Atti 15
2. LA CONFERENZA DI GERUSALEMME (Atti 15:1-35)

La seconda sezione ha quattro parti:

1. IL PROBLEMA: I GENTILI POSSONO ESSI DIVENTAR CRISTIANI SENZA PASSARE PER LA TRAFILA DEI RITI MOSAICI? ORIGINE DEL PROBLEMA IN ANTIOCHIA DI SIRIA (Atti 15:1);
2. PAOLO E BARNABA MANDATI IN DEPUTAZIONE A GERUSALEMME (Atti 15:2-5);
3. LA CONFERENZA (Atti 15:6-29);
4. RITORNO DELLA DEPUTAZIONE AD ANTIOCHIA (Atti 15:30-35).

1. Il problema. Origine del problema in Antiochia di Siria (Atti 15:1)

Se voi non siete circoncisi

ecc. Eccoci ad un punto importantissimo del libro dei Fatti. Per la prima volta udremo di scusa nella Chiesa la grande questione delle relazioni che passano fra l'antica e la nuova alleanza. Stefano, come vedemmo, l'avea già toccata cotesta questione; ma l'avea toccata nei suoi discorsi al pubblico, e gli apostoli non sembra che s'impegnassero gran che nella controversia da lui sollevata. Il fatto di Cornelio si presentava a Pietro più come fatto eccezionale, che come fatto normativo; ed ora ecco a che punto si trovavano le cose. Ad Antiochia si battezzavano senz'ombra di difficoltà gli uomini non circoncisi e si consideravano come membri legittimi della Chiesa ed eredi delle promesse messianiche, né più né meno che se fossero stati dei giudei. A Gerusalemme, la non si pensava così. Ed ecco dei cristiani della Giudea, imbevuti dei rigidi principi del farisaismo Atti 15:5 che riconoscevano alla legge rituale un carattere assolutamente obbligatorio, eccoli, a caso o apposta, capitare ad Antiochia per proclamarvi il principio prevalente a Gerusalemme, che diceva: "Non c'è salvezza fuori della legge". Non già che pretendessero di salvarsi per mezzo della legge, ma dichiaravano di non poter ammettere che questa legge di origine divina dovesse esser abolita per coloro che pur desideravano di arrivare a godere di quei beni, che, secondo le promesse di Jahveh, derivavano dall'osservanza della legge. Neppur Paolo e Barnaba predicavano l'abrogazione della legge; neppur essi predicavano l'affrancamento completo dai doveri rituali della legge; ma cotesti riti, per loro, erano delle forme, delle forme buone della vita religiosa; ma nient'altro che delle forme; e capivano che tutte le forme erano secondarie, quando poste a confronto delle cose essenziali, che sono la rigenerazione spirituale e la fede nel Salvatore. Quindi, Paolo e Barnaba aprivano larghe le porte della Chiesa a lasciarvi passare quei pagani, che fosser giunti alla fede; e parea loro giusto e naturale che non si dovessero a cotesti pagani imporre delle forme completamente estranee alle loro abitudini. Tali le origini del problema che si presenta in Antiochia di Siria, e che può esser così formulato: I Gentili possono essi diventar cristiani senza passare per la trafila dei riti mosaici?

2. Paolo e Barnaba mandati in deputazione a Gerusalemme (Atti 15:2-5)

Turbamento e quistione non piccola

Veggansi qui le proporzioni della cosa; non si tratta d'una discussione teologica tranquilla, pacifica; si tratta addirittura d'un qualcosa che minaccia uno scisma.
Fu ordinato.
Meglio: fu stabilito; fu deciso.
Ed alcuni altri di loro.
Fra questi altri c'èra Tito. Vedi Galati 2:3; Tito, che la pensava come Paolo Tito 1:10,14-15.
Salissero in Gerusalemme.
Perché questo andare a Gerusalemme? L'idea di questa deputazione a Gerusalemme venne a Paolo per subita ispirazione Galati 2:1-2. "Appellarsi a Gerusalemme, per i giudei dispersi per il mondo, era come e un cittadino romano", l'appellarsi a Cesare dice il Lindsay; e sta bene; ma, a considerar le cose più da vicino, bisogna convenire che non ci sono che tre modi di spiegare quest'appello a Gerusalemme:
1) o ad Antiochia si riconosceva un'autorità superiore e normativa;
2) o si volea soltanto fare uno sforzo per ristabilire la pace, ponendo la questione sopra un terreno più largo;
3) o si voleva semplicemente spiegare e giustificare quello che s'era fatto finora in Siria e fuori.
Luca, che non mette in bocca di Paolo che degli argomenti tratti dall'esperienza dei missionari, sembra appoggiare quest'ultimo modo Atti 15:4,12. Il racconto di Paolo Galati 2:1-9 esclude assolutamente il primo modo. Per lui gli apostoli di Gerusalemme non hanno alcuna autorità preponderante; egli acconsente ad esporre loro la sua dottrina, ma non accetterebbe mai da loro degli ordini che la contraddicessero.

Accompagnati dalla chiesa
Il verbo greco (προπεμπω) vuol dire mandare innanzi, spedire, inviare, accompagnare, scortare. La diodatina ed il Martini traducono: accompagnati dalla chiesa; il Martini, però, ad eliminare l'idea che la chiesa antiochena intera accompagnasse gli apostoli per tutto quanto il viaggio, traduce: Eglino dunque, accompagnati dalla Chiesa, si partirono e passarono... il che fa capire che l'accompagnamento si limitò al momento della partenza. Il Diodati aggiunge, in corsivo, secondo il suo sistema, le parole: fuor della città. "Accompagnati dalla chiesa fuor di città" ecc. Il Revel traduce meglio del Martini e del Diodati, dicendo: Essi dunque, accomiatati dalla Chiesa... Ma è forse da preferirsi il modo d'altri eccellenti traduttori moderni, che dicono: Essi dunque, delegati dalla chiesa...
La Fenicia.
Vedi Atti 11:19.
Samaria.
Vedi Atti 8:5 e seg.



Con loro;
μετ' αυτων, come in Atti 14:27.

Della setta dei Farisei
Quetàti a Gerusalemme, diventeranno gli eterni nemici di Paolo, che porranno in dubbio la legittimità del suo apostolato 1Corinzi 4:1-4; 9:1-6; 2Corinzi 3:1; 6:3-12; 11:5,22-23; Galati1:11-12,19-20; 2:6-9; che sprezzeranno l'opera ch'egli fa 1Corinzi 2:1-5; 2Corinzi 10:10; 11:6; Galati 4:13-17; che faranno del loro meglio per malmenare il suo insegnamento, predicando "un altro vangelo" Galati 1:6-9; 3:1-3; 5:1-7; 6:12-15.

3. La Conferenza (Atti 15:6-29)

Conferenza, diciamo; perché qui non si tratta di un Concilio come vogliono lo Stokes, il Martini ed i cattolici romani in genere. "Mancano, a questa riunione, gli elementi ordinari del concilio", dice il Barde; "non c'è traccia di rappresentanti del poter civile; non c'è ombra di autorità ecclesiastica che presieda e decida senza appello; non c'è segno di decreti sovrani, corroborati da anatemi contro gli avversari Qui non si tratta né di un Concilio, né un Sinodo, si tratta di una Conferenza e nulla più". Di chi si componeva questa importante Conferenza? Si componeva:
1) degli apostoli, che parlavano e votavano come dei semplici anziani;
2) degli anziani, eletti come s'è visto Atti 14:23;
3) dei fratelli Atti 15:12,22,25.
In quest'ultimo punto è un po' d'incertezza; voglio dire, a proposito "dei fratelli". Che Galati 2 si riferisca alla Conferenza di Gerusalemme, è generalmente ammesso. Ma ecco la difficoltà a combinare i due documenti. Mentre in Luca par che si tratti di un'assemblea generale Atti 15:12,22,25 di tutti i cristiani di Gerusalemme, Paolo sembra piuttosto parlare ai galati d'una conversazione privata ch'egli avrebbe avuta coi capi Galati 2:2. Dire che ci fu prima un colloquio privato fra apostoli e poi un'assemblea pubblica per dirigere l'opinione della massa del popolo, è una delle solite scappatoie che non accomodano nulla, appunto perché vogliono accomodare ogni cosa. C'èra a Gerusalemme un locale sufficiente a raccogliere un'assemblea generale di tutti i credenti? Atti 21:20. Luca parla di una riunione di apostoli e di anziani Atti 15:6, i quali potevano esser numerosi; l'assemblea (che è espressione migliore di moltitudine) di Atti 15:12 potrebbe benissimo essere stata composta delle stesse persone di Atti 15:6; e sarebbe fra gli anziani che si sarebbero trovati i farisei di Atti 15:5. Son cotesti farisei che Paolo (Galati 2:4 e seg.) rifiuta di riconoscere come giudici e tratta come degli intrusi. Se così è, la risoluzione presa dagli apostoli e dagli anziani, sarebbe stata presa in nome della Chiesa Atti 15:22-23. Chi patrocina quest'idea ha in suo favore il fatto che problemi come questo sorto in Antiochia e discusso a Gerusalemme, non si risolvono per voto di folle e di maggioranze, ma per istudio ed intelletto d'uomini guidati dallo Spirito di Dio. Il lettore veda da sè i testi e giudichi della cosa.

Una gran disputazione
una lunga discussione.
Elesse me fra noi;
elesse fra voi è lezione migliore.

Che conosce i cuori
è frase favorita di Pietro: Atti 1:24.

10 Tentate Iddio
Provocate Iddio. Il dire a Dio, d'autorità d'uomo, di mutare le condizioni ch'Egli stesso ha poste alla salvazione, è un tentarlo, un provocarlo.
Un giogo
ecc. Matteo 23:4;11:30. Non vuol dire che la legge debba essere abolita per la semplice ragione che l'uomo non le ubbidisce mai in modo perfetto; ma vuol dire invece: "Se la legge fosse la condizione della salvezza, come, voi pretendete, quando si tratta di pagani, anche noi? giudei, che le siamo sottomessi, rischieremmo di non arrivarci a cotesta salvezza; perché il compimento del dovere legale, nella nostra condotta quotidiana, lascia sempre molto a desiderare, come molto lasciò a desiderare nella condotta dei padri nostri. Malgrado cotesta imperfezione, noi abbiam fiducia che potremo esser salvati, perché al di fuori ed in luogo della legalità, Iddio ci offre, come mezzo di salvezza, la sua grazia in Cristo. È sul terreno della grazia, non c'è differenza fra pagani e giudei (Confr. Atti 2:36 e seg.; Atti 3:19 e seg.; Atti 4:11 e seguenti; Atti 10:42.

12 La moltitudine
meglio tutta l'assemblea.
Per loro,
vale per mezzo di loro; per mezzo del loro ministerio. Narravano come Iddio avesse largamente esaudita la preghiera della chiesa di Gerusalemme Atti 4:30.

13 Giacomo
vedi Atti 12:17.

14 Simeone
è l'antica forma ebraica del nome dell'apostolo 2Pietro 1:1.
Ha primieramente
ecc. cioè: ha per la prima volta... visitato i Gentili; allude, naturalmente, al caso di Cornelio e della famiglia del centurione. Il visitare non e qui usato felicemente. Il verbo greco επισκεπτομαι vuol dire anche visitare: ma qui è nel senso di volgere lo sguardo, considerare, prender cura, e simili. Onde si potrebbe dire: Simeone ha narrato come, per la prima volta, Iddio ha avuto cura di scegliere fra i pagani un popolo... o per la prima volta Iddio ha vòlto suo sguardo sui pagani, per formare d'infra loro un popolo ecc.
Nel suo nome.
che portasse il suo nome. "Popolo di Dio", "popolo eletto" non è dunque più soltanto il giudeo, ma ogni popolo che Dio chiama ad entrare nel patto di Grazia.

15 Dei profeti
Vedi Atti 13:40.

16 Il tabernacolo di David
meglio: la tenda di Davide. La citazione è tratta da Amos 9:11-12; ed è fatta non secondo il testo ebraico, ma secondo la traduzione greca dei Settanta, e liberamente. Il ristabilimento della "tenda" o della casa di Davide è il giungere dell'èra messianica; dei tempi di Cristo.

17 Il rimanente degli uomini
sono tutte le nazioni straniere; le nazioni all'infuori d'Israele. Affinché il resto degli uomini ricerchi il Signore; e così ancora lo ricerchino) tutti i pagani, sui quali è invocato il mio nome, o: che son chiamati del mio nome. "I pagani, insomma, che io considero come mio popolo".

18 A Dio son note ab eterno tutte le opere sue
Queste parole sono molto confuse nei manoscritti. Le antiche edizioni leggevano: Dio conosce ab eterno tutto quello ch'Ei si propone di fare; ed è la lezione della Vulgata e della diodatina, queste parole, allora, non sarebbero più della citazione, ma di Giacomo stesso, il quale le avrebbe aggiunte per istabilire che quello ch'Egli conosce "ab eterno" e si propone di fare, Iddio può anche predirlo per mezzo dei profeti. Le edizioni moderne hanno soltanto:... dice il Signore che fa queste cose, conosciute ab eterno. Il senso non cambia; soltanto, siccome le parole conosciute ab eterno non formano frase a sè, bisogna considerarle come parte del testo di Amos. Conosciute ab eterno... da chi? Il Da Wette vuole s'intenda: conosciute ab eterno o dall'antichità per mezzo dei profeti; nel senso insomma di Atti 3:21; ma degli interpreti conviene nel tradurre: dice il Signore che fa queste cose, che a Lui sono note ab eterno. Siccome queste parole mancano nell'originale, si spiega come i copisti l'abbiano staccate per farne una frase a sè che è variamente redatta negli antichi documenti.

19 Per la qual cosa...
Ecco l'argomento: Siccome il testo non parla di una condizione legale da imporre ai pagani, io non so perché dovremmo parlarne noi!

20 Ma che si mandi loro
o che si scriva loro... È una concessione, una riserva; un compromesso. Quando Giacomo parla di non dar molestia ai Gentili che si convertono Atti 15:19, e parla della circoncisione e delle esigenze legali di cotesto genere. Ma pur dispensandoli da quello che i farisei avrebbero voluto imporre loro, ei parla di tre condizioni, che non sono altro che quelle che s'imponevano ai pagani i quali domandavano di frequentare la sinagoga; ai "proseliti della porta", insomma, come erano chiamati Atti 13:16. Queste condizioni erano considerate come un codice anteriore alla legge del Sinai e intese a servire non per un popolo, ma per l'umanità. Così è che furon chiamate "precetti noetici". Di questi precetti, Giacomo ne cita tre:
1) L'astinenza dalle vivande Atti 15:29 provenienti da sacrifici idolatri; perché l'uso di coteste vivande era considerate come una partecipazione al culto pagano. (Vedi 1Corinzi 8-10, ove Paolo ammette in astratto il diritto di mangiar d'ogni cosa, anche delle cose sacrificate agli idoli; ma raccomanda l'astinenza in nome della carità 1Corinzi 10:25 e seg.).
2) L'astinenza dalle vivande provenienti da un animale soffocato; vale a dire, morto di morte naturale o ucciso senza effusione di sangue, perché era appunto il sangue che non doveva servire d'alimento e che era proscritto come un'abominazione fino dai tempi di Noè Genesi 9:4. Secondo il concetto simbolico degli ebrei, nel sangue è la vita, e la vita dev'esser consacrata a Dio. Levitico 3:17; 7:26; Deuteronomio 12:16; 1Samuele 14:33. L'inciso: e dal sangue, non è un precetto a sè; si connette con questo che studiamo, perché mira a proibir l'uso del sangue adoperato cosi da sè, come un articolo di cibo. Nella cucina greca e nella romana, c'erano parecchie vivande nelle quali il sangue entrava come elemento importante. Per lo stesso principio che ho accennato, anche quest'uso era proscritto.
3) La fornicazione, ossia la impudicizia. Il che si può intendere per impudicizia in genere, per libertinaggio, peccati carnali e simili, connettendolo col fatto che i culti idolatri erano spesso contaminati da ogni sorta di dissolutezze Apocalisse 2:14,20. Ma forse qui è meglio intendere questa fornicazione nel senso di astinenza dal matrimonio in certi gradi di parentela Levitico 18:1-30, e quindi, nel senso d'incesto; a proposito del quale, il giudaismo era molto più rigido del paganesimo.

21 Perciocchè quant'è a Mosè...
Questo passo è stato ed è variamente inteso. Il senso più naturale ed in armonia col contesto generale, e senza dubbio questo. Mosè è letto e predicato ogni sabato... a chi? Evidentemente qui non si può trattare dei giudei in genere, perché sono del tutto fuori di questione. A chi dunque? Ai giudeo-cristiani; ai cristiani? cioè, convertiti dal giudaismo; i quali, giova ricordarlo, non hanno ancora rotto le loro relazioni con la sinagoga; secondo il modo di vedere di Giacomo, continueranno a regolarsi secondo la legge che deve rimanere la loro legge; la forma della loro vita religiosa. Giacomo, del resto, ci spiegherà egli stesso, in modo chiaro, il proprio pensiero in Atti 21:20 e seg.

22 Certi uomini eletti
Meglio... decisero di scegliere fra loro alcuni uomini e di mandarli ad Antiochia con Paolo e Barnaba.
Giuda e Sila,
Giuda dev'essere stato fratello di Giuseppe Barsaba Atti 1:23. Non è nominato che in questa circostanza. In Atti 15:32 è detto ch'egli era "profeta". Sila è una corruzione od un'abbreviazione giudaica del nome Silvano. Egli è ricordato spesso. Vedi Atti 15:40; 16:25,29; 17:4,10,15; 2Corinzi 1:19; 1Tessalonicesi 1:1; 2Tessalonicesi 1:1; 1Pietro 5:12.
Principali
eminenti per esperienza, per influenza e per autorità morale.

23 Cilicia
La menzione della Cilicia è importante perché ci mostra l'estensione dell'opera di Paolo quivi prima che si unisse a Barnaba in Antiochia Atti 11:25. Anche in Cilicia dunque egli avea fondato delle chiese, nelle quali l'elemento proveniente dal paganesimo era liberamente ammesso.

24 Sovvertendo le anime vostre
mettendo lo scompiglio nelle anime vostre. La frase: dicendo che con viene che siate circoncisi ed osserviate la legge si trova nel Textus Rec. in C ed E, ma manca in A, B, D, nel Sinaitico, in parecchie versioni importanti ed in parecchi Padri. Quindi, dev'esser cancellata. Probabilmente è una glossa risultante dalla combinazione di Atti 15:1,5, e fatta scivolare nel testo da qualche copista.

25 Eletti
vedi Atti 15:22.

26 Che hanno esposto
ecc. Atti 13:50; 14:19.

27 A bocca vi faranno intendere...
Vi confermeranno o vi annunzieranno verbalmente le medesime cose che vi scriviamo.

28 È parso allo Sparito Santo ed a noi
Siamo ai tempi nei quali la Chiesa vive nell'atmosfera dello Spirito come nel suo naturale elemento. I cristiani di cotesti tempi vivevano, pensavano, parlavano, guidati dallo Spirito, appunto come dovremmo far noi, se la nostra fede fosse più semplice e più pura.
Necessario
in vista dei tempi, delle circostanze, delle condizioni sociali, e delle relazioni fra i giudeo-cristiani ed i cristiani convertiti dal paganesimo; non necessario per la salvazione individuale. La decisione della chiesa gerosolimitana e un "concordato" dei quale le circostanze storiche e psicologiche dell'ambiente sono state l'occasione, ma che, a mente degli apostoli, come dimostra Atti 15:28 (peso necessario, indispensabile), doveva essere non una misura provvisoria ma addirittura una legge per la Chiesa. Così lo intese l'antichità; e le tracce del concordato si trovano nei così detti Canoni Apostolici (C. 62); nel Concilio di Gangra (4rto secolo, C. 2); nel Concilio di Costantinopoli del settimo secolo (C. 67); ed il concordato continua anche oggi ad esser legge nella chiesa greca.

30 4. Ritorno della deputazione ad Antiochia (Atti 15:30-35)

Essi dunque

cioè: Paolo, Barnaba, Tito, gli altri venuti da Antiochia, e la deputazione gerosolimitana composta di Sila e di Giuda.
E raunata la moltitudine.
E raunati tutti i fratelli, rimisero, consegnarono loro la lettera.

31 Si rallegrarono della consolazione
Si rallegrarono per la consolazione (che ne ebbero); insomma: la lettura della lettera li riempì di gioia e di coraggio.

32 Essendo anch'essi profeti
Vedi Atti 11:27;13:1. È chiaro che il profeta qui non è uno che predice l'avvenire, ma uno che sotto l'azione dello Spirito Santo insegna, conforta, rafferma i fratelli. Vedi 1Corinzi 12:4 e seg. Incoraggiarono i fratelli con dei lunghi discorsi e li fortificarono nella fede.

33 Atti 15:33 va tradotto così: E dopo ch'ebbero soggiornato quivi un qualche tempo, partirono, accompagnati dai voti dei fratelli, per raggiunger quei che li aveano delegati.

34 Ma parve bene a Sila di dimorar quivi,
Per unanime testimonianza dei codici migliori è spurio e dev'esser tolto. Evidentemente, qualche antico lettore introdusse cotesta frase nel testo per ispiegare la menzione ch'è fatta di Sila in Atti 15:40. Ma siccome Luca scrive che i deputati furono rimandati... (nota il plurale) ecc. e i deputati non eran che due Atti 15:22 è chiaro che anche Sila se ne andò a Gerusalemme; d'onde può benissimo esser tornato (e perché no?) per seguire l'apostolo Paolo Atti 15:40.

35 Con molti altri
Erano parecchi i profeti e i dottori, in Antiochia Atti 13:1.

Riflessioni

1.Se voi non siete circoncisi" Atti 15:1. Come siamo pronti a fare delle nostre idee e dei nostri modi una legge per gli altri! Come siamo pronti a giudicar gli altri da noi stessi, ed a concludere così: "Non fanno come me, dunque hanno torto!" Prima di dire: "Se non fate così... non potete esser salvati" bisogna esser più che sicuri che la Parola di Dio è con noi e ci appoggia; se no, guai a chi le pronuncia coteste parole!
2. La quistione dei giudaizzanti Atti 15:1 è il primo pericolo di scisma che s'affaccia nella Chiesa, cagionato da un'eccessiva preoccupazione, della forma. Oh come hanno dilaniato e come dilaniano anche oggi la Chiesa di Cristo coteste preoccupazioni delle forme, dei riti, dei sacramenti! E come siamo tutti tardi a capire, che non è l'essenziale che bisogna sacrificare sull'altare dell'accessorio, ma che è l'accessorio che dobbiamo, esser sempre pronti a sacrificare per il trionfo dell'essenziale!
3. L'assemblea di Gerusalemme Atti 15:6 è qualcosa di grande per la sua semplicità e per la presenza vera e reale di quello Spirito, che e lo Spirito della verità e della vita. È un'assemblea che si aduna in presenza di Cristo; in presenza del vero ed unico Capo della Chiesa Efesini 1:22. Ella considera con gran perplessità il soggetto che la preoccupa; ella ha coscienza della propria ignoranza. Non ha esperienza, non ha principi definiti a cui possa riferirsi, non ha testi scritturali che la possano illuminare; non ha nulla; ma al tempo istesso ha tutto, perché ha il Signore; e la verità ch'ella cerca il Signore le rivelerà e le darà di proclamare con franchezza.
4. Il problema che preoccupa la Chiesa, non è proposto a Pietro perché lo risolva lui come capo degli apostoli; è proposto agli apostoli, agli anziani, ai fratelli di Gerusalemme: e non già perché lo risolvano loro e pronuncino una sentenza dinnanzi alla, quale tutti debbano chinar la fronte e dire: "Amen!" Tutt'altro; l'ho detto nel commento Atti 15:2. Paolo non era uomo da lasciarsi imporre da alcuno. Non si tratta di ricorrere all'autorità superiore per decidere una quistione; si tratta di studiare e di risolvere assieme un problema importante; di studiarlo e di risolverlo assieme, dico, con tutta umiltà, dinnanzi a Dio e sul terreno della carità fraterna. Se fosse vero che Pietro era fin d'allora il principe degli apostoli, il vicario di Cristo in terra ed il capo della Chiesa, o perché non andare da lui direttamente? Invece, Pietro parla Atti 15:7, ma non come un dittatore; parla come un fratello, non parla ex cathedra, ma coi suoi fratelli si presenta dinnanzi al Capo che è Cristo. Non è neppure lui il presidente dell'assemblea: il presidente è Giacomo Atti 15:13 che prende l'ultimo la parola e chiude la discussione. O dov'è dunque questo primato di cui si fa un tanto parlare?
5. Il discorso di Pietro Atti 15:7-11 è importante per più rispetti. Prima di tutto, è l'ultimo discorso che udremo da lui; poi, è per questo discorso che Pietro, l'apostolo della circoncisione, dà, sul terreno della Grazia, una fraterna: stretta di mano a Paolo, l'apostolo dei Gentili. È finalmente, il discorso è importante per il suo contenuto. È un discorso, che contiene due sorti d'argomenti. In primo luogo, l'argomento dei fatti. Ecco là il fatto della conversione di Cornelio e della famiglia di lui. Tutte coteste persone, estranee alla sinagoga, erano state battezzato per chiara indicazione di Dio; aveano ricevuto il battesimo soltanto dopo aver ricevuto lo Spirito Santo in modo visibile ed incontestabile dunque, Iddio dichiarava, per cotesto mezzo, che avrebbe accettato dei credenti di cotesta condizione nello stesso modo che se fossero stati dei veri e propri giudei. Da quest'argomento di fatto l'apostolo passa ad un argomento teorico. Per esser membro della Chiesa, bisogna esser purificato. Sotto la legge, la circoncisione era il simbolo di cotesta purificazione; sotto la nuova alleanza, si tratta della purificazione del cuore per mezzo della fede e per mezzo dell'opera dello Spirito. Questa purificazione è necessaria ai giudei ed ai Gentili. Chiedere la purificazione simbolica come cosa necessaria per esser salvati, è un dichiarare che la purificazione interna non basta; è un provocare Iddio; è l'uomo che, d'autorità propria, impone a Dio di mutare le condizioni ch'Egli ha poste alla salvazione. È quanto alla legge: Perché imporre agli altri un giogo che né i nostri padri né noi non siamo stati capaci di portare? E se la legge è davvero la condizione per la salvezza, come possiamo esser certi che i nostri padri siano stati salvati e come possiamo sperar noi desser salvati quando la loro e la nostra osservanza di cotesta legge ha lasciato e lascia tanto a desiderare?
6. Non ci sfugga l'importanza dell'ultima frase di Atti 15:9. La fede è la vera circoncisione del Nuovo Patto; il solo vero, evangelico mezzo di purificazione, perché netta da ogni "contaminazione di carne e di spirito" 2Corinzi 7:1. E che cos'è la fede? Il testo risponde:
a) la fede è una energia che procede da Dio:
b) è una energia divina che purifica
c) è una purificante energia divina che agisce nel cuore.
7. Ecco la confessione di fede della Chiesa primitiva: "Noi crediamo che siamo salvati per mezzo della grazia del Signor Gesù". Com'è bella! com'è semplice! È l'eco d'una voce di paradiso in mezzo al disordine teologico dei tempi nostri. Teniamola cara cotesta eco divina!
8. Atti 15:12 ha pure la sua lezione. I deputati d'Antiochia approfittano del silenzio dell'assemblea per presentare la loro relazione e cercano di vincere gli scrupoli della teoria col racconto dei fatti. È lo stesso genere di argomentazione, che abbiam visto prevalere già per l'addietro Atti 8:14; 10:47; 11:17; 15:3-4. Non è mai la teoria, ma è l'esperienza che decide della pratica; e non è che lentamente e d'una maniera incosciente che si risale ai principii.
9. Riassumiamo il discorso di Giacomo Atti 15:14-21.
1) Giacomo approva quello che Pietro ha detto, e comincia a trarne la lezione pratica che sgorga dai fatti narrati dall'apostolo;
2) Dio ha un popolo eletto fra i Gentili ed ha sempre inteso d'includere cotesto popolo nella sua Chiesa;
3) Prova scritturale di cotest'asserzione Amos 9:11-12;
4) Iddio ha fatto quello che aveva in mente di fare; e l'ha fatto a modo suo; non come noi c'eravamo erroneamente messo in capo che facesse. Noi credevamo che i Gentili entrerebbero nella Chiesa passando per la trafila del giudaismo; invece, Iddio ci ha sempre considerati "coeredi" del popolo d'Israele;
5) Quindi, non "diamo più molestie" ai Gentili perché le promesse sono fatte a loro, non meno che a noi.
10. Il risultato della conferenza di Gerusalemme merita pure d'esser notato. Nella Conferenza, l'abbiamo visto, non è ancora la teoria religiosa che si discute a fondo; e non è ancora una formula dogmatica normativa che esce dal crogiuolo delle discussioni gerosolimitane. Nella Conferenza non è il punto di vista teorico che domina, ma è il punto di vista pratico; ed ella si ferma ad un mezzo termine che, in realtà, non decide nulla; e che le esigenze delle due teorie contradditorie, mostreranno in seguito insufficiente. Nondimeno, se cotesto mezzo termine si mostrerà insufficiente, c'è un gran principio irenico che ne sgorga; un principio, che vale per tutti i tempi e per tutte le età; il principio che non Sant'Agostino, come s'è creduto fino a 1850, ma Ruperto Meldenio (sec. XVII) ha così bellamente formulato: In necessariis unítas (nelle cose necessarie, unità) Atti 15:11; in dubiis libertas (nelle dubbie, libertà) Atti 15:19; in omnibus caritas (in tutte, carità) Atti 15:7-20.
11. A proposito della formula di Atti 15:28: "È parso allo Spirito Santo ed a noi", il Martini nota: "Questo concilio (!!) di Gerusalemme è stato il modello, secondo il quale si sono nella Chiesa adunati i concilii generali per decidere le controversie nate nel popolo Cristiano intorno alle cose della fede e della disciplina ecclesiastica. A questi concilii presiedono i successori di Pietro, i Romani Pontefici. Vi intervengono i vescovi (A Gerusalemme non ce n'erano dei vescovi nel senso papista!) e quei sacerdoti (neppure dei sacerdoti c'erano!) i quali secondo i canoni (anche questa è terminologia posteriore) vi hanno voto: si disamina con le Scritture (proprio?...) e con la tradizione (dov'era la tradizione a Gerusalemme?) alla mano, la materia sopra la quale debbono formarsi le decisioni; e queste decisioni sono rivestite di una autorità non umana ma divina. È paruto allo Spirito Santo e a noi; così parlano gli Apostoli in questo primo concilio (!!), e nella stessa guisa può sempre parlare la Chiesa adunata nei generali concilii". Io vorrei domandare a Monsignor Martini se il Concilio d'Efeso del 449, quel concilio a cui la storia ha scritto in fronte le parole: "Concilio di ladroni", avea proprio il diritto di dire: "È paruto allo Spirito Santo ed a noi". È anche, senza ricorrere a cotesti esempi schiaccianti, qual è il concilio della Chiesa romana, in cui le passioni politiche, le ire di parte, le preoccupazioni del poter temporale non abbiano regnato sovrane? E che dire del come cotesti concili hanno bistrattata la verità religiosa? Un concilio che vi innalza a dignità di dogma delle dottrine come quella della Immacolata Concezione e della infallibilità del papa, può senza dubbio dire: è parso a noi; ma se osa dire: è parso allo Spirito Santo, dice una orrenda bestemmia.
12. La lettera della chiesa gerosolimitana Atti 15:23-29 è un documento prezioso. È il primo degli scritti del Nuovo T. È la prima delle lettere o delle "epistole", come le chiamiamo. È la lettera ai cristiani d'Antiochia, di Siria, di Cilicia, come più tardi avremo le lettere ai tessalonicesi, ai corinzi, ai galati, ai romani ecc.; e, a proposito di questa lettera, veda il lettore il Atti 15:30 ed ammiri il carattere antisacerdotale e genuinamente democratico della Chiesa primitiva. I latori della lettera gerosolimitana non vanno a far la loro relazione ai conduttori della chiesa antiochena; non vanno ai presbiteri alla spicciolata; non al presbiterio convocato in ispeciale seduta; ma "radunano tutti i fratelli e rimettono nelle loro mani l'importante documento". Oh santa, o celeste democrazia che vive della vita dello Spirito: che non ha ancora nulla a temere dai fulmini del Vaticano, e che ha ancora intatte e distinte nella mente e nel cuore le parole del Maestro: "Uno solo è il vostro Maestro; e voi, siete tutti fratelli!" "Non chiamate alcuno sulla terra vostro Padre, perché non avete che un Padre solo; quello che è nei cieli" Matteo 23:8-9.

36 3. SECONDO VIAGGIO MISSIONARIO DI PAOLO (Atti 15:36-18:22)

La terza sezione ha otto parti.
1. PER LA SIRIA E LA CILICIA, IN LICAONIA (Atti 15:36-41);
2. TIMOTEO (Atti 16:1-5);
3. PAOLO APPRODA IN EUROPA (16:6-12);
4. A FILIPPI (Atti 16:13-40);
a) LIDIA LA MERCANTESSA DI PORPORA (Atti 16:13-15);
b) LA SCHIAVA DALLO SPIRITO DI PITONE (Atti 16:16-23);
c) PAOLO, SILA ED IL CARCERIERE (Atti 16:24-40);
5. A TESSALONICA, E DA TESSALONICA AD ATENE (Atti 17:1-15);
6. IN ATENE. ALL'AREOPAGO (Atti 17:16-34);
7. A CORINTO (Atti 18:1-17);
8. DA CORINTO AD ANTIOCHIA PER EFESO E GERUSALEMME (Atti 18:18-22).

1. Per la Siria e la Cilicia, in Licaonia (Atti 15:36-41)

Torniamo ora e visitiamo...

È il commento di 2Corinzi 11:28.

37 Or Barnaba consigliava
Barnaba volea mettere suo cugino alla prova un'altra volta; vedeva nella diserzione di Marco Atti 13:13 delle circostanze attenuanti, che Paolo non voleva riconoscere; e, pensava che per un'opera come quella che avevano a mano, ci volevano dei caratteri forti; e che un atto di debolezza qualunque avrebbe potuto compromettere ogni cosa; quindi, di Marco, non ne voleva sapere.

38 Vi fu dell'acerbità
La contesa non fu lunga, ma senza dubbio aspra e dura. La parola greca usata da Luca ad esprimere quel che la diodatina rende per acerbità, è παροξυσμος parossismo che è un forte eccitamento all'ira, una grave esarcerbazione.

40 Sila,
il quale evidentemente era tornato Atti 15:32-33 ad Antiochia.
Raccomandato dai fratelli...
Pare, da quest'accenno, che i fratelli antiocheni, nella contesa fra Paolo e Barnaba, prendessero piuttosto la parte di Paolo.

41 Siria e Cilicia
Luca, che da ora innanzi si occupa esclusivamete dei movimenti di Paolo, non ci dice più nulla degli altri missionari. Il lettore osserverà che ognuno dei due apostoli prende questa volta le mosse dalla sua provincia natale. Paolo, dalla Cilicia; Barnaba, dall'isola di Cipro Atti 15:39.
Confermando le chiese
vuol dire: fortificando nella fede le chiese.

Riflessioni

1. A mente di Paolo, questo viaggio Atti 15:36 doveva essere non un viaggio evangelistico, ma quello che chiamiamo oggi con modo, moderno una "missione interna"; una visita pastorale intesa a raffermare nella fede quelli che già credevano nel Signore. Ma l'uomo propone e Dio dispone; e Dio ha in serbo per il suo apostolo delle cose molto più grandi di quelle ch'ei possa immaginarsi. E noi le ammireremo; intanto, osservi il lettore la frase di Atti 15:36... "per vedere come stanno ": o: "per vedere in che stato si trovino". Il Bengel interpreta: quo modo se habeant in fide, amore, spe; nervus visitationis ecclesiasticae. "Torniamo a visitare i fratelli, per vedere come stiano in fede, in amore, in isperanza. È il nerbo della visita ecclesiastica. È l'anima, direi, della visita pastorale. Non basta, visitando, domandare: "Come state di salute?..." Bisogna vedere come stiano spiritualmente; o, come dice bene il Bengel, bisogna vedere come stiano in fede in amore, in isperanza.
2. La scena di Atti 15:39 e variamente giudicata. Dal Barnes che dà ragione a Paolo, al Lindsay che gli dà torto; da chi dice Paolo aver agito con eccessivo rigore farisaico, nel buon senso della parola, a chi vede in Barnaba una certa debolezza pel cugino, motivata appunto dai legami di sangue. San Girolamo mi pare il più sereno ed il più equilibrato dei giudici: "Paolo, dice Girolamo, è più severo; Barnaba è più clemente; ognuno dei due abbonda nel proprio senso; e la contesa mostra un qualcosa della fragilità umana" (Contra Pelag. II, 522). La qual fragilità umana di questi due uomini di Dio. Luca non copre col manto di una carità, che, in questo caso, sarebbe male intesa. Luca e in generale la Parola mettono in evidenza le debolezze non meno che le virtù degli uomini di Dio. La Parola è sincera; non ha riguardi personali; non vuole che una cosa: la Verità, tutta la Verità, nient'altro che la Verità.
3. Ancora un'osservazione a proposito di questo incidente; o, piuttosto, tre osservazioni per esaurire l'argomento.
1) La burrasca passa ed il cielo tornerà bello e sereno. I due apostoli, momentaneamente separati, torneranno assieme 1Corinzi 9:6; Galati 2:9 per lavorare a tutt'uomo alla gloria di quel Maestro, "pel quale hanno messo e son disposti a mettere ancora, la vita a repentaglio" Atti 15:26. Ed anche Paolo e Marco torneranno assieme Colossesi 4:9; e l'affetto di Paolo per il giovane amico sarà più caldo e più forte che mai 2Timoteo 4:11.
2) La contesa dei due apostoli non fu senza beneficio morale per Marco; fu una salutare disciplina. La severità di Paolo lo dovette trarre al ravvedimento, lo dovette umiliare, lo dovette mettere in guardia contro altre possibili diserzioni; la bontà, la condiscendenza, il tatto di Barnaba dovettero salvarlo dallo scoramento. È Barnaba dovette esser felice quando, più tardi, i fatti provarono che non aveva avuto torto di dare una prova di fiducia a Marco, prendendolo seco, a costo di separarsi da Paolo; e Paolo dovette esser felice di potersi, stringere di nuovo al seno l'amico del cuore, anche a costo di dover dire: "È un fatto! fui troppo severo!"
3) La Provvidenza che sa sempre far concorrere all'avanzamento del regno di Cristo anche gli errori e le debolezze dei figliuoli di Dio, seppe anche dall'evidente male della contesa trarre più d'un bene. Prima di tutto, Paolo, ad un tratto, non è più in compagnia di Barnaba; di quel Barnaba, a cui doveva una certa deferenza per ragione del passato, e che ad ogni modo non poteva non considerare che come un uguale. Si trova solo, dunque, sul campo del lavoro; solo, indipendente, e potrà spiegare liberamente le grandi energie di cui il Signore gli fu così generoso. Non solo; ma dal punto di vista generale dell'opera, la contesa non rimase senza utilità pratica. Paolo e Barnaba, finora, aveano lavorato assieme in una direzione sola; ora, dopo la contesa, ecco due viaggi, simultaneamente, in due direzioni diverse; e non basta; invece di due missionari, ecco quattro missionari al lavoro; invece di una coppia, cioè, ecco due coppie di missionari, che partono nel medesimo tempo per luoghi differenti.