Colossesi 1
15 In che senso Gesù è il primogenito di ogni creatura e dai morti?
Il senso letterale di "primogenito" è chiaro: è il primo figlio di una persona, o in generale la prima nascitura di qualcosa (come un animale). Ma poi la parola ha anche un senso più largo. Siccome di solito il figlio più grande era l'erede con più privilegi degli altri, la parola veniva usata anche per chi era il capo degli altri, anche se non necessariamente il primo nato. Per esempio, Esaù vendette la sua primogenitura a Giacobbe (Gen 25:29-34). C'è un uso simile in Es 4:22; Ger 31:9; Sal 89:27, dove il primogenito di qualcuno (in questi casi, di Dio) è qualcuno che è speciale alla persona, anche se non è stato generato né è il primo cronologicamente. Questo è il senso in Colossesi, dove Gesù è il primogenito (cioè il capo) di tutte le creature (in parte perché sono state create in lui 1:16). Questo senso è esplicito in Rom 8:29, dove fra tutti i fratelli Gesù è il primogenito, che deve essere nel senso di capo perché rendere tutti conformi all'immagine di Gesù non può avere come scopo che Gesù è il primo generato, perché sarebbe comunque il primo cronologicamente. Gesù è anche il primogenito (cioè il capo) della chiesa, in quanto il primo che è stato generato (portato alla vita) dai morti.
Vedi il commento su Apocalisse 3:14.

20 Cosa significa che al Padre piacque di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo del Figlio, facendo la pace mediante la morte di Gesù? Significa che tutti saranno salvati?
Non può essere, perché Col 1:21-23 dice che i Colossesi erano stati nemici di Dio, e poi riconciliati dalla morte di Gesù, ma per rimanere così dovevano perseverare nella fede. Cioè, essere riconciliati al Padre non è automatico per tutti indipendentemente da quello che fanno, ma dipende dalla fede della persona. E chiaramente molti sono morti senza questa fede. Inoltre, l'effetto della morte di Gesù sui poteri spirituali non fu la loro riconciliazione a Dio, ma la loro sconfitta (Col 2:14-15).
Se è così, come dunque dobbiamo capire la riconciliazione in Col 1:20? La chiave per capirla è che si riferisce al passato: al Padre piacque di riconciliare, avendo fatto la pace alla croce. Non sta parlando di una salvezza futura di tutte le cose. Sono già state riconciliate alla croce, anche se sono ancora nemici (come lo erano i Colossesi in Col 1:21). "Riconciliare tutte le cose" va capito quindi nel senso che l'universo fu riportato dalla morte di Gesù all'ordine creato e stabilito da Dio. Tutto è nuovamente sotto il suo capo, Gesù Cristo, e la pace cosmica è restituita. Questa pace viene accettata volentieri, oppure obbligatoriamente imposta a chi non la vuole. La riconciliazione in questo senso include la conquista per essere sottomesso al regno di Gesù, anche se l'opposizione dei nemici continua. Questo è anche il senso di Ef 1:10, dove essere sotto il capo Cristo non significa necessariamente che lo si è volentieri.
Vedi i commenti su Romani 5:18-19; Filippesi 2:10; 1Timoteo 2:4.

24 Come poteva Paolo compiere con la sua sofferenza quello che mancava nelle afflizioni di Cristo?
Non manca niente nelle afflizioni di Cristo per salvarci. In Cristo, e in modo particolare nella sua morte, siamo salvati e c'è una vittoria totale (Rom 5:1,10; Ef 1:7; Col 1:14,20,22; 2:13-15; Ebr 10:14 e molti altri brani). Quella che manca nelle afflizioni di Cristo però è la proclamazione di questa salvezza e di questa vittoria in tutto il mondo. Gesù, come uomo, poteva essere in solo un posto in ogni momento, e la sua vita è durata pochi anni. La sua salvezza può raggiungere tutto il mondo, ma lui non lo poté portare in tutto il mondo. Va annunciata (Rom 10:14-17). Affidò questo compito invece alla chiesa (Mt 28:19-20; At 1:8). Questa proclamazione della salvezza va fatta nello stesso modo in cui la salvezza fu ottenuta, cioè con la sofferenza. Quindi Paolo era lieto di soffrire per i Colossesi, perché soffrendo per portare loro il Vangelo completava lo scopo della sofferenza di Cristo, che soffrì per fare tutto quello che era necessario per la loro salvezza. La difficoltà di questo brano è infatti un altro: quando soffriamo per portare il Vangelo ai nostri vicini e in tutto il mondo? Quanto ci costa? Stiamo veramente seguendo Gesù Cristo, lieti di soffrire a favore del suo corpo, cioè la chiesa?