ma li metterebbero perfino a morte, nella erronea persuasione di far servigio a Dio. Finché Cristo era stato con loro a proteggerli, non aveva lor detto nulla di tutto ciò; ma ora che sta per lasciarli, stima necessario rendere avvisati, per timore che tali persecuzioni non li colgano all'improvviso, e non facciano far loro "naufragio in quanto alla fede". Già erano abbastanza afflitti al pensiero della sua partenza, dimenticando che se ne tornava al Padre, sorgente di ogni potere Giovanni 16:1-4.
2. La discesa dello Spirito dipende, dall'Ascensione di Cristo. Nella profezia di Salmi 68:18, è detto, "traducendo letteralmente", che il Messia riceverebbe "doni per gli uomini", e così invero interpreta quella profezia S. Paolo in Efesini 4:8. Di quei doni il principale doveva essere lo Spirito Santo. Ma questo fatto è espressamente connesso coll'altro, annunziato nella medesima profezia, del suo "salire in alto". Gesù parla nel medesimo senso: del Consolatore ei dice: "il quale io vi manderò dal Padre" Giovanni 15:26, e non teme di asserire: "Egli v'è utile ch'io me ne vada, perciocché, se non me ne vo, il Consolatore non verrà a voi; ma, se io me ne vo, io ve lo manderò" Giovanni 16:7. Doveva esser consumata l'unione dell'Uomo Dio col Padre; doveva esser completata la riconciliazione della creatura e del Creatore, prima che lo Spirito potesse cominciare la sua grande opera in terra Giovanni 16:5-7.
3. Descrizione dell'opera del Paracleto nel mondo, nella Chiesa, nei discepoli. Deve convincere di peccato, di giustizia e di giudizio, guidare in ogni verità, rammemorare ai discepoli tutte le cose dette da Cristo, e rivelar loro le cose future, e tutto ciò per dar gloria a Cristo. Queste varie opere lo Spirito è atto a compierle, perché egli è lo "Spirito della verità", e perché può disporre liberamente di tutto quanto appartiene al Padre e al Figlio Giovanni 16:8-15.
4. Effetti opposti prodotti sul mondo e sui discepoli dalla partenza di Cristo, e dal suo ritorno. Le parole: "Fra poco voi non mi vedrete; e di nuovo fra poco voi mi vedrete", devonsi intendere della imminente sua morte, e della sua risurrezione, o del giorno della Pentecoste, con forse una lontana allusione al suo ritorno in gloria, allorquando "ogni occhio lo vedrà" Apocalisse 1:7. L'effetto della sua morte sui discepoli sarebbe il pianto, mentre i suoi nemici esulterebbero dalla gioia; ma breve doveva essere questa gioia. All'incontro, la sua presenza corporale, dopo la risurrezione, e spirituale, dopo la Pentecoste, muterebbe in allegrezza l'afflizione dei discepoli. Il Signore spiega questo ai discepoli attoniti colla figura del travaglio del parto, il quale, benché durissimo, è di breve durata, e vien presto scordato per la felicità che lo segue Giovanni 16:16-22.
5. Rapporti dei credenti col loro assente Salvatore e col Padre celeste. Fino a quell'ora i discepoli avean recato a Gesù tutti i loro bisogni, domandandogli di provvedere ad essi. Il Signore annunzia ora che, col suo ritorno al Padre, questo stato di cose deve cambiare. Il Padre, dal quale discende "ogni buona donazione ed ogni dono perfetto" Giacomo 1:17, li ama egli pure, e l'orecchio suo è aperto alle loro richieste. A lui dunque dovranno da ora in poi rivolgere tutte le loro preghiere, benché sempre nel nome di Gesù Mediatore, pel quale solo abbiamo introduzione al Padre. Non già che egli cessi di pregare da ora innanzi per essi; anzi l'opera sua in cielo sarà di comparire in presenza di Dio per il popolo suo, presentando, quale loro Avvocato, le loro preghiere unite all'incenso della onnipotente sua intercessione Giovanni 16:23-27.
6. I discepoli confortati vengono ammoniti che tosto sen fuggiranno da Gesù. Sunto dell'intero discorso. Le parole del Signore al ver. 16 avevano resi i discepoli perplessi, ma quelle di Giovanni 16:28, nel quale Gesù dichiara di esser venuto dal Padre nel mondo, e di tornarsene ora dal mondo al Padre, sembrano avere ad un tratto illuminato la loro mente. Qui non c'era ambiguità, ed essi si dichiarano soddisfatti della ricevuta spiegazione. Di più il Signore aveva sciolte le loro difficoltà prima ancora che venissero dichiarate, mostrando così di leggere nei loro cuori, il che li condusse ad esprimere la certa loro fiducia che egli proveniva da Dio. Per obbligarli ad esaminare a fondo i loro cuori, il Signore rivolge loro la domanda: "Ora credete voi?" e al tempo stesso apre loro dinanzi le scene per le quali stavano per passare, e che metterebbero a sì dura prova la loro fede, chiamando in opera tutta quanta la fiducia in Dio della quale erano capaci. Da loro non riceverebbe né aiuto, né conforto; ma il Padre sempre sarebbe con lui. L'ultimo vers. contiene la sostanza di tutto quanto il discorso riferito in Giovanni 14:1-31; 15:1-27; 16:1-33, il cui scopo era stato di infondere nei discepoli pace e coraggio, in mezzo alle tribolazioni di ogni genere che dovevano incontrare nel mondo, accertandoli che andavano a battaglia con un nemico già debellato, poiché io, dice Cristo, "ho vinto il mondo" Giovanni 16:28-32.
Giovanni 16:1-32. CONTINUAZIONE E FINE DEL DISCORSO DI GESÙ NELLA STANZA PASQUALE
1. Io vi ho dette queste cose, acciocché non siate scandalizzati.
"Queste cose" sono gli ammonimenti e gli incoraggiamenti dell'ultima parte del capitolo precedente. Quì, come in Giovanni 6:61, "scandalizzato" s'intende di chi s'intoppa inaspettatamente in una pietra per via, e figurativamente di un ostacolo, che potrebbe scuotere la risoluzione dei discepoli di Gesù e indurli ad abbandonar la sua causa. Per tema che la rabbia dei nemici, o la durezza delle prove, non li faccian cadere e tornare indietro, quando egli sarà partito, Gesù si ferma ancora alquanto sulle sofferenze a cui sapeva che sarebbero esposti, acciocché, come l'edificatore e il re della parabola Luca 14:28-33, prima di accingersi all'opera, "faccian ragione della spesa". Com'è diversa la condotta di certi impostori, i quali, sul punto di abbandonare, sotto un pretesto qualsiasi, un'impresa disperata, la dipingono agli illusi loro seguaci come certa di ottenere un successo trionfante!
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:4; 15:11; Matteo 11:6; 13:21,57; 24:10; 26:31-33; Romani 14:21; Filippesi 1:10
1Pietro 2:8
2 2. Vi sbandiranno dalle sinagoghe
Era questo il castigo più severo che si potesse infliggere ad un giudeo, ad eccezione della pena di morte, e già i rettori del popolo lo avevano minacciato a chiunque crederebbe in Gesù; anzi lo avevano inflitto al cieco guarito Giovanni 9:34, e si sapeva ch'erano così decisi a non perdonarla ad alcuno, che perfino dei membri del Sinedrio più non ardivano confessare la loro fede in Cristo Giovanni 12:42.
anzi l'ora viene che chiunque vi ucciderà penserà far servigio a Dio,
offrir sacrificio a Dio. Il bando, dalla sinagoga tosto condurrebbe a levarli dal mondo, sotto la persuasione che erano bestemmiatori Atti 6:13-14, e meritevoli di morte, secondo la legge giudaica. A ciò non si poteva arrivare subito dopo la scomunica, ma le parole: "l'ora viene" annunziano che la cosa avverrà infallantemente. Infatti la prima vittima fu Stefano Atti 7:59; quindi troviamo narrata la morte di Giacomo, figlio di Zebedeo Atti 12:2, e Saulo di Tarso confessa di essere stato, prima della sua conversione, attivissimo in quest'opera sanguinaria, certo, qual si credeva, di servire, così facendo, a Dio Atti 26:9-11; Galati 1:13-14; Filippesi 3:6; 1Timoteo 1:13. Colla stessa pretesa di servire a Dio, benché spesso i veri loro motivi fossero l'odio o la rapina i ferocissimi inquisitori romani hanno immolato a miriadi quelli che, erano "il sale della terra". Ma, così per il Sinedrio come per l'inquisizione, l'ignoranza e la cecità, per quanto sinceri, non li scusano; poiché la vera conoscenza di Dio avrebbe potuto condurli a riconoscere la causa di Cristo Giovanni 15:23.
PASSI PARALLELI
Giovanni 9:22,34; 12:42; Luca 6:22; 1Corinzi 4:13
Isaia 65:5; Matteo 10:28; 24:9; Atti 5:33; 6:13,14; 7:56-60; 8:1-3; 9:1-2
Atti 22:3-4,19-23; 26:9-11; Romani 10:2-3; Galati 1:13-14; Filippesi 3:6
3 3. E vi faranno queste cose, perciocché non hanno conosciuto il Padre, né me.
Questo versetto è la ripetizione quasi letterale di Giovanni 15:21, sul quale Vedi Nota Giovanni 15:21. In esso Gesù rivela, qual, movente dell'odio del mondo verso di lui, il fatto che gli uomini non avevano compreso la rivelazione che Dio aveva data di sé medesimo, mediante il Figlio suo, ed in esso; non riconobbero Gesù qual Figliuol di Dio, né Dio qual Padre suo; perciò ricusarono di riceverlo come Messia, e perseguitarono così lui come i suoi discepoli.
PASSI PARALLELI
Genesi 3:16; Isaia 26:16-18; Geremia 30:6-7; Osea 13:13-14; Michea 4:10; Apocalisse 12:2-5
Genesi 21:6-7; 30:23-24; 1Samuele 1:26-27; Salmi 113:9; Luca 1:57-58; Galati 4:27
4 4. Ma io vi ho dette queste cose, acciocché, quando quell'ora sarà venuta, voi vi ricordiate ch'io ve le ho, dette;
Al ver. Giovanni 16:1, il Signore aveva avvisato i suoi discepoli delle prove che li minacciavano, affinché non ne restassero sorpresi; qui vuol preparare loro un potente motivo di conforto per l'ora del dolore, e fare al tempo stesso di quei dolori medesimi una ragione di più di perseverare nella loro fedeltà, poiché riconoscerebbero allora che egli stesso li aveva premuniti e preparati.
or da principio non vi dissi queste cose, perciocché io era con voi.
Come la madre nutre primieramente il pargoletto di "latte", serbando a più tardi il "cibo sodo", così Cristo educò gradatamente i discepoli nelle "cose del regno", e fra queste non dimenticò i dolori e le persecuzioni cui andrebbero incontro Matteo 10:16-23; 24:9; Luca 6:21; però egli non aveva ancora richiamato la loro attenzione espressamente su questo soggetto, poiché, per tutto il tempo che stava con loro, l'odio del nemico rivolgevasi assai più contro di lui che non contro di essi. Di più, egli era presente per proteggerli, per consigliarli e consolarli in ogni prova. Quelli che vedono una contraddizione fra le parole che stiamo studiando e i passi citati più sopra, dimenticano che quando Gesù parlò altre volte di prove "i discepoli, se pure nella loro cecità intesero le sue parole, non potevano se non credere che in quelle prove Gesù sarebbe presente con loro, per aiutarli a sopportarle, laddove il Signore parla ora di soffrire nella sua assenza, e in questo senso Gesù non ne poteva parlar prima, poiché allora egli non era in procinto di lasciarli. Questa solenne lezione egli non la poté dar loro, che quando fu completa la loro preparazione, ed al momento in cui, entrando nella carriera al posto di Cristo, essi troverebbero che le prove di Cristo sono le medesime che aspettano essi pure.
PASSI PARALLELI
Giovanni 13:19; 14:29; Isaia 41:22-23; Matteo 10:7; 24:25; Marco 13:23; Luca 21:12-13
Atti 9:16; 20:23-24; 2Pietro 1:14
Giovanni 17:12-13; Matteo 9:15; Marco 2:19
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5. Ma ora io me ne vo a colui che mi ha mandato; e niun di voi mi domanda: Ove vale? 6. Anzi, perciocché io vi ho dette queste cose, la tristizia vi ha ripieno il cuore.
Gesù, avendo annunziato ai discepoli l'imminente sua partenza, si aspettava forse molte loro domande sul dove andasse? che cosa vi farebbe? quando tornerebbe a loro? che cosa opererebbe il Paracleto nella sua assenza? Ma nessuna domanda uscì dalle loro labbra, e il Signore se ne mostra dolente. Le domande isolate di Pietro Giovanni 13:36, e di Tommaso Giovanni 14:5, non contraddicono a questa sua asserzione, perché la prima riguardava solo la possibilità di seguir Gesù, e la seconda la difficoltà di trovarne la via; ma nessuno sembra aver nulla da chiedere intorno alla gloria di Cristo, alla sua separazione da loro, al luogo dove si recava. Un rincrescimento egoista aveva talmente riempito il loro cuore, al pensiero della sua partenza, e del proprio incerto futuro, che non potevano pensare alla gloria cui egli ritornava, e alle benedizioni che ne verrebbero per loro stessi; e Gesù ne fece loro con dolore il rimprovero. Impariamo da questo quanto possa divenir dannoso anche il più legittimo cordoglio, se non viene tenuto nei limiti, e domandiamo a Dio la forza di dominare i nostri. Nessun sentimento disturba così profondamente il cuore, e rende l'uomo così incapace di adempiere ai suoi doveri.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:10,16,28; 6:62; 7:33; 13:3; 14:28; 17:4,13; Efesini 4:7-11; Ebrei 1:3; 12:2
Giovanni 13:36; 14:4-6
Giovanni 16:20-22; 14:1,27-28; 20:11-15; Luca 22:45; 24:17
7 7. Ma pure io vi dico la verità: Egli v'è utile ch'io me ne vada, perciocché, se io non me ne vo, il Consolatore non verrà a voi; ma, se io me ne vo, io ve lo manderò.
Abbiamo qui due verbi greci diversi per "andare": il primo, contiene il semplice concetto di partenza, mentre il secondo esprime la rimozione in un altro luogo, l'andar dal Padre. Benché dolente per l'apatia che il cordoglio aveva prodotto nel cuore dei suoi discepoli, riguardo a ciò che egli era pronto a rivelar loro, m risposta alle loro domande, Gesù non poteva se non far loro conoscere che la sua partenza era necessaria per essi, non meno che per lui. Questo è indicato dal "ma pure" che principia questo versetto. Quanto Gesù stava per, dire doveva apparir così strano e così incomprensibile ai discepoli, che, prima di pronunziarlo, Gesù, fa appello, come in Giovanni 14:2, al loro proprio convincimento della sua veracità perfetta, da essi riconosciuta in tutti i rapporti che avevano avuti insieme, e dice loro: "io vi dico la verità". Il grande insegnamento che stava per rivelar loro non era più la sua partenza, bensì la necessità della medesima, affin di condurre a compimento tutti i disegni di Dio, "i quali sarebbero rimasti incompiuti se egli fosse dimorato quaggiù", e specialmente la sua esaltazione, nell'umana sua natura, a quella gloria che era sua prima della creazione del mondo, e la effusione dello Spirito Santo su tutti i credenti, anzi sul mondo intero. Il motivo di questa necessità ci vien quindi dichiarato nelle parole: "Se io non me ne vo, il Consolatore non verrà a voi; ma se io me ne vo, io ve lo manderò". Queste parole si riferiscono, secondo noi, alla glorificazione di Cristo, e ciò ci sembra provato dal commento di Giovanni ad altre parole di Gesù in Giovanni 7:39: "Conciossiaché lo Spirito Santo non fosse ancora stato mandato, perciocché Gesù non era ancora stato glorificato"; come pure dalla profezia di Salmi 68:18, come viene intesa da S. Paolo, in Efesini 4:7-8. Questo sembra essere stato il patto eterno per la redenzione dell'uomo: che il Figlio di Dio vestisse la carne, morisse, risuscitasse dai morti, ed avendo in questo modo acquistato lo Spirito Santo, lo spargesse con potentissima efficacia sulla intera umanità. Così dovranno alla fine i regni di questo mondo divenire i regni dell'Iddio nostro e del suo Cristo. Lo scopo di Dio riguardo all'uomo si è di condurlo in intima e perfetta comunione con sé, glorificandolo, e spiritualizzandolo, e questo egli adempì per mezzo del suo Figliuolo, il quale assunse la nostra natura in unione colla propria divina, e morì per noi, divenendo in quel modo "il primogenito fra molti fratelli", da rendersi gloriosi e puri alla sua somiglianza. Fu solo quando egli ebbe raggiunto questo scopo che entrò, quale Figliuol dell'uomo, in pieno possesso dello Spirito, e lo poté dare ai suoi in tutta la sua pienezza. Spirito Santo ancora non era stato dato, né avrebbe potuto esserlo, fintantoché il Figliuolo dimorava in terra in uno stato di umiliazione. Altre ragioni ancora si possono dare per la "utilità" della partenza del Signore:
1. La presenza universale, invisibile dello Spirito Santo nella Chiesa, era preferibile alla presenza visibile in essa di Cristo, imperocché Cristo non poteva essere visto che in un sol luogo alla volta, ma, lo Spirito sarà presente ovunque al medesimo tempo.
2. L'agire da sé, anziché dipendere dall'attività di un altro, tornerebbe giovevole ai discepoli, dando loro iniziativa, e fortificando il loro carattere. Jacobus osserva che colle parole "io manderò", Cristo promette ai suoi un sostituto uguale a sé medesimo, una persona della Divinità come è egli stesso, e questa prenderebbe appo i discepoli il posto suo, col gran vantaggio di esser presente ai loro cuori anziché ai loro occhi.
Alcuni citano l'ultima parte di questo versetto in prova della dottrina secondo la quale lo Spirito procede eternamente dal Figlio non meno che dal Padre; ma benché si possa dire che una tal dottrina è da quelle parole supposta, il Signore ha qui specialmente in vista quello che contrasta colla sua propria partenza, cioè il fatto che egli manderà dal Padre, per propria sua autorità, ed in un modo non mai veduto fino a quel momento, lo Spirito Santo per essere il loro Paracleto.
PASSI PARALLELI
Giovanni 8:45-46; Luca 4:25; 9:27; Atti 10:34
Giovanni 11:50-52; 14:3,28; Romani 8:28; 2Corinzi 4:17
Giovanni 7:39; 14:16-17,26; 15:26
Salmi 68:18; Luca 24:49; Atti 1:4-5; 2:33; Efesini 4:8-13
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Olshausen osserva che questo brano dei profondi discorsi di Cristo è più ricco di idee che qualunque altro. In pochi tratti il Signore ci fa passar dinanzi agli occhi tutto quanto il ministerio dello Spirito Santo di Dio in terra, così riguardo agli individui come riguardo alle masse, agli increduli non meno che ai credenti.
8. E quando esso sarà venuto, convincerà il mondo di peccato, di giustizia, e di giudicio.
La preposizione che precede peccato, "giustizia" e "giudicio" si dovrebbe tradurre riguardo a, per quanto concerne il, anziché di. Che lo Spirito fosse già nel mondo, ed operasse nei profeti e in tutti i credenti, sotto la dispensazione dell'Antico Testamento, è verità innegabile e che la prossima sua venuta, quale è qui annunziata da Cristo, non mette minimamente in questione. Questa nuova venuta doveva avverarsi con pienezza e potenza fino a quell'ora sconosciute, affinché egli potesse divenire "il difensore degli apostoli contro al mondo" (Meyer), e come tale, combattere i loro avversari, istruire il processo di un mondo persecutore, condurlo dinanzi al giudice e farlo condannare per il suo peccato. In questo e nei seguenti versetti troviamo descritta la vittoria morale che lo Spirito doveva riportare sul mondo, mediante la strumentalità degli apostoli; e la predicazione di Pietro alla Pentecoste, coi risultati che la seguirono, ci offre il miglior commento di questa promessa. "il mondo", sul quale lo Spirito Paracleto doveva agire, non sono, come lo supponevano in generale i primi Padri, ed alcuni anche di poi, gli uomini che trovansi all'infuori di ogni possibilità di salvezza; ma prima di tutto l'incredula nazione giudaica, poi l'umanità in genere estranea all'influenza dell'evangelo, la quale non ha da per sé una nozione esatta di quel che sia peccato o giustizia, o giudicio, ma può tuttora venir salvata. L'azione dello Spirito sopra quel mondo ci vien descritta dal verbo che significa al tempo stesso convincere e condannare, e questi due sensi devono evidentemente venirgli dati qui: egli convincerà a salute quelli che vogliono lasciarsi salvare, e condannerà i ribelli ed impenitenti. Da ciò risulta che la convinzione del mondo non significa necessariamente la sua conversione. "I tre concetti di peccato, giustizia e giudicio vengono prima dati qui nella loro forma più generica ed astratta, quindi vien dichiarato nei vers. che seguono il fatto più importante riguardo a ciascuno. Questi sono gli elementi cardinali nella determinazione dello stato spirituale dell'uomo. Quindi, quando la mente ha afferrato le grandi divisioni dell'analisi spirituale, vien dichiarato riguardo a ciascuna il fatto centrale, dal quale deriva il processo di prova, di rivelazione e di condanna" (Westcott). Importa tenere in mente che l'ordine delle operazioni dello Spirito nella chiamata efficace di ogni peccatore è precisamente quello che il Signore delinea in questo passo, per l'opera sua nel mondo in generale. Il cuore e la coscienza sono prima di tutto convinti di peccato e di condanna, quindi la mente viene illuminata, mediante la rivelazione di Gesù quale giustizia di Dio, e finalmente la volontà è rinnovata, il mondo è giudicato, come "giacente nel maligno", l'uomo è persuaso e reso capace di abbracciare quel Gesù, che gli viene liberamente offerto nell'evangelo.
PASSI PARALLELI
Zaccaria 12:10; Atti 2:37; 16:29-30
Giovanni 8:9,46; 1Corinzi 14:24; Giuda 15
9 1. Convincimento di peccato
9. Di peccato, perciocché non credono in me;
Prendendo la parola "mondo", come indicante prima di tutto la nazione incredula dei Giudei, il Signore dichiara qui che lo Spirito Santo, quale avvocato degli apostoli, doveva convincere i Giudei di peccato, non solo in senso generico, per essere essi trasgressori abituali della legge divina, ma specialmente riguardo al modo in cui avevano ricevuto e trattato il Figliuolo di Dio. Base della loro condanna doveva essere la loro totale ed ostinata reiezione del Salvatore, l'aver ricusato di credere alle prove della sua missione divina, di ascoltare e di ricevere in cuore il suo insegnamento, l'aver eccitato contro di lui l'odio del volgo, l'aver tramato la sua morte, l'avere inchiodato in sulla croce il Signor della gloria. "Perciocché non credono in me". Fino all'ultimo, il contegno dei Giudei verso Gesù fu quello di una rabbiosa incredulità: "Togli, togli, crocifiggilo!" Giovanni 19:15; "Egli si è confidato in Dio, liberilo ora, se pur lo gradisce!" Matteo 27:43. "E ci ricorda che quel seduttore, mentre viveva ancora, disse..." Matteo 27:63. Perciò vediamo che, dopo la effusione dello Spirito nel giorno della Pentecoste, gli apostoli rinfacciano ai Giudei la loro incredulità, la loro reiezione del Figliuol di Dio, del Messia promesso ad Israele, e mediante quella fedele predicazione degli apostoli lo Spirito ne convinse molti, a tal segno che "furon compunti nel cuore", si ravvidero, e furono battezzati nel nome di Gesù, per la remissione dei peccati Atti 2:37-38. Fu pure coll'accusare coraggiosamente il Sinedrio e le sette giudaiche della morte di Gesù, che gli apostoli convinsero per lo Spirito i rettori del popolo del loro peccato, e indurarono loro il cuore in condannazione Atti 4:18,21; 5:17-18,28,40; 6:10-13; 7:54,57. L'opera dello Spirito non doveva esser limitata ai Giudei. Dovunque andarono gli apostoli e i loro compagni d'opera, furono accompagnati dalla medesima potenza di convincimento, la quale costrinse i popoli a credere in Gesù, o almeno a riconoscere il cristianesimo come un fatto di somma importanza, anche quando non lo abbracciavano. Il Signore non fa in questo versetto un paragone fra l'incredulità e gli altri peccati, quantunque sia vero il dire che l'incredulità è il sommo peccato. Egli vuole insegnarci che l'unico modo in cui l'uomo possa venir liberato da qualunque colpa, consiste nel credere nel Figliuol di Dio, e che il trascurare o rigettare, con animo deliberato, questa via di salvezza, aggiunge a tutti i peccati già commessi una finale ed irremissibile, trasgressione della volontà di Dio.
PASSI PARALLELI
Giovanni 3:18-21; 5:40-44; 8:23-24,42-47; 12:47-48; 15:22-25; Marco 16:16
Atti 2:22-38; 3:14-19; 7:51-54; 26:9-10; Romani 3:19-20; 7:9; 1Tessalonicesi 2:15-16
1Timoteo 1:13; Ebrei 3:12; 10:28-29
10 2. Convincimento di giustizia
10. Di giustizia,
Intendendo qui pure il "mondo" in primo luogo della nazione Giudaica, che mise a morte il Signor della gloria, la giustizia di cui lo Spirito doveva convincerla era la giustizia personale di Cristo, che egli doveva lavare da tutte le accuse di impostura e di bestemmia portate contro di lui da quelli che lo infamarono perfino di essere l'agente di Beelzebub. Applicando poi quel termine a tutta la umanità quella giustizia è quella che Gesù ha preparata mediante la sua ubbidienza ed il suo sacrificio, in opposizione ad ogni giustizia propria o legale, e per cui sola otteniamo, mediante la fede in lui, perdono del peccato, pace di coscienza, e introduzione appo Dio.
perciocché io me ne vo al Padre mio, e voi non mi vedrete più;
Questo è il grande argomento col quale lo Spirito deve convincere il mondo della giustizia di Cristo: invece di rimanere in sulla terra coi suoi discepoli, egli è tornato in cielo non solo, ma nel seno stesso del Padre, avendo adempiuta L'opera che gli era stata data a fare in terra. A questo argomento non è possibile rispondere. Se Gesù non fosse quello che diceva di essere, cioè il Figlio di Dio e il Salvatore del mondo, Iddio, che è il "vero Dio", il "Dio geloso" non avrebbe suggellato una così enorme impostura, una menzogna così blasfematoria, risuscitandolo al terzo giorno, facendolo sedere "alla sua destra nei luoghi celesti, di sopra ad ogni principato, e podestà" Efesini 1:20-22, e dandogli "ogni podestà in cielo ed in terra" Matteo 28:18. Dall'altra parte, se Cristo fu "fedele testimone e verace" Apocalisse 3:14, "l'uomo che è il prossimo del Signore" Zaccaria 13:7, "il suo eletto in cui l'anima sua si è compiaciuta" Isaia 42:1, la sua sparizione dalla terra ed il suo ritorno al Padre furono la consumazione conveniente e la meritata ricompensa dell'opera sua. "Questa indicazione trionfante della rettitudine di Cristo è per noi una prova divina, brillante come il cielo, che egli è veramente il Salvatore del mondo, il servitore giusto di Dio, che giustificherà molti, perché egli ha portato le loro iniquità" (Brown). Uno dei sentimenti più profondi di un peccatore risvegliato a salute è la convinzione che ha della giustizia di Gesù. Lo Spirito prende le cose di Gesù e le rivela a noi. Vediamo allora che Gesù è santo, sentiamo che la resistenza che gli abbiamo per tanto tempo opposta, era sragionevole, ingiusta, condannabile, ed è questo che spesso opprime l'anima nostra col convincimento della nostra indegnità e ci fa sospirare dietro ad una giustizia più perfetta di quella che abbiamo da noi stessi. Alford osserva che la parte condannatoria di questa convinzione consiste "nel rimorso col quale quelli che avranno lasciato sfuggire il loro giorno di grazia, contempleranno la perfetta giustizia che avrebbe potuto essere la loro, paragonando con quella la meschina propria giustizia, della quale si saranno contentati". Con queste parole il Signore rivela pure ai suoi discepoli che quello che era per essi sorgente di dolore, il fatto cioè che non lo "vedrebbero più" sarebbe il mezzo di stabilire la sua religione e di render felici moltitudini di salvati.
PASSI PARALLELI
Isaia 42:21; 45:24-25; Geremia 23:5-6; Daniele 9:24; Atti 2:32; Romani 1:17; 3:21-26
Romani 5:17-21; 8:33-34; 10:3-4; 1Corinzi 1:30; 15:14-20; 2Corinzi 5:21; Galati 5:5
Filippesi 3:7-9; 1Timoteo 3:16; Ebrei 10:5-13
Giovanni 3:14; 5:32
11 3. Convincimento di giudicio
11. Di giudicio, perciocché il principe di questo mondo è già giudicato.
"L'avverbio già non si trova nel greco". Il terzo punto sul quale lo Spirito doveva convincere il mondo è il giudicio, o la condanna. Non si tratta qui, come credono alcuni, del giudicio dell'ultimo giorno, "benché anche questo possa essere stato presente in seconda linea alla mente di Gesù"; bensì di una condanna attuale per chi persevera nell'incredulità, resiste alla luce, e si oppone all'avanzamento del regno di Cristo. Di condanna, lo Spirito doveva convincere gli uomini in ogni tempo, cominciando dalla nazione incredula dei Giudei. La base di questo giudicio è la condanna, non del mondo, ma di Satana che ne è il principe usurpatore. Satana s'immaginava che la crocifissione del Signor Gesù metterebbe fine per sempre all'opera di lui, e disperderebbe i di lui seguaci, confermando più che mai il proprio suo potere sui corpi e sulle anime dei mortali. Ma ebbe principio per l'appunto dalla morte di Cristo la sconfitta, e il giudicio di Satana, e dalla Pentecoste in poi lo Spirito ne rende convinti gli uomini, sia che questo convincimento giovi alla loro salute, sia che serva ad indurire maggiormente i loro cuori. Le parole "il principe di questo mondo è stato giudicato", o condannato, hanno senza dubbio alcuno il senso medesimo che quelle di Giovanni 12:31, quando, parlando della prossima sua morte, Gesù ebbe ad esclamare: "Ora sarà cacciato fuori il principe di questo mondo". In entrambi i passi, il senso chiaramente è: colla morte di Cristo, il Principe di questo mondo è giudizialmente rovesciato, e condannato a perdere il suo potere. In quel modo egli si può dir cacciato dal dominio che aveva usurpato su quelli i quali, credendo nel Figliuol di Dio, son fatti "giustizia di Dio in lui", epperciò più non temono il potere di Satana (Brown). "Quella invisibile rivoluzione, di cui la croce è il principio, ed i cui effetti si estendono all'universo intiero, è rivelata su tutta la terra mediante la venuta ed il potente linguaggio dello Spirito, ed ogni peccatore strappato a Satana, e rigenerato dallo Spirito, è il monumento della, condanna oramai pronunziata su colui che in altri tempi chiamavasi il principe di questo mondo" (Godet). La consumazione di questo giudicio, lo Spirito stesso la ricorda colle parole: "il diavolo, che le ha sedotte, sarà gettato nello stagno del fuoco e dello zolfo, dov'è la bestia e il falso profeta, e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli" Apocalisse 20:10.
PASSI PARALLELI
Giovanni 5:22-27; Matteo 12:18,36; Atti 10:42; 17:30-31; 24:25; 26:18; Romani 2:2-4,16
Romani 14:10-12; 1Corinzi 4:5; 6:3-4; 2Corinzi 5:10-11; Ebrei 6:2; 9:27; 2Pietro 2:4-9
2Pietro 3:7; Apocalisse 1:7; 20:11-15
Giovanni 12:31; 14:30; Genesi 3:15; Salmi 68:18; Isaia 49:24-26; Luca 10:18; Romani 16:20
2Corinzi 4:4; Efesini 2:2; Colossesi 2:15; Ebrei 2:14; 1Giovanni 3:8; Apocalisse 12:7-10; 20:2-3,10
Giovanni 16:12-15
12
12. Io ho ancora cose assai a dirvi, ma voi non le potete ora portare.
L'ufficio del Paracleto non si doveva limitare a convincere il mondo; egli doveva pure illuminar le menti dei discepoli, e proseguir opera cominciata in loro, guidandoli in ogni verità. Le "cose assai" che il Signore aveva ancora da comunicare ai discepoli non sono tanto verità nuove e non ancora rivelate, quanto uno sviluppo più completo di quelle verità che fino a quel, ora non aveva potuto esporre se non in modo generico, o per così dire in germe. I grandi principi erano stati chiaramente stabiliti Giovanni 15:15, ma occorreva pur sempre un divino commento che li applicasse alla vita individuale ed alla formazione della Chiesa universale. Alcune di queste cose il Signore le aveva rivelate più chiaramente che altre; ma il loro completo sviluppo era riserbato allo Spirito. "Queste rivelazioni superiori", dice Godet, comprendono tutto quanto negli scritti apostolici va giù in là della parola di Cristo nei Vangeli: la redenzione mediante il suo sacrificio, i rapporti della legge e della grazia, la conversione dei pagani senza condizioni legali, la conversione dei Giudei, l'apostasia finale, i destini della Chiesa fino alla sua consumazione. Su tutti questi punti l'insegnamento di Gesù non aveva fatto che gettar dei semi, che lo Spirito venne di poi a fecondare. Il verbo "portare", implica l'idea di un peso superiore alle forze dell'individuo, e l'intiera dottrina della croce, per quanto gloriosa ed incoraggiante in sé, sarebbe stata troppo grave pei discepoli in quel momento, sia a motivo della loro debolezza, così d'intelligenza come di fede, sia perché essa dipendeva quasi tutta dalla morte e dalla risurrezione non ancora avvenute di Cristo.
PASSI PARALLELI
Giovanni 14:30; 15:15; Atti 1:3
Marco 4:33; 1Corinzi 3:1-2; Ebrei 5:11-14
13 13. Ma, quando colui sarà venuto, cioè lo Spirito di verità,
Si noti il titolo che il Signore dà al gran Paracleto, che stava per mandare ai discepoli, per far loro conoscere il misterio che è stato occulto da secoli ed età Colossesi 1:26, e che, ad onta dei tre anni passati nella sua compagnia, ancora non erano capaci di comprendere. Lo chiama "lo Spirito di verità", non solo perché la verità e l'integrità sono attributi della sua essenza divina, ma pure per la ragione detta subito dopo, cioè che tutto quanto egli insegnerebbe potrebbesi ricevere con fiducia come assolutamente vero, perché egli è guida nella pienezza della verità.
egli vi guiderà
Milligan osserva che queste parole non voglion dire semplicemente: "egli v'insegnerà la via", ma pure: "egli camminerà in essa davanti a voi per mostrarvela".
in ogni verità;
"in tutta la verità", nella pienezza della verità che Cristo aveva insegnata, in tutto quell'insieme di verità di cui Cristo e l'opera sua redentrice è il centro. Non abbiam qui alcuna promessa di conoscenza universale o di infallibilità; bensì una promessa agli apostoli primieramente, quindi tutti i credenti in ogni tempo, che lo Spirito Santo li insegnerà e li guiderà, non come bambini la cui conoscenza è tuttora imperfetta, ma come figli, facendo lor conoscere tutta quanta la verità di Dio. Tal promessa fu specialmente adempiuta inverso gli apostoli quali incaricati di fondare e di insegnare le Chiese. Queste parole di Gesù non ci autorizzano a cercar nella Bibbia ogni specie di verità, quasiché essa fosse stata data per insegnare agli uomini le scienze nei vari loro rami. Quello non era lo scopo della Bibbia; benché nessuna verità o nessuna scienza possa mai andare incontro ai veri suoi insegnamenti, essendo lo stesso onnisciente, Iddio colui che parla nel libro della natura, ed in quello della rivelazione.
perciocché egli non parlerà da sé stesso, ma dirà tutte le cose che avrà udite,
Già di sé medesimo Gesù aveva detto: "Le parole che io vi ragiono, non le ragiono da me stesso; e il Padre, che dimora in me, è quel che fa le opere" Giovanni 14:10; lo stesso dice ora dello Spirito. Egli non parlerà da sé medesimo, e non esprimerà i concetti della propria mente, o i propri pensieri. Con queste parole, Gesù dichiara che lo Spirito di verità agirà, come già agiva egli medesimo, dietro mandato espresso del Padre, e adempiendo ad un ufficio speciale per la estensione e la consumazione del regno del Redentore. Questo fatto, che lo Spirito cioè non parlerà da sé stesso, viene addotto come prova che egli parlerà secondo verità, e ci ricorda subito quello che Cristo dice di Satana: "Quando proferisce la menzogna, parla del suo proprio; perciocché egli è mendace, e padre della menzogna" Giovanni 8:44. Descritta così negativamente l'opera del Paracleto, Gesù ce la presenta dal suo lato positivo, colle parole: "dirà tutte le cose che avrà udite"; e qui ancora notiamo che Gesù aveva detto lo stesso di sé medesimo Giovanni 8:26,28; 12:49-50. Alcuni vorrebbero aggiungere dopo "udite", le parole "dal Padre"; altri "dal Figlio", ma tale aggiunta non ci par punto necessaria. Quando pensiamo all'intima unione che sussiste fra lo Spirito e le altre due persone della Trinità, e ci ricordiamo che l'unione del Padre e del Figlio è uno dei pensieri dominanti in questo discorso di Gesù, specialmente laddove egli annunzia che tosto manderà lo Spirito sui suoi discepoli, Confr. Giovanni 14:26; 15:26; 16:7, siamo condotti a credere che Gesù omettesse di proposito deliberato di indicar la sorgente dalla quale lo Spirito riceve le cose che deve annunziare, semplicemente perché, dopo quanto aveva detto, era impossibile dubitare che, nella economia della redenzione, lo Spirito Santo fosse mandato all'opera sua e preparato per essa, così dal Figlio come dal Padre. La duplice dichiarazione fatta dal Signore in questo versetto, che cioè lo Spirito guiderebbe gli apostoli "in ogni verità, e comunicherebbe loro solo quanto avrebbe ricevuto dal Padre e dal Figlio, unita al fatto che essi parlarono e scrissero" sospinti dallo Spirito Santo, "dimostrano che abbiamo nel Nuovo Testamento il complemento della rivelazione dell'Antico, e che i due insieme contengono tutta quanta la rivelazione che Dio stimò necessario darci per la nostra salvezza e per la nostra educazione in giustizia. Per conseguenza la tradizione, che la Chiesa romana mantiene essere una rivelazione non iscritta, ed il complemento delle Sacre Scritture, si deve rigettare, perché non è ispirata e non è di origine apostolica 2Timoteo 3:16.
e vi annunzierà le cose a venire.
Lo Spirito era promesso non solo per richiamare alla mente degli apostoli le verità che Gesù avea loro insegnate e per far sì che le comprendessero meglio, ma pure per annunziare cose, le quali, secondo i disegni del Signore, dovevano accadere nell'avvenire della Chiesa, e di cui ancora essi non avevano la menoma idea. "Le cose a venire" racchiudevano probabilmente la cessazione della dispensazione giudaica, la distruzione di Gerusalemme, colla dispersione del popolo d'Israele, e la vocazione dei Gentili; ma riferivansi specialmente a quelle rivelazioni, "parziali nelle epistole e più complete nell'Apocalisse", che ci aprono dinanzi il futuro del regno di Dio, fino a farci scorgere già in lontananza, "nuovi cieli e nuova terra, nei quali giustizia abita" 2Pietro 3:13; Apocalisse 21:1.
PASSI PARALLELI
Giovanni 14:17; 15:26; 1Giovanni 4:6
Giovanni 14:26; 1Corinzi 2:10-13; Efesini 4:7-15; 1Giovanni 2:20,27
Giovanni 3:32; 7:16-18; 8:38; 12:49
Gioele 2:28; Atti 2:17-18; 11:28; 20:23; 21:9-11; 27:24; 2Tessalonicesi 2:3,12
1Timoteo 4:1-3; 2Timoteo 3:1-5; 2Pietro 2:1-22; Apocalisse 1:1,19; 6:1-17; 22:1-21
14 14. Esso mi glorificherà, perciocché prenderà del mio, e ve l'annunzierà.
Come il Figlio glorifica il Padre, rivelandolo colle parole e colle opere Giovanni 16:18; 17:4, così lo Spirito glorifica il Figlio, col rivelarlo agli uomini. Tutta quanta l'opera dello Spirito è diretta a glorificare Cristo, non nella sua persona, perché questo già è stato fatto dal Padre quando l'ha suscitato dai morti e gli ha dato gloria 1Pietro 1:21, ma agli occhi e nel concetto degli uomini. A questo scopo, doveva prendere delle cose di Cristo, cioè primieramente la verità che Cristo già avea rivelata ai suoi discepoli, quindi la persona e l'opera sua, la gloria sua messianica qual Capo della Chiesa, qual Giudice dei vivi e dei morti, qual Colui nel quale "abita corporalmente tutta la pienezza della Deità" Colossesi 2:19, ed annunziare queste cose agli uomini in modo da farle discernere loro. Questo c'insegna che non dobbiamo aspettarci dallo Spirito altre rivelazioni, oltre a quelle che possono gettare nell'anima nostra qualche luce su ciò che Cristo stesso fu, insegnò e compié in sulla terra. Tutto il progresso della Chiesa nel suo insieme consisterà in uno studio più profondo, in una intelligenza più comprensiva di Cristo, come ogni progresso individuale in santità consisterà in una riproduzione più completa della immagine di Cristo nel cuore. Ogni insegnamento religioso che non tende all'esaltamento di Cristo porta in sé una grave lacuna: non può provenire dallo Spirito.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:9-10; Atti 2:32-36; 4:10-12; 1Corinzi 12:3; 1Pietro 1:10-12; 2:7
1Giovanni 4:1-3,13-14; 5:6
Giovanni 15:26; Zaccaria 12:10; 1Corinzi 2:8-10; 2Corinzi 3:14-18; 4:6; Galati 5:5; 1Giovanni 3:23-24
1Giovanni 4:13-14; 5:20; Apocalisse 19:10
15 15. Tutte le cose che ha il Padre son mie; perciò ho detto ch'egli prenderà del mio, e ve l'annunzierà.
Al futuro "prenderà", i critici son quasi tutti d'accordo per sostituire qui il presente "prende". Nel vers. precedente Giovanni 16:14 il Signore avea detto: "lo Spirito prenderà del mio", "e perché non si creda che si vantasse senza fondamento, aggiunge qui, come ragione probante di quella sua asserzione, che quanto appartiene al Padre, appartiene pure a lui. Non è possibile esprimere più chiaramente di così l'assoluta comunione del Padre e del Figlio, benché "tutte le cose" di cui vien qui parlato si riferiscano alle cose del regno della grazia, che lo Spirito riceve per palesarle agli uomini. Queste parole di Gesù ci permettono di gettare uno sguardo nelle relazioni essenziali. della Santissima Trinità. Il Padre ha dato al Figlio, non solo come eterno suo Figliuolo, ma pure come Dio uomo, di avere in sé la vita ed ogni cosa Colossesi 1:19; 2:2-3,9; il Figlio glorifica non sé stesso, ma il Padre, rivelandolo al mondo, poich'egli solo lo conosce Matteo 11:27; Giovanni 1:18, e questa rivelazione del Padre mediante il Figliuolo vien proseguita dallo Spirito Santo nel cuore dei fedeli. La unione fra le tre Persone Santissime è così perfetta che l'opera rivelatrice dello Spirito ben può dirsi del Figlio, e che l'opera rivelatrice del Figlio ha per oggetto di rivelare il Padre, poiché essi hanno ogni cosa comune, Giovanni 17:10. Dopo una tale spiegazione, non vi può più esser dubbio alcuno riguardo alla perfetta divinità del Figliuolo ed ai suoi rapporti di uguaglianza col Padre. La triplice ripetizione delle parole "egli vi a annunzierà", nei vers. di Giovanni 16:13-15, dà alla frase un'enfasi solenne. Watkins osserva che le seguenti verità dottrinali sono implicate nelle parole del Signore in Giovanni 16:14-15
1. la divinità del Figliuolo: "Esso mi glorificherà"; "tutte le cose che ha il Padre son mie;
2. la personalità dello Spirito Santo: "Esso prenderà del mio". Il pronome greco col quale vien designato in Giovanni 16:8:13-14, come pure in Giovanni 14:26,15:26 esprime questa dottrina nel modo più enfatico;
3. la Trinità nell'unità, e l'unità nella Trinità: "il Padre", "Io", "Egli".
PASSI PARALLELI
Giovanni 3:35; 10:29-30; 13:3; 17:2,10; Matteo 11:27; 28:18; Luca 10:22; Colossesi 1:19
Colossesi 2:3,9
16
16. Fra poco voi non mi vedrete (pres. vedete), e di nuovo, fra poco voi mi vedrete;
Questo vers. ed i seguenti espongono la nuova relazione nella quale i discepoli si troveranno da ora in poi col loro Signore. Dopo un tempo di amaro dolore, scaturirà da quel dolore medesimo una grande allegrezza, la quale deve divenir sempre più completa. Gesù si esprime qui in modo alquanto enigmatico di proposito deliberato; le sue parole presentano una contraddizione superficiale con quelle di Giovanni 14:19, e questa contraddizione spiega la perplessità di alcuni discepoli e la loro domanda di Giovanni 16:17. In Giovanni 14:19, il Signore mette in contrasto il mondo coi suoi discepoli; quì il contrasto è piuttosto fra due periodi diversi nell'esperienza dei discepoli medesimi. I due verbi "vedete", e "contemplate", non sono coordinati: il primo significa visione fisica o corporea, il secondo indica inoltre una visione spirituale. Il primo di questi periodi, indicato dalla parola "fra poco", cominciò alla morte di Gesù e terminò colla sua risurrezione; il secondo ebbe principio alla risurrezione, dopo la quale i discepoli lo contemplarono tuttora per un tempo cogli occhi del corpo, ebbe più ampio sviluppo alla Pentecoste quando la presenza spirituale di Cristo venne completata mediante il dono dello Spirito, ed avrà la sua consumazione finale, quando egli apparirà per la seconda volta "nella gloria del Padre suo, e coi suoi angeli" Matteo 16:27.
perciocché io me ne vo al Padre.
Questa clausola è omessa dai critici più recenti; perché manca nel Codice Vaticano ed in altri tre manoscritti, nonché in alcune versioni, e si suppone che sia stata copiata dal vers. Giovanni 16:10. Ma nel vers. seguente i discepoli, ripetendo le parole del Signore, ripetono anche queste, nell'ordine medesimo in cui le abbiamo qui. Anzi parrebbe che furono queste parole specialmente che cagionarono la loro perplessità; e ciò è prova che Gesù le aveva realmente dette, benché alcuni copisti e traduttori le abbiano dimenticate. Al ver. 10, Gesù aveva pronunziato queste medesime parole, in rapporto con un soggetto affatto diverso, e non è probabile che i discepoli fossero in tale condizione di mente da ripensarvi sopra, senza che Cristo le pronunziasse di nuovo. Altra ragione poi per ritener genuino questo inciso, si è che in esso il Signore dichiara perché i discepoli lo rivedrebbero, cioè perché stava per tornare al Padre suo, e così potrebbe mandar loro lo Spirito Santo, mediante il quale si manifesterebbe di nuovo ed in modo definitivo agli apostoli ed a tutti i credenti.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:5,10,17-19; 7:33; 12:35; 13:33; 14:19
Giovanni 20:19-29; 21:1-23; Atti 1:3; 10:40-41; 1Corinzi 15:5-9
Giovanni 16:28; 13:3; 17:5,13; Marco 16:19; Ebrei 12:2
17 17. Laonde alcuni dei suoi discepoli dissero gli uni agli altri: Che cosa è questo, ch'egli ci dice: Fra poco voi non mi vedrete; e di nuovo: Fra poco mi vedrete? e: Perciocché io me ne vo al Padre? 18. Dicevano adunque: Che cosa è questo fra poco, ch'egli dice? Noi non sappiamo ciò ch'egli sì dica.
Mentre il maggior numero dei discepoli continuava ad ascoltare il Signore, alcuni, formati in crocchio a parte, discutevano quello che il Maestro avesse potuto significare con quelle parole in apparenza contraddittorie relativamente al "poco di tempo", e con la ragione datane: "perciocché me ne vo al Padre". Il risultato di tale conversazione privata fu la confessione: "non sappiamo di che parli". "Possiamo supporre", dice Ryle, "che essi non intendevano se parlasse letteralmente di alcuni giorni od anche di alcune ore, o figurativamente di un tempo più o meno breve. E non è su ciò per l'appunto che dissentono ordinariamente tutti quelli che vogliono spiegare le profezie non per anco compiute? Questo versetto si applica in modo molto curioso a più di una controversia profetica".
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:1,5,19; 12:16; 14:5,22; Marco 9:10,32; Luca 9:45; 18:34
Matteo 16:9-11; Luca 24:25; Ebrei 5:12
19 19. Gesù adunque conobbe, che lo volevano domandare, e disse loro:
Abbiam quì una nuova prova della penetrazione colla quale Gesù leggeva i più segreti pensieri degli uomini, e della sua sollecita attenzione per accertarsi che i discepoli capivano il suo insegnamento, e quale impressione esso facesse su di loro.
Domandate voi gli uni gli altri di ciò ch'io ho detto: Fra poco voi non mi vedrete? e di nuovo: Fra poco voi mi vedrete?
Siccome l'enigma contenuto in queste parole formava la loro reale difficoltà, il Signore si limita a spiegare quello.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:30; 2:24-25; 21:17; Salmi 139:1-4; Matteo 6:8; 9:4; Marco 9:33-34; Ebrei 4:13
Apocalisse 2:23
Giovanni 16:16; 7:33; 13:33; 14:19
20 20. in verità, in verità, io vi dico, che voi piangerete, e farete cordoglio; e il mondo si rallegrerà, e voi sarete contristati; ma la vostra tristizia sarà mutata in letizia.
Che la perdita dell'amato Maestro abbia mosso i discepoli al pianto e al duolo non era solamente cosa da aspettarsi, ma è ricordata ripetutamente nei Vangeli Giovanni 16:6; 20:11; Marco 16:10; Luca 23:27; 24:17.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:6,33; 19:25-27; Marco 14:72; 16:10; Luca 22:45,62; 23:47-49; 24:17,21
Giobbe 20:5; Matteo 21:38; 27:39-44,62-66; Marco 15:29-32; Apocalisse 11:10; 18:7
Salmi 30:5,11; 40:1-3; 97:11; 126:5-6; Isaia 12:1; 25:8-9; 61:3; 66:5
Geremia 31:9-14,25; Matteo 5:4; Luca 6:21; Atti 2:46-47; 5:41; Romani 5:2-3,11
2Corinzi 6:10; Galati 5:22; 1Tessalonicesi 1:6; 2Tessalonicesi 2:16-17; Giacomo 1:2; 1Pietro 1:6-8
Giuda 24; Apocalisse 7:14-17
21 21. La donna, quando partorisce, sente dolori, perciocché il suo termine (ora) è venuto; ma, dopo che ha partorito il fanciullino, ella non si ricorda più dell'angoscia, per l'allegrezza che sia nata una creatura umana (un uomo) al mondo.
Il Signore porta qui come esempio della subitanea transizione dal dolore alla gioia che i discepoli dovevano provare, quello di una partoriente il cui doloroso travaglio è scordato affatto, quando sì stringe al seno il suo neonato. Pensiamo con Godet che questo sia semplicemente una illustrazione di Giovanni 16:20, e non sappiamo vederci, con certi commentatori, allusioni all'ora della morte di Gesù, né alla rigenerazione della umanità che di quella morte sarebbe il frutto. In Giovanni 16:22 vediamo che il Signore ne fa egli stesso l'applicazione ai soli apostoli.
PASSI PARALLELI
Genesi 3:16; Isaia 26:16-18; Geremia 30:6-7; Osea 13:13-14; Michea 4:10; Apocalisse 12:2-5
Genesi 21:6-7; 30:23-24; 1Samuele 1:26-27; Salmi 113:9; Luca 1:57-58; Galati 4:27
22 22. Voi dunque altresì avete ora tristizia, ma io vi vedrò di nuovo, e il vostro cuore si rallegrerà, e niuno vi torrà la vostra letizia.
Questo vers. ripete sommariamente Giovanni 16:20 e fa l'applicazione della figura di Giovanni 16:21. La gioia, del mondo, per la scomparsa di Cristo Giovanni 16:20, aveva per causa la sua morte; la gioia dei discepoli, di cui vien parlato qui, deve dunque aver per causa la sua risurrezione. Però v'ha più di questo: il soggiorno in terra del Signore risuscitato fu breve, e le sue apparizioni ai discepoli momentanee, mentre il linguaggio di questo versetto indica una cosa permanente, perciò il suo ritorno alla risurrezione deve considerarsi come non interiotto dal suo ritorno in gloria, e ciò è confermato dalle sue parole in Giovanni 14:18-20. Più ancora, queste parole ci trasportano al momento in cui la Chiesa esulterà per il ritorno del suo celeste Sposo, "venuto a cercarla, affinché, dove egli è, sia d'essa pure" (Brown). Allora si adempirà nel suo senso più elevato la promessa: "Niuno vi torrà la vostra letizia". Ma Agostino e Beda, e fra i moderni Ryle, vedono in questi versetti una descrizione dello stato della Chiesa fino al ritorno di Cristo. Secondo essi, durante quel lungo e faticoso periodo, la tribolazione e il dolore saranno la sorte i tutti i credenti, e la seconda venuta di Cristo è il solo momento di gioia piena e completa cui essi possono guardare. Ma, benché sia innegabile che la Chiesa nel suo insieme, e i credenti individualmente, devono attraversare spesso periodi di dolore e di persecuzione, mentre il Signore è tuttora assente corporalmente, non è meno vero che egli ha detto: "Ecco io son con voi fino alla fine del mondo" Matteo 28:20. Pietro parlando dei santi che aspettano l'apparizione di Cristo dice: "il quale, benché non abbiate veduto, voi amate; nel quale credendo, benché ora nol vediate, voi gioite d'un'allegrezza ineffabile e gloriosa" 1Pietro 1:8; e Paolo così ci esorta: "Rallegratevi del continuo nel Signore; da capo dico, rallegratevi" Filippesi 4:4. La prima delle spiegazioni che abbiamo date ci par dunque da preferirsi per i vers. di Giovanni 16:20-22. La fortunata reciprocità della comunione promessa non è qui espressa come in Giovanni 16:16 mediante le parole: "voi mi vedrete"; ma la promessa: "io vi vedrò", indica che, dopo la sua risurrezione, egli si manifesterà a loro con prove si convincenti, non solo da bandire ogni dubbio che egli fosse realmente risuscitato dai morti, ma da sollevarli alla pienezza della gioia e quella promessa fu mirabilmente adempiuta, poiché è chiaro che, dopo la sua ascensione, nessuno degli apostoli ebbe mai dubbio alcuno che egli fosse realmente risuscitato. Nessuna persecuzione poté scuotere la loro fede, dimodoché, in mezzo a tutte le loro afflizioni, essi ebbero una continua sorgente di gioia.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:6,20
Giovanni 14:1,27; 20:19-20; 21:7; Isaia 25:9; 65:13-14; 66:9-14; Matteo 28:8
Luca 24:41,51-53; Atti 2:46; 13:52; 1Pietro 1:8
Giovanni 4:14; Giobbe 34:29; Salmi 146:2; Isaia 12:2-4; 51:11-12; 54:7-8; 65:18-19
Habacuc 3:17-18; Luca 10:42; 16:25; 19:26; Atti 5:41; 16:25; 20:23-24
Romani 8:35-39; 1Tessalonicesi 3:7-9; 2Tessalonicesi 2:16; Ebrei 6:18; 10:34; 1Pietro 1:8; 4:13-14
23
23. E in quel giorno
Gesù non parla qui dei quaranta giorni fra la risurrezione e l'ascensione, poiché durante quel periodo, i discepoli assediarono il Signore di domande Giovanni 20:15; 21:21; Luca 24:18; Atti 1:6, bensì del tempo della sua presenza spirituale, dalla Pentecoste alla sua seconda venuta.
voi non mi domanderete di nulla.
Il verbo "domanderete" si trova due volte in questo versetto; ma nel greco abbiamo due verbi diversi: il primo quando si tratta di domandare a Gesù, il secondo quando si tratta di petizioni rivolte al Padre. Benché sia talvolta impiegato nel senso di domandare aiuto come umili supplicanti, il suo significato più ordinario è quello di interrogare, di cercare informazione, il che implica, se non uguaglianza, una certa famigliarità fra colui che chiede e quegli a cui la domanda vien rivolta; al contrario indica sempre una domanda fatta da un inferiore ad un superiore. Il "domanderete" di questa prima clausola ha evidentemente il senso di "interrogare". Durante il ministero terreno del Signore, i discepoli aspettavano ogni cosa da lui: mantenimento, liberazione dai loro nemici, istruzione nelle cose del regno. Colla famigliarità nata dalla sua condiscendenza e dal loro bisogno, troviamo che fanno a Cristo continue domande, e l'ultima che essi avevano fatta, quella del ver.18, era probabilmente presente alla mente di Gesù, quando egli pronunziò queste parole. Nel giorno di cui parla qui, i loro mutui rapporti sarebbero mutati; non lo avrebbero presente seco nella carne, sì da esporgli i loro dubbi; ma li accerta che questo sarà più che compensato dai nuovi loro rapporti col Padre e con lui. Si è vista a torto una opposizione fra il "mi" di questa clausola, e il "Padre" della seguente; indi l'erronea conclusione di Origene, che non sia lecito di pregare il Figliuolo Atti 7:59. Ma una tale opposizione fra il Padre ed il Figliuolo è affatto contraria a tutto quanto lo spirito di questo discorso, ed invero domandare al Padre nel nome del Figliuolo equivale a pregare il Figlio stesso;
in verità, in verità, io vi dico, che tutte le cose che domanderete, al Padre, nel nome mio, egli ve le darà.
Il duplice "in verità", che si trova ben venticinque volte sulle labbra di Gesù in questo Vangelo, richiama la nostra attenzione sopra un insegnamento di specialissima importanza. Da ora in poi, invece di far domande al Figliuolo in carne, dovranno rivolgere preghiere al Padre, nel nome e per i meriti di Colui che è asceso, qual nostro intercessore, alla destra di Dio. "Non v'ha in questo versetto", dice Trench, "una opposizione fra il domandare al Figlio, che debba ora cessare, e il domandare al Padre, che debba principiare da questo momento; ma la prima parte del versetto contiene la dichiarazione di una grazia, che cioè da quell'ora in poi, i discepoli saranno siffattamente insegnati dallo Spirito da non aver più bisogno di domande; la seconda ne introduce un'altra, che cioè quanto domanderanno al Padre nel nome del Figlio verrà loro dato. "Benché non introduca nessuna variazione nel senso, la lezione "se qualche cosa", sembra esser più autorizzata che "qualunque cosa", del Textus Receptus, che Diodati ha tradotto: "tutte le cose". Sia nell'uno che nell'altro senso, la grazia quì concessa ha per limite la condizione: "secondo la volontà di Dio". Le parole: "nel nome mio", alla fine del versetto, ci sembrano al loro vero posto, poiché vengono nell'ordine medesimo che in Giovanni 16:24 e in Giovanni 14:13. Però molti critici moderni vogliono unirle a "darà", anziché a "domanderete", e leggono: "egli ve le darà nel nome mio", considerando come concessa precisamente quella verità che Gesù qui desidera imprimere sulla mente dei discepoli, che cioè la preghiera, per essere esaudita, deve venire offerta nel nome suo, quale supremo intercessore.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:19; 13:36-37; 14:5,22; 15:15; 21:20-21
Giovanni 14:13-14; 15:7,16; Isaia 65:24; Matteo 7:7; 21:22; Efesini 2:18; 3:14-20
1Timoteo 2:5-6; Ebrei 4:14-16; 7:25-26; 10:19-23; 1Giovanni 2:1; 5:14-16
24 24. Fino ad ora voi non avete domandato nulla nel nome mio domandate, e riceverete; acciocché la vostra letizia sia compiuta.
Fino a quel momento, i discepoli ancora non avevano pregato Iddio in nome di Cristo. Avean seguito Gesù come Maestro, lo avevano amato come amico, avevano creduto in lui quale il promesso Messia; ma non avevano ancora ben compreso che egli era il solo Mediatore fra Dio e l'uomo colui per mezzo del quale solo la grazia di Dio scende ai peccatori, e per il quale solo il peccatore può avvicinarsi a Dio. Ora però egli li istruisce, ed ordina loro di domandare ogni cosa esclusivamente nel suo nome, e per la mediazione sua, il che esclude necessariamente qualsiasi altro intercessore, così la Vergine, come gli angeli ed i santi. Di più vuole che preghino con piena fiducia in lui, qual mezzo di comunicazione col Padre, promettendo loro che, così facendo, riceverebbero abbondantemente, sentirebbero accrescersi la gioia dell'anima loro, e si troverebbero in una posizione infinitamente migliore di prima. Questo insegna ai credenti che la loro gioia è suscettibile di accrescimenti successivi, e può esser più completa in certi tempi che in certi altri, e di più che quella gioia dipende in gran parte dal loro ardore nella preghiera. Chi prega poco e con freddezza non deve aspettarsi di godere molta "allegrezza e pace credendo" Romani 15:13.
PASSI PARALLELI
Genesi 32:9; 1Re 18:36; 2Re 19:15; Matteo 6:9; Efesini 1:16-17; 1Tessalonicesi 3:11-13
2Tessalonicesi 1:2; 2:16-17
Matteo 7:7-8; Giacomo 4:2-3
Giovanni 16:23; 15:11; 1Giovanni 1:3-4; 2Giovanni 12
25 25. Io vi ho ragionate queste cose in similitudini;
significa: proverbio, similitudine, parabola, quindi anche detto oscuro ed è in quest'ultimo senso che il Signore l'impiega qui, in opposizione al "ragionare apertamente" detto più sotto.
ma il ora viene che io non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi ragionerò del Padre.
Nel loro stato di ignoranza prima della Pentecoste, non solo questo, ma pure tutti gli altri discorsi del Signore devono essere apparsi oscuri ai discepoli; ma Gesù promette che quando verrà quel giorno" Giovanni 16:23, che quì egli chiama "un'ora", non avrebbero più difficoltà alcuna a comprenderlo, perché rivelerebbe loro, mediante lo Spirito, con ogni pienezza e chiarezza, tutta la verità relativamente al Padre, ed al suo consiglio per la salvezza del mondo, mediante l'opera del Figliuolo e dello Spirito. Riferendo le parole: "apertamente vi ragionerò del Padre" all'insegnamento personale di Cristo, Ryle crede che "l'ora" quì mentovata debba intendersi dei quaranta giorni che seguirono la risurrezione di Cristo, perché questa fu la sola occasione che egli ebbe ancora in terra di insegnare personalmente i discepoli. Ma, contro questo modo di vedere, Atti 1:6-7 testifica che la promessa qui fatta ancora non era adempiuta alla vigilia dell'ascensione di Cristo; poiché i discepoli perduravano nella loro ignoranza giudaica del piano del Padre; e la promessa che fra pochi giorni sarebbero "battezzati con lo Spirito Santo", che li guiderebbe in tutta la verità, vien loro rinnovata in quel momento, perché era di prossima attuazione. Basta paragonare i discorsi di Pietro, dopo la Pentecoste, con le sue parole, prima di quel gran giorno, per comprendere quanto fossero lenti a comprendere ed a credere quello che Cristo aveva loro personalmente insegnato, e con qual chiarezza, capirono la sua dottrina sotto l'influenza dello Spirito. Olshausen osserva che tutto quanto il linguaggio umano si può dire ma poiché non si presta ad esprimere adeguatamente le cose divine. A questo modo debole ed imperfetto di comunicazione, il Signore ne oppone uno più interno e più reale. Coll'impartire lo Spirito suo ai suoi discepoli, il Signore rivela loro la natura di Dio liberamente ed apertamente, senza che vi sia più alcun pericolo di malinteso.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:12,16-17; Salmi 49:4; 78:2; Proverbi 1:6; Matteo 13:10-11,34-35; Marco 4:13
Giovanni 16:28-29; Atti 2:33-36; 2Corinzi 3:12-18; 4:2
26 26. In quel giorno voi chiederete nel nome mio;
Nei vers. Giovanni 16:23-24, il Signore li aveva invitati a pregare nel suo nome, quì egli ne dà loro l'espresso comando, e dichiara, che, da quell'ora in poi, quello dev'essere l'esercizio caratteristico della Chiesa credente, nelle sue relazioni col Padre.
ed io non vi dico ch'io pregherò il Padre per voi,
Queste parole sono state variamente interpretate. Meyer, Lucke, Godet ed altri le intendono come significanti che, dopo la discesa dello Spirito alla Pentecoste, "finché i discepoli ei insolenti tutti si mantengono nella loro unione con lui, non han bisogno della intercessione di Cristo; ma subito che peccano, hanno bisogno di un avvocato appo il Padre, Gesù Cristo giusto 1Giovanni 2:1. Egli non dice che non pregherà per loro; perché può darsi che abbiano bisogno della sua intercessione, quando intervenga qualche separazione fra lui ed essi" (Godet). Una tale interpretazione ci sembra andar direttamente contro a tutto ciò che la, Scrittura c'insegna, relativamente alla intercessione di Cristo, ed al suo ufficio sacerdotale di Mediatore. I passi seguenti: Romani 8:34; 1Timoteo 2:5; Ebrei 7:25; 9:24; Apocalisse 8:3 e specialmente 1Giovanni 2:1, provano che egli è precisamente per i credenti, i quali hanno già ricevuto lo Spirito Santo, che Gesù prega in cielo per tutto il tempo del loro terrestre pellegrinaggio. Le funzioni sacerdotali di oblazione e di intercessione erano inseparabili nel sommo sacerdote d'Israele, che era il tipo di Cristo, il sommo nostro sacerdote; ed egli non poteva abbandonar l'una o l'altra, senza annullare il suo sacerdozio, essendo stato nominato da Dio per entrambi quegli uffici. Il suo entrare nel Luogo Santissimo per bruciarvi il sacro incenso Levitico 16:12-13, era una figura molto significativa di Cristo, entrato "nel cielo stesso, per comparire ora davanti alla faccia di Dio per noi" Ebrei 9:24, ed è inammissibile che una tale intercessione si debba esercitare solo in modo intermittente. Lo scopo di Cristo in questo versetto è evidentemente di incoraggiare i suoi discepoli a pregar nel suo nome, assicurandoli che il Padre stesso li ama, sicché essi possono venir senza timore alla sua presenza. Nel proclamare questa gloriosa verità, egli dichiara che non crede necessario di ripetere la sua promessa di non cessare mai di intercedere per essi. In breve il pensiero di Gesù ci sembra questo: "Senza contare la mia intercessione per voi, perciocché" ecc.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:23
Giovanni 14:16; 17:9,19,24; Romani 8:34
27 27. Perciocché il Padre stesso vi ama; perciocché voi mi avete amato,
Guardiamoci dal credere che l'amore del Padre abbia per fondamento il merito dell'amore dei discepoli per il loro Salvatore; è vero precisamente il contrario: l'amore di Dio per l'uomo ha preceduto l'amore dell'uomo per Dio 1Giovanni 4:10,19; non è dunque l'amor nostro che merita il suo. L'amore del Padre condusse i discepoli a credere in Cristo e ad amarlo; e quell'amore, in tal modo divinamente svegliato in essi, li rende sempre più degni dell'amor suo. L'amore dei discepoli per Cristo non si deve adunque considerare come la causa, bensì come il segno dell'amore di Dio per essi. L'amor suo rese possibile l'amor loro, poi rispose a quello con nuove effusioni di amore.
e avete creduto ch'io son proceduto da Dio.
Westcott osserva che la preposizione quì usata indica il lasciare una posizione accanto al Padre, Conf. Giovanni 15:26; la preposizione del seguente versetto indica l'uscire dal Padre, come dalla porgente della divinità. Abbiam qui i due requisiti che son necessari ai veri discepoli:
1) amore personale per Cristo;
2) fede nella sua missione divina.
PASSI PARALLELI
Giovanni 14:21,23; 17:23,26; Sofonia 3:17; Ebrei 12:6; Giuda 20-21; Apocalisse 3:9,19
Giovanni 8:42; 21:15-17; Matteo 10:37; 1Corinzi 16:22; 2Corinzi 5:14; Efesini 6:24; 1Pietro 1:8
1Giovanni 4:19
Giovanni 16:30; 3:13; 7:29; 17:7-8,25; Romani 8:3; 1Corinzi 15:47; Galati 4:4; 1Timoteo 1:15
28 28. Io son proceduto dal Padre, e son venuto nel mondo; di nuovo io lascio il mondo, e vo al Padre.
In questo versetto, Cristo non solo accerta i suoi discepoli che essi avevano afferrato la verità, col credere che egli era proceduto da Dio, ma schiude dinanzi a loro nuovi misteri, riguardo al suo ritorno al Padre. "La vera lezione della prima clausola in nessun altro modo potrebbesi esprimere più completamente l'unità di essenza fra il Padre e il Figliuolo" (Westcott). Bengel chiama a ragione questo versetto recapitulatio maxima, perché a rigore il discorso di Gesù si chiude quì, e queste sue parole contengono un sommario di tutta quanta la sua opera redentrice, anzi di tutta la sua storia dal tempo della sua preesistenza nel seno del Padre, fino al suo ritorno alla gloria del cielo. Egli venne quaggiù, affin di ricondurre l'uomo a Dio; egli tornò in cielo, affinché l'uomo redento possa venir reso perfetto dallo Spirito, e preparato a dimorare in eterno nella casa del Padre. Ogni inciso di questo versetto corrisponde ad un periodo dell'opera storica di Cristo:
1) la sua missione: "io son proceduto dal Padre";
2) la sua incarnazione: "son venuto nel mondo";
3) la sua passione: "io lascio il mondo";
4) la sua ascensione: "io vo al Padre".
PASSI PARALLELI
Giovanni 8:14; 13:1,3
Giovanni 16:5,16; 14:28; 17:5,11,13; Luca 9:51; 24:51; Atti 1:9-11
Giovanni 16:29-33
29
29. I suoi discepoli gli dissero: Ecco, tu parli ora apertamente, e non dici alcuna similitudine.
Queste parole dei discepoli sembrano essere una allusione a quanto Gesù avea detto in Giovanni 16:25 e dicono che, a parer loro, la promessa ivi fatta da Gesù, egli, fin da quel momento, l'aveva mantenuta, poiché lasciando da parte il linguaggio figurativo, avea parlato loro con tal chiarezza, che essi non avevano avuto difficoltà alcuna a comprendere il suo pensiero. È vero che a noi le parole di Cristo in Giovanni 16:28 possono sembrare non meno difficili che certe altre sue dichiarazioni in questo medesimo capitolo Giovanni 16:5-10,16; ma forse a loro tornavano chiare, perché in Giovanni 16:28 il Signore espresse in modo più formale ed esplicito delle verità che prima avea dichiarate solo in modo incidentale. Quello che aveva resi perplessi i discepoli Giovanni 16:17-19, era stata la dichiarazione fatta da Gesù in Giovanni 16:16; ora egli l'aveva spiegata, dicendo: "di nuovo io lascio il mondo, e vo al Padre", e sembrava loro scomparsa ogni ambiguità, sicché credettero già venuta la luce promessa per l'avvenire.
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:25
30 30. Or noi sappiamo che tu sai ogni cosa, e non hai bisogno che alcun ti domandi;
Colle sue parole di Giovanni 16:28, Gesù aveva risposto anticipatamente ai pensieri che agitavano i loro cuori, ed essi avevano visto in ciò una nuova prova della sua onniscienza: "tu sai ogni cosa". Non occorreva che nessuno lo informasse delle loro difficoltà con delle domande, quasiché egli ne fosse ignaro; né occorreva chiedergli altre informazioni sul suo proprio conto, poiché aveva parlato così chiaramente: "Non hai bisogno che alcuno ti domandi". Quest'ultima clausola si riferisce evidentemente alla conoscenza intuitiva che Gesù aveva dei loro desideri.
perciò (lett. in questo) crediamo che tu sei proceduto da Dio.
La sua onniscienza era per essi una prova della sua divinità, e per conseguenza della sua divina missione, benché ancora non riconoscano la sua eterna generazione dal Padre Giovanni 16:28. "Vi era in questa professione di fede" dice Brown, "più sincerità che conoscenza illuminata delle loro proprie parole. Non intesero il proprio stato spirituale, e confessarono la fede loro in modo così imperfetto ed inadeguato, benché sincero, che Gesù dovette rivolgere loro un solenne ammonimento. Egli aveva loro promesso che tosto la fede loro sarebbe profonda, sperimentale e vittoriosa. Essi si mostrano persuasi che la fede loro è già abbastanza robusta, per sopportare le prove che si avvicinano, e così provocano la dolorosa rivelazione che vien dopo".
PASSI PARALLELI
Giovanni 16:17; 5:20; 21:17; Ebrei 4:13
Giovanni 17:8
31 31. Gesù rispose loro: ora credete voi?
Questa non è una semplice asserzione fatta con gioia dal Signore, come l'intendono alcuni; e nemmanco una domanda ironica, quasiché egli dubitasse della realtà della fede loro, poiché già l'aveva riconosciuta dinanzi ad essi Giovanni 16:27, e più tardi ne renderà grazie a Dio Giovanni 17:7-8; ma è una domanda intesa a farli rientrare in sé medesimi per esaminare il loro cuore, perché presto sarebbero "vagliati". "Egli mette in dubbio la potenza e la permanenza della loro fede, non la sua realtà" (Westcott). Credevansi giunti al possesso di una fede inconcussa, atta a sopportare ogni prova; Gesù invece sapeva che non era giunta ancora per essi l'ora di una illuminazione perfetta, che la loro luce presente era simile allo splendore di una meteora brillante ma transitoria, e che la luce chiara e tranquilla del giorno che egli aveva loro promessa, era tuttora da venire. Però non li scoraggia, ma solo li esorta alla vigilanza. Forse la seguente sarebbe la parafrasi migliore di queste parole: "Ora credete voi? Buon per voi che sia così, perché questa vostra fede sarà tosto messa ad un cimento che voi non vi aspettate".
PASSI PARALLELI
Giovanni 13:38; Luca 9:44-45
32 32. Ecco, l'ora viene, e già è venuta, che sarete dispersi, ciascuno in casa sua.
Questa predizione è in sostanza la medesima che quella di Matteo 26:31, dove il Signore cita le parole di Zaccaria Giovanni 13:7, che fu il primo a pronunziarla. L'adempimento ne fu molto sollecito, poiché meno di due ore dopo, tutti i discepoli, per codardo timore, avevano abbandonato il loro Signore ed amico nelle mani dei suoi nemici, fuggendo ciascuno dove si credeva più sicuro. Le parole: "dispersi ciascuno in casa sua" non si possono intendere letteralmente, poiché le case loro erano in Galilea, e questa dispersione avvenne in Gerusalemme, ma significano: "ciascuno nel luogo dove abita in città". Le parole "nel proprio luogo", contrastano fortemente con "comunità, compagnia" e indicano che il legame della loro piccola società stava per esser momentaneamente rotto.
e mi lascerete solo;
"Esprimono queste parole, ma con quanto amore! un senso profondo e doloroso di un torto patito" (Brown). Che Gesù, come uomo, fosse oltre ogni dire sensibile alla simpatia dei suoi amici, o provano le sue commoventi parole ai discepoli nel Ghetsemane: "Così non avete potuto vegliare pure un'ora meco?" Matteo 26:40. La loro diserzione, quando lo circondarono i nemici, il loro abbandono nella sua estrema angoscia, l'assenza di simpatia umana e di aiuto, devono essere stati da lui vivamente sentiti, ed aver ferito profondamente il suo cuore. Matteo ci riferisce l'adempimento di questa predizione di Gesù "il cui ricordo li deve aver riempiti di vergogna" colle malinconiche parole: "Allora, tutti i discepoli, lasciatolo, se ne fuggirono" Matteo 26:56.
ma io non son solo, perciocché il Padre è meco.
Davide, l'antenato di Cristo, pensando alla possibilità di venire abbandonato da quelli stessi al cui affetto avea già maggior diritto, poteva esclamare con fede: "Quantunque mio padre, e mia madre mi avessero abbandonato, pure il Signore mi accoglierà" Salmi 27:10; ma Gesù può dirlo in modo anche più trionfante, perché la sua unione col Padre è inseparabile ed eterna: "Io, ed il Padre siamo una stessa cosa" Giovanni 10:30. Perfino quando gli sfuggì in sulla croce quel grido misterioso: "Perché mi hai lasciato?" ed egli più non senti la presenza del Padre, poté pur sempre invocarlo come "Dio mio, Dio mio!" Matteo 27:46. Quelli ch'egli aveva sempre trattati come i suoi più cari amici stavano per abbandonarlo "paurosamente ed egoisticamente; ma la loro diserzione verrebbe più che compensata dalla presenza del Padre, e dalla sua promessa: "Io non ti lascerò e non ti abbandonerò" Ebrei 13:5. Qual parallelismo vi ha fra questo versetto e le parole del Salmi 142:4-5 "Io riguardo a destra, e miro: e non vi è alcuno che mi riconosca; ogni rifugio è perduto per me; non vi è alcuno che abbia cura dell'anima mia. "O Signore, io grido a te; io dico: Tu sei il mio ricetto, la mia parte nella terra dei viventi". La lezione pratica che ogni credente deve dedurre da questo versetto si è che la presenza di Dio è sufficiente per sostenere un'anima, quand'è abbandonata da tutti, e trovasi nelle più estreme difficoltà.
PASSI PARALLELI
Giovanni 4:21,23; 5:25,28; 12:23
Zaccaria 13:7; Matteo 26:31,56; Marco 14:27,50; Atti 8:1; 2Timoteo 4:16-17
Giovanni 20:10
Giovanni 8:16,29; 14:10-11; Isaia 50:6-9
33 33. Io vi ho dette queste cose, acciocché abbiate pace in me;
In questo versetto, il Signore indica in brevi parole l'oggetto o lo scopo dell'intero suo discorso, principiato in Giovanni 16:14, imperocché a tutto il discorso, e non solamente ai versetti che precedono immediatamente, si riferisce l'espressione: "queste cose". La dichiarazione che non lo potrebbero seguire laddove egli andava, l'annunzio del rinnegamento di Pietro Giovanni 13:33,36-38, avevano profondamente scoraggiato i discepoli, e si fu per farli uscire da questo abbattimento, e per dar loro nuovo coraggio che Gesù aveva pronunziato il suo discorso nella stanza della cena pasquale, come si vede dalle prime parole di esso: "il vostro cuore non sia turbato; voi credete in Dio, credete ancora in me Giovanni 14:1, e questo è pure il pensiero col quale esso termina. Lo scopo di Gesù, in tutto ciò che aveva detto, era stato che "essi abbiano pace in lui". Vera pace non la potevan trovare altrove, imperocché il mondo, che era suo nemico giurato, sarebbe pure il loro.
voi avrete,
"le prove maggiori stanno in favore della, lezione pres. avete, cioè: nella vostra esperienza attuale"
tribolazione nel mondo;
Il Signore mette qui dinanzi agli occhi nostri la duplice vita di ogni credente, e della vera Chiesa in guanto è composta di credenti: una vita interna, l'altra esterna; una in Cristo, l'altra nel mondo; una di pace, l'altra di tribolazione. Spesso in questo discorso avea parlato loro della inimicizia del mondo, e di persecuzioni che avrebbero da sopportare; egli ripete qui quell'annunzio, affinché non sieno sorpresi, quando quelle cose avverranno. Ma aveva da offrir loro qualcosa che compenserebbe ampiamente tutte le loro tribolazioni. Egli è il "Principe della Pace" Isaia 9:5, e già aveva loro promesso una pace particolarmente sua Giovanni 14:27. Ora dichiara che scopo di tutto il suo discorso era stato di dar loro coraggio, accertandoli che in tutte le loro lotte coi loro nemici, in tutti i loro conflitti spirituali, in tutte le diserzioni dei loro compagni, i credenti possono godere pace in lui per lo Spirito, pace che "sopravanza ogni intelletto, e guarderà i loro cuori e le loro menti" Filippesi 4:7.
ma state di buon cuore, io ho vinto il mondo.
L'ora del suo sacrificio era così vicina, che egli parla della sua vittoria come se già fosse vinta. Queste parole spiegano perché, in mezzo alle loro molte tribolazioni, i discepoli pur dovevano stare di buon cuore; egli è perché Cristo non ha solo vinto il mondo, ma ha vinto pure Satana, dio del mondo. Aveva preso la nostra natura, "acciocché per la morte distruggesse colui che ha l'imperio della morte, cioè il diavolo" Ebrei 2:14. "Avendo spogliate le podestà, e i principati, li ha pubblicamente menati in spettacolo trionfando d'essi in esso" Colossesi 2:15. Il mondo aveva fatto il peggio che poteva contro Cristo, poiché stava per inchiodarlo in sulla croce; ma lungi dall'esser vinto, egli trionferebbe su di esso per la morte, e ciò sarebbe una perenne sorgente di consolazione per il popolo suo. Egli vuole che ricordino in tutti i loro conflitti di aver che fare con avversari che già son condotti prigioni nel corteo di un trionfatore; e questi è il loro capo vivente, il qual non permetterà mai che i membri del mistico suo corpo soggiacciano ai loro nemici.
PASSI PARALLELI
Giovanni 14:27; Salmi 85:8-11; Isaia 9:6-7; Michea 5:5; Luca 2:14; 19:38; Romani 5:1-2
Efesini 2:14-17; Filippesi 4:7; Colossesi 1:20; 2Tessalonicesi 3:16; Ebrei 7:2; 13:20-21
Giovanni 15:19-21; Atti 14:22; Romani 8:36; 2Corinzi 7:4; 1Tessalonicesi 3:4; 2Timoteo 3:12
Ebrei 11:25; 1Pietro 5:9; Apocalisse 7:14
Giovanni 14:1; Atti 9:31; 23:11; 27:22,25; 2Corinzi 1:3; 13:11; 1Tessalonicesi 3:7
Giovanni 16:11; 12:31; 1Samuele 17:51-52; Salmi 68:18; Romani 8:37; Galati 1:4; 6:14; 1Giovanni 4:4; 5:4
RIFLESSIONI
1. Questo capitolo comincia coll'annunzio delle persecuzioni che le autorità giudaiche infliggerebbero ai discepoli di Cristo, annunzio che fu tosto avverato. Gli apostoli dovevano recare al mondo una grande allegrezza; ma Gesù li avverte che, lungi dal ricevere tal nuova con gratitudine, il mondo li odierebbe li perseguiterebbe e li metterebbe a morte. Questa profezia, come tutte l'altre della Scrittura, fu adempiuta alla lettera, non solo riguardo agli apostoli, ma pure riguardo a tutte le età seguenti gli Atti Apostolici narrano le persecuzioni dei primi cristiani per parte dei Giudei increduli; gli storici profani, e le "Apologie" degli scrittori cristiani antichi ricordano lo sterminio crudele che dei cristiani fecero i romani imperatori dei tre primi secoli. Autori più recenti raccontano i delitti sanguinari commessi dalla Inquisizione papale. E benché, per grazia di Dio, la persecuzione più non si possa spingere a tal segno ai nostri dì, la natura umana però non cambia, e l'odio del mondo verso Cristo e verso i suoi seguaci è sempre lo stesso, e scoppia alla minima occasione. I credenti di ogni rango sociale, se pur confessano fedelmente il Signore, sono perseguitati anche ai nostri dì, assai più che non si creda. Si avvereranno sempre le parole di Paolo: "Tutti, quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati" 2Timoteo 3:12. Lo scopo di Cristo nel fare un tale annunzio non era già di scoraggiare i suoi discepoli, bensì di animarli a "soffrire afflizioni, come buoni guerrieri di Gesù Cristo" 2Timoteo 2:3, preparandoli ad incontrar quelle prove, e conducendoli a porre tutta la loro fiducia, in colui la cui ultima esortazione fu: "State di buon cuore, io ho vinto il mondo". Impariamo a non perderci d'animo se siamo perseguitati per amor di Gesù, perciocché "maggiore è colui ch'è in noi, che quello ch'è nel mondo" 1Giovanni 4:4.
2. Alcuni eretici antichi, pur riconoscendo la personalità del Paracleto, insegnavano che egli era semplicemente una creatura; i Sociniani negano affatto la sua personalità, e lo considerano semplicemente come un attributo divino; ma il linguaggio di Gesù in tutto questo discorso è decisivo riguardo alla sua divina personalità. Su ciò ben dice Stier: "Chi può considerare tutte le espressioni personali usate dello Spirito in questi tre capitoli: insegnare, rammemorare, testificare, venire, convincere, guidare, parlare, udire, annunziare prendere, mostrare come non essendo altro che una figura prolungata, non devesi riconoscere come interprete di parole intelligibili, e molto meno come un espositore della Scrittura".
3. Il termine "Paracleto" corrisponde al latino Advocatus, e vuol dire un difensore, un patrocinatore e più generalmente un intercessore. Questo è certamente il senso di quel nome quando è applicato a Cristo in 1Giovanni 2:1. Quando adunque Gesù parla di "un altro Paracleto" che deve prendere il suo posto, è chiaro che questi deve riempire il medesimo ufficio di avvocato che già era quello di Cristo. Come nostro avvocato, Gesù patrocina ora la nostra causa dinanzi a Dio; lo Spirito patrocina la causa di Dio per noi e con noi contro al mondo. "La parola Paracleto", dice Lutero, "indica colui che assume la difesa di un accusato, ne per ora la causa, gli dà consigli, aiuto, ammonimento ed istruzione, secondo che richiede il caso suo".
4. Nell'annunziare ai discepoli la venuta dello Spirito, Gesù disse: "Esso v'insegnerà ogni cosa" Giovanni 14:26, ed in queste parole la Chiesa romana vede la promessa di una rivelazione continua, colla quale vuole giustificare tutte le sue tradizioni antiscritturali. Ma è una deduzione erronea; imperocché gli apostoli erano appieno istruiti in tutte le cose del regno di Dio, sicché non occorreva nessuna rivelazione ulteriore, né devesi ricevere nulla in religione che sia aggiunto o contrario a ciò che Dio ha fatto conoscere ad essi e per mezzo di essi a tutta la Chiesa.
5. "Non vi è nella teologia cristiana un soggetto sul quale importi maggiormente avere idee precise come sul rapporto dell'opera dello Spirito con quella di Cristo, ed in nessun luogo della Scrittura è quella relazione più chiaramente e più semplicemente espressa che in questo capitolo. Ci vien detto imprima che l'insegnamento dello Spirito è limitato a ciò che gli è stato dato per comunicarlo Giovanni 16:13; quindi che quanto egli ha ricevuto si riferisce unicamente alla persona ed all'opera di Cristo nel mondo: 'prenderà del mio' Giovanni 16:15; poi che le cose di Cristo sono le cose del Padre, cioè tutto quanto il Padre ha contemplato e preparato da ogni eternità per la redenzione degli uomini mediante il suo Figliuolo Cristo Gesù: 'le cose che ha il Padre sono mie' Giovanni 16:15. Così le funzioni dello Spirito non sono ristrette, ma definite, son larghe quanto l'opera di Cristo stesso, quanto l'intento i salvazione di Dio in lui; ma né più estese, né diverse" (Brown).
6. Giovanni 16:24 contiene una lezione per i credenti in ogni età. Fino a quell'ora i discepoli avevano rivolto a Gesù tutte le loro domande così di soccorso, come di istruzione, e se avevano pregato Dio, non era stato però nel suo nome. Ancora non aveano realizzato tutta la dignità del loro Maestro; né avean capito ch'egli è il solo Mediatore fra Dio e l'uomo, nel cui nome e per i cui meriti dobbiamo pregare. Il Signore aveva riserbata questa gran verità per l'ultimo insegnamento del suo ministero. Ora essi erano in un certo modo preparati a comprenderla, e da quel momento in poi, nelle prove e nei bisogni che li aspettavano, potrebbero comprendere quanto sia grande il privilegio di pregar nel suo nome, e qual pienezza di gioia ne viene al cuore credente. Né ciò venne detto per essi soli; il Signore vuole che i suoi in ogni età sappiano qual'è "la via recente e vivente, la quale egli ci ha dedicata, per la cortina, cioè per la sua carne" Ebrei 10:20, e per la quale sola possiamo avere introduzione appo Dio. Così ci assicura tutti che il segreto della felicità consiste nell'essere perseveranti nell'orazione.
7. Giovanni 16:7 "Nel fatto che Cristo fu lasciato solo nelle sue ultime sofferenze", dice Brown, "non v'ha egli un manifesto e commovente adempimento di quanto era prefigurato nella gran festa dell'espiazione?" "E non siavi alcun uomo nel tabernacolo della, quando esso entrerà nel Santuario, per farvi purgamento, finché non sia uscito" Levitico 16:17.
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