2 Pietro 2
SECONDA PARTE

I FALSI DOTTORI


2Pietro 2

I due ultimi capitoli dell'Epistola mirano a mettere in guardia i lettori contro due pericoli derivanti, il primo dall'apparir in seno alle chiese di falsi dottori, il secondo dagli schernitori che verranno e si faranno beffe della speranza cristiana culminante nella seconda venuta di Cristo. La Parte relativa ai falsi dottori si può dividere in due sezioni, di ciu la prima (2Pietro 2:1-10a) tratta dell'opera funesta dei falsi dottori in seno alle chiese e del giudicio che li attende; la seconda descrive la loro condotta immorale (2Pietro 2:10b-22).

Sezione prima. 2Pietro 2:1-10a. I FALSI DOTTORI: LA LORO OPERA ED IL GIUDICIO CHE LI ATTENDE.

Ma sorsero anche falsi profeti fra il popolo, come ci saranno anche fra voi falsi dottori


L'apostolo ha parlato della parola profetica ispirata agli uomini di Dio dallo Spirito che li animava; parola di verità atta a guidar le anime verso la salvezza. Ma egli stima utile ricordare ai lettori che, accanto ai profeti veri, mandati da Dio e portavoce di Dio presso il popolo d'Israele, la storia fa menzione di molti falsi profeti che professavano bensì di essere inviati da Dio e di comunicar la parola di lui; mentre in realtà non erano inviati che di loro medesimi e non comunicavano che i loro propri pensieri. Mosè stesso, mentre annunzia al popolo che Dio susciterà loro un profeta come lui e porrà le parole sue nella bocca del profeta, aggiunge pure da parte dell'Eterno, questo avvertimento: «ma il profeta che avrà la presunzione di dire nel nome mio qualcosa che io non gli abbia comandato di dire... quel profeta sarà punito di morte» Deuteronomio 18:20-21. Nei tempi di decadenza religiosa la Scrittura ricorda che abbondarono i falsi profeti i quali predicevano ai re ed al popolo del bene nonostante le loro trasgressioni. Così ai tempi di Acab, e ai tempi di Geremia ed Ezechiele (Geremia 14:14...; Geremia 23; Ezechiele 13). Pietro ricorda quell'esperienza dell'antico popolo di Dio affinchè i cristiani non siano scandalizzati dall'apparir di falsi dottori fra loro, e stiano in guardia. Allo stesso fine Paolo nelle sue ultime lettere preannunzia la venuta di seduttori che insegneranno dottrine erronee e «non si atterranno alle sane parole del Signor Gesù C. e alla dottrina che è secondo la pietà» (1Timoteo 4:1-3; 6:3; 2Timoteo 2:16-26; 3:1-9; 4:3 e cfr. Atti 20:29-31). Così fa S. Giovanni nelle sue Epistole (1Giovanni 2:18 e segg.; 1Giovanni 4:1-6; 2Giovanni 7...). Gesù stesso aveva ammonito: «Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono a voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci. Voi li riconoscerete dai loro frutti» Matteo 7:15-16; 24:11,24. Sono falsi dottori (pseudo-didáscali) coloro che, avuto dalla chiesa il mandato d'insegnare la verità, insegnano invece l'errore o mescolano alla verità cristiana degli errori frutto delle loro elucubrazioni. Tali sono pure tutti coloro che, anche senza mandato delle chiese, propagano in seno ad esse dottrine false, contrarie all'insegnamento di Cristo e dei suoi apostoli.

che introdurranno di soppiatto eresie di perdizione

Il verbo qui usato (παρεισαγω) vale: 'introdurre accanto', sotto coperta di qualcosa d'altro. Cfr. Galati 2:4. L'errore dottrinale o morale non è mai presentato con franchezza così da esser facilmente riconosciuto; ma è introdotto nelle chiese con fraseologia equivoca, magari anche biblica, e in compagnia di verità ben conosciute. La parola eresia (ἁιρεσις) significa in origine: scelta, quindi: opinione personale; si applica poi alle associazioni, partiti o sette aventi come base certe dottrine (Sadducei, Farisei, Nazorei, Atti 5:17; 15:5; 24:5,14). L'uomo 'eretico' ossia settario è, nel N.T. (vedi nota Tito 3:10), colui che, infatuato delle proprie idee personali, si svia dalla verità e si dà a formar partiti e divisioni nella chiesa (cf. Galati 5:20; 1Corinzi 11:18-19; Romani 16:17). Nel nostro passo le eresie sono manifestamente gli errori propagati dai falsi dottori, nell'intento di trarsi dietro i fedeli. Son chiamate eresie di perdizione perchè staccando le anime dal Salvatore le conducono alla perdizione.

e, rinnegando il Padrone che li ha comperati si trarranno addosso pronta rovina

o perdizione. Il Padrone che li ha comperati è Gesù che ha dato il suo sangue qual prezzo di riscatto per tutti, e i dottori di cui parla hanno professato fede nel Redentore che li ha 'comperati a prezzo' e al quale, quindi, appartengono 1Corinzi 6:19-20; 7:23; Apocalisse 5:9; 14:3-4. Ad esprimere in modo energico il diritto di proprietà del Signor Gesù, Pietro usa qui la parola padrone (δεσποτης, donde il nostro despota adoperato solo in senso cattivo). In Giuda 4 si legge: 'negano il nostro unico Padrone e Signore G. C.'. Da ciò appare non solo la nera ingratitudine ma anche la fellonia di costoro. In che precisamente dovesse consistere il loro rinnegare Cristo non è detto. Negherebbero essi la sua divinità, o la sua umanità, o la virtù espiatoria del suo sacrificio? Siccome l'apostolo parla dell'apparizione futura di falsi dottori, si può osservare che in tutti quei modi e in altri ancora Cristo è stato rinnegato fin dai primi secoli della Chiesa. Quanto a coloro che furono i primi precursori dei falsi dottori annunziati e che Pietro descrive come già presenti (2Pietro 2:10 e segg.) essi rinnegavano il Signor Gesù col tenere una condotta in aperta opposizione coi suoi comandamenti e ciò colla loro cupidigia, colla loro sfrenata sensualità, col loro arrogante disprezzo di ogni autorità; ma a giustificare i loro disordini morali mettevano indubbiamente innanzi delle teorie o delle dottrine contrarie alla verità cristiana. Si allude per es. In 2Pietro 2:19 a una teoria della libertà cristiana compatibile coll'immoralità. La ruina che si traggono addosso è detta:. pronta o subita; perchè li sorprenderà quando non l'aspettano, quando forse se ne fanno beffe come di un vano spauracchio. Cfr. le parole di Gesù relative agli antediluviani e agli abitanti di Sodoma Matteo 24:38-42; Luca 17:28-30.

E molti seguiranno le loro lascivie; e a cagion loro la via della verità sarà diffamata.

Le dottrine che, invece di condannare, giustificano e favoriscono le passioni carnali trovano facilmente dei seguaci. La via larga è sempre più affollata della via stretta. A cagion loro s'intende di questi numerosi cristiani instabili ed infedeli. La via della verità è il Vangelo o il cristianesimo, chiamato talvolta in senso assoluto la Via: Atti 9:2, o la via della salvezza Atti 16:17 o la via del Signore Atti 18:25. Il mondo che non distingue tra vero e falso cristianesimo attribuisce al vero quello ch'è frutto del falso e così dice del male del Vangelo e se ne tien lontano. In Romani 2:24 Paolo ripete contro i Giudei che disonorano Iddio, trasgredendo la legge, la rampogna profetica: «Il nome di Dio, per cagion vostra, è bestemmiato fra i Gentili». Trascinando i cristiani ad una apostasia pratica, i loro seduttori fanno un male più vasto ancora, poichè nuocciono alla causa della verità presso quelli che non la conoscono ancora.

Nella loro propaganda, oltre al movente della vanità, c'è quello della cupidigia:

Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole finte

Paolo parla d'uomini 'corrotti di mente, privi della verità, i quali stimano la pietà esser fonte di guadagno' 1Timoteo 6:5, di uomini «che sovvertono case intere, insegnando cose che non dovrebbero per amor di disonesto guadagno Tito 1:11. Amor del denaro e sensualità sono spesso accoppiati in coloro che apostatano dalla verità. I falsi dottori con belle ed abili parole atte a fare impressione e a mascherar i loro veri scopi, cercheranno di trar profitto materiale dai loro seguaci chiedendo loro del danaro per se stessi. Tale il senso del verbo εμπορευσονται che vale trafficare, trar profitto, approfittare.

Il loro giudicio già da tempo è all'opera è la loro perdizione non sonnecchia.

Il loro giudicio è la sentenza di condannazione di cui saranno colpiti nel gran giorno dal Dio di santità e giustizia che rende a ciascuno secondo le sue opere. Quella sentenza è decretata da gran tempo nella mente di Dio su questi pervertitori del Vangelo e in genere sugli empi. Il giudicio di Dio è qui personificato; sembra che sia lento a venire perchè la pazienza divina lo trattiene, ma esso viene certamente; anzi, se si guarda alla storia del passato, lo si vede del continuo all'opera come lo dimostrano gli esempi che Pietro sta per addurre e tanti altri che stanno tutti a provare come il giudicio, di Dio non sonnecchia. C'è, nella storia degli individui e dei popoli, una giustizia divina sempre vigile e sempre attiva. Di questo l'apostolo reca tre esempi tratti dalle Scritture ma coll'aggiunta di elementi tradizionali di cui Pietro fa un uso molto moderato è guardingo.

Perchè, se Dio non risparmiò gli angeli che aveano peccato ma li inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi pel giudizio;

Alla triplice premessa: «Se Dio non risparmiò gli angeli... se non risparmiò il mondo antico... e se condannò Sodoma e Gomorra alla distruzione...», segue la conclusione a 2Pietro 2:9: «Vuol dire che il Signore sa... riserbar gli ingiusti ad esser puniti...». Nè la natura superiore degli angeli, nè il numero stragrande degli antediluviani, nè la bellezza e la prosperità materiale della Pentapoli, esentano dal giusto giudicio di Dio, coloro che si ribellano alla sua legge. Si potrebbe tradurre, giacchè manca l'articolo, 'non risparmiò degli angeli che aveano...', ma il pensiero non muta sostanzialmente. A qual peccato degli angeli allude Pietro? Una parte degli interpreti risponde: 'Alla loro fornicazione colle figliuole degli uomini' di cui Genesi 6:2,4. A questo si obietta che in quel passo si parla 'dei figliuoli di Dio' che si prendono per mogli delle 'figliuole degli uomini' e ne hanno dei figliuoli. Che esistesse nella tradizione rabbinica l'idea di una fornicazione angelica, si può ammettere; ma ciò non vuol dire che Pietro l'accettasse, egli che non poteva ignorare la natura spirituale degli angeli, e la parola di Gesù: «Alla risurrezione non si prende nè si dà moglie, ma i risorti son come angeli nei cieli» Matteo 22:30. D'altronde Genesi 6:3 che segue la menzione dei matrimoni misti, parla di un giudicio di Dio che riduce a 120 anni la vita dell'uomo, ma non fa parola di altro giudicio. 'E l'Eterno disse: Lo spirito mio non contenderà per sempre coll'uomo; poichè nel suo traviamento, egli non è che carne; i suoi giorni quindi saranno 120 anni'. Altri interpreti rispondono: 'Pietro allude alla ribellione che ha dovuto avvenire nel mondo delle creature angeliche prima della creazione dell'uomo e di cui abbiamo una prova nella presenza e nell'opera del tentatore nell'Eden'. 'Il diavolo, dice Gesù, è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità' Giovanni 8:44 e non è stato solo, poichè si parla dei «suoi angeli». Crediamo più probabile quest'ultima opinione; ma il testo si limita ad affermare il fatto che degli angeli peccarono. La descrizione della loro punizione offre analogie con le tradizioni rabbiniche conservate in certi libri apocrifi come quello di Enoch. La parola tradotta: li inabissò (ταρταρωσας) vale lett. li gettò nel Tartaro, luogo di punizione rispondente a quella parte dell'Hades dove sono custoditi gli spiriti degli uomini ribelli a Dio, in attesa del giudicio finale (1Pietro 3:19; cfr. Luca 8:31). Il testo ordinario legge 'li ha messi in catene di tenebre'; ma il testo emendato accettato dai critici in base ai codd. Sin. B A C, Padri latt., legge σειροις: antri (invece di σειραις: catene) e s'intende più facilmente l'espressione: 'antri di tenebre' che l'altra. La parola seiroi o siroi non si trova altrove nel N.T. nè nella LXX. Essa designava in origine dei grandi vasi di terra ove si conservava il grano, quindi venne a significare dei fossi sotterranei ad uso di granai. Da essa deriverebbe il provenzale silo diventato oggi di uso generale. Questi antri tenebrosi sarebbero la prigione o il luogo ove sono stati confinati gli angeli colpevoli. Trattandosi di spiriti non si può prender troppo alla lettera la nozione di custodia in luogo materiale com'è il carcere preventivo per i giudicandi; ma le espressioni racchiudono ad ogni modo l'idea di una stretta limitazione della libertà degli spiriti ribelli e quella di una paurosa e tormentosa aspettazione del giudicio al quale essi sanno di non poter sfuggire. Di un siffatto stato sono indizio le preghiere rivolte a Gesù dagli spiriti che si erano impadroniti dell'indemoniato di Gadara: «Sei tu venuto qua prima del tempo per tormentarci?...» «Lo pregava con insistenza che non li mandasse via dal paese...» «Lo pregavano che non comandasse loro d'andar nell'abisso» Matteo 8:29; Marco 5:10; Luca 8:31. A meno di ammettere che Pietro e Giuda si riferiscano a una categoria speciale di angeli caduti, non riesce facile conciliare quanto è detto qui degli angeli «confinati in antri tenebrosi per esservi custoditi...», con quanto leggiamo altrove, anche in Pietro 1Pietro 5:8, dell'attività malefica di Satana e dei suoi angeli: tentazione d'Eva e Adamo, di Gesù, degli uomini in genere, attività degli spiriti maligni o impuri secondo i Vangeli e secondo Paolo (Efesini 6:12 e altrove). Un commentatore adduce, a questo proposito, il caso dei prigionieri di guerra che sono bensì confinati e custoditi, ma a cui si lascia però, entro dati limiti, una certa libertà d'azione.

e se non risparmiò il mondo antico,

il mondo degli antediluviani,

ma salva Noè, predicator di giustizia, con sette altri, quando fece venire il diluvio sul mondo degli empi;

In questo secondo esempio storico della giustizia attiva di Dio Pietro mette in rilievo il fatto che Noè e la sua famiglia, per quanto fossero in numero insignificante di fronte alla totalità dell'umanità che andò sommersa, pure furono salvati dalla distruzione, il che serve a provare quanto sia imparziale e perfetta la giustizia di Dio e vale come incoraggiamento ai cristiani a mantenersi fedeli a Dio, anche quando siano molti quelli che si lasciano sedurre dall'errore e dal male. Noè è chiamato predicator di giustizia sebbene dalla Genesi risulti solamente ch'egli fu giusto, cioè ubbidiente alla legge di Dio. La sua condotta era una predicazione in atto della giustizia e l'Ep. agli Ebrei nota che, colla sua fede in Dio, egli condannò il mondo Ebrei 11:7. Ma non si può dire inverosimile la tradizione giudaica cui allude Flavio Giuseppe, secondo la quale egli avrebbe colle sue parole cercato di condurre al ravvedimento gli uomini del suo tempo.

e se, riducendo in cenere le città di Sodoma e Gomorra, le condannò alla distruzione perchè servissero d'esempio

(lett. ponendole come esempio)

a quelli che in avvenire vivrebbero empiamente;

La distruzione delle città di Sodoma e Gomorra per mezzo di una eruzione vulcanica è spesso mentovata nelle Scritture, oltre che in Genesi 19, come cospicuo esempio del giudicio di Dio sugli empi, specie sugli uomini sensuali che trasgrediscono anche le leggi naturali con peccati contro natura. Cfr. Ezechiele 16:46-59; Matteo 10:15; 11:23-24; Luca 17:29; Romani 9:29.

e se salvò il giusto Lot che era contristato dalla lasciva condotta degli scellerati (perchè quel giusto, che abitava fra loro, per quanto vedeva e udiva si tormentava ogni giorno l'anima giusta a motivo delle loro inique opere).

Mentre la distruzione della corrotta Pentapoli fornisce un terzo esempio del giudizio di condanna riservato ai malvagi, la salvezza di Lot, come già quella di Noè, mostra come Dio non confonda in uno stesso fascio gli empi e quelli che vivono nel suo timore sforzandosi di praticare il bene morale. La Genesi non parla del dolore provato da Lot per la condotta scellerata in parole ed in opere degli abitanti di Sodoma; è questo un commento tradizionale in sè assai verosimile. Lot non poteva non affliggersi nel veder delle creature umane correre alla loro ruina disonorando Iddio.

Dagli esempi addotti, specie dai due ultimi, emerge chiaro che

il Signore,

qui Dio,

sa

e può

trarre i pii dalla tentazione,

dalle prove, dai pericoli, dalle persecuzioni, dai giudicii punitivi,

e riserbare gli ingiusti ad esser puniti nel giorno del giudizio

10 e massimamente quelli che van dietro alla carne nelle immonde concupiscenze,

allusione speciale ai peccati dei Sodomiti,

e sprezzano l'autorità.

Sensualità sfrenata e anarchia vanno insieme; sono due cospicue manifestazioni dell'egoismo e dell'orgoglio umano. Quando l'uomo scuote da sè la più legittima e la più alta autorità, quella di Dio, non è da stupire che rigetti ogni altra autorità nello Stato, nella Chiesa e nella famiglia. Ni Dieu ni maitre è la formula dei demagoghi che nell'esaltar la libertà reclamano tutti i diritti calpestando tutti i doveri. Colla sua ultima osservazione Pietro riconduce i lettori alla figura morale dei falsi dottori che annunzia, e denunzia in pari tempo come già presenti (usa qui il presente), almeno nella persona dei loro primi precursori.

AMMAESTRAMENTI

1. La Chiesa è stata fin da principio avvertita da Cristo e dagli apostoli ch'essa sarebbe esposta alle tribolazioni per parte del mondo nemico; ma è stata pure preavvisata di un pericolo anche maggiore che la verrebbe dall'interno: dalla defezione dei suoi membri per opera di dottori usciti dal suo proprio seno e che pervertirebbero la verità cristiana sovvertendo così il fondamento su cui poggia la fede della Chiesa, falsificando il cibo di cui si nutre, viziando il sangue che circola nelle sue vene. Di fronte al primo apparire del male annunziato, vediamo gli apostoli gettare il grido d'allarme e mettere in guardia i fedeli fornendo loro le armi con cui difendersi. Così devono fare in ogni tempo coloro che il Signore ha stabiliti quali sentinelle per vegliare sul suo popolo. Non basta insegnare la verità; bisogna anche segnalare e combattere gli errori che l'adulterano.

2. Nel dare i connotati dei falsi dottori di cui cominciavano ad apparire le prime avanguardie, Pietro caratterizza il loro insegnamento; sono eresie di perdizione, che includono il rinnegamento del Signore quale Redentore mediante il proprio sangue, e quale Padrone dei suoi riscattati; indica il loro snodo di procedere subdolo, senza franchezza: introducon di soppiatto le loro eresie, usano parole finte; descrive il loro carattere morale: son dominati dalla lascivia e dalla cupidigia del guadagno; i risultati funesti dell'opera loro: traggono molti cristiani malfermi, instabili, dietro di sè e fanno un grave danno al cristianesimo presso gli estranei che non sanno distinguere il cristianesimo genuino da quello spurio. Mutano i tempi e le circostanze, mutano gli errori nella loro sostanza e nella loro forma, ma dalle parole dell'apostolo si possono trarre dei criterii che servono in tutte le epoche a far riconoscere i falsi dottori: un insegnamento che si allontana, specialmente intorno alla persona ed all'opera del Redentore, da quello apostolico contenuto nel Nuovo Testamento; un procedere subdolo; un carattere morale avariato; dei risultati funesti per la Chiesa e per la causa del Vangelo. Di fronte a tali costatazioni, la Chiesa deve separare la sua responsabilità eliminando il male e chi lo propaga, dal suo seno.

3. «Se qualcuno, dice Paolo, guasta il tempio di Dio, Iddio guasterà lui» 1Corinzi 3:17; e Pietro qui: «Il loro giudicio è all'opera, la loro perdizione non sonnecchia». Dio rispetta la libertà umana senza la quale non vi sarebbe responsabilità morale, Dio non punisce immediatamente i colpevoli, ma pazienta a lungo per dar loro il tempo di ravvedersi; ma il suo giudicio per quanto differito non è perciò soppresso, anzi rimane certo, altrimenti Dio sarebbe complice del male, cosa moralmente impossibile. La voce della coscienza che protesta contro l'impunità del male; la voce dell'esperienza individuale che ci fa constatare in moltissimi casi le tristi conseguenze del peccato; la voce della storia che ci mostra la giustizia divina continuamente all'opera nelle vicende delle collettività umane, proclamano all'unisono il giudicio di Dio su chi non si ravvede e non abbandona la via del male. I giudicii provvisori e temporanei fanno prevedere la giusta severità del giudicio finale.

4. Com'è certa la condanna degli impenitenti, così è certa la salvezza di coloro che si ravvedono, si affidano alla misericordia di Dio manifestata in Cristo e vivono una vita nuova di pietà e di giustizia. Essi possono esser chiamati a sostener delle prove, delle tentazioni e delle persecuzioni, possono esser in pochi in mezzo alla moltitudine degli empi, possono soffrire nel veder i loro simili correre alla loro ruina senza curarsi degli avvertimenti a loro rivolti: possono essere angosciati nel veder sì gran parte della cristianità estranea alla verità evangelica ed alla vita cristiana; ma Dio che è fedele e giusto sa e può «trarre i pii dalla tentazione»; e, come gl'ingiusti sono da lui «riserbati ad essere puniti nel giorno del giudizio», così i fedeli «sono custoditi per la salvazione che sta per esser rivelata negli ultimi tempi» 1Pietro 1:5.

Sezione Seconda. 2Pietro 2:10b-22. IL RITRATTO MORALE DEI FALSI DOTTORI

2Pietro 2:11-22 riprendono e completano il ritratto morale dei falsi dottori abbozzato nella sezione precedente: non aggiungono però alcun tratto importante a quelli già accennati. Si parla del loro disprezzo arrogante dell'autorità, della lor sete di gozzoviglie, della loro sensualità, dei discorsi gonfi e vuoti coi quali adescano le anime instabili, e della loro cupidigia di guadagno. Il giudicio che li attende è adombrato in immagini piene di terrore.

Audaci, arroganti, non hanno orrore,

lett. non tremano

di dir male delle dignità

Ha detto prima 'sprezzano l'autorità' e, come nel passo parallelo di Giuda 8, unisce a questo il dir male delle dignità. Il greco porta 'delle glorie'. Non è facile dire che cosa si debba intendere con quel termine. Molti credono si tratti degli angeli cattivi o buoni, perchè l'apostolo adduce, subito dopo, l'esempio del ritegno degli angeli nel giudicare 'le glorie'. Ma se si tratta di angeli cattivi, non si vede come Pietro possa condannare chi ne dice del male, e se si tratta di angeli buoni, eccelsi in dignità (Cfr. Efesini 1:21; Colossesi 1:16), non è facile immaginare in che cosa potevano i falsi dottori calunniarli, o far loro ingiuria. La supposizione più probabile sarebbe, in questo caso, quella del Ritschl secondo il quale i falsi dottori ch'erano libertini in pratica ed in teoria, attribuivano agli angeli, in connessione con un'interpretazione rabbinica di Genesi 6:2, lo stesso loro abuso della libertà, quasichè la libertà santa degli angeli e dei credenti implicasse la facoltà di darsi al male. Alla calunnia colla quale, per giustificare le loro lascivie, essi, penetrando in una sfera che non conoscono, attribuiscono agli angeli di Dio delle teorie e delle passioni immonde, l'apostolo opporrebbe il ritegno, la modestia, il pio timore coi quali i più eccellenti angeli di Dio si astengono dal pronunziare, davanti a Dio, un giudizio ingiurioso perfino sugli angeli che sanno colpevoli. Secondo altri interpreti, le 'glorie' o le dignità sarebbero i reggitori delle chiese chiamati 'angeli' nell'Apocalisse 1:19 ecc., che riprendevano la mala condotta dei falsi dottori ed erano da loro sfacciatamente insultati. Certo si allude aui ad una orgogliosa insofferenza di qualsiasi freno di legge o di autorità, ad una tendenza a trascinar abbasso nel loro fango tutto quel ch'è più eccelso di loro.

11 mentre gli angeli, benchè maggiori di loro,

s'intende dei falsi dottori,

per forza e potenza, non portano contro ad esse, dinanzi al Signore, alcun giudizio maldicente.

In Giuda 9 si legge: «Invece, l'arcangelo Michele, quando contendendo col diavolo, disputava circa il corpo di Mosè, non ardì lanciare contro a lui un giudizio ingiurioso, ma disse: Ti sgridi il Signore. Ma costoro dicon male di tutte le cose che non sanno...». L'episodio al quale allude Giuda si trovava in un libro apocrifo intitolato: L'assunzione di Mosè. È probabile che Pietro alluda anch'egli a qualcosa di simile, ma non volendo garantire il carattere storico delle rappresentazioni contenute nelle Apocalissi giudaiche, nè incoraggiarne la lettura per parte dei cristiani, egli si limita ad un'asserzione affatto generale sull'umile ritegno degli angeli, che lasciano il giudicio delle creature a Dio ch'è il solo Giudice competente.

12 Ma costoro, come bruti senza ragione, nati alla vita animale per esser presi e distrutti,

Ben lungi dall'imitar le creature celesti, i falsi dottorì si conducono come le creature inferiori prive di ragione e di coscienza, che seguono senza controllarli nè infrenarli i loro istinti naturali. Per natura non hanno destinazione superiore a quella terrena. Se utili all'uomo, esso li prende e li usa come cibo o altrimenti; se nocivi li prende e li distrugge. Così costoro, a veder la loro condotta, paion destinati ad esser presi nel laccio di ogni sorta di basse passioni e a finir nella ruina finale.

dicendo male delle cose che ignorano

lett. nelle cose..., cioè nel campo delle cose che ignorano e di quelle cose stesse. Può trattarsi della vita e dei sentimenti degli angeli, ovvero dei disegni e delle vie di Dio.

periranno per la loro propria corruzione

o: nella lor corruzione. Il greco ha fthorà... ftharèsontai; ma il sostantivo indica la corruzione morale che sarà causa della loro perdizione,

ricevendo il salario della loro iniquità.

Alcuni codici (Sin. B. P.) hanno una lezione strana adottata da qualche critico (Westcott-H; Nestle) ma da cui non si riesce a ricavare un senso. Letteralmente sarebbe: 'Trattati ingiustamente (αδικουμενοι) salario d'ingiustizia'. Non si può attribuire a Dio di commettere un'ingiustizia per punirli della loro iniquità. Il solo modo di dare un senso accettabile sarebbe di adottare la versione un po' troppo libera della 'Fides et Amor': 'pagando col male che soffrono il fio del male che fanno'. Tuttavia la maggioranza dei codici e delle versioni antiche, nonchè il più dei critici, si attengono alla lezione ordinaria: 'ricevendo... (κομιουμενοι)'.

13 Essi trovano il loro piacere,

lett. stimano piacere.

nel gozzovigliare in pieno giorno;

altri fan questo di notte perchè non hanno perduto ancora ogni pudore; ma costoro non si vergognano di dare agli eccessi del mangiare e del bere anche le ore che sono consacrate al lavoro. L'espressione εν ἡμερα è suscettibile di altri sensi; per cui c'è chi traduce: 'nel godimento del momento', o ancora 'di ogni giorno'; e c'è chi spiega un po' fantasticamente: 'Essi stimano mero piacere la gioia che troviamo nelle agapi da noi celebrate di pieno giorno'.

son macchie e vergogne

in quanto che essi macchiano la purezza della chiesa e compromettono il suo onore davanti agli estranei,

godendo dei loro inganni mentre partecipano ai vostri conviti;

non hanno abbandonato la chiesa, anzi seguitano a prender parte alle agapi cristiane, cioè ai conviti fraterni che nella primitiva chiesa precedevano la celebrazione della S. Cena (cfr. 1Corinzi 11); se fossero sinceri ed onesti se ne terrebbero lontani, ma piace loro ingannare facendosi credere quel che non sono e prendendo le agapi come un'occasione di godimento.

14 hanno occhi pieni d'adulterio e che non cessano dal peccare

Dati come sono alla sensualità, non possono, anche nell'occasione delle agapi, vedere una donna senza concupirla e senza commetter così un adulterio con lei nel loro cuore Matteo 5:28. Pertanto i loro occhi, specchio e strumento dei loro impuri desideri, sono pieni d'adulterio e non cessano mai dall'esprimere e dall'alimentare ad un tempo le loro passioni. La maggioranza dei msc. legge qui: 'occhi pieni dell'adultera' (μοιχαλιδος), corruzione evidente di μοιχαλιδιας, adulterio, ch'è la lezione del Sinaitico e dell'Alessandrino.

adescano le anime instabili.

Non si rivolgono nella loro propaganda ai cristiani sperimentati e saldi ma piuttosto a quelli che non sono ancora ben fondati e fermi nella fede e nella pietà, perchè da poco usciti dal paganesimo. Questi si lasciano più facilmente smuovere, ed essi li circuiscono e coi mezzi che sanno abilmente adoprare ne traggono denaro; perciò aggiunge:

hanno il cuore esercitato a cupidigia; son figliuoli di maledizione.

Quest'ultima espressione è presa dall'ebraico e significa: son destinati ad esser maledetti; la maledizione è come la madre loro che non li abbandona. Cfr. le espressioni analoghe: 'figliuoli d'ira' Efesini 2:3, 'figliuol della geenna' Matteo 23:15; 'f. di perdizione' 2Tessalonicesi 2:3, ecc.

15 Lasciata la diritta strada, si sono smarriti,

o: si sono sviati, sono andati errando,

seguendo la via di Balaam figliuolo di Beor che amò il salario d'iniquità,

La storia di Balaam è narrata nei Numeri 22 e capp. seguenti. È un profeta arameo che conosce l'Eterno, ma il cuore del quale è diviso. Di fronte all'invito di Balak a maledire Israele egli rifiuta a malincuore una prima volta quando Dio gli proibisce di maledire un popolo ch'è benedetto. Ma dietro altre offerte più cospicue d'onori e di ricchezze che tentano la sua cupidigia, egli fluisce col cedere perchè amò il salario d'iniquità cioè la ricchezza ottenuta con un mezzo iniquo. Così i falsi dottori, lasciata la strada della verità e della santità, fanno opera di pervertimento col fine di far denaro.

16 ma fu ripreso per la sua prevaricazione:

o: trasgressione,

un'asina muta, parlando con voce umana, represse

o si oppose a

la follia del profeta.

Il greco ha una bestia da soma, ma nel greco posteriore la parola è usata ad indicare la bestia da soma comune nella Palestina, cioè l'asino. Chi riprese il profeta per la sua follia fu l'angelo dinanzi alla cui spada l'asina si fermò. L'asina rimprovera al profeta di averla percossa. Il carattere sopranaturale del fatto dovea persuadere Balaam, ch'egli, tentando di agire in opposizione coi disegni di Dio, commetteva una follia, si mostrava meno intelligente di una bestia e correva alla sua rovina. I vasi di terracotta, nota Lutero, che voglion combatter colle rocce ne escon rotti. Oltre alla cupidigia, la Scrittura fa conoscere un'altra colpa di Balaam, analoga a quella dei falsi dottori; secondo Numeri 31:16 (cf. Apocalisse 2:14) egli avrebbe consigliato a Balac di attrarre gl'Israeliti nelle feste idolatriche per corromperli. Ma di questo non si fa parola nè qui nè in Giuda 11.

17 Costoro son fonti senz'acqua e nuvole sospinte dal turbine; a loro è riserbata la caligine delle tenebre.

In Giuda, troviamo parecchie immagini dei falsi dottori: son nubi senz'acqua, alberi infruttiferi, onde schiumanti del mare, astri erranti. «La duplice immagine, adoprata da Pietro, di una fonte che promette acqua fresca, e di nuvole il cui aspetto preannunzia la pioggia, ma che ambedue deludono ogni speranza, rende mirabilmente l'impressione che deve fare la iattanza dei falsi dottori che si presentano sotto belle apparenze e con promesse allettanti, ma non producono altro che triste delusione» (Bonnet). Il turbine che porta via le nuvole può rappresentar le passioni che impediscono ai pretesi dottori di far qualsiasi bene ai loro simili. La caligine ch'è loro riservata rappresenta la perdizione a cui saranno condannati, quando saranno privi della comunione del Dio ch'è luce di verità, di santità, di vita, di felicità. Una vita di tenebre che ha trascinato lungi dalla luce tante anime, è giustamente punita colle tenebre più oscure.

18 Perchè con discorsi pomposi e vacui, adescano con le concupiscenze carnali e le lascivie quelli che si erano già un poco allontanati da coloro che vivono nell'errore.

'La lor bocca proferisce cose sopra modo gonfie', dice Giuda 16 usando la stessa parola. Pietro nota che sotto quei discorsi pretenziosi non c'è che vacuità, non c'è sostanza reale di verità. Essi ad esempio, come dice in 2Pietro 2:19, han la bocca piena di promesse di libertà, mentre poi sono essi stessi dei miseri schiavi della corruzione e conducono i lor seguaci nella peggiore delle schiavitù. Li adescano, infatti, presentando come atto di libertà il darsi alle lascivie. Coloro ch'essi adescano sono dei neofiti che, da poco usciti dall'errore del paganesimo, hanno appena cominciato a fuggir la compagnia dei pagani e la loro condotta. Sono perciò ancora malfermi.

19 promettendo loro la libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione: poichè uno diventa schiavo di ciò che l'ha vinto.

Come la pianta è libera quando può senza impedimento svolger tutte le possibilità inerenti alla sua natura, così è libero l'uomo, creatura morale, quando può svolgere, senza impedimento esterno nè interno, la sua vita secondo l'ideale prefissogli dal Creatore. All'uomo caduto, Cristo ha dato la libertà, liberandolo anzitutto dalle catene della condanna meritata, liberandolo dal giogo della legge-pedagogo, ma scrivendo la sua legge, mediante lo Spirito, nei cuori rinnovati, legge interna che S. Giacomo chiama perciò «legge della libertà» culminante nell'amore di Dio e del prossimo. Ma di questa santa libertà dei figliuoli di Dio, le menti corrotte hanno fatto, fin da principio, il sinonimo della licenza. Onde vediamo gli apostoli protestare ad una voce contro un simile abuso: «Fratelli, scrive Paolo, voi siete stati chiamati a libertà; soltanto non fate della libertà un'occasione alla carne» (Galati 5:13...). «Peccheremo noi perchè non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia? Così non sia... Essendo stati affrancati dal peccato siete divenuti servi della giustizia» Romani 6; 8:21. Pietro stesso ha avvertito il pericolo, quando dice in 1Pietro 2:16: «Come liberi, ma non usando già della libertà qual manto che copra la malizia, ma come servi di Dio». Chiamando i corrotti dottori schiavi della corruzione, Pietro fa eco alla parola di Cristo riferita Giovanni 8:34: «In verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato...». Cfr. Romani 16:16. Invece di ciò che l'ha vinto, si può tradurre: 'di colui che l'ha vinto' e si alluderebbe agli usi di guerra secondo i quali il vinto diventa lo schiavo del vincitore. I dottori di cui si tratta, quando eran diventati cristiani avevano impegnato il combattimento contro alle concupiscenze carnali, ma, di poi, si erano di nuovo lasciati avvolgere da esse ed eran rimasti vinti e schiavi più che mai delle loro passioni.

20 Poichè, se dopo esser fuggiti dalle contaminazioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lascian di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima.

La frase può applicarsi ai cristiani instabili che si lasciano adescare dai falsi dottori; ma è più probabile che l'apostolo pensi ai loro seduttori. D'altronde, l'osservazione è vera per tutti. La condizione ultima di chi abbandona la retta via, dopo aver conosciuto Cristo, è peggiore di quella del pagano, perchè il peccare dopo aver conosciuta e in parte sperimentata l'efficacia della verità, è assai più grave del peccare di chi è nell'ignoranza. L'affermazione di Pietro ricorda quella di Gesù relativa all'uomo in cui lo spirito immondo rientra in maggiori forze, dopo esserne uscito Matteo 12:45. Cfr. Ebrei 6:4-6; 10:26-27.

21 Perchè meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuta la via della giustizia,

cioè il cristianesimo chiamato così perchè insegna la morale più perfetta e ne dà nella vita del Salvatore il più perfetto esempio. In 2Pietro 2:2 è chiamato 'la via della verità' e in 2Pietro 2:15 'la diritta strada';

che dopo averla conosciuta voltar le spalle al santo comandamento ch'era loro stato trasmesso.

Meglio restar pagani che diventare dei cristiani apostati. Il santo comandamento è la legge morale cristiana promulgata da Cristo e trasmessa a coloro di cui parla Pietro, dagli apostoli o da coloro che li avevano evangelizzati. La responsabilità di chi ha conosciuto la volontà di Dio è molto maggiore di quella di coloro che l'hanno ignorata Luca 12:47-48.

22 La degradazione morale in cui cade chi torna al peccato dopo averlo ripudiato, di chi torna a compiacersi nell'antica corruzione dopo esserne uscito, è illustrata da Pietro con due detti proverbiali:

È avvenuto di loro ciò che dice con verità il proverbio: Il cane è tornato al suo vomito, e: La troia lavata è tornata a voltolarsi nel fango.

Nè l'uno nè l'altro proverbio trovasi in questa forma precisa nella Scrittura ed il secondo difficilmente è d'origine ebraica. Il primo s'incontra in forma un po' diversa nell'ebraico di Proverbi 26:11: «Lo stolto che ricade nella sua follia è come il cane che torna al suo vomito»; ma siccome nel greco della LXX i termini non sono quelli di cui si serve Pietro e la frase è più lunga, si ammette generalmente che i due proverbi siano presi dall'uso popolare. L'illustrare colle abitudini di due animali immondi la condotta dei falsi dottori, mira ad ispirare ai cristiani un profondo disgusto per le loro dottrine e per la loro corruzione morale.

AMMAESTRAMENTI

1. Sono molti e diversi i lineamenti che formano il ritratto morale dei falsi dottori e può, a prima vista, sembrar che non abbiano alcun nesso fra loro; ma come c'è una fondamentale unità nelle varie manifestazioni del bene compiuto da un cristiano fedele, così c'è unità alla radice delle varie manifestazioni di un carattere anticristiano. Coloro che hanno rinnegato Cristo come loro Signore hanno posto sè stessi al posto del loro Padrone legittimo e servono a sè stessi nei varii modi della loro attività. Sono arroganti e dicon male delle dignità, i loro discorsi sono gonfi, perchè è questo un modo d'esaltare il loro io orgoglioso; amano le gozzoviglie e le lascivie perchè sono schiavi dei loro istinti inferiori; sono esercitati a cupidigia, seguon la via di Balaam, perchè premono ad essi gl'interessi loro materiali; poco importa loro il bene spirituale degli altri perchè l'egoismo ch'è la base del loro carattere è la negazione dell'amor del prossimo.

2. Grande è il pericolo di chi ricade nel peccato dopo conosciuta la verità e professata la fede in Cristo; perchè maggiore è il castigo di chi ha ricevuto maggiori grazie; perchè è più difficile convertirsi quando si è scaduti dalla grazia, com'è più difficile curare una malattia quando ci assale per la seconda volta. Perciò scrive Crisostomo: «Non peccare dopo aver ricevuto il perdono, non lasciarti ferire dopo che sei stato guarito, non lasciarti macchiare dopo che sei stato lavato dalla grazia. Pensa, o uomo, che la tua colpa è maggiore dopo il perdono; che la ferita rinnovata è più dolorosa e che la macchia è più profonda dopo che si è ricevuta la grazia». D'altronde un cristiano non ricade d'un tratto, ma gradatamente; egli tralascia la vigilanza e la preghiera, sostituisce alla società di cristiani pii quella di gente mondana, e invece di nutrirsi della Parola di Dio, si pasce di libri nocivi. Per tal modo è facil preda alle arti dei seduttori.

3. Chi è schiavo del peccato non è atto a contribuire all'affrancamento di altri. Chi vuol far del bene ai suoi simili, lo faccia col suo esempio prima che colle parole. Chi si sbraccia a predicar agli altri mentre dalla mano gli pende la vipera del peccato, allontanerà le anime invece di attrarle al Cristo.