Esodo 20
Se nei 10 comandamenti era vietato fare delle immagini di qualsiasi cosa nel cielo o sulla terra, perché Dio comandò a Mosè di fare delle immagini nel tabernacolo?
Per esempio, nel tabernacolo c'erano due cherubini d'oro (Es 25:18-19) e delle melagrane (Es 28:33-34; 39:24-26). Più tardi Mosè fece anche il serpente di rame (Num 21:9). Nel tempio c'erano più immagini ancora (1Re 6:1-38; 7:13-51). È difficile credere che Mosè avesse dimenticato questo comandamento quando diede le istruzioni per la costruzione del tabernacolo poco tempo dopo. Per questo, è meglio interpretare il comandamento non nel senso di un divieto assoluto di qualsiasi rappresentazione artistica, ma un divieto di rappresentare Dio con una cosa creata da Dio (vedi anche Rom 1:18-23) e di usare un'immagine per qualsiasi atto di adorazione o servizio a Dio. Questa interpretazione è confermata dalla spiegazione del comandamento nel prossimo versetto (Es 20:5). L'uso di immagine come idoli, per rappresentare altri dèi, è già stato proibito nel comandamento precedente (Es 20:3).

In quale senso Dio è geloso?
Di solito la gelosia è ritenuta un atteggiamento negativo, per cui ci può sembrare strano che sia attribuita a Dio. Infatti la gelosia è negativa quando cerchiamo di tenerci qualcosa che non ci appartiene, o per esaltare noi stessi. Per esempio, quando proibiamo alla moglie di conoscere altri uomini perché pensiamo di possederla, oppure cerchiamo di preservare il nostro stato alla spesa degli altri. Ma la gelosia è giusta quando conserviamo l'onore di qualcosa che merita questo onore. Per esempio, quando siamo gelosi della purità della moglie per proteggerla dall'impurità (come 2Cor 11:2). In questo senso, è giusto che Dio sia geloso, perché è geloso della sua gloria (per esempio Ez 39:25). E non c'è niente in tutto l'universo che sia più onorevole o più prezioso di Dio. Se Dio smettesse di cercare di essere onorato come supremo e superiore a tutto, sarebbe come se dicesse di non essere più il Dio di tutto, e sarebbe una bugia.

Dio punisce i figli dei peccatori? È giusto fare così?
Nei 10 comandamenti, Dio affermò di punire l'iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che lo odiano, e di usare bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti. Ci sono anche alcuni esempi di figli uccisi perché il loro padre peccò (Gios 7; 2Sam 21:1-9). Questo principio non sembra giusto a noi. Inoltre, alcuni brani dichiarano che i figli giusti non pagheranno per l'iniquità di padri ingiusti (Dt 24:16; Ger 31:29-30; Ez 18:1-20), e dobbiamo capire come riconciliare questi brani con il principio dei 10 comandamenti.
Anche se le versioni italiane di solito traducono nei 10 comandamenti che Dio punisce l'iniquità dei padri sui figli, è forse una traduzione troppo forte. Letteralmente Dio "visita" l'iniquità (come nella versione Diodati e molte versioni inglesi) dei padri sui figli. In altre parole, Dio manda le conseguenze del peccato ad altre generazioni, non la colpa del peccato. Infatti, è la verità che spesso i figli pagano per uno stile di vita sbagliato da parte dei genitori. Un'altra possibile spiegazione è che "quelli che mi odiano" si riferisce ai discendenti. Cioè, i discendenti che odiano Dio sono puniti per l'iniquità degli antenati, perché colpevoli verso Dio proprio come loro. Non ci sarebbe nessuna ingiustizia in questo caso. Però, è anche possibile prendere la frase come una descrizione dei padri, cioè che Dio punisce l'iniquità dei padri che lo odiano sui loro figli, per cui non possiamo essere sicuri che sia l'interpretazione giusta del versetto.
Dall'altra parte, Ger 31:29-30 e Ez 18:1-20 descrivono la situazione che riteniamo sia giusta, che ognuno muore per il proprio peccato. Però c'è una precisione che sarà approfondita nel seguente paragrafo. Dt 24:16 invece descrive una situazione giudiziaria, quello che un giudice dovrebbe fare, non Dio nel suo giudizio.
C'è però un altro principio da considerare, che per noi è molto difficile da comprendere, perché contrario alla nostra cultura. Nelle culture del medio oriente, dove la Bibbia è stata scritta, il principio della solidarietà è scontato. Solo relativamente recentemente nell'Occidente il principio dell'individualismo ha preso il sopravvento. Che sia un principio che Dio usa nel suo modo di trattare le persone è dimostrato da Rom 5:12-19, dove il peccato e la morte sono passati a tutti dal nostro rappresentante Adamo, e la grazia di Dio è passata alle molte persone di cui Gesù Cristo è il rappresentante. Mentre Dt 24:16 proibisce che un tribunale punisca chi è estraneo al peccato di qualcuno, non esclude che il peccato e la colpa possono essere trasmessi da un capo, né che tutti i seguaci del capo (la famiglia, la tribù, la nazione, o altri) sono responsabili per le azioni del capo, sia per bene sia per male. Questo principio spiega due casi difficili. Il primo è la distruzione di tutta la famiglia e i possessi di Acan quando Acan prese dell'interdetto di Gerico (Gios 7). Quando Acan peccò, tutto Israele soffrì (Gios 7:29), perché era come se tutto Israele avesse peccato - infatti il peccato di Acan era chiamato un'infedeltà degli Israeliti (Gios 7:1,11). Quello che Acan fece (come pure quello che noi facciamo) ebbe delle conseguenze sugli altri, sia materiali (la sconfitta dell'esercito) sia spirituali (il popolo non era più santo, ma interdetto) (Gios 7:12). In realtà, tutto il popolo andava distrutto, ma Dio nella sua grazia limitò la distruzione alla famiglia di Acan. Il secondo è la morte di sette nipoti di Saul per un peccato di Saul contro i Gabaoniti (2Sam 21:1-9) quando cercò di farli perire nonostante il patto di pace (Gios 9:3-15). Questa infedeltà al patto richiedeva una punizione, un debito di sangue (2Sam 21:1). Ma Saul era già morto, e il debito di sangue andava ancora pagato - per questo motivo Dio aveva mandato una carestia nel paese (perché in questo senso le conseguenze del peccato di Saul, in quanto capo di Israele, estendevano su tutta la nazione). Il debito di sangue poteva però essere ancora pagato, perché era stato trasmesso ai figli di Saul (perché in questo senso il debito creato da Saul, in quanto capofamiglia, estendeva su tutta la famiglia). I figli non ereditarono il peccato di Saul, né furono puniti per il suo peccato, ma pagarono il debito di Saul verso i Gabaoniti.

Il Cristiano deve osservare il sabato?
Per i principi che saranno usati qui per spiegare il sabato, vedi la domanda generale, "Qual è il ruolo della legge dell'Antico Testamento per il Cristiano oggi?". Secondo la risposta a quella domanda, il Cristiano deve ubbidire alla legge sul sabato - ma deve prima cercare di capire come Gesù la portò a compimento. Cioè quale era il significato della legge per gli Israeliti, e come quel significato è realizzato e pratico adesso, dopo la venuta di Gesù. Infatti, siccome Gesù è il signore del sabato (Mt 12:8), è lui che decide il vero significato del sabato e come metterlo in pratica.
Capire il significato del sabato è reso più complicato dal fatto che i Dieci Comandamenti ne danno due. In Es 20:8-11 è per ricordare il giorno di riposo per santificarlo, perché Dio creò tutto in sei giorni e poi si riposò il settimo giorno, poi benedisse e santificò quel giorno, il sabato. Nel racconto di Dt 5:12-15, invece, gli Israeliti dovevano osservare il sabato come giorno di riposo per santificarlo, perché erano stati schiavi in Egitto, da dove Dio li liberò con potenza. Queste diverse interpretazioni sono riconciliate da una lettera teologica della Bibbia, e soprattutto del tema del riposo. Infatti, la parola ebraica per il sabato è la parola per 'riposo'. In sei giorni, Dio creò tutto l'universo. Il settimo giorno, Dio si riposò dell'opera di creazione (anche se opera ancora in altri modi Gv 5:17, un fatto che Gesù utilizzò per giustificare che violava il sabato operando e in modo particolare guarendo nel giorno del sabato Gv 5:10-16). Poi Dio benedisse e santificò il sabato. Ma non è scritto che il settimo giorno finì, come è il caso con gli altri giorni dove leggiamo "Fu sera, poi fu mattina, ... giorno" (Gen 2:2-3). È come se Dio fosse ancora in questo periodo di riposo, e volesse che l'uomo godesse questo riposo benedetto e santificato con lui, nel giardino di Eden. Invece l'uomo si ribellò, preferendo di decidere per se stesso il bene e il male invece di stare in un perfetto rapporto con Dio. Quindi Adamo fu scacciato dal riposo. Il piano di Dio fu di riportare un popolo al suo riposo attraverso Gesù Cristo, ma preparò per quest'opera con la creazione della nazione d'Israele. Dio promise ai patriarchi che avrebbe creato il suo regno sulla terra in cui il suo popolo (Israele) sarebbe vissuto nella sua terra (l'attuale Palestina) sotto il governo di Dio. Per fare così, Dio li liberò dall'Egitto per creare la nazione, e poi li portò a Sinai, per spiegare loro come dovevano vivere come suo popolo, per poi portarli nella terra promessa (Es 19:4). A questo punto, a Sinai, diede il comandamento del sabato, affinché gli Israeliti ricordassero il riposo originale. Ma anche allora gli Israeliti si ribellarono, preferendo di non vivere sotto il governo di Dio. Così Dio non permise a quella generazione di entrare nel suo riposo. Quando, 40 anni più tardi, Mosè ribadì i 10 comandamenti alla generazione successiva, ricordò la salvezza dell'Egitto, perché stavano per entrare nel nuovo riposo. Per il collegamento fra il possesso della terra promessa e il riposo, vedi anche Dt 3:20,12:9; Gios 1:15. Non sono quindi due motivi contraddittori della legge del sabato, ma due lati della stessa medaglia. E solo una lettura di questo tipo include tutta la spiegazione della Bibbia: se leggessimo solo Esodo o solo Deuteronomio, potremo arrivare a conclusioni diverse, ma che non includerebbero tutto quello che la Bibbia dice.
Questa spiegazione del tema del riposo nella Bibbia è confermata e sviluppata in Ebr 3:7-4:13, che è una riflessione sia sul racconto di Mosè e Giosuè sia sul Sal 95. Gli Israeliti che uscirono dall'Egitto dovevano entrare nel riposo di Dio, ma siccome si ribellarono Dio non permise loro di entrare (Ebr 3:8-11 = Sal 95:8-11). Poi lo scrittore spiega che il riposo nella terra promessa era infatti il riposo dalla creazione (Ebr 4:4-5 = Gen 2:2; Sal 95:11). Poi c'è lo sviluppo: non solo gli Israeliti sotto Mosè non entrarono nel riposo, ma neanche la generazione successiva sotto Giosuè, benché avesse conquistata la terra promessa, perché Davide, scrivendo il Salmo 95 qualche secolo più tardi, parlò ancora della possibilità di entrare nel riposo per chi non si ribellava (Ebr 4:7-8 = Sal 95:8). Ma siccome neanche Davide diede il riposo al suo popolo, il riposo sabatico doveva rimanere ancora, e la promessa di entrarci è ancora valida oggi (Ebr 4:1-3,9-10). Dunque noi dobbiamo sforzarci di entrare nel riposo di Dio (Ebr 4:11). Il modo per entrarci è essere partecipi di Cristo fino alla fine e non indurirci, credendo e assimilando per fede la predicazione cristiana (Ebr 3:12-14; 4:2-3).
Quindi Gesù portò a compimento la legge del sabato dando il riposo (Mt 11:28 - un brano subito prima della critica da parte di Gesù di come gli Ebrei osservavano il sabato, e la sua affermazione di essere il signore del sabato in Mt 12:1-13), un riposo di cui l'osservanza del sabato era un ricordo dell'esistenza ma di cui l'umanità non era entrato. Ciò significa che il modo in cui osserviamo il sabato deve essere diverso dal modo nell'Antico Testamento. Ma il Nuovo Testamento non spiega il modo in cui bisogna ricordare il riposo che abbiamo in Cristo, per cui ci sarebbe la libertà personale. Quello che dice è che entriamo nel riposo sabato e cessiamo dalle nostre opere credendo per fede in Cristo (Ebr 4:2-3,10). Inoltre, l'osservanza del sabato (nel modo della legge ebraica) è un'ombra del futuro che sperimenteremo, mentre il corpo è Cristo, per cui non dobbiamo sentirci inferiori a quelli che osservano il sabato (Col 2:16-17; ma vedi anche Gal 4:8-11). Similmente, non dobbiamo disprezzare né chi stima un giorno (come il sabato) più di un altro, né chi stima tutti i giorni uguali (Rom 14:1-12).
Quello che è importante è che il modo in cui decidiamo di osservare il sabato deve essere un ricordo del riposo che abbiamo già in Cristo. Non deve esserci un peso, ma qualcosa che fa bene a noi e agli altri. Questa fu la critica principale da parte di Gesù del modo in cui alcuni suoi contemporanei osservavano il sabato (Mt 12:1-13).
Il sabato è spesso collegato a due altri principi. Il primo è che il sabato serve per dare riposo all'uomo, perché le persone hanno bisogno di riposarsi ogni tanto invece di lavorare sempre, e di credere che Dio provvederà a tutti i loro bisogni invece di cercare di guadagnare sempre di più lavorando di più. Mentre questo principio è vero, non è mai nella Bibbia un motivo per cui osservare il sabato. Come Es 31:12-17; Ez 20:12 spiegano, il sabato era un segno del patto fra Dio e Israele, e aveva a che fare con la santificazione e non il tempo libero per riprendersi dal lavoro. Se vogliamo riposarci dal lavoro il sabato, la domenica, o un altro giorno di settimana, è una buona idea per la nostra salute. Ma non ha niente a che fare con il sabato della Bibbia.
Il secondo principio è che è giusto che il popolo di Dio si riunisca ogni settimana. Mentre i Giudei del primo secolo si incontravano nelle sinagoghe ogni sabato, questa non era una pratica biblica. Gli Israeliti dell'Antico Testamento dovevano riunirsi tre volte ogni anno, per le grandi feste. Il sabato non era un giorno per riunirsi (Es 23:12-17). Quello che poi accadde è che quando i Giudei andarono in esilio in Babilonia, erano lontani da Gerusalemme e il tempio e non potevano osservare le leggi mosaiche sulle riunioni. Stabilirono quindi delle sinagoghe, dove si riunivano ogni sabato, non per fare i sacrifici ma per leggere la Parola di Dio e per pregare. Questa pratica continuò dopo il ritorno dall'esilio, fino ai giorni di Gesù e oltre. La pratica non era sbagliata, ma non era neanche comandata nell'Antico Testamento. Quando i primi Cristiani iniziarono le loro riunioni, spesso erano ogni giorno (At 2:46; 5:42), e poi l'evidenza delle epistole è di una riunione settimanale di domenica, non più di sabato, anche se non è né detto né comandato esplicitamente (At 20:7; 1Cor 16:2). Ma facendo così, non cambiarono il giorno di riposo dal sabato alla domenica. Cambiarono semplicemente il giorno delle loro riunioni dal settimo giorno della settimana, come era la pratica dei Giudei di quel tempo, al primo giorno della settimana, presumibilmente per ricordare la risurrezione di Gesù Cristo. Siccome Dio non comandò il giorno delle riunioni settimanali né ai Giudei né ai Cristiani, la chiesa primitiva era libera di scegliere il giorno che voleva, come possiamo scegliere anche noi.

13 Se nei 10 comandamenti era proibito uccidere, perché diverse persone nella Bibbia uccisero altre persone?
Alcuni casi sono semplici da spiegare. Le persone nella Bibbia (tranne Gesù) non erano perfette, e tutti sbagliavano. A volte azioni peccaminose sono raccontate senza essere condannate, e non dobbiamo pensare che siano giuste solo perché non c'è una condanna esplicita.
Leggermente più difficili sono i casi dove Dio comanda a uccidere qualcuno, oppure addirittura sterminare interi popoli. I 10 comandamenti non valgono anche per lui? In poche parole, no. Descrivono come gli uomini si devono comportare. Dio è libero di fare tutto quello che gli piace (Sal 135:6), e tutto quello che fa è giusto perché gli piace fare solo cose giuste. Il motivo per cui Dio proibisce l'omicidio è perché il diritto alla vita spetta solo a lui, e non lo concede a nessuno. Gli uomini, essendo creati all'immagine di Dio, valgono troppo per essere uccisi da un'altra persona - ma non valgono più di Dio. Dio decide quando tutti muoiono, non solo quelli che sono puniti. A volte nell'Antico Testamento Dio eseguiva questo suo diritto di non conservare più in vita tramite l'agenzia d'Israele (per esempio Es 21:12; Lev 24:15-16; Dt 20:16-17; 1Sam 15:3). In questi casi, fu in realtà Dio che uccideva e non Israele. Questo è un metodo che Dio non usa più perché il popolo di Dio (la chiesa) non è più un'entità politica né un governo, come lo era nell'Antico Testamento.
C'è anche da dire che la parola ebraica usata nel comandamento (râṣaḥ) non è la parola normalmente usata per uccidere (harag). Il significato è "Non commettere omicidio" piuttosto di "Non uccidere". Questo lascia la possibilità di uccidere qualcuno quando Dio lo comanda, come nei casi nel paragrafo precedente.
Vedi la domanda generale, "Come si possono spiegare tutte le strage commesse da Dio?".