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Giuda anima i suoi contro (che Nicanore disprezzava la potenza di Dio) sì colle esortazioni, e sì ancora col racconto di una notturna apparizione, in cui avea veduto Geremia, che faceva orazione pel popolo di Israele. Posta la loro speranza in Dio sbaragliano un grand' esercito, e troncano la mano, e il capo di Nicanore, e appendono in Gerusalemme in memoria della protezione di Dio: la sua lingua bestemmiatrice fatta in bricioli è gettata agli uccelli; ed e stabilita annuale solennità in quel giorno.

Ma Nicanore avendo saputo, che Giuda era nel paese della Samaria, risolvè di assalirlo con tutte le forze in giorno di sabato. Ma dicendo a lui que' Giudei, i quali per necessità lo seguivano: Non volere far cosa si strana, e barbara, ma rendi onore al giorno santo, e rispetta colui, che tutto vede: Quell'infelice domandò se vi fosse in cielo un Dio potente, che avesse ordinato di osservare il giorno di sabato. E avendo quelli risposto: Egli è lo stesso Dio vivo possente nel cielo, che ordinò di celebrare il settimo giorno, Egli allora disse: Ed io sono possente sopra la terra, e comando, che si prendano le armi, e che si serva il re. Egli però non potè eseguire i suoi disegni. Nicanore adunque trasportato dal la sua grandissima superbia avea in animo di ergere un trofeo comune de' Giudei. Maccabeo però avea ferma fede, e speranza, che Dio gli avrebbe mandato soccorso: Ed esortava i suoi, che non temessero gli assalti delle nazioni, ma avessero in memoria come erano stati già aiutati dal cielo, e sperassero allora, che l'Onnipotente avrebbe data loro la vittoria. E ripetendo loro le parole della legge, e de' profeti, e rammentando le imprese fatte da loro ne' tempi precedenti, li rendè più animosi: 10 E ravvivato il loro coraggio, metteva anche in vista la perfidia delle genti, e i giuramenti violati. 11 E armò ciascheduno di essi, non con dar loro degli scudi, e delle lancie, ma con ottimi ragionamenti, ed esortazioni e col riferire una visione degna di fede, la quale li riempiè di allegrezza. 12 Or la visione fu tale: Egli vedeva Onia, che era stato sommo Sacerdote, uomo dabbene, e benigno, esercitato fin da fanciullo nelle virtù, colla sua verecondia nel volto, colla modestia nel suo portamento, colla sua grazia nel favellare, il quale stendendo le mani faceva orazione per tutto il popolo dei Giudei: 13 E dipoi era comparso un altro uomo venerabile per l'età, e per la maestà, cinto di magnificenza da tutti i lati: 14 E che Onia rispondendo a lui gli avea detto: Questi è l'amico de' fratelli, e del popolo di Israele; questi è colui che prega fortemente pel popolo, e per tutta la città santa, Geremia Profeta di Dio. 15 E che Geremia aveva stesa la mano destra, e aveva data a Giuda una Spalla d'oro, dicendo: 16 Prendi questa spada santa, dono di Dio, per mezzo del quale tu getterai per terra i nemici del mio popolo di israeliti. 17 Quegli adunque incoraggiti dalle parole di Giuda molto efficaci, le quali servivano ad avvivare il vigore, e confortare gli animi della gioventù, risolverono di valorosamente combattere, e menare le mani, affinchè giudice della causa fosse il valore, atteso che e la città santa, e il tempio erano in pericolo. 18 Perocché minore era la pena, che facean loro le mogli, e i figliuoli, e i fratelli, e i parenti; ma il massimo, e principal timore era per la santità del tempio: 19 Ma quelli, che erano nella città erano non poco inquieti della sorte di quelli, che erano per venire a battaglia. 20 Ma quando tutti già aspettavano la decisione della contesa, e i nemici eran presenti, e l'esercito messo in ordine, e gli elefanti, e i cavalli ai luoghi loro, 21 Maccabeo considerando quella moltitudine, che si avanzava, e la varia maniera delle armi, e la ferocità degli elefanti, stese le mani al cielo invocò quel Signore, che fa i prodigj, il quale non secondo la forza degli eserciti, ma conforme a lui piace, da la vittoria a chi ne è degno, 22 E lo invocò con queste parole: Tu, Signore, se' quegli, che mandasti il tuo Angelo a tempo di Ezechia re di Giuda, e uccidesti nel campo di Sennacherib cento ottanta cinque mila uomini: 23 E adesso o Signore dei cieli, manda il tuo buon Angelo innanzi a noi, che dia a conoscere la forza del terribile, e tremendo tuo braccio, 24 Affinchè restino sbigottiti quelli, i quali bestemmiando si muovono contro il tuo popolo santo. Così terminò egli la sua orazione. 25 Ma Nicanore, e la sua gente si avvicinarono al suono delle trombe, e delle canzoni. 26 E Giuda co' suoi, invocato Dio coll'orazione, attaccarono la zuffa: 27 E combattendo colla mano, ma pregando Dio col cuore, uccisero niente meno di trenta cinque mila uomini, essendo stati grandiosamente confortati dalla presenza di Dio. 28 E mentre pieni di allegrezza se ne tornavano indietro, finita già la battaglia, seppero come Nicanore giaceva colle sue armi prostrato per terra. 29 Alzato perciò un grido, e levatosi un grande strepito, benedicevano nel natio linguaggio il Signore onnipotente. 30 Ma Giuda sempre pronto di corpo, e di animo a morire pe' concittadini, ordinò, che si tagliasse il capo di Nicanore, e il braccio colla spalla, e si portassero a Gerusalemme. 31 E quando vi fu arrivato, radunati i concittadini, e i sacerdoti presso all'altare, chiamò anche quelli, che erano nella cittadella, 32 E fatto vedere il capo di Nicanore, e la scellerata mano, la quale egli avea stesa verso la casa santa dell'onnipotente Iddio con vantamenti tanto superbi, 33 Comandò, che la lingua dell'empio Nicanore fosse tagliata in piccoli pezzi, e gettata agli uccelli; la mano poi dell'insensato fosse appesa dirimpetto al tempio. 34 Allora tutti benedissero il Signore del cielo, dicendo: Benedetto colui, che ha serbato esente da profanazione il suo tempio. 35 Egli appese anche il capo di Nicanore sulla cima della cittadella, affin chè fosse visibile, e manifesto segno dell'aiuto di Dio. 36 Or tutti di comune consenso determinarono, che non fosse in alcuni modo da passarsi quel giorno senza solennità; 37 E che questa solennità si facesse a' tredici del mese chiamato con voce Siriaca Adar, un giorno prima del giorno di Mardocheo. 38 Fatte queste cose contro Nicanore essendo stati gli Ebrei da quel tempo in poi padroni della città, io pure qui porrò fine al mio racconto. 39 Il quale se cammina bene, e come a una storia conviensi, questo io pure bramai; se poi non con tutta dignità, mi si conceda perdono: 40 Perocché siccome il bere o sempre vino, o sempre acqua fa danno, ma diletta il far uso or dell'una, or dell'altro; così il ragionare se è sempre molto limato non sarà gradito ai lettori. Qui adunque farò fine.