Commentario abbreviato:

Apocalisse 21

1 Capitolo 21

Un nuovo cielo e una nuova terra: la nuova Gerusalemme dove Dio abita e bandisce ogni dolore dal suo popolo Ap 21:1-8

La sua origine celeste, la sua gloria e la sua sicura difesa Ap 21:9-21

La sua perfetta felicità, come illuminata dalla presenza di Dio e dell'Agnello, e nel libero accesso delle moltitudini, rese sante Ap 21:22-27

Versetti 1-8

Il nuovo cielo e la nuova terra non saranno separati l'uno dall'altro; la terra dei santi, i loro corpi glorificati, saranno celesti. Il vecchio mondo, con tutti i suoi problemi e tumulti, sarà scomparso. Non ci sarà più il mare, il che rappresenta bene la libertà dalle passioni contrastanti, dalle tentazioni, dai problemi, dai cambiamenti e dagli allarmi, da tutto ciò che può dividere o interrompere la comunione dei santi. Questa nuova Gerusalemme è la Chiesa di Dio nel suo nuovo e perfetto stato, la Chiesa trionfante. La sua beatitudine viene interamente da Dio e dipende da Lui. La presenza di Dio con il suo popolo in cielo non si interromperà come sulla terra, ma dimorerà continuamente con loro. Tutti gli effetti dei problemi precedenti saranno eliminati. Essi sono stati spesso in lacrime, a causa del peccato, dell'afflizione, delle calamità della Chiesa; ma non rimarrà alcun segno, alcun ricordo dei precedenti dolori. Cristo fa nuove tutte le cose. Se siamo disposti e desideriamo che il grazioso Redentore faccia nuove tutte le cose nell'ordine dei cuori e della natura, egli farà nuove tutte le cose per quanto riguarda la nostra situazione, finché non ci avrà portato a godere di una felicità completa. Vedete la certezza della promessa. Dio dà i suoi titoli, Alfa e Omega, il Principio e la Fine, come pegno per il pieno adempimento. I piaceri sensuali e peccaminosi sono acque fangose e avvelenate; e i migliori comfort terreni sono come le scarse provviste di una cisterna; se idolatrati, diventano cisterne rotte e producono solo vessazioni. Ma le gioie che Cristo dona sono come acque che sgorgano da una fonte, pure, rinfrescanti, abbondanti ed eterne. Le consolazioni santificanti dello Spirito Santo preparano alla felicità celeste; sono ruscelli che scorrono per noi nel deserto. I timorosi non potevano affrontare le difficoltà della religione, il loro timore servile derivava dalla loro incredulità; ma coloro che erano così scellerati da non osare prendere la croce di Cristo, erano comunque così disperati da incorrere in abominevoli malvagità. Le agonie e i terrori della prima morte porteranno ai terrori e alle agonie ben più grandi della morte eterna.

9 Versetti 9-21

Dio ha diversi impieghi per i suoi santi angeli. A volte suonano la tromba della Divina Provvidenza e mettono in guardia un mondo disattento; a volte scoprono cose di natura celeste degli eredi della salvezza. Chi vuole avere una visione chiara del cielo, deve avvicinarsi al cielo il più possibile, sul monte della meditazione e della fede. Il soggetto della visione è la Chiesa di Dio in uno stato perfetto e trionfante, splendente nel suo lustro; gloriosa in relazione a Cristo; il che dimostra che la felicità del cielo consiste nel rapporto con Dio e nella conformità a Lui. Il cambiamento degli emblemi, da una sposa a una città, dimostra che da questa descrizione dobbiamo trarre solo idee generali. Il muro è per la sicurezza. Il cielo è uno stato sicuro; coloro che vi si trovano sono separati e protetti da tutti i mali e i nemici. Questa città è vasta; qui c'è posto per tutto il popolo di Dio. Il fondamento del muro: la promessa e la potenza di Dio e l'acquisto di Cristo sono le solide fondamenta della sicurezza e della felicità della Chiesa. Queste fondamenta sono indicate da dodici specie di pietre preziose, che denotano la varietà e l'eccellenza delle dottrine del Vangelo, o delle grazie dello Spirito Santo, o delle eccellenze personali del Signore Gesù Cristo. Il cielo ha delle porte; tutti coloro che sono santificati possono entrarvi liberamente e non ne saranno esclusi. Queste porte erano tutte di perle. Cristo è la perla di gran prezzo ed è la nostra via verso Dio. La strada della città era d'oro puro, come un vetro trasparente. I santi in cielo calpestano l'oro. I santi sono lì in riposo, ma non è uno stato di sonno e di ozio; hanno comunione, non solo con Dio, ma anche tra di loro. Tutte queste glorie rappresentano solo debolmente il cielo.

22 Versetti 22-27

La comunione perfetta e diretta con Dio sarà più che sufficiente a sostituire le istituzioni del Vangelo. E quali parole possono esprimere più compiutamente l'unione e la co-eguaglianza del Figlio con il Padre, nella Divinità? Che mondo tetro sarebbe questo, se non fosse per la luce del sole! Cosa c'è in cielo che ne faccia le veci? La gloria di Dio illumina quella città e l'Agnello ne è la luce. Dio in Cristo sarà una fonte eterna di conoscenza e di gioia per i santi del cielo. Non c'è notte, quindi non c'è bisogno di chiudere le porte; tutto è in pace e sicuro. L'insieme ci mostra che dovremmo essere sempre più portati a pensare al cielo come pieno della gloria di Dio e illuminato dalla presenza del Signore Gesù. Nulla di peccaminoso o di impuro, di idolatrico, di falso e di ingannevole può entrare. Tutti gli abitanti sono resi perfetti nella santità. Ora i santi sentono un triste miscuglio di corruzione, che li ostacola nel servizio di Dio e interrompe la loro comunione con lui; ma, al loro ingresso nel Santo dei Santi, sono lavati nella conca del sangue di Cristo e presentati al Padre senza macchia. Non sono ammessi in cielo coloro che operano abominazioni. È libero dagli ipocriti, da coloro che dicono bugie. Dato che nulla di impuro può entrare in cielo, lasciateci stimolare da questi scorci di cose celesti, ad usare ogni diligenza e a perfezionare la santità nel timore di Dio.

Commentario del Nuovo Testamento:

Apocalisse 21

1 

PARTE SETTIMA

LA FELICITÀ DEI REDENTI NEL MONDO RINNOVATO

Apocalisse 21-22

Il giudizio di Dio ha colpito successivamente la falsa chiesa, lo Stato anticristiano e il suo profeta, e da ultimo Satana stesso coi suoi ultimi seguaci. Tutti i nemici sono stati distrutti. Il mondo stesso ch'è stato il teatro delle ribellioni umane e dei giudizi divini è passato. Il velo che nasconde ai mortali la prospettiva dell'avvenire si alza un'ultima volta per far contemplare al veggente la felicità pura ed eterna dei redenti in un mondo rinnovato. E, questa la meta suprema cui mirano i disegni di Dio manifestati dalla profezia; è questo il sospiro più profondo dei fedeli di tutte le età, e non dei fedeli soltanto, ma della creazione stessa che 'geme insieme ed è in travaglio' Romani 8:22. Vero è che la terra ha avuto, dopo le aspre lotte, il suo lungo sabato di riposo e di pace; ma «il millennio non è ancora la fase suprema del regno di Dio. La terra e la parte dell'umanità che vive ancora in corpi di carne, è in questo periodo, tuttora più o meno separata dal cielo e dall'umanità glorificata; è possibile ancora una grande rivolta contro a Dio... Tutte le cose non sono ancora fatte nuove... Nel periodo della Chiesa la vita dello Spirito si manifesta in modo tutto interiore e non modifica ancora, in modo essenziale, il corso della storia nè quello della natura. Colossesi millennio la vita di Cristo cessa dall'esser nascosta Colossesi 3:3-4 e penetra potentemente la storia e tutte le relazioni sociali, lo Stato, le arti, la civiltà. Infine, coi nuovi cieli e con la nuova terra, la vita di Dio raggiunge e trasforma la natura stessa» (Auberlen). In quest'ultima parte dell'Apocalisse, si posson distinguere tre sezioni. Abbiamo anzitutto in Apocalisse 21:1-8, la rapida visione di nuovi cieli e di una nuova terra, con una Gerusalemme nuova; poi, in Apocalisse 21:9-22:5 la descrizione più ampia della nuova Gerusalemme e della sua gloria. Da ultimo, in Apocalisse 22:6-21 gli ammonimenti e le promesse finali che formano la chiusa del libro.

Sezione Prima. Apocalisse 21:1-8. VISIONE DI UN NUOVO CIELO E DI UNA NUOVA TERRA, CON UNA GERUSALEMME NUOVA

Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perchè il primo cielo e la prima terra, erano passati e il mare non era più.

Come il corpo contaminato dal peccato deve morire per risorgere quale organo della vita nuova superiore, così l'abitazione dell'umanità peccatrice ha da subire una trasformazione che la renda adatta ad esser la dimora di un'umanità rinnovata e santa. Si trova di già nell'Antico Testamento l'annunzio di nuovi cieli e nuova terra. «Ecco, è detto nel secondo Isaia, io creo dei nuovi cieli e una nuova terra; non ci si ricorderà più delle cose di prima» Isaia 65:17; ma, dal contesto, risulta che si tratta di un innovamento parziale simile a quello del millennio, la cui prospettiva, nell'Antico Testamento, si confonde con quella dello stato definitivo. Il passare del mondo di prima non equivale al suo annientamento, e l'apparizione del nuovo non è necessariamente dovuta ad una creazione dal nulla; una radicale trasformazione, per opera del fuoco secondo 2Pietro 3:10-13, basta a render ragione delle espressioni qui usate. «E non saranno, d'altronde, i veri scienziati che negheranno la possibilità d'una simile rivoluzione, in un tempo in cui l'azione formidabile degli invisibili, degli infinitamente piccoli, degli ioni ed elettroni; nel momento in cui l'infinita ricchezza del serbatoio delle forze cosmiche è stata messa in evidenza, in cui il gran mistero delle cose, lungi dall'essere chiarito, è stato spinto indietro in illimitate profondità» (P. Vallotton). Il solo particolare che ci sia dato è alquanto misterioso. Il mare non era più; perchè? Perchè rappresenta dei pericoli, perchè simboleggia le agitazioni della vita presente, perchè separa e tien lontani i popoli gli uni dagli altri mentre la futura umanità formerà una sola famiglia, perchè non è luogo d'abitazione nè può dare dei frutti, perchè ricorda il caos ecc. Ci saranno elementi di verità in parecchie di queste risposte; ma è difficile dire quale sia da preferire.

2 E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo d'appresso a Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.

Gerusalemme è presentata ad un tempo come l'abitazione dei santi e come la personificazione della chiesa glorificata. Perciò è la città santa ed è la sposa di Cristo. E frequente nell'Antico Testamento questo rappresentare una nazione o una città come una donna. Nell'Apocalisse la chiesa degenere è una meretrice ed è Babilonia. La Gerusalemme veduta da Giovanni è nuova rispetto all'antica calpestata dai pagani ed anche rispetto a quella del millennio che non è ancora santa se non in senso relativo. Questa scende dal cielo d'appresso a Dio (cfr. Galati 4:26; Ebrei 12:22) perchè è opera di Dio: lo è come dimora da lui preparata per gli eletti e lo è come società dei salvati, redenti da Cristo, santificati dallo Spirito, fatti degni della comunione perfetta col loro Dio. Infatti essa è pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Cfr. Apocalisse 19:7 e le note a quel passo. E giunto per lei il giorno delle nozze, immagine della sua perfetta ed eterna felicità. «L'immagine [della sposa] è quella che meglio raffigura la giovinezza perenne, e l'eterna maraviglia dell'amore che rende beata una vita d'amore, la quale, dopo migliaia di secoli, avrà la stessa freschezza che aveva al principio» (Allo).

3 E udii una gran voce dal trono, che diceva: Ecco il tabernacolo di Dio cogli uomini: ed Egli abiterà con loro, ed essi saranno suoi popoli, e Dio stesso sarà con loro e sarà loro Dio.

La gran voce può esser d'un angelo o d'una delle creature viventi. Essa proclama che nello stato perfetto saranno adempiute le figure e le promesse antiche in cui l'ideale del popolo di Dio era fatto consistere nell'abitazione di Dio in mezzo ad esso. Cfr. Apocalisse 7:15. Nel tabernacolo mosaico Dio era presente soltanto simbolicamente; e il popolo non poteva avervi libero accesso perchè contaminato dal peccato; nella nuova Gerusalemme Dio abiterà col popolo suo reso perfetto. Essa risponderà al nome datole nella visione d'Ezechiele: 'L'Eterno è quivi' Ezechiele 48:35. Da notare la variante significativa alle promesse fatte ad Israele (Ezechiele 37:27; Geremia 31:33; Zaccaria 8:8 ecc.) d'essere il popolo di Dio. A significare che, insiem con Israele, godranno della presenza di Dio tutte le anime salvate di qualunque nazione, la voce dice: 'saranno suoi popoli.' Tale almeno è la lez. dei Codd. A e alef. Una parte dei critici sopprime le ultime parole di Apocalisse 21:1 'e sarà loro Dio' che mancano in varii manoscritti. «Così, nota il Bonnet, il cielo della Bibbia, l'essenza stessa della felicità eterna non sta affatto in quel che l'immaginazione o il sentimento hanno potuto sognare all'infuori di Dio; essa sta nella comunione reale, vivente con Dio, nel possesso e nel godimento di Dio stesso. Per degli esseri giunti alla perfezione, compenetrati dall'amor di Dio... non v'è nulla al disopra di questo, nulla che l'oltrepassi. Una tale sorte dell'anima creata ad immagine di Dio... è sola degna e dell'anima e di Dio. Il confronto tra questa realtà perfetta e i sogni assurdi od impuri coi quali l'umanità spesso si è fatto un cielo, basta da solo a provarci che qui abbiamo una rivelazione divina».

4 e asciugherà ogni lagrima dagli occhi loro

Cfr. Apocalisse 7:17; Isaia 25:8.

e la morte non sarà più

cfr. Apocalisse 20:14. Presso Dio fonte di vita, non c'è più posto per la morte salario del peccato, e ogni lagrima - ce ne sono di molte specie - è asciugata dalla sua bontà piena di tenerezza. Con la morte spariranno i dolori che la seguono e che la precedono:

nè ci saran più cordoglio, nè grido, nè dolore, poichè le cose di prima sono passate.

Dei riscattati dell'Eterno, profetava Isaia: «Verranno a Sion con canti di gioia; un'allegrezza eterna coronerà il loro capo otterranno gioia e letizia, e il dolore e il gemito fuggiranno» Isaia 35:10.

5 E Colui che siede sul trono disse: Ecco io fo ogni cosa nuova ed aggiunse (lett. e dice): Scrivi, perchè queste parole sono fedeli e veraci.

E, la prima volta nell'Apocalisse che Giovanni ode la parola diretta di Dio Padre che siede sul trono. Essa conferma la voce proceduta dal trono. Il rinnovamento della vita umana e dell'abitazione dei redenti, rispondente all'avvenuto rinnovamento dei cuori, di cui nella 2Corinzi 5:17, fa parte del piano eterno di Dio ed è conforme alla sua essenza, poich'Egli è santità e amore. Queste parole si riferisce a quelle pronunziate dalla voce, a quelle di Dio stesso relative al rinnovamento di tutte le cose ed anche alle promesse che seguono. Giovanni deve scriverle perchè la certezza assoluta della speranza cristiana darà coraggio ai credenti nella prova e sarà salutare ammonimento a chiunque le leggerà.

6 Poi mi disse: E compiuto

O, secondo la lez. di qualche codice: Son compiute ( γεγοναν), s'intende: le cose promesse. La visione del rinnovamento delle cose è proclamata compiuta, tanto essa è certa e questa certezza è garantita dal fatto che Dio è colui ch'è al principio di tutte le cose e che presiede al loro compimento finale, perchè è l'Eterno:

Io son l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine.

Cfr. Apocalisse 1:8.

A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell'acqua della vita.

L'immagine della sete e dell'acqua viva e fresca per rappresentare da un lato i bisogni più profondi dell'anima umana e dall'altro l'appagamento di essi, s'incontra spesso negli scritti di S. Giovanni. Cfr. Giovanni 4:4-15: la conversazione con la Samaritana; Giovanni 7:37-38; Apocalisse 7:17; 22:1, ov'è menzionato, il fiume dell'acqua della vita, e Apocalisse 22:17: 'Chi ha sete venga; chi vuole prenda in dono dell'acqua della vita'. La vera vita che abbraccia la conoscenza della verità, la pace con Dio, la comunione con lui nella santità e nell'amore, è quella che può render l'anima felice nell'appagamento delle sue aspirazioni. Quest'acqua della vita vera ed eterna Dio la dà gratuitamente a chi 'vuole', a chi 'viene' a lui con fede. La promessa vale per chi, come la Samaritana, è al principio di una vita nuova, ma vale pure per chi è più innanzi nell'esperienza cristiana, e vale ancora per i redenti raccolti nella Nuova Gerusalemme di cui Dio appagherà tutte le aspirazioni sempre più elevate. (Cfr. Apocalisse 7:17).

7 Chi vince erediterà queste cose, e io gli sarò Dio ed egli mi sarà figliuolo;

Fino alla fine dell'Apocalisse risuona l'avvertimento dato, al principio, nelle lettere alle chiese, circa la necessità di lottare strenuamente per non perdere i beni eterni della salvezza qui rappresentati come una gloriosa eredità e riassunti nella intima e dolce comunione filiale col Padre celeste. I privilegi concessi da Dio al popolo d'Israele e i doveri corrispondenti sono nell'Antico Testamento raffigurati dalla relazione che corre tra padre e figlio. 'Io sarò il tuo Dio e l'Iddio della tua posterità dopo di te', è la promessa fatta ad Abramo Genesi 17:7-8. In ispecie, la relazione tra Dio ed il re teocratico è così descritta: 'Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio' 2Samuele 7:14. Nel Nuovo Testamento Dio si rivela, per mezzo di Cristo, come il Padre di ogni credente. 'Lo Spirito attesta insieme col nostro spirito che siamo figliuoli di Dio...' che si accostano al Padre con la libertà dei figliuoli, ed hanno la promessa d'essere suoi 'eredi' Romani 8:14-17. Nello stato perfetto, anche questa relazione, pur già così preziosa fin d'ora, raggiungerà la sua realtà più completa. E ciò deve valere come incoraggiamento a chi si sforza di vincere. Le parole che seguono suonano invece quale solenne ammonimento a chi si lascia vincere dal male sotto una forma qualsiasi.

8 ma quanto ai codardi

che si traggono indietro e non voglion prender parte alla gran lotta, che si lasciano attrarre dalle seduzioni o spaventar dalle minacce dei nemici 2Timoteo 1:7; Ebrei 10:38,

agli increduli,

ai cristiani che rinnegano la fede o a coloro che la respingono,

agli abominevoli

contaminati dai vizi in cui era immerso il paganesimo (Cfr. Romani 1; Efesini 4:17 e segg.)

agli omicidi, ai fornicatori, agli stregoni

che praticano le arti occulte servendosi di certe pozioni (donde il nome φαρμακος, avvelenatore cfr. Apocalisse 22:15) o di altri mezzi,

agli idolatri e a tutti i bugiardi,

che praticano la menzogna sotto una forma o sotto un'altra,

la loro parte sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda.

La misericordia di Dio ha in serbo delle ricchezze d'amore per chi abbandona il male e lo combatte; ma la sua santità riserva tremendi tesori d'ira a chi persevera nel peccato.

AMMAESTRAMENTI

1. «Un nuovo cielo ed una nuova terra, tale era stata la promessa di Dio fin dal tempo dei profeti (Isaia 65:17 ecc.), la speranza dei credenti dei tempi apostolici 2Pietro 3:13; la risposta divina promessa al gemito della creazione intera Romani 8:19-22. Giovanni contempla questo glorioso rinnovamento di tutte le cose dopo aver veduto sparire il cielo e la terra presenti. Tutte le promesse di Dio sono così adempiute... Soltanto convien guardarsi, nel leggere queste descrizioni dell'avvenire, da due estremi ugualmente errati: dal falso spiritualismo da un lato, che toglie alle cose tutta la loro realtà; e dall'altro lato, dal materialismo che prende le immagini per delle realtà. L'uomo risuscitato non è un nudo spirito; l'essere suo comprende un corpo glorificato quale organo di un'anima giunta alla perfezione. Tutto, quindi, intorno a lui, in questo suo nuovo stato, dev'essere in armonia con la sua natura. Da ciò quella mirabile unione di realtà e di spiritualità che troviamo in questa fine magnifica del libro di Giovanni» (Bonnet).

2. L'esser 'senza Dio e senza speranza' stende sulla vita umana un'ombra cupa; ma la gran luce della speranza cristiana è fatta per inondar l'anima di gioia. 'Allegri nella speranza' è il motto di Paolo. Come non esserlo se riceviamo con fede le 'parole fedeli e veraci di Dio' che garantiscono ai suoi figliuoli l'appagamento completo dei loro bisogni spirituali, la liberazione definitiva dal peccato e da tutte le sue conseguenze dolorose, l'unione intima, beata, ininterrotta con Dio, la comunione coi santi di tutte le età, una vita piena e benedetta in un mondo rinnovato?

3. 'Più importante di tutto ciò ch'è esterno è la preparazione morale della sposa che si adorna per il suo sposo Per aver parte alla esenzione perpetua dal dolore, dammi o Dio d'esser liberato dal peccato. Rinnova fin d'ora in me, ogni cosa. Crea in me un cuor puro ed uno spirito ben saldo. Dammi come caparra della mia eredità lo Spirito, e possa io fin d'ora aver qualche esperienza della dimora di Dio in me. Spandi su di me lo spirito di adozione onde io senta d'essere un tuo figlio, riconciliato con te mediante la fede in Gesù. Fin d'ora ch'io mi abbeveri alle fonti dell'acqua della vita, data gratuitamente a chiunque crede, e che il pensiero della terribil sorte riservata agli increduli, ai codardi, a chiunque persevera nelle violenze, nelle impurità, nelle menzogne che deformano l'uomo, mi tenga lontano da ogni funesta illusione' (Chalmers).

4. 'La nostra terra è una valle di lagrime, lagrime di dolori fisici, di sofferenze morali, di delusioni, di lutti, lacrime cocenti della tristezza secondo il mondo e lacrime benedette della tristezza secondo Iddio; ma nel cielo Dio asciugherà ogni lacrima dagli occhi nostri e come una madre consola il suo bambino così Egli ci consolerà. Quanto dolce questa promessa per coloro che la vita ha feriti e fiaccati! L'avvenire, invero, è coperto ancora d'un velo, ma ecco un tratto luminoso che anche un bambino può intendere: Nel cielo non piangeremo più' (De Perrot).

9 Sezione Seconda. Apocalisse 21:9-22:5. DESCRIZIONE DELLA NUOVA GERUSALEMME E DELLA SUA GLORIA

Nella visione dei nuovi cieli e della nuova terra, era compresa anche la santa città, destinata ad essere la dimora di Dio con gli uomini, ma la descrizione particolareggiata di essa doveva risultare da una più chiara contemplazione della nuova Gerusalemme.

E venne uno dei sette angeli che avevano le sette coppe piene delle sette ultime piaghe,

Apocalisse 15:1,7-8; 16:1-21, forse lo stesso che aveva mostrato a Giovanni 'il giudizio della gran meretrice' nome narra Apocalisse 17:1 e segg. Dopo aver mostrato le brutture e la condanna della chiesa infedele, l'angelo mostra al veggente le bellezze e la gloria della sposa fedele dell'Agnello.

e parlò meco, dicendo: Vieni e ti mostrerò la sposa, la moglie dell'Agnello.

La nuova Gerusalemme è città e sposa; città in quanto rappresenta l'abitazione o lo stato glorioso dei salvati dopo il giudizio finale; sposa in quanto personifica gli abitanti della città celeste, oggetti di un amore ineffabile e uniti per sempre al loro Salvatore come la moglie al proprio marito. La terra non offre immagine che sia più atta di questa a dare un'idea della intimità e della dolcezza della comunione dello spirito redento col Cristo.

10 E mi trasportò in ispirito su di una grande ed alta montagna, e mi mostrò la santa città, Gerusalemme, che scendeva dal cielo d'appresso a Dio, avendo la gloria di Dio.

Nella visione della Gerusalemme ideale contemplata da Ezechiele e che offre non poche analogie con la celeste, veduta da Giovanni, il profeta narra che la mano dell'Eterno, in una visione divina lo trasportò nel paese d'Israele e lo posò sopra un monte altissimo, sul quale stava, dal lato di mezzogiorno, come la costruzione d'una città' Ezechiele 40:2. La città santa dell'Apocalisse non è edificata sul monte, ma scende dal cielo e dalla vetta del monte. Giovanni ne può ammirar le magnificenze. Essa risplende della gloria di Dio perchè possiede la presenza stessa di Dio.

11 Il suo luminare era simile a una pietra preziosissima, a guisa d'una pietra di diaspro cristallino.

Apocalisse 21:23 ci dà la spiegazione di questo: 'La città non ha bisogno di sole nè di luna (chiamati nella Genesi luminari φωστηρες) che risplendano in lei, perchè la illumina la gloria di Dio e l'Agnello è il suo luminare' (lett. la sua lampada λυχνος cfr. Apocalisse 18:23). In Apocalisse 4:3 si legge: 'Colui che sedeva sul trono era nell'aspetto simile a una pietra di diaspro e di sardonico'. Il diaspro è traslucido. Dio è luce e da lui procede negli spiriti redenti ogni luce di verità, di piena conoscenza, di sapienza, di santità, di gioia.

12 Aveva un muro grande e alto

(cfr. Apocalisse 21:17);

avea dodici porte, e sulle porte,

al posto solito delle sentinelle,

dodici angeli

Muro, porte, guardie, servivano nei casi ordinari alla protezione e alla difesa delle città; qui dove non c'è più da temer nemici nè sorprese, essi stanno a rappresentare l'idea della perfetta pace e sicurezza di cui godono i salvati. Nessun serpente penetra più nel paradiso di Dio.

e sulle porte erano scritti dei nomi che sono quelli delle dodici tribù dei figliuoli d'Israele.

13 A oriente c'eran tre porte; a settentrione tre porte; a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte.

Il campo degli Israeliti nel deserto era disposto in modo che le dodici tribù si accampassero tre ad oriente del tabernacolo, tre a mezzogiorno, tre ad occidente e tre a settentrione Numeri 2. Parimente la Gerusalemme d'Ezechiele doveva aver tre porte da ciascuno dei suoi quattro lati e le porte dovevano portare i nomi delle tribù d'Israele Ezechiele 48:30-35. La Gerusalemme che scende dal cielo non è destinata solamente ad un popolo; essa deve accogliere la totalità dell'Israele di Dio, cioè i credenti d'ogni tribù, lingua e popolo, i quali ne sono tutti ugualmente cittadini. Le porte sono aperte da tutti i lati dell'orizzonte perchè ne verranno d'oriente e d'occidente, dal settentrione e dal mezzodì per aver parte con Abramo e non gl'Israeliti credenti ai beni futuri (Cfr. Luca 13:29; Matteo 8:11; Efesini 2:19-22; Apocalisse 7). Qui sarà realizzata «la comunione dei santi».

14 E il muro della città avea dodici fondamenti e su quelli stavano i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello.

Domina dovunque il numero dodici: dodici porte coi nomi delle dodici tribù; dodici fondamenti coi nomi dei dodici apostoli; dodicimila stadi, dodici volte dodici cubiti; il numero esprime in relazione col popolo di Dio l'idea di totalità completa, di perfezione. Noti è quindi il caso di dare importanza al fatto che per es. in Ezechiele 48. Giuseppe figura per una sola tribù, mentre in Apocalisse 7 figura per due e manca Dan, e in Numeri 2 non figura Levi. Le dodici tribù (il δωδεκαφυλον di Atti 26:7) son sempre la totalità del popolo, come i dodici apostoli sono la totalità del collegio apostolico costituito testimone di Cristo e banditore del suo evangelo alle genti. Sia quindi contato fra i Dodici Mattia o Paolo, l'idea espressa dalla visione apocalittica non muta: i fondatori della Chiesa di Dio nella sua fase universalistica sono stati gli apostoli che Cristo ha ripieni del suo Spirito e incaricati dr predicar l'evangelo ad ogni creatura. I credenti, infatti, sono 'stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare» dell'edificio Efesini 2:20. Dice bene il padre Allo: 'Possiamo rappresentarci il muro della città come poggiante sopra una base di dodici gradini, ovvero ciascuna delle sezioni di muro tra una porta e l'altra come poggiante sopra un unico fondamento massiccio con sopra visibile il nome d'un apostolo. Egli è che tutto l'insegnamento della Chiesa è fondato su quello dei dodici: in ciò l'apostolicità'. E fosse pur così!

15 E colui che parlava meco aveva una misura, una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e il suo muro.

Anche nella visione d'Ezechiele 40 figura un uomo che ha in mano una corda di lino e una canna da misurare; solo che la canna è d'oro a motivo della gloria superiore della Gerusalemme celeste. Le misure devono dare un'idea più precisa della grandezza immensa e della perfetta simmetria della città.

16 E la città era quadrangolare e la sua lunghezza era uguale alla larghezza;

Il quadrato è simbolo di perfezione.

egli misurò la città con la canna ed era dodicimila stadi: la sua lunghezza la sua larghezza e la sua altezza erano eguali.

La cifra di dodicimila stadi può prendersi come la misura di un lato del quadrato o come quella dell'intero perimetro. La città essendo quadrata è probabile che l'angelo abbia misurato un lato solo ed in quel caso si avrebbe, calcolando lo stadio a 200 metri, una lunghezza di un 2400 chilometri, che darebbe come superficie della città più di cinque milioni e mezzo di kilometri quadrati, cioè una superficie superiore a quella della metà dell'Europa. Misure così enormi dovevano dar espressione all'idea della immensità della città di Dio destinata ad accogliere la innumerevole moltitudine dei salvati di tutte le età, di tutte le regioni e di tutte le nazioni della terra. Cfr. Apocalisse 7:9. Le parole che seguono offrono una difficoltà. Molti interpreti ne hanno tratto la conclusione che la città era di forma cubica e, siccome il luogo santissimo aveva questa forma, han veduto qui simboleggiata la santità perfetta della nuova Gerusalemme e dei suoi abitanti. Non è chi non sia colpito dalla mostruosità di una città cubica e, per giunta, di tali dimensioni. Come si spiega che vi si trovi una piazza o via centrale, con un fiume le cui rive sono coperte d'alberi? Che figura fa, in questa ipotesi, il muro che arriva appena a 70 metri d'altezza? E dove collocare gli abitanti? a meno di far della città, come fa qualche trattato talmudico, una sterminata piccionaia ove gli abitanti arriverebbero a volo. Le visioni dell'Apocalisse presentano molte figure straordinarie, ma non mostruose. Ad eliminare queste obiezioni, altri interpreti hanno affacciato l'idea che la città sia da concepire come edificata su per un monte, o più precisamente sulla parte superiore d'un monte, così da rivestir la forma d'una piramide che avrebbe l'altezza di dodicimila stadi. E facile vedere come questa ipotesi lasci sussistere la maggior parte delle difficoltà accennate e non trovi nel testo alcun appoggio. Di gran lunga preferibile ci pare l'intendere (con De Wette, Alford, Bonnet ecc.) l'ultima parte del v. 16 in questo senso: la lunghezza e la larghezza della città erano uguali, così da formare un perfetto quadrato. E anche l'altezza era uguale da qualunque lato la si guardasse. E questa altezza è data dalla misura del muro riferita a parte in Apocalisse 21:17.

17 Ne misurò anche il muro, ed era di centoquarantaquattro cubiti a misura d'uomo, cioè d'angelo.

E un angelo che misura, ma la sua equivale alla misura ordinaria dell'uomo. Il cubito vale 48 centimetri. Il muro risulta sempre alto paragonato a quello di una città ordinaria, ma non offre nulla di mostruoso.

18 Il muro era costruito di diaspro e la città era d'oro puro simile a vetro puro.

In fatto di materiali entrati nella costruzione della città, è scelto quello che la terra offre di più prezioso e di più splendido; e come ciò non bastasse a dare un'idea della bellezza inarrivabile della città superna, l'oro di cui è fatta la piazza della città Apocalisse 21:21 e, a quanto pare, anche le case (il v. 18), è non solo 'puro' ma è 'simile a vetro trasparente'.

19 I fondamenti del muro della città erano adorni d'ogni maniera di pietre preziose,

non perchè vi fossero disposte o incastonate qua e là delle gemme, ma perchè i blocchi enormi formanti i fondamenti erano altrettante pietre preziose di qualità diverse, come risulta dalla enumerazione che segue.

Il primo fondamento era di diaspro, il secondo di zaffiro,

azzurro celeste,

il terzo di calcedonio

probabilmente verde con strie di giallo,

il quarto di smeraldo

verde tenero,

20 il quinto di sardonico

roseo,

il sesto di sardio

rosso cupo trasparente,

il settimo di crisolito

probabilmente giallo ambra,

l'ottavo di berillo

verde mare,

il nono di topazio

verde dorato,

il decimo di crisopazio,

chrysoprasus, detto da Plinio verde pallido,

l'undecimo di giacinto

violetto,

il dodicesimo di ametista

secondo Plinio rosso purpureo. L'identificazione di queste varie pietre è solo approssimativa e non v'è da cercare un senso simbolico in ognuna; ma 'l'armonia di quei colori in cui la grazia è accoppiata all'opulenza, il loro complesso luminoso, gaio e tenero, non sveglia che idee di gioia, di freschezza, di riposo... Quelle pietre che ricordan l'arcobaleno formano intorno alla città celeste una cinta d'incomparabile varietà e ricchezza e posson rappresentare la diversità dei doni della grazia e delle virtù dei beati. Ogni fondamento come ogni pietra, osserva Swete, serba in questa Gerusalemme la sua individualità e il suo splendore particolare' (Allo). Dio ha rivestito i suoi santi di ogni sorta di bellezze perchè riflettessero i raggi diversi della sua gloria. Quando saran giunti alla perfezione, la luce di Dio darà alle loro svariate bellezze tutto il loro splendore.

21 E le dodici porte eran dodici perle e ognuna delle porte era fatta d'una perla.

Nel trattato talmudico Baba Bathra si parla di gemme di trenta cubiti d'altezza e trenta di larghezza in cui saranno praticate le porte di Gerusalemme, alte venti e larghe dieci cubiti. A parte le misure, è questa l'idea contenuta in questo versetto; essa, insieme ad una parte della descrizione precedente, è derivata da Isaia 54 ove si dice di Gerusalemme: «Ti fonderò sopra zaffiri; farò i tuoi merli di rubini, le tue porte di carbonchi e tutto il tuo recinto di pietre preziose».

e la piazza della città era d'oro puro, simile a vetro trasparente.

La parola che rendiamo piazza πλατεια è un aggettivo (cfr. Apocalisse 7:13) sostantivato, che vale 'un largo' e si applica quindi così alle piazze propriamente dette come alle vie più larghe d'una città. Il singolare, usato in Apocalisse 11:8, e nella nostra sezione due volte Apocalisse 21:21; 22:2, induce a pensare che si tratti della gran piazza centrale della città ove sarebbe collocato il trono di Dio. Però non mancano traduttori (come i revisori inglesi) e interpreti che stimano trattarsi della via o del corso principale attraversante la città.

22 E non vidi in essa alcun tempio, perchè il Signore Iddio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio.

Il tabernacolo prima, poi il tempio di Gerusalemme erano il simbolo della presenza di Dio in mezzo al popolo suo, perchè in essi era il luogo santissimo con l'arca del patto e su di essa il propiziatorio simbolo del trono dell'Eterno. Nei recinti del tempio venivano gl'Israeliti a rendere il loro culto rituale mediante il ministerio dei sacerdoti giacché nessuno all'infuori d'essi poteva penetrar nel luogo santo e nel santissimo. Nella nuova Gerusalemme, tutta quanta ripiena della gloriosa presenza di Dio, il tempio coi suoi simboli non ha più ragione d'esistere. Tutti vi son sacerdoti, in virtù dell'opera compiuta dall'Agnello, e si accostano direttamente e liberamente al loro Dio; essi vedon la sua faccia, hanno in fronte il suo nome, e gli servono Apocalisse 22:4. I simboli e le ombre han ceduto il posto alle gloriose realtà; la comunione con Dio è immediata e perfetta.

23 E la città non ha bisogno di sole, nè di luna che risplendano in lei, perchè la illumina la gloria di Dio e l'Agnello è il suo luminare.

Cfr. Apocalisse 21:11. Contemplando la gloria della Gerusalemme futura, senza distinguere ancora tra il millennio e lo stato perfetto, il secondo Isaia già esclamava: «Sorgi, risplendi, poichè la tua luce è giunta e la gloria dell'Eterno s'è levata su te... Le nazioni cammineranno alla tua luce, e i re allo splendore del tuo levare... Non più il sole sarà la tua luce, nel giorno; e non più la luna t'illuminerà col suo chiarore; ma l'Eterno sarà la tua luce perpetua, e il tuo Dio sarà la tua gloria... Il tuo popolo sarà tutto quanto un popolo di giusti» Isaia 60:1,3,19-21. La splendida visione del profeta della cattività non doveva certo adempirsi col ritorno di poche migliaia di esuli nella loro patria; il millennio vedrà compiersi con la conversione d'Israele, la massima parte della profezia; ma i tratti più gloriosi non si avvereranno che nella perfetta città di Dio.

24 Dopo aver descritto l'aspetto, le misure della città, i materiali preziosi di cui è fatta, la gloria divina che l'illumina, il veggente parla di quelli che sono ammessi ad entrar nella Gerusalemme celeste.

E le nazioni cammineranno alla sua luce

(lett. per mezzo della... o in mezzo alla sua luce);

e i re della terra vi porteranno la loro gloria.

25 E le sue porte non saranno mai chiuse di giorno (la notte quivi non sarà più);

26 e in lei si porterà (lett. porteranno) la gloria e l'onore delle nazioni.

I versetti di Apocalisse 21:24-27, come pure alcune espressioni del capitolo 22 (Apocalisse 22:2,11,15), hanno fatto supporre ad una parte degli espositori che, nel quadro descritto da Giovanni dei nuovi cieli e della nuova terra con la Gerusalemme nuova, ci siano delle incongruenze e delle confusioni. Dopo la disfatta di tutti i nemici, dopo il giudizio finale, ecco, si dice, riapparire le nazioni pagane bisognose di luce e di guarigione, ecco che fuori della città c'è gente che commette abominazione e falsità, ci son degli stregoni, dei fornicatori, degli omicidi, degli idolatri ecc. I critici che nell'Apocalisse hanno scoperto e distinto fonti giudaiche, di età diverse, fonti cristiane e rimaneggiamenti e interpolazioni, hanno una soluzione bella e pronta della difficoltà. Il Charles, ad es., suppone che dopo aver tracciato le parole di Apocalisse 20:3, l'autore dell'Apocalisse sia morto, lasciando però dei brani, delle note, disjecta membra che un suo discepolo poco intelligente avrebbe poi messo assieme facendone un pasticcio di cui il critico scompone gli elementi per ricomporli in un tutto più logico e più coerente, eliminando qua e là quel che gli pare superfluo o incomodo. I versi e le espressioni accennate vengono così riferite alla Gerusalemme del millennio, anteriore al giudizio finale. Basti notare che, con siffatte ipotesi, si nuota in pieno arbitrio.

Altri interpreti, riferendosi alle parole di Apocalisse 19:7: «Rallegriamoci... poichè son giunte le nozze dell'agnello e la sua sposa s'è preparata...»,credono che con la sua visione della nuova Gerusalemme, Giovanni si rifaccia indietro all'epoca del millennio, descrivendo qui in modo figurato le nozze accennate là come vicine. Altri ancora, come Allo, vedono in questa sezione la storia di Gerusalemme, cioè, della Chiesa 'in questo mondo e nell'altro'. Nel camminar delle nazioni alla sua luce, nelle porte sempre aperte, vedono predetto l'ingrandimento della Chiesa 'nella quale fin d'ora tutti i popoli sono invitati ad entrare'; nell'esclusione di ciò ch'è immondo vedono la santità della chiesa, ora virtuale e teoretica e solo più tardi effettiva; nell'acqua della vita e nei frutti dell'albero un'allusione 'al battesimo donde nasce la vita' e all'eucaristia. Ora, che nell'Apocalisse una serie di visioni riprenda talvolta per svolgerle con maggiori particolari delle cose accennate succintamente prima, è cosa certa; ma da Apocalisse 17 in poi sono svolte appunto le varie fasi di quel giudizio di Dio annunziato come termine della storia, giudizio che distrugge i nemici e glorifica i fedeli. E si vedono condannati la meretrice, poi la bestia ed il falso profeta, poi Satana stesso con tutti i peccatori impenitenti. Allora muta la scena e la visione si apre sui nuovi cieli e sulla nuova terra con la Gerusalemme che scende d'appresso a Dio, 'pronta come una sposa adorna per il suo sposo'. L'angelo che, nel corso di questa visione, mostra al veggente, più da vicino, 'la sposa', 'la santa città che scende dal cielo', non fa che ingrandire il quadro accennato in Apocalisse 21:2, ma non si rifà all'epoca ormai chiusa delle lotte contro i nemici. Nella Gerusalemme celeste contempliamo il risultato ultimo al quale fa capo il piano di Dio, il pieno adempimento delle divine promesse. Tutto qui è luce e vita. Le singole espressioni vanno intese in armonia con l'insieme del quadro in cui si trovano, e non v'è bisogno nè di sconvolgere il testo nè di sconvolgere l'economia del libro.

Gerusalemme appare come il centro e la sintesi dello stato perfetto; ma ciò non vuol dire che la nuova terra nella quale scende, sia da considerare come deserta o popolata ancora da gente nemica ed impura. Parecchie espressioni sono tolte dalla profezia d'Isaia 60; e Giovanni ne vede la realizzazione. La città di Dio accoglie gl'Israeliti credenti, ma vi affluiscono ugualmente le nazioni convertite che vi godono della luce divina. Tutto quel che la terra ebbe di grande, di bello, di ricco e di glorioso si troverà, santificato, nella Chiesa trionfante, dal cui seno sarà escluso soltanto il male. Essa godrà di una perfetta pace e non avrà più da chiuder le sue porte per tema di nemici. Le sue porte sono aperte a tutti, perchè tutti son santi.

27 E niente d'immondo

moralmente

e nessuno che commetta abominazione o falsità,

che pratichi la menzogna,

v'entreranno; ma quelli soltanto che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello.

Fino al giudizio la Chiesa, anche senza diventare apostata, albergava di necessità una proporzione di elementi spurii; la zizzania era mescolata al frumento. Il giudizio infallibile di Dio ha operato la separazione completa della scoria dal metallo genuino. (Cfr. Matteo 25). La Chiesa celeste è pura e santa in pari tempo che universale. Nei nuovi cieli e nella nuova terra abita solo la giustizia e non vi sono più peccatori.

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