Luca 5
CAPO 5 - ANALISI
1. Cristo predica dalla navicella. Essendo tornato in Capernaum, egli dovè ricorrere a questo espediente, perché era affollato da tanto popolo che la sua voce non avrebbe potuto essere udita se non dai più vicini. Libero allora nei suoi movimenti, e seduto alquanto più in su dei suoi uditori, poteva esser veduto da tutti, e la sua voce giungeva anche ai più lontani, mentre predicava loro la parola di Dio. La barca che scelse apparteneva a Simon Pietro e a suo fratello Andrea, e accanto ad essa v'era quella dei figli di Zebedeo Luca 5:1-3.
2. La pesca miracolosa. Finite le sue istruzioni alla moltitudine, Gesù ordinò a Pietro di spingere la barca in acque più profonde, e di calarvi le reti, volendo così dare a lui ed ai suoi compagni una lezione simbolica riguardo alla futura loro opera. Benché si fossero affaticati invano colle reti tutta la notte precedente, essi ubbidirono al suo comando, e subito la presa fu così grande che le reti minacciavano di rompersi, ed essi dovetter far segno ai loro associati, Giacomo e Giovanni, di venirli ad aiutare. Era questo un risultato sì evidente della potenza sovrumana di Cristo, che il lor cuore ne fu ripieno di stupore profondo, e Pietro sentì sì vivamente la sua indegnità, che più non ardiva rimanere, in presenza sua. Il Signore voleva che da questo loro mestiere essi imparassero simbolicamente la natura della futura loro vocazione, ed a tale scopo scolpì questa lezione nei loro cuori per mezzo di un miracolo. Sino allora, aveano speso la loro forza e la loro destrezza nel prendere i pesci del lago; adesso li aspettava a ben più nobile uffizio, dovean divenire «pescatori d'uomini». Da quel giorno essi abbandonarono le barche, le reti, il mestiere terreno, per divenire costanti seguaci di Cristo Luca 5:4-11.
3. La guarigione di un lebbroso. Tutti i Sinottici ricordano questo miracolo, come avvenuto in una delle città di Galilea, senza specificarne il nome; ma, secondo Matteo, fu una di quelle che Gesù attraversò tornando a Gerusalemme, dopo avere pronunziato il «sermone sul monte». L'argomento del lebbroso era uno di quelli cui Gesù non poteva resistere, essendo la fede sua basata, senza il più piccolo dubbio, sul potere di Cristo di guarire; egli dubitava solo che fosse disposto a farlo. Non gli restava che di provare; ed egli trovò che Gesù non era meno volenteroso che capace di guarirlo, poiché si trovò curato in un attimo. Il Signor gli comandò di non parlare ad alcuno della sua guarigione, prima di avere ottenuto dal Sacerdote l'attestazione legale del fatto che egli era stato lebbroso, ed era guarito; ma quell'uomo, incapace di nascondere, per tanto tempo, nel proprio cuore, un così gran segreto, lo pubblica ovunque, e accresce talmente la riputazione di Cristo, in mezzo alla moltitudine, da costringerlo a ritirarsi, per godere un. po' di solitudine nei deserti Luca 5:12,16.
4. Guarigione del paralitico fatto scendere dal tetto. Il luogo ove fu compiuto questo miracolo non è mentovato dal nostro evangelista; ma Marco mentova la città di Capernaum, e Matteo lo conferma chiamandola «la sua città». La stanza nella quale Gesù sedeva, ed il cortile nel quale essa ai apriva erano talmente affollati, che gli amici del paralitico non avevano alcun altro mezzo di farlo arrivare in presenza di Gesù, se non di salire per la scala esterna che ascendeva sul tetto, portandovi seco la lettiga col vivente suo contenuto. Giunti lì, essi rimuovono un certo numero di tegoli, e fatta un'apertura sufficiente, lo calano per quella, nella camera sottostante ove Gesù stava insegnando. A quest'atto, che implicava fede per parte del paralitico e dei portatori, Gesù immediatamente risponde con una doppia guarigione, temporale cioè e spirituale, poiché entrambe sono implicate nelle parole: «I tuoi peccati ti sono rimessi». Accusato di bestemmia da alcuni suoi nemici ivi presenti, perché così parlando assumeva su di sé un potere che appartiene a Dio solo, Cristo rivendica immediatamente la sua prerogativa divina di perdonare i peccati, e l'esercita sotto i loro occhi, in una forma diversa ma innegabile, vale a dire rendendo in un istante perfetta salute al povero paralitico. Da questo fatto ogni mente spregiudicata non poteva trarre che una conclusione: "Se quest'uomo ha da Dio il potere di compiere tali miracoli, egli deve aver quello altresì di perdonare i peccati", ed a tal conclusione infatti pare che fossero giunti i più fra gli spettatori, poiché glorificarono Iddio Luca 5:17-26; Vedi Analisi Matteo 9:1; Marco 2:1.
5. Levi è chiamato all'apostolato. Questo accadde al banco della gabella in Capernaum. dove egli era impiegato come pubblicano o collettore delle tasse. Quest'uomo portava pure il nome di Matteo, sotto il quale egli è meglio conosciuto come apostolo ed evangelista. È molto probabile che fosse già discepolo di Cristo, come lo erano i figli di Giona e di Zebedeo, mentovati più sopra, ma seguitasse ad esercitare la sua professione fino al momento in cui Gesù gli domanderebbe di seguirlo dovunque per esser testimone delle sue potenti operazioni Luca 5:27-28.
6. Convito d'addio di Levi ai pubblicani suoi compagni. Questa fu la prima opera missionaria di Matteo, ed è prova dell'amor fraterno che la fede avea già operata nel suo cuore. I pubblicani, scomunicati dalle autorità guidaiche, a motivo della loro vocazione, erano senza dubbio ristretti alla loro propria società; perciò parve a Matteo di adempiere ad un dovere di cortesia, invitando ad una festa i suoi antichi compagni, per mostrar loro che continuava ad amarli come prima e che in sua partenza non era dovuta alla influenza dei Farisei. Ma il fatto che essi erano a motivo del loro mestiere, per quanto ci fosse legittimo, privi di ogni privilegio religioso, sembra avergli suggerito l'idea che questa sarebbe un'occasione preziosa per metterli in contatto coll'insegnamento di fino che non disprezzava i pubblicani e i peccatori; domandò dunque al suo Maestro di onorar la festa colla sua presenza; ed accettando l'invito, il compassionevole Salvatore fu mosso soprattutto dal pensiero della miseria spirituale di coloro che avrebbe incontrati in casa di Levi. Mangiare insieme è in Oriente, come fra noi, prova di stretta intimità; Gesù passò dunque tutti i limiti del decoro giudaico allorquando accettò l'ospitalità di Matteo, e si unì a tal società. Anzi nello scegliere un pubblicano per farne uno dei suoi discepoli eletti, egli si mise, in completa opposizione colle idee di decoro teocratico. Senza dubbio agì in tal guisa per gittare il guanto della sfida ai Farisei, e per mostrare quanto diversamente da loro egli giudicasse le persone, e che nessuna differenza di impiego o di condizione esterna poteva formare un impedimento, per quelli che credono realmente in lui ad entrare nel suo regno. Per spiegare la presenza di alcuni Farisei in mezzo ad uomini che essi disprezzavano ed evitavano, dobbiamo ricordarci che l'ora dei pasti sembra essere stata fra i Giudei il momento abituale per ricevere tutti i curiosi, o tutti quelli che avessero qualche affare da trattare col padrone di casa, o con qualsiasi de' suoi convitati; tanto più che in quel clima così caldo, i pasti si prendevano ad aria aperta tutto le volte che era possibile imbandire la mensa all'ombra. Quest'uso perdura in Palestina tuttodì, ed è per i viaggiatori occidentali causa di noia insopportabile. I Farisei presenti in casa di Levi, benché pieni di indegnazione per una condotta che essi consideravano come sconveniente, non aveano però il coraggio di muoverne accusa a Gesù medesimo, ma sfogavano il loro fiele in rimproveri diretti ai suoi discepoli. Il Maestro venne però presto ed amorevolmente in soccorso di questi ultimi, rispondendo alle domande che erano loro rivolte, e spiegando come fosse perfettamente conveniente la sua presenza in quel luogo, anche giudicandola dal loro punto di vista, poiché egli era venuto «non a chiamare i giusti, anzi i peccatori a penitenza» Luca 5:29-32.
7. Gesù interrogato da alcuni discepoli del Battista. Siccome lo spirito che dettava le loro domande differiva grandemente da quello degli Scribi e dei Farisei, così corre pure una marcata differenza nel modo con cui Gesù tratta gli uni e gli altri. Nel primo caso, si fonda sulla sua missione, senza una parola di spiegazione; nell'altro, egli soddisfa delle anime sinceramente ansiose di verità con maggiori informazioni. I discepoli di Giovanni domandavano che fosse loro spiegato perché mentre il Battista ingiungeva loro pratiche austere, Gesù invece lasciasse gran libertà ai suoi discepoli. La risposta consiste di due parti. Primo: Il tempo della presenza del Maestro coi suoi discepoli, come il tempo delle nozze, quando lo sposo è insieme ai suoi amici, è un tempo di allegrezza, durante il quale il digiuno sarebbe affatto fuor di posto; avrebber tempo abbastanza di affliggersi quando egli li avrebbe lasciati Secondo: Sarebbe altrettanto impossibile il comprimere e il sopprimere l'energia espansiva della dispensazione evangelica, sotto le regole e le proibizioni della dispensazione mosaica, che per un vestito logoro il resistere alla forza di un nuovo pezzo di panno che vi venisse inserito, od a un otre invecchiato il non scoppiare per la fermentazione del vino nuovo che vi venisse riposto Luca 5:33-39.

Luca 5:1-11. LA PESCA MIRACOLOSA. LA VOCAZIONE DI SIMONE E DI ANDREA, DI GIACOMO E DI GIOVANNI Matteo 4:18-22; Marco 1:16-20

La sezione contenuta in questi versetti termina col racconto del modo nel quale, a detta di Luca, Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni furono da Gesù chiamati a seguirlo dappertutto, e siccome c'è diversità di opinione relativamente al tempo in cui quella vocazione ebbe luogo, sarà meglio discuter qui questo soggetto, prima di cominciare l'esposizione di questo capitolo. Ciascuno dei quattro evangelisti ha ricordato un incontro fra il Signore ed un numero più o meno grande dei suoi discepoli, circa quest'epoca del suo ministero Matteo 4:18-22; Marco 1:16-20; Luca 5:4-11; Giovanni 1:37-42, e si disputa se vi sieno stati quattro incontri distinti, o se i quattro racconti diversi si riferiscano a due incontri solamente. Tutti ammettono che il racconto di Giovanni stà da per sé. Egli ricorda il modo in cui tre almeno di queste due coppie di fratelli vennero a conoscere Gesù per la prima volta, ed a credere in lui come nel Messia promesso ad Israele; ma in quella occasione essi non furono punto chiamati ad abbandonare le loro occupazioni usuali, affin di divenir «pescatori d'uomini», benché probabilmente seguissero, di proprio impulso, il Signore durante il suo primo ministero in Giudea, per quindi ritornare alle consuete loro occupazioni. I Sinottici non contengono allusione alcuna a questo primo ed interessante incontro, per la conoscenza del quale andiamo debitori al solo Giovanni. L'accordo notevole che passa fra il racconto di Matteo e quello di Marco non sembra lasciar dubbio che entrambi parlino del medesimo evento, vale a dire di un secondo incontro di Gesù con questi medesimi discepoli, mentre essi racconciavano le loro reti sulla sponda del lago, vicino a Capernaum. Su questo punto pure i commentatori vanno generalmente d'accordo. Rimane la questione se il racconto di Luca si riferisce alla stessa vocazione che è già stata ricordata da Matteo e da Marco, o ad una chiamata posteriore, della quale sarebbe egli solo a parlare. Vi sono difficoltà, non però insormontabili, nel mettere perfettamente d'accordo le narrazioni dei tre Sinottici, e scrittori di peso e di autorità sono schierati da ambo i lati; ma non esitiamo a metterci dalla parte di quelli che sostengono che Luca parla della vocazione identica raccontata da Matteo e da Marco; solamente, com'è suo costume, egli riferisce partitamente alcune circostanze interessanti che a quella si rannodano, e che gli altri evangelisti, nei loro racconti più concisi, non avevano stimato necessario raccontare. Le obbiezioni all'identità del fatto raccontato dai tre evangelisti sono così riassunte dal prof. Brown: «In Matteo e Marco, i discepoli vengono chiamati in coppie separate, in Luca, son chiamati insieme. In Matteo e Marco, una delle due coppie stà gittando la rete, mentre l'altra racconcia la sua, in Luca li vediamo chiamati dopo un glorioso miracolo. In Matteo e Marco, nostro Signore non si era ancora manifestato pubblicamente in Galilea, epperciò non aveva ancora riunito la gente intorno a sé: e si avanza solitario lungo la riva del lago dove trova le due coppie di pescatori, in Luca, la moltitudine gli si affolla dintorno, «essendogli la moltitudine addosso», per udire la parola di Dio, mentre egli se ne stà ritto sulla riva, il che implica che già egli si trova in uno stato abbastanza inoltrato del suo ministerio, e che già egli ha eccitato l'entusiasmo del popolo». A questo può aggiungersi un'altra obbiezione, messa avanti da alcuni scrittori, cioè che questa chiamata dei discepoli è posta da Matteo e da Marco prima della entrata di Cristo in Capernaum, e dei suoi miracoli nella sinagoga e nella casa di Pietro, mentre Luca la mette dopo questi eventi. Per dare un po' di peso a quest'ultima obbiezione bisognerebbe però provare prima di tutto, in modo soddisfacente, che ciascuno dei tre scrittori ha l'intenzione di fissare, con accuratezza cronologica, l'ordine di questi fatti, e non c'è nulla, in nessuno dei tre racconti, in appoggio di questa teoria, mentre che la generale analogia dei Sinottici le è contraria. La obbiezione che Cristo era ignoto per fama in Capernaum, al tempo di questa chiamata, e non avrebbe potuto attirarvi una moltitudine, è contradetta dai fatti, imperocché subito dopo il suo battesimo, ed anteriormente alla sua prima visita in Gerusalemme, egli scese da Cana in Capernaum, e vi fu conosciuto di persona, come l'autore del miracolo di Cana, seppure egli non fece già anche lì alcuni miracoli Giovanni 2:12. I Galilei che erano saliti in Gerusalemme per la Pasqua «lo ricevettero, avendo vedute tutte le cose che egli avea fatto» Giovanni 4:45; ed al loro ritorno in patria vi sparsero la sua fama. Dopo il suo ritorno da Gerusalemme e prima che egli fissasse la sua residenza in Capernaum, un secondo e notevole miracolo fu da Cristo operato sul figlio di «un certo uffiziale reale» di quella stessa città Giovanni 4:46, miracolo che devo avervi eccitato molta attenzione in tutti i ranghi dei suoi abitanti; e finalmente la gelosia degli abitanti di Nazaret li eccitò contro di lui, a motivo della fama dei miracoli che egli aveva operati in Capernaum, prima di andar da loro Luca 4:23. Tutto questo accadde prima che egli andasse a dimorare in Capernaum; epperciò l'esser egli accompagnato da una moltitudine, anche in quei primi giorni del suo ministero è una obbiezione senza fondamento contro l'identità del fatto ricordato dai Sinottici. Quantunque il nome di Andrea non sia mentovato da Luca, è chiaro che egli era presente, poiché il racconto ci mostra che Pietro non era solo nella sua barca Luca 5:4,6; Tali discrepanze non sono contradizioni e possono facilmente spiegarsi, col dire che Matteo e Marco riferiscono brevemente il racconto tradizionale della chiamata di questi quattro discepoli, come correva fra i fratelli, mentre Luca, da informazioni private accuratissime, ha potuto raccogliere ragguagli completi e particolareggiati, i quali tolgono l'impressione prodotta dal racconto di Matteo e di Marco, che cioè questa vocazione sia stata subitanea ed ex abrupto. Ma abbiamo in favore della identità di questi fatti un argomento più forte assai della possibilità di armonizzare quelle piccole discrepanze, ed è l'impossibilità di credere che il nostro Signore abbia ripetuto due volte, in brevissimo spazio di tempo, la sua chiamata a quei discepoli con parole identiche: «Venite dietro a me, ed io vi farò pescatori d'uomini;» o che essi, di cui c'è detto che dopo la prima chiamata «lasciarono ogni cosa e lo seguitarono», lo abbiano pochissimo tempo dopo nuovamente abbandonato per tornarsene alle loro occupazioni, rendendo così necessaria una seconda chiamata prima di ubbidirgli. Questo appello ad essere costanti seguaci di Cristo e testimoni oculari dei suoi miracoli accadde fra il momento in cui, per la prima volta, credettero in lui Giovanni 1:37-40, e quello in cui furono ordinati apostoli Luca 6:13-16. «Se supponiamo che Matteo e Marco vollero semplicemente ricordare in modo generico la chiamata di questi pescatori a seguire Cristo, e che Luca intese riferire più particolarmente le circostanze, intessendo con quel racconto, quello della pesca miracolosa, che i due altri evangelisti omisero interamente, le differenze nelle loro narrazioni sono esattamente quali avremmo potuto aspettarle, ed una tal varietà mostra senza contradizione che non c'è fra gli evangelisti studiata uniformità e che i fatti da essi raccontati sono veri» (Foote).

1. Or avvenne che, essendogli la moltitudine addosso per udir la parola di Dio,
Luca mette i miracoli di guarigione operati in Capernaum, prima del discorso pronunziato da Gesù sulla riva del lago, non già che questo fosse il vero ordine cronologico, ma evidentemente collo scopo di far risaltare il contrasto fra il modo di agire del Signore in Nazaret ed in Capernaum. Nella prima, «egli non fece molte potenti operazioni, per la loro incredulità»; nella seconda, non solo guarì l'uomo che avea uno spirito immondo nella sinagoga, ma anche la suocera di Pietro, ed altri sofferenti che nessuno in quella città poteva soccorrere. Il fatto qui ricordato accadde probabilmente mentre Gesù si avvicinava a Capernaum, dopo esser partito da Nazaret Luca 4:30-31. I villaggi che dovette attraversare gli fornirono, senza dubbio, una folla ognor crescente di seguaci; poiché, come è stato provato più sopra, la sua fama si era sparsa largamente in Galilea, e così, a misura che egli si avvicinava al termine del suo viaggio, divenivagli più difficile di progredire, ed il suo insegnamento più non poteva essere udito, se non da quelli che gli stavano più vicini. Non era solo la curiosità che aveva riunito quella folla, quantunque questo fosse al principio un motivo potente; l'evangelista ci dice che la gente accorreva intorno a Gesù, «per udir la parola di Dio», spiegata colla freschezza, la potenza, e la convinzione che Gesù vi portava, e che mancavano totalmente negli insegnamenti degli Scribi e dei Farisei, i quali erano tanto legati dalle tradizioni degli anziani», che non ardivano esprimere sentimenti che non potessero esser da quelle appoggiati. In sulle prime parve osservi una gloriosa speranza di un risveglio di religione in Galilea, ma oimè! fu questo come la semenza che «cadde sopra la pietra, e, come fu nata, si seccò, perciocché non avea radice».
e stando egli in piè presso del lago di Gennesaret;
Nell'Antico Testamento questo lago vien chiamato il mare di Chinneret o Chinnerot, da una città della tribù di Zabulon Giosuè 19:35, e da un distretto situato sulla riva occidentale Numeri 34:11; Giosuè 12.3. Nel Nuovo Testamento è chiamato di tre nomi diversi: «Lago di Gennesaret», che è una corruzione di Chinnerot; «Mare o Lago di Galilea», dalla provincia in cui è situato; e «Mare di Tiberiade», dalla città di quel nome, edificata da Erode, sulla sponda occidentale. Quel lago è di forma ovale lungo 20 chilometri, e largo 8 o 10. Il fiume Giordano vi penetra alla sua estremità settentrionale, e ne esce dalla parte di mezzogiorno. Esso giace in un profondo avvallamento, che fa parte della valle del Giordano, 208 metri al disotto del livello del Mediterraneo. È circondato all'E. da monti che si alzano a 2000 piedi e formano l'argine dell'altopiano di Basan, e all'O. da altri poco meno alti. Abbonda di pesci di varie specie. Le vedute naturali che esso presenta al viaggiatore sono monotone, ma i ricordi del ministero di Cristo che richiama alla mente lo rendono caro ad ogni cuore cristiano.

PASSI PARALLELI
Luca 8:45; 12:1; Matteo 4:18-22; 11:12; Marco 1:16-20; 3:9; 5:24
Numeri 34:11
Giosuè 12:3
Matteo 14:34; Marco 6:53

2. Vide due navicelle ch'erano presso della riva del lago, delle quali erano smontati i pescatori, e lavavano le lor reti.
Così stavano le cose, quando Gesù giunse in sulla riva, circondato dalla moltitudine. Piuttosto aveano lavato, perché indica compiuta l'opera dei pescatori. Essi erano stati occupati a lavare le loro reti, prima che giungesse il Signore. L'Evangelista parla di questi pescatori come se fossero forestieri, sia perché essi compariscono ora per la prima volta nel suo racconto, sia perché Gesù non riconobbe forse a prima vista quelle navicelle, fra le molto che stavano lungo la riva, come appartenenti ai suoi discepoli. Nel versetto seguente però, vien parlato di Simone come di persona già ben nota a Gesù.

PASSI PARALLELI
Matteo 4:21; Marco 1:19

3. Ed essendo montato in una di quelle, la quale era di Simone, lo pregò che si allargasse un poco lungi da terra.
La prua della barca era probabilmente tirata in sulla ghiaia della sponda, o forse l'ancora la riteneva in qualche baia, mentre si lavavano e si ricaricavano le reti. In quella posizione Gesù sarebbe rimasto tuttora affollato dalla gente, indi la sua domanda a Simone di spingersi più avanti nel lago. «Fui contentissimo», dice Thomson, «di trovare fra Ain Tini e Tell Hum (Capernaum), piccole baie dove le barche potevan galleggiare sicuramente a pochi passi dalla riva, e dove le moltitudini, sedute dalle due parti e dinanzi alla navicella, potevano ascoltare, senza distrazione o stanchezza. La riva sulle due sponde di quei piccoli golfi è coperta di larghi blocchi di basalto, come per fornire alla gente il comodo di star seduta».
E, postosi a sedere, ammaestrava le turbe d'in su la navicella.
In questo modo egli era non solo libero da ogni pressione, ma un gran benefizio veniva conferito al suo uditorio, poiché tutti potevano vederlo e udir distintamente la sua voce. La sostanza di questo discorso non ci è stata tramandata, ma senza dubbio egli istruiva quella moltitudine nelle dottrine e nei precetti del regno di Dio. Che uditorio, che tempio, che pulpito, che predicatore, abbiam qui dinanzi a noi! Osservate: benché Cristo predicasse nelle sinagoghe quando se ne presentava l'occasione, non sospendeva però mai il suo insegnamento quando non trovava una sinagoga, o quando gli veniva chiusa in faccia! Egli era pronto ad insegnare in barca (come in questo caso), in una casa, lungo la via, o sul declivio di un monte. Egli cercava il popolo, e dovunque lo poteva riunire per istruirlo, la mera località era cosa indifferente per il divino Maestro. Colui che faceva sue tutte le stagioni per predicare l'evangelo non ci fece mai scrupolo di accettare qualsiasi luogo che si offerisse conveniente a predicare, ben sapendo che è il culto che santifica il luogo, e non il luogo di culto.

PASSI PARALLELI
Matteo 4:18; Giovanni 1:41-42
Matteo 13:1-2; Marco 4:1-2; Giovanni 8:2

4. E, come fu restato di parlare, disse a Simone: Allargati in acqua, e calate le vostre reti per pescare.
Lo spinger la barca più lontano dalla riva doveva aver per effetto di indurre la gente a disperdersi più presto, facendole capire non esser probabile che Gesù ritornasse tosto in sulla sponda; ma quelli che indugiarono, per curiosità o per speranza, furono senza dubbio testimoni dello stupendo miracolo che seguì subito dopo. Ci vien qui detto perché Pietro ed Andrea gittassero le loro reti di giorno, secondo il racconto di Matteo e di Marco, il Signore avea loro comandato di farlo, mentre i loro compagni se ne rimasero in sulla riva, racconciando le loro reti. La fedeltà di Diodati all'originale greco, e la fedeltà di quest'ultimo, nel raccontare, ad onta della sua concisione, i più piccoli fatti di questo miracolo, sono specialmente notevoli in questo versetto. La prima parte del comando del Signore in esso contenuto è rivolta a Pietro solo, come capitano della barchetta: «Allargati»; la seconda parte viene indirizzata a lui ed al suo equipaggio, sia che questo si componesse del solo Andrea, o di altri ancora con lui: «Calate». Oltre alla gran lezione, che questo miracolo doveva illustrare e suggellare, per questi quattro pescatori, relativamente alla loro futura carriera, questo comando ci fa pure vedere quanto Gesù sia sollecito del bene di quelli che fanno qualsiasi sacrifizio per amor suo. Che magnifica ricompensa fu questa, pesca stupenda per l'uso della barca di Pietro, durante un tempo così breve!

PASSI PARALLELI
Matteo 17:27; Giovanni 21:6

5. E Simone, rispondendo, gli disse Maestro, noi ci siamo affaticati tutta la notte, e non abbiamo preso nulla; ma pure, alla tua parola, io calerò la rete,
Epistata, Maestro, Prefetto, Guida, Uno che ha autorità sopra un altro, è parola usata dal solo Luca, e qui per la prima volta. Matteo impiega generalmente il termine Kurios, Possessore, Padrone, e Marco Didascalos, Maestro, Istruttore, Precettore. Questo titolo indica non solo che Pietro prima d'allora, conosceva Gesù, ma si era pure già sottomesso alla sua autorità, poiché egli (insieme ai suoi associati e Filippo e Natanaele), si trovava probabilmente alle nozze di Cana ed avea battezzato in nome di Gesù nel paese di Giuda, prima che Giovanni fosse stato cacciato in prigione Giovanni 2:2; 3:22-24; Confr. Luca 4:1-2. «La notte» era il tempo riconosciuto per esperienza come più propizio alla pesca, perché mentre brillava sul lago l'ardente sole orientale, non solo gli uomini si stancavano molto presto, ma i pesci scorgevano facilmente la, rete a tal profondità da potervi facilmente sfuggire Giovanni 21:3-4. Avendo lavorato tutta la notte senza frutto colle reti, Pietro ben sapeva che in circostanze ordinarie sarebber stati tempo e fatica gettati il rinnovar la pesca di giorno. A qualsiasi altra persona che gli avesse fatto una tal domanda, Pietro avrebbe risposto con un rifiuto; ma egli aveva già potuto sperimentare la potenza della parola di Cristo, epperciò ubbidì immediatamente. La sua risposta, fidandomi alla tua parola, dimostra chiarissimamente che il suo era un atto di fede, e non di mera compiacenza, e che egli era certo che, i loro sforzi non tornerebbero più vani. Se il popolo di Cristo volesse seguitare più spesso l'esempio che Pietro qui ci dà, di pronta e fiduciosa ubbidienza ai suoi comandamenti, avrebbe più spesso l'occasione di proclamare col Salmista: «Venite, voi tutti che temete Iddio, e udite; io vi racconterò quello che egli ha fatto all'anima mia» Salmi 66:16.

PASSI PARALLELI
Salmi 127:1-2; Ezechiele 37:11-12; Giovanni 21:3
Luca 6:46-48; 2Re 5:10-14; Ezechiele 37:4-7; Giovanni 2:5; 15:14

6. E, fatto questo, rinchiusero gran moltitudine di pesci;
Flavio parla della grande abbondanza di pesci nel lago di Galilea, alcuni dei quali non si trovano che lì, e tutti i viaggiatori, fino, al giorno d'oggi, non han fatto che confermare la sua testimonianza. Hasselquist fu il primo, nei tempi moderni, a notare la strana circostanza che alcune specie di pesci che si trovano in quel lago si trovano pure nel Nilo, a mo' d'esempio il Silurus ed il Mugil, come pure un'altra specie che egli chiama Sparus Galileus. Tristram nella sua «Storia Naturale della Bibbia» (citato da Godet) nota: Lo spessore dei banchi di pesci nel lago di Gennesaret è quasi incredibile per chiunque non li ha osservati. Essi cuoprono talvolta un'arca di più di un jugero, e quando si avanzano lentamente in massa e si alzano fino al livello dell'acqua, sono talmente serrati che si direbbe che una gran pioggia cade sul lago.
e la lor rete si rompeva.
stava per rompersi, cioè cominciava a rompersi; se la si fosse interamente rotta, i pesci ne sarebbero naturalmente fuggiti.

PASSI PARALLELI
2Re 4:3-7; Ecclesiaste 11:6; Giovanni 21:6-11; Atti 2:41; 4:4; 1Corinzi 15:58; Galati 6:9

7. Ed accennarono a' lor compagni, ch'erano nell'altra navicella che venissero per aiutarli.
Significa più che meri compagni, vuol dire consorti Ebrei 1:9, soci con loro nel mestiere della pesca. Non è punto improbabile che, secondo l'uso tuttodì in vigore in alcune parti del Mediterraneo, due barche pescassero di compagnia, ciascuna tenendo una estremità della rete, che fra tutte due tiravano attraverso l'acqua. In questa occasione lavorò sola la navicella di Pietro, ma l'altra non era molto lontana.
Ed essi vennero, ed empierono amendue le navicelle, talché affondavano.
È allo stesso tempo del verbo che più sopra, e deve intendersi: stavan per affondare. Le barche erano tanto cariche che l'acqua cominciava ad entrarvi passando sopra la sponda. Chi tien conto dell'inutile lavoro della notte precedente, della immensa quantità ora presa, e dello stupore di Pietro, che pur non era novizio in questo mestiere, non potrà se non considerare questa pesca come miracolosa. «Non è soltanto», dice Trench, «che Cristo, in virtù della sua onniscienza, sapeva che ora trovavansi molti pesci in quel luogo. Non dobbiamo attenuare in quel modo il miracolo; ma bensì dobbiamo contemplarvi Gesù come il Signore di tutto il creato, il quale, per la segreta ma irresistibile potenza della sua volontà, può dirigere e regolare anche le creature incoscienti, e farle servire ai più alti interessi del regno suo. Un immenso numero di pesci, od una moneta nella bocca di uno di essi, non sono miracoli in sé stessi; ma il miracolo si trova nella coincidenza di questi fatti colla parola di Cristo, che a tale coincidenza erasi impegnato. Il fatto naturale diviene miracoloso per il tempo in cui avviene, e lo scopo al quale è fatto servire». Era questa una prova che Gesù era veramente, nel senso più alto della parola, «il Figliuol dell'uomo», profetato da Davide, al quale appartengono «gli uccelli del cielo, e i pesci del mare, che guizzano per i sentieri del mare» Salmi 8:9.

PASSI PARALLELI
Esodo 23:5; Proverbi 18:24; Atti 11:25; Romani 16:2-4; Galati 6:2; Filippesi 4:3

8. E Simon Pietro, veduto questo, si gittò alle ginocchia di Gesù, dicendo: Signore, dipartiti da me; perciocché io son uom peccatore.
Prostrarsi disteso in terra dinanzi ad un altro, come Pietro ora fece dinanzi a Gesù, è ed è sempre stato, in Oriente, il segno del rispetto e della riverenza più profonda. Il motivo che spinse Pietro a prostrarsi in quel modo, Luca ce lo dice, fu il timore, prodotto da un profondo stupore stupor, pavor Luca 5:9, dinanzi a quella prova della divina potenza, in cosa che lo concerneva così da vicino. Era già stato testimone di alcune guarigioni maravigliose operate da Cristo; ma la sua attenzione era stata forse attratta piuttosto alle sofferenze dei malati che alla grande quistione: «Chi ha dato un tanto potere a quest'uomo?» Ma in presenza di questo miracolo, operato in favor suo e dei suoi compagni, egli si sentì costretto a cercar la risposta a quella domanda, e forse sin da quel momento, il suo cuore scoprì quello che più tardi le sue labbra annunziarono pubblicamente: «Tu sei il Cristo, il Figliuol dell'Iddio vivente». Il timor di Dio perfezione di santità e vendicatore del peccato penetrò nel cuore di Adamo e di Eva dal momento in cui essi ebbero mangiato il frutto proibito. Il sentirsi peccatori, separati dalla sua santità, li condusse a nascondersi dalla presenza del Signore Iddio, in mezzo agli alberi del giardino Genesi 3:8. Il medesimo timore, proveniente dai medesimi motivi, si è manifestato con sintomi identici, quante volte, nell'Antico Testamento o nel Nuovo, Dio stesso è apparso ai suoi servitori come «l'Angelo del Patto», o ha mandato loro qualcuno di quelli spiriti celesti, i quali si dilettano di far la sua volontà Esodo 3:6; Giudici 13:22; Giobbe 42:5-6; Daniele 10:7-8. Di questo abbiamo un esempio notevole nel caso di Isaia 6:15, dove questo timore ci è descritto come prodotto del contrasto fra la gloria della santità di Dio, e il sentimento che il profeta provava del proprio stato di peccato. Il caso di Pietro è esattamente parallelo, con questa differenza però, che fu la manifestazione della bontà e della potenza di Dio unite insieme in questo miracolo, quella che svegliò in lui il sentimento terribile della propria indegnità, e lo condusse a supplicare il Signore, colla solita sua impetuosità naturale, di allontanarsi da lui, perciocché egli era un «uomo peccatore». Le parole significano: allontanati da me, cioè esci dalla mia navicella. Erano parole rozze e scortesi nella forma, ben diverse da quelle del centurione romano Matteo 8:8; ma sì quelle che queste esprimono lo stesso sentimento di indegnità di stare in presenza di Cristo. Ben lungi dall'indicare in Pietro il desiderio di non aver più nulla che fare con Cristo da quel momento in poi, questo parole suonano piuttosto: "Guai a me, Signore! Come potrò io sopportare lo splendore della tua gloria? Un peccatore quale io sono non è degno di star nella tua società". Ma Gesù non lo prende alla parola, e non rigetta dalla sua misericordiosa presenza il peccatore che trema di faccia alla santità del Signore. Egli si degna di vivere con quelli che sono «contriti ed umili di spirito, per vivificar lo spirito degli umili, e per vivificare il cuor dei contriti» Isaia 58:15. Questa è la prima scoperta sperimentale di Pietro, nella «conoscenza di Cristo Gesù»; ma dietro a quella ne stanno molte altre, le quali egli ha tuttora da fare.

PASSI PARALLELI
Matteo 2:11; Giovanni 11:32; Atti 10:25-26; Apocalisse 1:17; 22:8-9
Esodo 20:19; Giudici 13:22; 1Samuele 6:20; 2Samuele 6:9; 1Re 17:18; 1Corinzi 13:12
Daniele 10:16-17; Matteo 17:6
Giobbe 40:4; 42:5-6; Isaia 6:5; Matteo 8:8

9. Conciosssiaché spavento avesse occupato lui, e tutti coloro ch'eran con lui, per la presa dei pesci che aveano fatta. 10. Simigliantemente ancora Giacomo, e Giovanni, figliuoli di Zebedeo, ch'eran compagni di Simone.
«Tutti coloro» (ver. 9), si riferiscono ad Andrea ed a quelli che componevano l'equipaggio della navicella di Pietro, senza includere i figli di Zebedeo e dei loro operai Marco 1:20. Gli associati, di Pietro non avevano forse diviso la maravigliosa sua scoperta, per conseguenza non erano, al pari di lui, sopraffatti dal timore e dalla maraviglia; però, questo dispiego segnalato della potenza divina riempì pure le loro menti di stupore, e li condusse a domandarsi gli uni agli altri: «Che maniera d'uomo è mai questo?» Bengel osserva: «Dobbiamo imparare il timore del Signore, perfino dai suoi benefizii. Tale è la sperienza di tutti quelli dei quali Iddio si è degnato servirsi come di suoi strumenti. Questo fatto ci è qui specialmente ricordato di quella triste che divenne poi così importante fra gli Apostoli».

10 E Gesù disse a Simone: Non temere; da ora innanzi tu sarai prenditore di uomini vivi.
Gesù legge nel cuore di Pietro il significato della strana sua richiesta, e gli fa subito udire l'incoraggiante parola che Mosè, Isaia ed altri avevano già udita dalla sua bocca: Non temere! La promessa che viene immediatamente dopo include tutti i discepoli presenti, benché sia stata indirizzata specialmente a Pietro, per rianimarlo nel suo profondo scoraggimento. Quelli che considerano i racconti di Matteo e di Marco come relativi ad un altro fatto, devono pur sempre ammettere che le parole di Gesù, da quei due evangelisti riportate, mettono tutti e quattro i discepoli sul medesimo rango. Mediante l'enorme presa di pesci che l'opera loro, benedetta dalla sua onnipotenza, aveva rinchiusa nella rete, e tirati in sulla sponda il Salvatore insegnò loro simbolicamente qual dovesse essere d'allora in poi l'opera loro come discepoli suoi; alla rete fatta di cordicelle, essi dovevano sostituire la rete del vangelo, ed invece di prendere i pesci del loro lago natio, dovevano scorrere tutta la terra per condurre a Cristo degli uomini viventi e radunarli nella comunione e nella fratellanza della sua Chiesa. Nelle parole di questa clausola, la futura carriera di Pietro, paragonata con quella ch'egli avea seguito fino allora, è magnificata in due modi: col dire che da quell'ora in poi egli doveva pescare uomini, non pesci, e che egli dovrà prenderli per dar loro la vita, e non già per ucciderli, come era uso fare colla inferiore preda di prima. Perché niente meno di questo è rinchiuso nella parola, che esprime l'idea di prender vivi. Le parole «da ora innanzi» segnano un'era novella nella vita di Pietro e dei suoi compagni poiché, da quel momento Gesù intraprese la loro educazione, fatto che è chiaramente implicato nelle parole: «IO vi farò pescatori d'uomini», che ci sono riferite da tutti i Sinottici.

PASSI PARALLELI
Luca 4:32,36; Salmi 8:6,8; Marco 9:6
Luca 6:14; Matteo 4:21; 20:20
Luca 5:7; 2Corinzi 8:23
Ezechiele 47:9-10; Matteo 4:19; 13:47; Marco 1:17; Atti 2:4

11 11. Ed essi, condotte le navicelle a terra, lasciarono ogni cosa, e lo seguitarono.
Matteo ci dice che essi presero questa risoluzione in seguito al comando espresso di Gesù «Venite dietro a me, ed io vi farò ecc.». Sino allora lo aveano seguitato occasionalmente da questo istante in poi, lo dovevano seguire costantemente, per prepararsi all'apostolato, nel quale dovevano presto entrare, e la chiamata, accompagnata qual'era dalla potenza divina, fu efficace. Né era piccolo il sacrifizio, benché a molti possa parer tale. «Era il loro tutto», dice Trench, «epperciò, benché non consistesse forse che di poche e povere barche e reti, era molto. Il sacrifizio non dipende dal più o dal meno che si abbandona, ma dallo spirito in cui lo si lascia. Un uomo può stare attaccato ad una misera capanna, non meno fortemente che ad uno splendido palazzo, perché è l'affetto mondano non già il mondo, quello che lo incatena». «I ministri della Parola dovrebbero da questo esempio esser diretti in modo tutto speciale ad abbandonare qualsiasi altra occupazione, per consecrarsi interamente all'opera alla quale sono stati chiamati» (Calvino).

PASSI PARALLELI
Luca 18:28-30; Matteo 4:20; 10:37; 19:27; Marco 1:18-25; 10:21,29-30; Filippesi 3:7-8

12 Luca 5:12-16. LA GUARIGIONE DI UN LEBBROSO Matteo 8:14; Marco 1:40-45

Per l'esposizione vedi Matteo 8:14; e nota Marco 1:40-45.

12. Un uomo pien di lebbra,
Questo miracolo è ricordato da tutti i Sinottici. Alcuni però ritengono che il caso qui mentovato sia diverso da quello ricordato da Matteo e da Marco, e per provarlo dànno grande importanza alle parole ora citate, quasiché significhino che quel lebbroso era netto, secondo la legge levitica, poiché la lebbra avea coperto tutta la sua pelle Levitico 13:13,17, e che egli avea perciò il diritto di entrare nelle città. Se tale fosse stata la sua condizione, sarebbe bastato che egli si mostrasse al Sacerdote, per esser subito restituito alla sua famiglia, e ricevuto nel consorzio degli uomini; vediamo in contrario che egli non si presentò al sacerdote che quando Gesù ve lo mandò, affinché la sua guarigione fosse attestata, e questo è una prova convincente che, sino a quel momento egli era tuttora contaminato, qualunque fosse d'altronde lo sviluppo che la lebbra, avea preso nella sua persona. Così svanisce il solo pretesto per distinguere fra questo miracolo e quello raccontato da Matteo e da Marco.

PASSI PARALLELI
Matteo 8:2-4; Marco 1:40-45
Luca 17:12; Esodo 4:6; Levitico 13:1-14:57; Numeri 12:10-12; Deuteronomio 24:8; 2Re 5:1,27; 7:3
2Cronache 26:19-20; Matteo 26:6
Luca 17:16; Levitico 9:24; Giosuè 5:14; 1Re 18:39; 1Cronache 21:16
Luca 17:13; Salmi 50:15; 91:15; Marco 5:23
Genesi 18:14; Matteo 8:8-9; 9:28; Marco 9:22-24; Ebrei 7:25

16 16. Ma egli si sottraeva ne' deserti, ed orava.
Non mancavano i deserti (cioè i luoghi disabitati), nelle montagne che circondano Capernaum, a N. e ad O., ed in uno di questi si ritirò Gesù. Benché affollato dalla gente a motivo dei suoi miracoli e della sua dottrina, Gesù sapeva pur sempre trovar tempo per pregare in segreto. Se in qualche caso se ne poteva far senza, quello fu certamente il suo, poiché, in forza della sua divina natura, egli era identico in sostanza ed uguale in potenza ed in gloria col Padre. Ma benché «santo, innocente, immacolato», egli era pur sempre uomo, l'anima sua umana aveva bisogno di esser nudrita, ed a questo scopo egli cercò la solitudine dei deserti, per trovarvisi solo con Dio. Provava il bisogno, per così dire, di rientrare nel seno del Padre, per fortificarsi, e nutrirsi in lui. Le sue preghiere non erano le grida e le supplicazioni del peccatore; ma un lungo ed intimo colloquio con Dio. Qui ci vien dato un esempio che è pur troppo dimenticato in questi ultimi tempi. Fra gli individui, le comunità e le nazioni che professano la fede evangelica, vediamo grande attività ed eccitamento febbrile intorno alle cose secolari della religione, quali sarebbero le opere di carità, le visite agli ammalati, il leggere la Bibbia, l'attendere alla disciplina ed al governo della chiesa; ma v'ha luogo di temere che la divozione privata, la comunione tranquilla ed intima con Dio non ne ricevano gran nocumento. Queste cose esterne della religione sono utilissime al loro posto, ed è parte del nostro dovere cristiano l'attendervi; ma non dobbiamo permettere che usurpino il posto della meditazione della preghiera, perché queste sono i veri elementi della vita e, della santità dell'anima nostra.

PASSI PARALLELI
Luca 6:12; Matteo 14:23; Marco 1:35-36; 6:46; Giovanni 6:15

17 Luca 5:17-26. GUARIGIONE DI UN PARALITICO Matteo 9:1-8; Marco 11:1-12

Per l'esposizione vedi Marco 2:1-12, e nota Matteo 9:1.

17. Ed avvenne uno di que' giorni, che egli insegnava; e quivi sedevano, dei Farisei, e de' dottori della legge, i quali eran venuti di tutte le castella della Galilea, e della Giudea, e di Gerusalemme;
In questo versetto Luca ci fornisce, relativamente a questo miracolo, un particolare nuovo ed importantissimo, di cui gli altri Sinottici non dicono nulla. La fama di Gesù, confinata primieramente al popolo minuto, si era ora talmente sparsa in tutto il paese, da costringere il Sinedrio, i Farisei e gli Scribi, guardiani spirituali uffiziali od officiosi del popolo, ad occuparsi della sua dottrina e della influenza che egli andava sempre più acquistando fra i suoi concittadini, per mezzo dei suoi miracoli. Come custodi della coscienza della nazione, essi aveano già mandato una deputazione a Giovanni Battista nel deserto, per inquisire nella sua missione e dottrina, e per riferirne loro il risultato Giovanni 1:19-28. Non è punto improbabile che i Farisei, di cui Luca ci dice qui, che essi provenivano direttamente da Gerusalemme, avessero una missione analoga, riguardo a Gesù, benché non formassero se non una piccola porzione dei critici gelosi riuniti nella casa dove il Signore stava insegnando il giorno in cui il paralitico fu calato dal tetto fino ai suoi piedi. Era cosa da aspettarsi che i critici, presenti in questa occasione, appartenessero tutti alla setta dei Farisei (Vedi Sette Giudaiche), i quali menavan vanto della loro puntigliosa ortodossia legale, imperocché gli Scribi, la cui vita era spesa nel far copie della legge per uso pubblico o privato, appartenevano quasi tutti ai Farisei. Fra loro venivano naturalmente scelti gli espositori autorevoli della legge, qui detti dottori della legge, e ciò a motivo della conoscenza più profonda che della legge avevano acquistata, vivendo per così dire sempre con essa. A quel momento della sua carriera, la natura dell'opera di Cristo era molto imperfettamente intesa, e molti di quelli che stavano aspettando il Messia non potevano se non sentirsi attirati verso uno che dimostravasi tanto potente in parole ed in opere. Il trovarsi insieme in Capernaum tutti questi uomini, provenienti da lontano e da vicino, dalla Galilea, dalla Giudea e da Gerusalemme, è la più alta testimonianza sin qui resa alla crescente influenza del Signore. Essi non convennero in quel luogo, in quello spirito di aperta e virulenta ostilità che si manifestò dipoi, ma colla mente piena di riserve o di sospetti, pronti a condannare alla prima occasione. Quella non si fece aspettare, udendo Cristo dire al paralitico: «Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi», essi lo accusano subito di bestemmia, e da quel giorno in poi divengono i suoi accusatori. Marco 3:22 riferisce una visita posteriore fatta a Gesù da una deputazione di Scribi di Gerusalemme quando già l'odio loro contro a lui era divenuto così intenso di far loro esclamare: «Egli ha Beelzebub; e, per lo principe dei demoni caccia, i demoni». L'odio li spinse poi a passare da queste pubbliche denunzie a delle congiure segrete per farlo morire, disegno diabolico nel quale non avrebbero potuto riuscire se non mediante l'assistenza di uno dei suoi discepoli, l'apostata Giuda.
e la virtù del Signore era quivi presente, per sanarli.
Questa, virtù è quella di guarire miracolosamente come lo confermano i commenti della folla in questa circostanza: «Le turbe veduto ciò, si maravigliarono e glorificarono Iddio, che avea data cotal podestà agli uomini» Matteo 9:8. Sembrano indicare queste parole che altri miracoli di guarigione furono adempiuti allo stesso tempo; ma uno solo ce ne viene ricordato, a motivo delle notevoli circostanze che lo accompagnarono, e del discorso, non meno degno di nota, di cui fu l'occasione. il potere del Signore, dice Ossterzee, «non si deve intendere del Signor Gesù, il quale è ordinariamente chiamato il Signore, ma del Padre, il quale opera per mezzo del suo Figliuolo». A noi per mancanza di riverenza il ricercar troppo minutamente quale delle persone della Trinità è qui indicata col titolo di Signore. Non le include desso tutte? La potenza di Dio Figlio, esercitata secondo la volontà del Padre, per l'operazione dell'Eterno Spirito? La potenza della essenza divina dimorava in Gesù, anche quando era ridotto allo stato di debolezza e di umiliazione. Lo provano il modo in cui provvide alla salvezza dei suoi discepoli, quando fu fatto egli stesso prigioniero Giovanni 18:8, e la conversione del ladrone in croce Luca 23:43.

PASSI PARALLELI
Luca 5:21,30; 7:30; 11:52-54; 15:2; Giovanni 3:21
Matteo 15:1; Marco 3:22; 7:1
Luca 6:19; 8:46; Matteo 11:5; Marco 16:18; Atti 4:30; 19:11

27 Luca 5:27-39. CHIAMATA DI MATTEO (LEVI). BANCHETTO E COLLOQUII CHE EBBERO LUOGO IN CASA DI LUI Matteo 9:9-17; Marco 2:14-22

Per l'esposizione vedi Matteo 9:9-17.

39 39. Niuno ancora, avendo bevuto del vin vecchio, vuol subito del nuovo; perciocché egli dice: Il vecchio val meglio.
In questo versetto, Luca ci dà le parole colle quali Gesù conclude la sua parabola sulla impossibilità di mettere del vino nuovo in otri vecchi; parole che sono omesse da Matteo e da Marco. Quest'aggiunta è importante, poiché impronta il racconto del nostro evangelista con un carattere di grande accuratezza. In queste parole, Gesù c'insegna semplicemente che mentre la economia del vangelo, che è spirituale e libero, non poteva venir compressa nelle forme cerimoniali di una dispensazione che stava per iscomparire; doveva però usarsi pazienza verso quelli che erano stati avvezzi, per tutta la vita, alla vecchia maniera di culto, e vi dimoravano attaccati col cuore, quasiché fosse migliore della nuova. Col tempo muterebbero di parere in favore del nuovo culto, ma occorreva lasciar loro il tempo di farvi l'abitudine. I bevitori del vino vecchio, erano i Giudei (forse i discepoli di Giovanni, ai quali egli rivolgeva quelle parole, erano essi specialmente presenti allo spirito di Gesù), i quali da lungo tempo erano avvezzi al vecchio sistema levitico; il «vino nuovo», è la grazia e la libertà del vangelo, vedi Matteo 9:17, e Gesù asserisce che esso non piaceva in sulle prime ai Giudei i quali dicevano: «il vecchio val meglio». Egli capiva perfettamente, e scusava la potenza dì vecchie abitudini ed associazioni; ma queste non potevano resistere lungamente alla forza del suo vangelo. È probabilmente in considerazione di tali persone, che, nella provvidenza di Dio, il tempio e l'economia giudaica non furono distrutti che circa 37 anni dopo l'ascensione del Signore. subito è stato omesso dal Codice Alessandrino; ma, indipendentemente dal peso dell'autorità di altri Codici e di molto versioni, che sono in suo favore, quella parola contiene in sé l'accento, la forza intera dell'insegnamento di Gesù in questo versetto. Quelli che per molto tempo hanno bevuto il vino vecchio, assaggiando il nuovo, non lo trovano subito piacevole, ma col tempo muteranno probabilmente di parere. buono, mite si trova in pochi MSS. invece di meglio, più miti del Textus Receptus; ma le autorità di maggior peso gli sono contrarie. Se questa lezione fosse adottata, essa renderebbe il contrasto fra i vini e fra i sistemi in essi figurati, assai più pronunziato. Sarebbe invero un verdetto che il vino nuovo era così focoso da non poter punto servire.

RIFLESSIONI
1. Ci è detto che «Gesù si mosse a compassione inverso la moltitudine; perciocché erano come pecore che non han pastore; e si mise a insegnar loro molte cose» Marco 6:34. Nel proseguire quell'opera benedetta, poco gl'importava dove predicasse, il tempio per lui era dovunque trovava un uditorio riunito! Lo vediamo predicare ora sopra un monte, ora in una navicella, ora in una casa, ora in una sinagoga, ora nei cortili del tempio. Nessun luogo gli par disadatto. Gli Apostoli seguirono l'esempio del loro Signore, e predicarono dovunque trovarono ascoltatori; ma i cosidetti «successori degli Apostoli» in questi ultimi tempi, si sono allontanati dal loro esempio, in questa come in molte altre cose. Tempi consecrati, ore e vestimenti canonici tolti ad imprestito dai sacerdoti pagani, sono requisiti indispensabili per i servizi ecclesiastici ai quali vanno pochi, mentre la moltitudine, che potrebbe venir colta nelle piazze, nelle passeggiate o nel recinto di un teatro, è abbandonata a sé stessa e va errando, come pecore senza pastore. Ministri, evangelisti, maestri, cogliete al volo tali occasioni, e la vostra ricompensa sarà simile a quella di Pietro quando egli gittò la rete al comando del Signore.
2. La presa dei pesci è un notevolissimo miracolo, perché ci rivela la dominazione completa di Cristo sulla creazione animale, predetta in Salmi 8:1-8. Questa pesca miracolosa, avvenuta al principio del ministero di Gesù, è pure interessante, perché ne corrisponde un'altra, che accadde verso il termine di quello Giovanni 21:6-11, ed entrambe concernono Pietro personalmente. Alla prima è unita la sua vocazione a divenire un costante seguace di Gesù; alla seconda, il suo ristabilimento nell'apostolato, dopo che egli ne era decaduto, rinnegando il suo Signore. Considerando che il nostro Signore istesso ha paragonato Matteo 13:47-48, il regno del vangelo, dal suo principio alla sua fine nel giudizio finale, ad una rete gittata in mare, e ripiena di ogni maniera di pesci, pare impossibile il dubitare che in entrambe queste occasioni, Gesù volle insegnare simbolicamente coi suoi atti. Qui la rete, racchiudendo tanti pesci da essere in pericolo di rompersi, rappresenta la Chiesa in terra, ripiena per la predicazione del vangelo; in quell'altro caso, la rete tratta in sulla riva, piena di buoni pesci, rappresenta la Chiesa di Cristo, dopo la risurrezione colle sue innumerevoli moltitudini «che han lavato le loro stole, e le hanno imbiancato nel sangue dell'Agnello» Apocalisse 7:14.
3. Pietro non era ancora che un piccolo fanciullo in Cristo, debole in fede, in conoscenza, in esperienza, altrimenti quando scoprì, per mezzo di questo miracolo, che il suo Maestro era «il Santo di Dio», gli avrebbe gridato: "O Signore, rimanti meco; non posso vivere senza di te" invece di dirgli: "Dipartiti da me, perciocché sono uomo peccatore". Ma le parole di Pietro esprimono esattamente il primo sentimento di un uomo che vien messo, in modo solenne, a contatto con Dio. La vista della grandezza e della santità di Dio gli fa sentire vivamente la sua piccolezza ed il suo peccato. Come Adamo, dopo la caduta, il suo primo pensiero è di nascondersi Genesi 3:8. Come Israele appiè del Sinai, egli esclama: «Non parli Iddio con noi, ché talora noi non muoiamo» Esodo 20:19. Questo c'insegna che, senza un Mediatore, non potremo mai pensare a Dio con cuore tranquillo, anzi più lo conosceremo, più ci sentiremo turbati. Quanto dobbiamo dunque rallegrarci di avere in Gesù, per l'appunto, quel Mediatore del quale abbiam bisogno, non un angelo, per quanto esaltato, non un uomo, od una donna, per quanto santi, ma l'Uomo-Dio, il solo essere che unisca nella propria sua persona la duplice natura umana e divina, il solo per il quale possiamo, con franchezza e con fiducia, avvicinarci al Signore!
4. Nella storia del lebbroso guarito, abbiamo un notevole emblema del poter di Cristo di guarire le anime nostre. Spiritualmente parlando, siamo tutti lebbrosi di nascita, perché la peste del peccato ha invaso l'uomo tutto intero, corpo ed anima, e ci ha resi schifosi, dinanzi a colui che «ha gli occhi troppo puri per vedere il male e non può riguardare l'iniquità» Habacuc 1:13. Ha contaminato tutto le nostre facoltà; il cuore, la coscienza, la volontà, la mente, dimodoché quello che Iddio diceva d'Israele ben descrive la nostra condizione spirituale: «Dalla pianta del piè infino alla testa, non vi è sanità alcuna in esso; tutto è ferita, e lividore, e piaga colante; le quali non sono state rasciugate, né fasciate, né allenite con unguento» Isaia 1:6. Cristo è il gran Medico che solo può salvare gli uomini da questa malattia incurabile e mortale; il rimedio del quale fa uso è l'applicazione, mediante la fede, del proprio preziosissimo sangue, il sangue dell'espiazione - al cuore ed alla coscienza del peccatore. Al momento in cui la fede stringe la giustizia di Cristo, la, guarigione è completa. Egli «può salvare appieno coloro i quali per lui s'accostano a Dio», ed a tali Dio dice: «Io, io son quel che cancello i tuoi misfatti, per amor di me stesso; e non ricorderò più i tuoi peccati» Isaia 43:25.
5. L'incredulità prende spesso nel cuore dei peccatori, la forma di pensieri ingiusti riguardo a Cristo, di dubbi che egli sia disposto a ricevere ed a guarire ogni peccatore penitente. Questo dubbio, non già che Cristo potesse, ma che egli volesse riceverlo, era il sasso d'intoppo che il lebbroso trovava sulla sua via, e la prontezza colla quale Gesù rispose: «Sì, io lo voglio», dovrebbe confortare il cuore di chiunque si risolve a cercare il Signore. Ricordiamoci che se gli uomini non sono salvati, non è punto perché Gesù non li voglia salvare. Riflettiamo alle sue parole: «Venite a me, voi, tutti che siete travagliati ed aggravati; ed io vi alloggerò». «Io non caccerò fuori colui che viene a me» Matteo 11:28; Giovanni 6:37.
6. Gesù lesse colla massima facilità i pensieri degli Scribi e dei Farisei che erano venuti ad osservarlo. Prima ancora che essi avessero potuto parlare, egli già li smascherò dinanzi a tutti, dando così una prova segnalata della sua divinità; imperocché l'indovinare i pensieri, l'investigare i cuori, il seguire i segreti ragionamenti degli uomini, non è in potere degli uomini o degli angeli; è prerogativa del solo Iddio. La convinzione che tutte le cose son nude e scoperte agli occhi di colui al quale abbiamo da render ragione Ebrei 4:13, dovrebbe allarmare i malvagi, e distoglierli dalla loro ipocrisia, confortando e risvegliando, invece, tutti i veri credenti. Quanto sia completa la sua conoscenza dei più intimi ripostigli del nostro cuore è provato da Salmi 139:1-12.
7. Chiamando uno dei suoi futuri apostoli dalla classe sprezzata dei pubblicani, il Signore dimostra la sua misericordiosa condiscendenza, e getta disprezzo allo spirito altero ed orgoglioso dei Farisei. Siamo troppo proclivi a giudicare dall'esperienza esterna, e secondo la regola del mondo o la stima degli uomini; ma dall'esempio del Signore, in questo luogo, dovremmo imparare ad ammirare la vera pietà per quanto si trovi in condizione bassa ed umile, ed a cercare la salute di quelli che sono poveri e bisognosi!, invece di far la corte ai ricchi. La storia di Levi ci presenta un esempio notevole del potere della grazia divina nel trasformare l'uomo tutto intero. «L'amore del mondo», quella passione potente fra tutto, è sradicato; «il cuore è inclinato alle testimonianze del Signore, e non più a cupidigia»; ogni pensiero è reso soggetto all'ubbidienza di Cristo, ed in prova di questo grande cambiamento intorno, egli ci alza e segue Gesù con allegra ed attiva ubbidienza.
8. Colla figura del vino nuovo messo negli otri vecchi, e della poca disposizione di quelli che sono stati avvezzi, al vino vecchio per adottare il nuovo, il nostro Signore non solo indica l'impossibilità di sottoporre quelli che ricevono «la gloriosa libertà dei figliuoli di Dio» alla schiavitù cerimoniale della dispensazione preparatoria, ma insegna pare, in modo molto bello, con qual pazienza, tenerezza e longanimità dobbiamo vincere i pregiudizi e i sentimenti dei convertiti poco sperimentati nella vita divina. Nell'ultimo versetto, il Signore insegna che, senza cedere a quello che è male, senza trascurare nulla d'importante, i suoi discepoli devono esser gradatamente educati a nuove abitudini, e specialmente ai più severi doveri della vita cristiana. Ai suoi ministri egli ordina di usare, prudenza nell'educare il loro gregge secondo la sua forza, e nell'imporre ai nuovi convertiti doveri proporzionati al loro tempo ed alla loro posizione. Non dobbiamo aspettare da un principiante nel Cristianesimo che egli dimostri la fede, l'amore e la conoscenza di un vecchio soldato della croce. Molta saviezza è necessaria nel trattar di religione, specialmente coi giovani. V'era grande prudenza ed esperienza nel detto di Giacobbe: «Se sono spinte innanzi pure un giorno, tutta la gregge morrà» Genesi 33:13.