Giobbe si lamenta delle sue difficoltàGb 10:1-7 Implora Dio come suo CreatoreGb 10:8-13 Si lamenta della severità di DioGb 10:14-22
Versetti 1-7 Giobbe, stanco della sua vita, decide di lamentarsi, ma non vuole accusare Dio di ingiustizia. Qui c'è una preghiera affinché sia liberato dal pungiglione delle sue afflizioni, che è il peccato. Quando Dio ci affligge, litiga con noi; quando litiga con noi, c'è sempre un motivo; ed è auspicabile conoscere il motivo, per potersi pentire e abbandonare il peccato per cui Dio ha una controversia con noi. Ma quando, come Giobbe, parliamo nell'amarezza della nostra anima, aumentiamo la colpa e l'irritazione. Non dobbiamo nutrire pensieri duri nei confronti di Dio; in seguito vedremo che non ce n'era motivo. Giobbe è sicuro che Dio non scopre le cose, né le giudica, come fanno gli uomini; perciò ritiene strano che Dio lo tenga sotto afflizione, come se dovesse prendere tempo per indagare sul suo peccato.
8 Versetti 8-13 Giobbe sembra litigare con Dio, come se lo avesse formato e conservato solo per l'infelicità. È Dio che ci ha fatti, non noi stessi. Che tristezza che quei corpi siano strumenti di iniquità, capaci di essere templi dello Spirito Santo! Ma l'anima è la vita, l'anima è l'uomo, e questo è il dono di Dio. Se per incitarci al dovere invochiamo: "Dio mi ha fatto e mi mantiene", come argomento di misericordia possiamo invocare: "Tu mi hai fatto, fammi nuovo; io sono tuo, salvami".
14 Versetti 14-22 Giobbe non negava che, in quanto peccatore, meritasse le sue sofferenze; ma pensava che la giustizia fosse stata eseguita su di lui con particolare rigore. La sua tristezza, la sua incredulità e i suoi pensieri duri nei confronti di Dio erano da attribuire tanto alle tentazioni interiori di Satana e alla sua angoscia d'animo, sotto il senso del dispiacere di Dio, quanto alle sue prove esteriori e alla sua restante depravazione. Il nostro Creatore, divenuto in Cristo anche il nostro Redentore, non distruggerà l'opera delle sue mani in nessun umile credente, ma lo rinnoverà in santità, affinché possa godere della vita eterna. Se l'angoscia sulla terra rende la tomba un rifugio desiderabile, quale sarà la condizione di coloro che sono condannati al nero delle tenebre per sempre? Ogni peccatore cerchi la liberazione da questo terribile stato e ogni credente sia grato a Gesù, che libera dall'ira futura.
Giobbe si lamenta delle sue difficoltà Gb 10:1-7
Implora Dio come suo Creatore Gb 10:8-13
Si lamenta della severità di Dio Gb 10:14-22
Versetti 1-7
Giobbe, stanco della sua vita, decide di lamentarsi, ma non vuole accusare Dio di ingiustizia. Qui c'è una preghiera affinché sia liberato dal pungiglione delle sue afflizioni, che è il peccato. Quando Dio ci affligge, litiga con noi; quando litiga con noi, c'è sempre un motivo; ed è auspicabile conoscere il motivo, per potersi pentire e abbandonare il peccato per cui Dio ha una controversia con noi. Ma quando, come Giobbe, parliamo nell'amarezza della nostra anima, aumentiamo la colpa e l'irritazione. Non dobbiamo nutrire pensieri duri nei confronti di Dio; in seguito vedremo che non ce n'era motivo. Giobbe è sicuro che Dio non scopre le cose, né le giudica, come fanno gli uomini; perciò ritiene strano che Dio lo tenga sotto afflizione, come se dovesse prendere tempo per indagare sul suo peccato.
8 Versetti 8-13
Giobbe sembra litigare con Dio, come se lo avesse formato e conservato solo per l'infelicità. È Dio che ci ha fatti, non noi stessi. Che tristezza che quei corpi siano strumenti di iniquità, capaci di essere templi dello Spirito Santo! Ma l'anima è la vita, l'anima è l'uomo, e questo è il dono di Dio. Se per incitarci al dovere invochiamo: "Dio mi ha fatto e mi mantiene", come argomento di misericordia possiamo invocare: "Tu mi hai fatto, fammi nuovo; io sono tuo, salvami".
14 Versetti 14-22
Giobbe non negava che, in quanto peccatore, meritasse le sue sofferenze; ma pensava che la giustizia fosse stata eseguita su di lui con particolare rigore. La sua tristezza, la sua incredulità e i suoi pensieri duri nei confronti di Dio erano da attribuire tanto alle tentazioni interiori di Satana e alla sua angoscia d'animo, sotto il senso del dispiacere di Dio, quanto alle sue prove esteriori e alla sua restante depravazione. Il nostro Creatore, divenuto in Cristo anche il nostro Redentore, non distruggerà l'opera delle sue mani in nessun umile credente, ma lo rinnoverà in santità, affinché possa godere della vita eterna. Se l'angoscia sulla terra rende la tomba un rifugio desiderabile, quale sarà la condizione di coloro che sono condannati al nero delle tenebre per sempre? Ogni peccatore cerchi la liberazione da questo terribile stato e ogni credente sia grato a Gesù, che libera dall'ira futura.